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Condanna mediatica vs. assoluzione nelle aule di giustizia: come difendersi da notizie non più aggiornate

1 novembre 2018, Nicola Canestrini

Come reagire quando la cronaca giudiziaria non è più aggiornata, per esempio dopo una archiviazione o una soluzione rispetto a indagini largamente pubblicizzate? Il diritto di cronaca giudiziaria fra interesse pubblico e diritto all’oblio.

Le notizie di cronaca giudiziaria non possono prescindere dall’essere aggiornate rispetto alla successiva evoluzione: altrimenti la notizia, originariamente completa e vera, diviene non aggiornata, risultando quindi parziale e non esatta, e pertanto.. sostanzialmente non vera.

(aggiornato alla riforma Cartabia, in vigore dal 2023) 

Condanna mediatica vs. assoluzione nelle aule di giustizia

Il diritto di cronaca giudiziaria fra interesse pubblico e diritto all’oblio

Nicola Canestrini

Il cd. processo mediatico rischia di sacrificare sull’altare del presunto diritto di cronaca la dignità di chi è coinvolto in una indagine,  ma anche il principio della presunzione di innocenza e quindi il diritto ad un processo equo.

Infatti, rimane purtroppo largamente ignorato non solo il divieto di divulgare atti di indagine (ma anche le foto segnaletiche degli arrestati, nonostante le condanne del Garante per la privacy e della Corte Europea dei diritti dell’Uomo), ma anche il precetto deontologico per il quale il giornalista (..) rispetta sempre e comunque il diritto alla presunzione di non colpevolezza (e) nelle trasmissioni televisive cura che risultino chiare le differenze fra documentazione e rappresentazione, fra cronaca e commento, fra indagato, imputato e condannato, fra pubblico ministero e giudice, fra accusa e difesa, fra carattere non definitivo e definitivo dei provvedimenti e delle decisioni nell'evoluzione delle fasi e dei gradi dei procedimenti e dei giudizi”, come sancito dal Testo unico dei doveri del giornalista, in vigore dal 3 febbraio 2016).  

Ma se, nonostante la (ver)gogna mediatica, l’imputato viene poi assolto nelle aule di giustizia, come porre rimedio alla presenza  - potenzialmente in eterno, almeno per quanto riguarda Internet – delle notizie di “cronaca” riferite all’accusa, all’arresto, magari alla sentenza di condanna poi rovesciata

Soccorrono, tra l’altro, la Costituzione italiana, la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e la normativa che tutela la riservatezza (cfr., per una ricostruzione compiuta, la sentenza 19681/19).

Infatti, è stato autorevolmente affermato che è indubitabile che ogni libertà civile trovi il proprio limite nell'altrui libertà e nell'interesse pubblico idoneo a fondare l'eventuale sacrificio dell'interesse del singolo: la tutela del diritto alla riservatezza va così contemperata in particolare con il diritto di ed alla informazione, nonchè con i diritti di cronaca, di critica, di satira e di caricatura, questi ultimi trovanti a loro volta limite nel diritto all'identità personale o morale del soggetto cui l'informazione si riferisce (cfr. anche per i paragrafi seguenti Cass. civ. Sez. III, sentenza 5 aprile 2012, n. 5525).

 Il diritto alla riservatezza, che tutela il soggetto dalla curiosità pubblica (in ciò distinguendosi dal diritto al segreto, il quale protegge dalla curiosità privata) è volto a tutelare l'esigenza che quand'anche rispondenti a verità i fatti della vita privata non vengano divulgati, ha visto però ampliarsi il proprio contenuto venendo a compendiarsi anche del diritto alla protezione dei dati personali, il cui trattamento è soggetto a particolari.

Con il D.Lgs. n. 196 del 2003, il legislatore ha introdotto un sistema informato al prioritario rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali e della dignità della persona, e in particolare della riservatezza e del diritto alla protezione dei dati personali nonchè dell'identità personale o morale del soggetto; nello stesso senso, ora, gli artt. 5, 16, 17 e 18 del REGOLAMENTO (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, meglio conosciuto come GDPR, i quali si preoccupano di garantire ai diretti interessati il diritto di rettifica e di aggiornamento delle notizie.

In tale quadro, imprescindibile rilievo assume ora il bilanciamento tra contrapposti diritti e libertà fondamentali, dovendo al riguardo tenersi conto del rango di diritto fondamentale assunto dal diritto alla protezione dei dati personali quale diritto a mantenere il controllo sulle proprie informazioni che, spettando a "chiunque" (D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 1) e ad "ogni persona" (art. 8 Carta), nei diversi contesti ed ambienti di vita, "concorre a delineare l'assetto di una società rispettosa dell'altro e della sua dignità in condizioni di eguaglianza" (così Cassazione civile, sentenza del 4 gennaio 2011, n. 186).

