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Coltivazione domestica ad uso personale, è reato? (Cass. 2388/22)

20 gennaio 2022, Cassazione penale

Non integra il reato di coltivazione di stupefacenti, per mancanza di tipicità, una condotta di coltivazione che, in assenza di significativi indici di un inserimento nel mercato illegale, denoti un nesso di immediatezza oggettiva con la destinazione esclusiva all'uso personale, in quanto svolta in forma domestica, utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui ricavare un modestissimo quantitativo di prodotto.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
Sentenza 20 gennaio 2022, n. 2388


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI STEFANO Pierluigi - Presidente -
Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere -
Dott. APRILE Ercole - Consigliere -
Dott. DE AMICIS Gaetano - rel. Consigliere -
Dott. TRIPICCIONE Debora - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
M.L., nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 20/04/2021 del Giudice dell'udienza preliminare del
Tribunale di Palermo;
visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Gaetano De Amicis;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Dr. Ceniccola Elisabetta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 20 aprile 2021, emessa all'esito di giudizio abbreviato, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Palermo ha assolto M.L. dal reato di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo marijuana perchè il
fatto non sussiste ed ha riqualificato nell'ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, il reato di coltivazione della medesima sostanza - parimenti ascrittogli all'interno di un unico capo d'imputazione - assolvendo il predetto imputato dal reato
di coltivazione perchè il fatto non è punibile per particolare tenuità ex art. 131-bis c.p., con la conseguente trasmissione degli atti all'Autorità amministrativa per le determinazioni di competenza ai sensi dell'art. 75 D.P.R. cit..

2. Nell'interesse del predetto imputato ha proposto ricorso per cassazione il  difensore di fiducia, deducendo con il primo motivo violazioni di legge e vizi della  motivazione in ordine alla configurabilità del reato di coltivazione, che la sentenza
impugnata ha ritenuto integrato - sia pure nella forma attenuata di cui all'art. 73, comma 5, cit. - sulla mera base dell'elevato valore ponderale dello stupefacente, senza tenere conto dei principi al riguardo stabiliti dalla Suprema Corte (con la
sentenza delle Sezioni Unite n 12348 del 2020) e del fatto che, nel caso in esame, si trattava non di una coltivazione tecnico-agraria, ma domestica, rivolta come tale esclusivamente ad un uso personale e del tutto priva, dunque, del requisito della
tipicità.

Si prospettano, inoltre, una serie di censure inerenti alla mancanza di motivazione sulle contrarie deduzioni dalla difesa svolte in sede di gravame, e in particolare sulle risultanze offerte dalla consulenza tecnica di parte riguardo al carattere
asseritamente elevato del quantitativo di principio attivo ricavabile dalle due piante in sequestro, sui tempi dell'intervento effettuato dai militari operanti (in quanto avvenuto nel luglio del 2020, a distanza di più di un mese dal primo avvisamento delle piante) e sul luogo ove queste ultime erano state tenute prima dello sfrondamento.

2.1. Con un secondo motivo si censurano vizi di inosservanza o erronea applicazione della legge penale in ordine alla erronea esclusione della scriminante dello stato di necessità, che avrebbe dovuto essere riconosciuta per l'uso anche
terapeutico che l'imputato faceva della cannabis, come poteva desumersi dalle risultanze della documentazione prodotta e della consulenza tecnica di parte.

2.2. Con un terzo motivo, infine, si deducono analoghi vizi in relazione all'erronea esclusione della sussistenza dell'errore di fatto ai sensi dell'art. 47 c.p., comma 1, avendo l'imputato deciso di coltivare due piantine nel balcone di casa nella piena
convinzione della liceità della propria condotta, in quanto destinata esclusivamente al soddisfacimento di un uso personale, anche di tipo terapeutico.

3. Con requisitoria trasmessa alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 17 novembre 2021 il Procuratore generale ha illustrato le sue conclusioni chiedendo il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è fondato e ne determina l'accoglimento, logicamente
assorbiti dovendosi ritenere gli ulteriori profili di doglianza ivi prospettati.
2. Deve preliminarmente rilevarsi l'ammissibilità dell'impugnazione avverso la
sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, anche laddove non
siano dedotti possibili profili di efficacia della pronuncia nel giudizio civile o
amministrativo di danno, sussistendo l'interesse dell'imputato a rimuovere il
pregiudizio derivante dall'iscrizione della sentenza nel casellario giudiziale (Sez. 3 n.
36687 del 29/05/2019, Gentile, Rv. 277666).
3. Pacifica deve ritenersi la ricostruzione della vicenda storico-fattuale oggetto del
tema d'accusa secondo quanto accertato dai Giudici di merito, che hanno ritenuto
integrata, ma non punibile per la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., la
contestata condotta di coltivazione di due piante di canapa indiana (alte 170 e 130
cm., con un diametro, rispettivamente, di 85 e 66 cm.) rinvenute nel balcone 
dell'abitazione dell'imputato, dalle quali era possibile ricavare un numero
complessivo di circa duecentoventi dosi medie singole, escludendo al contempo
qualsivoglia finalità di utilizzo non personale della relativa sostanza.
Emerge altresì dalla motivazione della decisione impugnata che l'uso terapeutico di
tale sostanza stupefacente, cui l'imputato aveva fatto riferimento nelle dichiarazioni
rese in sede di interrogatorio, era avallato dalla relazione di un consulente tecnico di
parte, che dava atto dei positivi effetti nEuroprotettivi ed antiinfiammatori dei
cannabinoidi sulla retina, in ragione dell'uveite cronica da cui il M. era affetto.

4. Ciò posto, deve rilevarsi come questa Suprema Corte abbia affermato il principio
secondo cui non integra il reato di coltivazione di stupefacenti, per mancanza di
tipicità, una condotta di coltivazione che, in assenza di significativi indici di un
inserimento nel mercato illegale, denoti un nesso di immediatezza oggettiva con la
destinazione esclusiva all'uso personale, in quanto svolta in forma domestica,
utilizzando tecniche rudimentali e uno scarso numero di piante, da cui ricavare un
modestissimo quantitativo di prodotto (Sez. U, n. 12348 del 19/12/2019, dep. 2020,
Caruso, Rv. 278624; Sez. 6, n. 6599 del 05/11/2020, dep. 2021, Serafini, Rv.
280786).

Nel caso in esame, tenendo ferme tali coordinate ermeneutiche e avuto riguardo alla
descrizione delle note modali del fatto sì come emergente dalla stessa motivazione
della decisione impugnata (che ha fatto riferimento ad un'attività non abituale di
coltivazione, intrapresa dall'imputato in forme del tutto rudimentali e per fini personali
su due vasi collocati in un balcone della propria abitazione peraltro ben visibile dalla
locale Stazione dei Carabinieri -, con un numero davvero esiguo di piante ed un
modesto quantitativo di principio attivo da esse complessivamente ricavabile), deve
ritenersi che la fattispecie in esame, anche in considerazione della ragionevole
destinazione del raccolto ad un uso personale terapeutico e della totale assenza di
elementi sintomatici sia dell'inserimento dell'imputato in un mercato illegale, che
della predisposizione di particolari cautele per aumentare la produzione, debba
correttamente inquadrarsi nell'ambito di un'attività svolta in forma meramente
domestica e, come tale, penalmente irrilevante.

5. Sulla base delle su esposte considerazioni s'impone, conclusivamente,
l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata secondo la formula in
dispositivo indicata, non utilmente integrabili dovendosi ritenere i rilevati ed
insuperabili limiti strutturali dell'erronea affermazione di penale responsabilità.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perchè il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2022