Ogni Stato membro dell'Unione europea ha l’obbligo di dotarsi di un sistema di indennizzo delle vittime di qualsiasi reato intenzionale violento commesso nel proprio territorio.
Un indennizzo forfettario concesso alle vittime di violenza sessuale sulla base di un sistema nazionale di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti non può essere qualificato come «equo ed adeguato» qualora sia fissato senza tenere conto della gravità delle conseguenze del reato per le vittime, e non rappresenti quindi un appropriato contributo al ristoro del danno materiale e morale subito.
Uno Stato membro è responsabile per il danno causato dalla mancanza trasposizione in tempo utile di una direttiva europea.
(cfr. sentenza 106/2012 della Corte di appello di Torino, 2012)
Corte di Giustizia dell'Unione europea
(Grande Sezione)
ECLI:EU:C:2020:566
16 luglio 2020 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2004/80/CE – Articolo 12, paragrafo 2 – Sistemi nazionali di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti che garantiscano un indennizzo equo ed adeguato – Ambito di applicazione – Vittima residente nel territorio dello Stato membro nel quale il reato intenzionale violento è stato commesso – Obbligo di far rientrare tale vittima nel sistema di indennizzo nazionale – Nozione di “indennizzo equo ed adeguato” – Responsabilità degli Stati membri in caso di violazione del diritto dell’Unione»
Nella causa C‑129/19,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con ordinanza del 29 gennaio 2019, pervenuta in cancelleria il 19 febbraio 2019, nel procedimento
Presidenza del Consiglio dei Ministri
contro
BV,
con l’intervento di:
Procura della Repubblica di Torino,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.-C. Bonichot, M. Vilaras (relatore), E. Regan, M. Safjan, P.G. Xuereb, L.S. Rossi e I. Jarukaitis, presidenti di sezione, L. Bay Larsen, T. von Danwitz, C. Toader, D. Šváby, C. Lycourgos e N. Piçarra, giudici,
avvocato generale: M. Bobek
cancelliere: R. Schiano, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 marzo 2020,
considerate le osservazioni presentate:
– per BV, da V. Zeno-Zencovich, U. Oliva, F. Bracciani e M. Bona, avvocati;
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Palatiello, avvocato dello Stato;
– per la Commissione europea, inizialmente da C. Ladenburger, E. Montaguti e M. Heller, successivamente da C. Ladenburger, G. Gattinara, E. Montaguti e M. Heller, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 maggio 2020,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’indennizzo delle vittime di reato (GU 2004, L 261, pag. 15).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri (Italia) e BV in merito alla responsabilità extracontrattuale che quest’ultima chiede sia dichiarata a carico della Repubblica italiana per il danno asseritamente cagionatole dall’omessa trasposizione, nel diritto italiano, della direttiva 2004/80.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 I considerando da 1 a 3, da 6 a 8 e 10 della direttiva 2004/80 così recitano:
«(1) Uno degli obiettivi [dell’Unione] europea consiste nell’abolizione degli ostacoli tra Stati membri alla libera circolazione delle persone e dei servizi.
(2) La Corte di giustizia ha statuito nella [sentenza del 2 febbraio 1989, Cowan (186/87, EU:C:1989:47)] che, allorché il diritto [dell’Unione] garantisce alle persone fisiche la libertà di recarsi in un altro Stato membro, la tutela della loro integrità personale in detto Stato membro alla stessa stregua dei cittadini e dei soggetti che vi risiedano costituisce il corollario della libertà di circolazione. Dovrebbero concorrere alla realizzazione di tale obiettivo misure volte a facilitare l’indennizzo delle vittime di reato.
(3) Il Consiglio europeo, nella riunione di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha sollecitato l’elaborazione di norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità, in particolare sull’accesso delle vittime alla giustizia e sui loro diritti al risarcimento dei danni, comprese le spese legali.
(...)
(6) Le vittime di reato nell’Unione europea dovrebbero avere il diritto di ottenere un indennizzo equo e adeguato per le lesioni subite, indipendentemente dal luogo [dell’Unione] europea in cui il reato è stato commesso.