L'interessato ha quindi il diritto a che l'informazione oggetto di trattamento risponda ai criteri di proporzionalità, necessità, pertinenza allo scopo, esattezza e coerenza con la sua attuale ed effettiva identità personale o morale: si trata dei cd. principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza

All’interessato è pertanto attribuito il diritto di conoscere in ogni momento chi possiede i suoi dati personali e come li adopera, nonchè di opporsi al trattamento dei medesimi, ancorchè pertinenti allo scopo della raccolta, ovvero di ingerirsi al riguardo, chiedendone la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l'aggiornamento, l'integrazione (D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 7).

Una notizia non aggiornata lede i diritti fondamentali della persona.  

 Se l'interesse pubblico sotteso al diritto all'informazione sancito dall’art. 21 della Costituzione costituisce un limite al diritto fondamentale alla riservatezza, protetto dall’articolo 2 della Costituzione, al soggetto cui i dati pertengono è però correlativamente attribuito il diritto all'oblio, e cioè a che non vengano ulteriormente divulgate notizie che per il trascorrere del tempo risultino ormai dimenticate o ignote alla generalità dei consociati.

 Decisivo si appalesa al riguardo l'interesse pubblico alla conoscenza della notizia, sia essa di cronaca o storica: a fronte dell'esigenza di garantire e mantenere la memoria dell'informazione si pone infatti il diritto all'oblio del soggetto cui l'informazione si riferisce.

Se del dato è consentita la conservazione per finalità anche diversa da quella che ne ha originariamente giustificato il trattamento, con passaggio da un archivio ad un altro, nonchè ammessa la memorizzazione (anche) nella rete di internet (es., pubblicazione on line degli archivi storici dei giornali), per altro verso al soggetto cui esso pertiene spetta un diritto di controllo a tutela della proiezione dinamica dei propri dati e della propria immagine sociale, che può tradursi, anche quando trattasi di notizia vera - e a fortiori se di cronaca - nella pretesa alla contestualizzazione e aggiornamento della notizia, e se del caso, avuto riguardo alla finalità della conservazione nell'archivio e all'interesse che la sottende, financo alla relativa cancellazione.

Premesso  che  "l’operazione consistente nel far comparire su una pagina Internet dati personali va considerata come un «trattamento»" dei dati personali  (v. sentenza CGUE Lindqvist, C‑101/01, EU:C:2003:596, punto 25, come ricordato in CGUE Google Spain, C-131/12, ECLI:EU:C:2014:317, 13 maggio 2014), ai fini della lecita a corretta utilizzazione dei dati è dunque anche in tal caso necessario che sussista una stretta correlazione temporale tra l'identificabilità del titolare dei dati e la finalità del relativo trattamento.

La finalità del trattamento condiziona la persistente identificabilità del soggetto titolare dei dati ma è a sua volta normativamente astretta dai rigorosi limiti temporali per i quali è giustificata ("per un periodo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati": D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 11, comma 1, lett. e)).

 Al riguardo, con riferimento alla rete internet non si pone allora un problema di pubblicazione o di ripubblicazione dell'informazione, quanto bensì di permanenza della medesima nella memoria della rete internet e, a monte, nell'archivio del titolare del sito sorgente.

Se il passaggio dei dati all'archivio storico è senz'altro ammissibile, ai fini della liceità e correttezza del relativo trattamento e della relativa diffusione a mezzo della rete internet è indefettibilmente necessario che l'informazione e il dato trattato risultino debitamente integrati e aggiornati.

Anche in tal caso i dati debbono risultare "esatti" e "aggiornati", in relazione alla finalità del loro trattamento. A fortiori in caso di relativo inserimento in un archivio storico che come nella specie venga memorizzato pure nella rete di internet la notizia non può continuare a risultare isolatamente trattata e non contestualizzata in relazione ai successivi sviluppi della medesima. 

Ciò al fine di tutelare e rispettare la proiezione sociale dell'identità personale del soggetto, che come nel caso - giusta quanto posto in rilievo dal giudice del merito nell'impugnata sentenza (v. oltre) - costituisce invero proprio o essenzialmente lo scopo che fonda l'interesse pubblico, a sua volta a base della finalità del trattamento, alla persistente conoscenza della notizia.

Le notizie di cronaca giudiziaria non possono quindi prescindere dall’essere aggiorante rispetto alla successiva evoluzione: altrimenti la notizia, originariamente compieta e vera, diviene non aggiornata, risultando quindi parziale e non esatta, e pertanto sostanzialmente non vera. 

Se vera, esatta ed aggiornata essa era al momento del relativo trattamento quale notizia di cronaca, e come tale ha costituito oggetto di trattamento, il suo successivo spostamento in altro archivio di diverso scopo (nel caso, archivio storico) con memorizzazione anche nella rete internet deve essere allora realizzato con modalità tali da consentire alla medesima di continuare a mantenere i suindicati caratteri di verità ed esattezza, e conseguentemente di liceità e correttezza, mediante il relativo aggiornamento e contestualizzazione

Solo in tal modo essa risulta infatti non violativa sia del diritto all'identità personale o morale del titolare, nella sua proiezione sociale, del dato oggetto di informazione e di trattamento, sia dello stesso diritto del cittadino utente a ricevere una completa e corretta informazione.

Anche laddove come nella specie non si ponga una questione di tutela contro la diffamazione o di protezione dell'immagine o dell'onore, sussiste allora in ogni caso l'esigenza di salvaguardare il diritto del soggetto al riconoscimento e godimento della propria attuale identità personale o morale.

Dal quadro normativo - desumibile da un reticolo di norme nazionali (art. 2 Cost., art. 10 c.c., L. n. 633 del 1941, art. 97) ed Europee (artt. 8 e 10, comma 2 CEDU, artt. 7 e 8 della Carta di Nizza - e giurisprudenziale di riferimento deve, pertanto, inferirsi che con riguardo alla ri-pubblicazione di una notizia datata - il diritto fondamentale all'oblio può subire una compressione, a favore dell'ugualmente fondamentale diritto di cronaca, solo in presenza di specifici e determinati presupposti:

il contributo arrecato dalla diffusione dell'immagine o della notizia ad un dibattito di interesse pubblico;

  1. l'interesse effettivo ed attuale alla diffusione dell'immagine o della notizia(per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui, ovvero per scopi scientifici, didattici o culturali), da reputarsi mancante in caso di prevalenza di un interesse divulgativo o, peggio, meramente economico o commerciale del soggetto che diffonde la notizia o l'immagine;
  2. l'elevato grado di notorietà del soggettorappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica e, segnatamente, nella realtà economica o politica del Paese;
  3. le modalità impiegate per ottenere e nel dare l'informazione, che deve essere veritiera (poichè attinta da fonti affidabili, e con un diligente lavoro di ricerca), diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo, nell'interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali, sì da evidenziare un esclusivo interesse oggettivo alla nuova diffusione;
  4. la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell'immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all'interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al grande pubblico.

 In assenza di tali presupposti, la (ri)pubblicazione di una informazione concernente una persona determinata, a distanza di tempo da fatti ed avvenimenti che la riguardano, non può che integrare, pertanto, la violazione del fondamentale diritto all'oblio, come configurato dalle disposizioni normative e dai principi giurisprudenziali suesposti (Cassazione civile Sez. I, ordinanza 20 marzo 2018, n. 6919).

Ma anche in caso di mera permanenza di una notizia di corna non aggiornata con gli sviluppi successivi l’imputato protagonista di articoli di cronaca giudiziaria avrà diritto a chiedere la deindicizzazione o l’aggiornamento delle notizie che lo riguardano, dovendo la fonte della notizia (testata online, ..) predisporre sistemi idonei a segnalare (nel corpo o a margine) la sussistenza di un seguito e di uno sviluppo della notizia, e quale esso sia stato, consentendone il rapido ed agevole accesso da parte degli utenti ai fini del relativo adeguato approfondimento (cfr. fac simili in calce).

Come sancito dalla corte di giustizia dell'Unione europea, infatti, "anche un trattamento inizialmente lecito di dati esatti può divenire, con il tempo, incompatibile con la direttiva suddetta qualora tali dati non siano più necessari in rapporto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati. Tale situazione si configura in particolare nel caso in cui i dati risultino inadeguati, non siano o non siano più pertinenti, ovvero siano eccessivi in rapporto alle finalità suddette e al tempo trascorso": (..) l’inclusione nell’elenco di risultati – che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome – dei link verso pagine web, legittimamente pubblicate da terzi e contenenti informazioni veritiere relative alla sua persona, è, allo stato attuale, incompatibile" con la normativa europea sulla privacy, "a motivo del fatto che tali informazioni appaiono, alla luce dell’insieme delle circostanze caratterizzanti il caso di specie, inadeguate, non pertinenti o non più pertinenti, ovvero eccessive in rapporto alle finalità del trattamento in questione realizzato dal gestore del motore di ricerca, le informazioni e i link in parola di cui al suddetto elenco di risultati devono essere cancellati" (CGUE Google Spain, C-131/12, ECLI:EU:C:2014:317, 13 maggio 2014).

Ai fini della legittimità della indicizzazione di una notizia vecchia (cioè non aggiornata), sempre secondo CGUE Google Spain cit., "occorre verificare in particolare se l’interessato abbia diritto a che l’informazione riguardante la sua persona non venga più, allo stato attuale, collegata al suo nome da un elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome"; la constatazione di un diritto siffatto non presuppone che l’inclusione dell’informazione in questione nell’elenco di risultati arrechi un pregiudizio all’interessato.

I diritti fondamentali dell'interessato "prevalgono, in linea di principio, non soltanto sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull’interesse di tale pubblico a trovare l’informazione suddetta in occasione di una ricerca concernente il nome di questa persona. Tuttavia, così non sarebbe qualora risultasse, per ragioni particolari, come il ruolo ricoperto da tale persona nella vita pubblica, che l’ingerenza nei suoi diritti fondamentali è giustificata dall’interesse preponderante del pubblico suddetto ad avere accesso, mediante l’inclusione summenzionata, all’informazione di cui trattasi" (CGUE, Google Spain,. cit.)

In Italia, oltre alla Corte di Cassazione anche  il Garante per la Privacy ha  sancito - in più riprese , cfr. ad es. provvedimenti n. 434 del 20 dicembre 2012 o n. 31 del 24 gennaio 2013 e - che 

- al fine di contemperare i diritti della persona (in particolare il diritto alla riservatezza e all´identità personale) con la libertà di manifestazione del pensiero, la disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede specifiche garanzie e cautele nel caso di trattamenti effettuati per tali finalità, confermando la loro liceità, anche laddove essi si svolgano senza il consenso degli interessati, purché avvengano nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone alle quali si riferiscono i dati trattati (cfr. artt. 136 e s. e art. 102, comma 2, lett. a), del Codice, nonché artt. 1, comma 1, e 3, comma 1, codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali per scopi storici (pubblicato in G. U. n. 80 del 5 aprile 2001);

- il trattamento dei dati personali del segnalante, a suo tempo effettuato in modo lecito per finalità giornalistiche, nel rispetto del principio dell´essenzialità dell´informazione riguardo a fatti di interesse pubblico, rientra ora, attraverso la reperibilità dei medesimi dati negli articoli pubblicati quale parte integrante degli archivi storici dei quotidiani resi disponibili on-line sui siti Internet degli editori, tra i trattamenti effettuati al fine di concretizzare e favorire la libera manifestazione del pensiero e, in particolare, la cronaca e la critica anche storica; rilevato che, alla luce di ciò, l´attuale trattamento può essere effettuato senza il consenso degli interessati (cfr. art. 136 e s. del Codice), è compatibile con i diversi scopi per i quali i dati sono stati in precedenza raccolti o trattati e può essere effettuato in termini generali anche oltre il periodo di tempo necessario per conseguire tali diversi scopi (cfr. art. 99 del Codice);

-  deve essere valutata la questione concernente le richieste dell´interessato volte ad ottenere l´aggiornamento/integrazione delle notizie pubblicate negli articoli oggetto di segnalazione; visto che a questo riguardo, come indispensabile corollario della riconosciuta liceità della conservazione degli articoli di cronaca a suo tempo pubblicati, negli archivi storici dei quotidiani, va garantito il diritto (pienamente compreso fra le posizioni giuridiche azionabili ai sensi dell´art. 7 del Codice) dell´interessato ad ottenere l´aggiornamento/integrazione dei dati personali che lo riguardano quando eventi e sviluppi successivi abbiano modificato le situazioni oggetto di cronaca giornalistica (seppure a suo tempo corretta) incidendo significativamente sul profilo dell´interessato che da tali rappresentazioni può emergere;

(..)  le predette richieste di integrazione/aggiornamento formulate dal segnalante debbano essere accolte e che pertanto gli editori debbano provvedere a predisporre idonee misure nell´ambito dell´archivio storico, idonee a segnalare (ad esempio, a margine dei singoli articoli o in nota agli stessi) l´esistenza del seguito o dello sviluppo della notizia in modo da assicurare all´interessato il rispetto del diritto all´identità personale, risultante dalla compiuta visione dei fatti che lo hanno visto protagonista (anche se solo in parte oggetto di cronaca giornalistica), e ad ogni lettore di ottenere un´informazione attendibile e completa" (cfr. "Aggiornamento e deindicizzazione di articoli relativi a fatti di cronaca pubblicati su quotidiani online e blog - 15 settembre 2016"n. 358 del 15 settembre 2016).

La riforma Cartabia

Dal 1° gennaio 2023 è entrata in vigore la riforma della giustizia Cartabia, che è intervenuta anche sull’esercizio del diritto all’oblio: nei tre giorni successivi alla conclusione favorevole del processo (o del procedimento) penale, l’interessato potrà chiedere e ottenere un provvedimento di deindicizzazione dalla cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza di assoluzione o il decreto di archiviazione.

Il nuovo articolo 64 ter (rubricato “Diritto all’oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini”) delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale sancisce infatti che:

«1. La persona nei cui confronti sono stati pronunciati una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero un provvedimento di archiviazione può richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio europeo."

Il diritto all’oblio è infatti sancito dall’articolo 17 del Regolamento UE 16/678 (GDPR), che dispone che  «1. L'interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l'obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali».

Lo specifico aspetto della deindicizzazione è trattato dall’art. 17 par.1 lett. c) GDPR riferito all’art. 21 par.1 lett. e) GDPR ovvero l’ipotesi dell’opposizione all’ulteriore trattamento eseguito per motivo di interesse pubblico (stampa) ex art. 6 par. 1 lett. e) GDPR quando non esistano motivi legittimi per continuare il trattamento che prevalgano sui diritti dell’interessato.

Eccezioni al diritto all'oblio

I motivi legittimi che prevalgono sui diritti dell'interessato continuano ad essere il ruolo nella vita pubblica dell'interessato o la commissione di reati gravi (cfr. paragrafo 3, lett.a) dell’art. 17 GDPR; cfr. ache CGUE, C-131/12, sentenza del 13 maggio 2014, 81; CGUE, C-136/17, sentenza del 24 settembre 2019, 66).

Come spiega il Comitato dei Garanti Privacy UE (EDPB) nelle «Linee guida 5/2019 sui criteri per l’esercizio del diritto all’oblio nel caso dei motori di ricerca, ai sensi del RGPD» del luglio 2020, "l'articolo 17, paragrafo 3, del RGPD afferma che i paragrafi 1 e 2 dell’articolo 17 del RGPD non si applicheranno quando il trattamento è necessario per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione (articolo 17, paragrafo 3, lettera a)) ».

Come chiarito dalla CGUE nella sentenza Google 2, l’articolo 17, paragrafo 3, lettera a), del RGPD è «espressione del fatto che il diritto alla protezione dei dati personali non è un diritto assoluto, ma deve (...) essere considerato in relazione alla sua funzione sociale ed essere bilanciato con altri diritti fondamentali, conformemente al principio di proporzionalità».

Esso «prevede quindi espressamente il requisito del bilanciamento tra, da un lato, i diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, sanciti agli articoli 7 e 8 della Carta e, d’altro lato, il diritto fondamentale alla libertà di informazione, garantito dall’articolo 11 della Carta.» (CGUE, causa C-136/17, sentenza del 24 settembre 2019, 59).

I fornitori di motori di ricerca potranno quindi rifiutare la deindicizzazione di un contenuto qualora possano dimostrare che l’inserimento di tale contenuto nell’elenco di risultati è strettamente necessario per la tutela della libertà di informazione degli utenti di Internet».

Nessun diritto all'oblio se c'è interesse pubblico

La ratio dell’eccezione dell’art. 17 par.3 lett.a) GDPR è quella di «tutelare il pubblico da comportamenti professionali o pubblici riprovevoli».  

La ratio dell’eccezione si evince dalle Linee Guida 26.11.2014 del Working Party 29 sull’attuazione della CGUE Costeja 13.05.2014:

«La CGUE ha previsto un’eccezione per le richieste di deindicizzazione provenienti da interessati che svolgono un ruolo nella vita pubblica, se sussiste un interesse del pubblico ad avere accesso alle informazioni che riguardano tali interessati. Si tratta di un criterio più ampio di quello relativo alla circostanza per cui l’interessato sia una “figura di pubblico rilievo”.

Cosa deve intendersi per “ruolo nella vita pubblica”?

Non è possibile definire univocamente quale debba essere il ruolo nella vita pubblica svolto da una persona affinché sia giustificato l’accesso del pubblico alle informazioni riguardanti tale persona tramite i risultati di una ricerca su Internet.

Tuttavia, a titolo di esempio, si può ritenere che politici, alti dirigenti della pubblica amministrazione, imprenditori e professionisti (eventualmente iscritti ad albi professionali) svolgano solitamente un ruolo nella vita pubblica. Ciò milita a favore della possibilità per il grande pubblico di cercare informazioni pertinenti al ruolo ed alle attività pubbliche di tali soggetti. Un primo criterio pratico consiste nel capire se l’accesso del pubblico ad una determinata informazione (reperita attraverso una ricerca a partire dal nome dell’interessato) potrebbe tutelare i membri del pubblico stesso da comportamenti professionali o pubblici riprovevoli» («Criteri n.2: L’interessato svolge un ruolo nella vita pubblica? Si tratta di una figura di pubblico rilievo?”in Linee Guida 26.11.2014 del Working Party 29 (WP29) sull’attuazione della CGUE Costeja 13.05.2014).

Ai fini della definizione di chi abbia publico rilievo, la Risoluzione 1165(1998) dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, relativa al diritto alla privacy, afferma che «Le figure di pubblico rilievo sono individui titolari di cariche pubbliche e/o utilizzatori di risorse pubbliche nonché, in via più generale, tutti coloro che svolgono un ruolo nella vita pubblica in ambito politico, economico, artistico, sociale, sportivo o in qualsivoglia altro settore».

Continuano i Garanti del WP29, «talune informazioni relative a figure di pubblico rilievo sono strettamente private e non dovrebbero comparire, in via di principio, nei risultati di una ricerca – ad esempio, le informazioni sul loro stato di salute o sui loro familiari. Tuttavia, quale criterio pratico, se il ricorrente è una figura di pubblico rilievo e le informazioni in oggetto non rappresentano informazioni strettamente private, prevarranno gli argomenti contrari alla deindicizzazione dei risultati di ricerche concernenti tali persone. Particolarmente pertinente ai fini del bilanciamento è la giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani (nel prosieguo, CEDU)».

Il WP29 ricorda altresì CEDU, caso von Hannover c. Germania (n. 2), 2012: «Il ruolo o la funzione della persona interessata e la natura delle attività oggetto dell’articolo e/o della fotografia rappresentano un altro criterio importante, connesso al precedente. Da questo punto di vista, occorre distinguere fra soggetti privati e persone che agiscono in un contesto pubblico, quali figure politiche o di rilievo pubblico. Pertanto, mentre un soggetto privato ignoto al grande pubblico ha il diritto di chiedere una particolare protezione per la propria vita privata, ciò non vale per le figure di rilievo pubblico (v. Minnelli c. Svizzera (decisione), caso n. 14991/02, 14 giugno 2005, e Petrenco, cit., paragrafo 55)."

L’ulteriore criterio indicato dal WP29 per negare il diritto all’oblio si sostanzia nell’avere commesso gravi reati. Viene precisato che negli Stati Membri dell’UE esistono approcci diversi alla diffusione di informazioni relative a reati e soggetti responsabili di reati e questo influisce sulla disponibilità o meno di queste informazioni. Tuttavia in generale il WP29 «tende a vedere con favore la deindicizzazione di risultati concernenti reati relativamente minori commessi in periodi molto risalenti; viceversa, sarà meno probabile che valutino con favore la deindicizzazione di risultati relativi a reati più gravi e commessi in epoca più recente» (Criteri n.13: Il dato si riferisce ad un reato?,inLinee Guida 26.11.2014 del Working Party 29 o WP29 sull’attuazione della CGUE Costeja 13.05.2014).


 Come fare?

  • istruzioni di Google per chiedere la rimozione dei link
  • fac-simile da invocare con pec o raccomandata a.r. all'editore: 

1. Deindicizzazione all'editore o testata 

Spettabile

Editore - testata giornalistica

 

OGGETTO: diffida deindicizzazione articolo dal titolo ".." pubblicato in data .... 

Egregi Signori,

                              scrivo la presente per chiedere  la deindicizzazione  dell'articolo titolato "..." pubblicato in data ... a firma di ... 

 

È di tutta evidenza che il trattamento dei dati personali in caso di cronaca giudiziaria debba corrispondere ai requisiti della correttezza e dell’esattezza, con aggiornamento dei dati quando necessario.

Come sancito dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, infatti, "anche un trattamento inizialmente lecito di dati esatti può divenire, con il tempo, incompatibile con la direttiva (ora regolamento sulla protezione dei dati personali) qualora tali dati non siano più necessari in rapporto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati. Tale situazione si configura in particolare nel caso in cui i dati risultino inadeguati, non siano o non siano più pertinenti, ovvero siano eccessivi in rapporto alle finalità suddette e al tempo trascorso": (..) l’inclusione nell’elenco di risultati – che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome – dei link verso pagine web, legittimamente pubblicate da terzi e contenenti informazioni veritiere relative alla sua persona, è, allo stato attuale, incompatibile" con la normativa europea sulla privacy, "a motivo del fatto che tali informazioni appaiono, alla luce dell’insieme delle circostanze caratterizzanti il caso di specie, inadeguate, non pertinenti o non più pertinenti, ovvero eccessive in rapporto alle finalità del trattamento in questione realizzato dal gestore del motore di ricerca, le informazioni e i link in parola di cui al suddetto elenco di risultati devono essere cancellati" (CGUE Google Spain, C-131/12, ECLI:EU:C:2014:317, 13 maggio 2014).

In particolare, ai fini della legittimità della indicizzazione di una notizia vecchia (cioè non aggiornata), sempre secondo CGUE Google Spain cit., "occorre verificare in particolare se l’interessato abbia diritto a che l’informazione riguardante la sua persona non venga più, allo stato attuale, collegata al suo nome da un elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome"; la constatazione di un diritto siffatto non presuppone che l’inclusione dell’informazione in questione nell’elenco di risultati arrechi un pregiudizio all’interessato.

Si noti che i diritti fondamentali dell'interessato "prevalgono, in linea di principio, non soltanto sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull’interesse di tale pubblico a trovare l’informazione suddetta in occasione di una ricerca concernente il nome di questa persona. Tuttavia, così non sarebbe qualora risultasse, per ragioni particolari, come il ruolo ricoperto da tale persona nella vita pubblica, che l’ingerenza nei suoi diritti fondamentali è giustificata dall’interesse preponderante del pubblico suddetto ad avere accesso, mediante l’inclusione summenzionata, all’informazione di cui trattasi" (CGUE, Google Spain,. cit.)

Anche  per la Cassazione italiana "in caso di memorizzazione nella rete internet, mero deposito di archivi dei singoli utenti che accedono alla rete e cioè dei titolari dei siti costituenti la fonte dell'informazione (cd. siti-sorgente), deve riconoscersi al soggetto cui pertengono i dati personali oggetto di trattamento ivi contenuti il diritto all'oblio, e cioè al relativo controllo a tutela della propria immagine sociale, che anche quando trattasi di notizia vera, e "a fortiori" se di cronaca, può tradursi nella pretesa alla contestualizzazione e aggiornamento dei medesimi,e se del caso, avuto riguardo alla finalità della conservazione nell'archivio e all'interesse che la sottende, financo alla relativa cancellazione” (Cassazione civile sez. III  05 aprile 2012 n. 5525).Ebbene, la mera indicazione in un separato articolo di giornale degli sviluppi della vicenda giudiziaria non è sufficiente ad adempiere al presente obbligo di aggiornamento: il lettore che dovesse imbattersi nell'articolo di cui si tratta, infatti, non avrebbe modo di percepire il fisiologico sviluppo del procedimento penale. Parimenti, il meccanismo di indicizzazione del world wide web non permette un’agevole distinzione della notizia più recente, ingenerando un’inutile e confusa sovrapposizione di contenuti, che risulta ingiustamente dannosa per la mia reputazione. 

Tale esigenza è stata infine riconosciuta anche dal Garante della Privacy (Registro dei provvedimenti n. 358 del 15 settembre 2016 - [doc. web n. 5515910]), quando, richiamata l’evoluzione giurisprudenziale citata in nota, ha stabilito che “gli editori debbano provvedere a predisporre idonee misurenell´ambito dell´archivio storico, idonee a segnalare (ad esempio, a margine dei singoli articoli o in nota agli stessi) l´esistenza del seguito o dello sviluppo della notiziain modo da assicurare all´interessato il rispetto del diritto all´identità personale, risultante dalla compiuta visione dei fatti che lo hanno visto protagonista(anche se solo in parte oggetto di cronaca giornalistica), e ad ogni lettore di ottenere un´informazione attendibile e completa”.

Tanto premesso, si chiede pertanto di voler adottare ogni misura tecnica idonea ritenuta opportuna al fine di tutelare il mio diritto alla riservatezza rimuovendo l'articolo di cui si tratta dagli archivi informatici e impedendone la indicizzazione da parte dei motori di ricerca ("noindex", "nofollow" o simili).

Al fine di poter valutare l’idoneità di tale misure, si prega infine di voler riscontrare la presente indicando ogni azione intrapresa.

Distinti saluti,

 

firma 

 

2. Richiesta di aggiornamento all'editore o testata 

Spettabile

Editore 

OGGETTO: diffida aggiornamento articolo dal titolo ".." pubblicato in data .... 

Egregi Signori,

                              scrivo la presente per chiedere l'aggiornamento dell'articolo titolato "..." pubblicato in data ... a firma di ... 

È di tutta evidenza che il trattamento dei dati personali in caso di cronaca giudiziaria debba corrispondere ai requisiti della correttezza e dell’esattezza, con aggiornamento dei dati quando necessario.

Già precedentemente all’entrata in vigore del GDPR, la giurisprudenza ha chiarito che “così come la rettifica (dei dati personali) è finalizzata a restaurare l'ordine del sistema informativo alterato dalla notizia non vera (che non produce nessuna nuova informazione), del pari l'integrazione e l'aggiornamento sono invero volti a ripristinare l'ordine del sistema alterato dalla notizia (storicamente o altrimenti parziale. L'aggiornamento ha in particolare riguardo all'inserimento di notizie successive o nuove rispetto a quelle esistenti al momento del trattamento, ed è volto a ripristinare la completezza e pertanto la verità della notizia, non più tale in ragione dell'evoluzione nel tempo della vicenda” (Cassazione civile sez. III  05 aprile 2012 n. 5525).

Depongono ora in questo senso l’art. 87 del D. Lgs 196/03 e gli artt. 5, 16-18 del REGOLAMENTO (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, meglio conosciuto come GDPR, i quali si preoccupano di garantire il diritto di rettifica e di aggiornamento delle notizie ai diretti interessati.

Tale diritto è pacificamente riconosciuto anche dalla Corte di giustizia europea (CGUE, caso Google Spain) in caso di memorizzazione nella rete internet; per la Cassazione italiana "anche in caso di memorizzazione nella rete internet, mero deposito di archivi dei singoli utenti che accedono alla rete e cioè dei titolari dei siti costituenti la fonte dell'informazione (cd. siti-sorgente), deve riconoscersi al soggetto cui pertengono i dati personali oggetto di trattamento ivi contenuti il diritto all'oblio, e cioè al relativo controllo a tutela della propria immagine sociale, che anche quando trattasi di notizia vera, e "a fortiori" se di cronaca, può tradursi nella pretesa alla contestualizzazione e aggiornamento dei medesimi,e se del caso, avuto riguardo alla finalità della conservazione nell'archivio e all'interesse che la sottende, financo alla relativa cancellazione” (Cassazione civile sez. III  05 aprile 2012 n. 5525).Ebbene, la mera indicazione in un separato articolo di giornale degli sviluppi della vicenda giudiziaria non è sufficiente ad adempiere al presente obbligo di aggiornamento: il lettore che dovesse imbattersi nell'articolo di cui si tratta, infatti, non avrebbe modo di percepire il fisiologico sviluppo del procedimento penale. Parimenti, il meccanismo di indicizzazione del world wide web non permette un’agevole distinzione della notizia più recente, ingenerando un’inutile e confusa sovrapposizione di contenuti, che risulta ingiustamente dannosa per la mia reputazione. 

Tale esigenza è stata riconosciuta anche dal Garante della Privacy (Registro dei provvedimenti n. 358 del 15 settembre 2016 - [doc. web n. 5515910]), quando, richiamata l’evoluzione giurisprudenziale citata in nota, ha stabilito che “gli editori debbano provvedere a predisporre idonee misurenell´ambito dell´archivio storico, idonee a segnalare (ad esempio, a margine dei singoli articoli o in nota agli stessi) l´esistenza del seguito o dello sviluppo della notiziain modo da assicurare all´interessato il rispetto del diritto all´identità personale, risultante dalla compiuta visione dei fatti che lo hanno visto protagonista(anche se solo in parte oggetto di cronaca giornalistica), e ad ogni lettore di ottenere un´informazione attendibile e completa”.

Tanto premesso, si chiede pertanto di voler adottare ogni misura tecnica idonea ritenuta opportuna al fine di tutelare il mio diritto alla riservatezza.

Al fine di poter valutare l’idoneità di tale misure, si prega infine di voler riscontrare la presente indicando ogni azione intrapresa.

Distinti saluti,