(7) La presente direttiva stabilisce un sistema di cooperazione volto a facilitare alle vittime di reato l’accesso all’indennizzo nelle situazioni transfrontaliere, che dovrebbe operare sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. Dovrebbe essere pertanto istituito in tutti gli Stati membri un meccanismo di indennizzo.
(8) La maggior parte degli Stati membri ha già istituito questi sistemi di indennizzo, alcuni di essi in adempimento dei loro obblighi derivanti dalla convenzione europea (...) sul risarcimento alle vittime di atti di violenza [firmata a Strasburgo il 24 novembre 1983].
(...)
(10) Le vittime di reato, in molti casi, non possono ottenere un risarcimento dall’autore del reato, in quanto questi può non possedere le risorse necessarie per ottemperare a una condanna al risarcimento dei danni, oppure può non essere identificato o perseguito».
4 La direttiva 2004/80 si compone di tre capi. Il capo I, intitolato «Accesso all’indennizzo nelle situazioni transfrontaliere», contiene gli articoli da 1 a 11. Il capo II, intitolato «Sistemi di indennizzo nazionali», è costituito dall’articolo 12. Il capo III, intitolato «Disposizioni di attuazione», contiene gli articoli da 13 a 21.
5 L’articolo 1 della direttiva 2004/80 così recita:
«Gli Stati membri assicurano che, se un reato intenzionale violento è stato commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui il richiedente l’indennizzo risiede abitualmente, il richiedente ha diritto a presentare la domanda presso un’autorità o qualsiasi altro organismo di quest’ultimo Stato membro».
6 Ai sensi dell’articolo 2 di tale direttiva, l’indennizzo è erogato dall’autorità competente dello Stato membro nel cui territorio è stato commesso il reato.
7 L’articolo 12 della predetta direttiva è così formulato:
«1. Le disposizioni della presente direttiva riguardanti l’accesso all’indennizzo nelle situazioni transfrontaliere si applicano sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori.
2. Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime».
8 L’articolo 18 della direttiva 2004/80, rubricato «Attuazione», al suo paragrafo 1 così prevede:
«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 2006, fatta eccezione per l’articolo 12, paragrafo 2, per il quale tale data è fissata al 1° luglio 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione [europea]».
Diritto italiano
9 La legge 7 luglio 2016, n. 122 – Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2015-2016 (GURI n. 158, dell’8 luglio 2016), entrata in vigore il 23 luglio 2016, è stata adottata dalla Repubblica italiana segnatamente al fine di conformarsi all’obbligo ad essa incombente in forza dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80.
10 L’articolo 11 di tale legge, nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge n. 122»), riconosce il diritto all’indennizzo a carico della Repubblica italiana alla vittima di un reato doloso commesso con violenza alla persona, ivi compresa la violenza sessuale, nonché a favore degli aventi diritto della vittima, in caso di morte della vittima in conseguenza del reato. Tale indennizzo è fissato nella misura determinata con decreto ministeriale adottato in forza dell’articolo 11, paragrafo 3, della legge n. 122, nei limiti dello stanziamento nell’apposito fondo di cui all’articolo 14 di tale legge e in base al possesso di specifiche condizioni previste all’articolo 12 di detta legge.
11 Tale diritto all’indennizzo è riconosciuto anche a chi è vittima di un reato intenzionale violento commesso successivamente al 30 giugno 2005 e prima dell’entrata in vigore della legge n. 122. La domanda di indennizzo di tale vittima doveva essere presentata, a pena di decadenza, entro il 30 settembre 2019.
12 Adottato ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, della legge n. 122, il decreto ministeriale 31 agosto 2017 – Determinazione degli importi dell’indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti (GURI n. 237, del 10 ottobre 2017), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «decreto ministeriale del 31 agosto 2017»), determina gli importi dell’indennizzo alle vittime dei reati intenzionali violenti nella seguente misura:
«a) per il reato di omicidio, nell’importo fisso di euro 7.200, nonché, in caso di omicidio commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, nell’importo fisso di euro 8.200 esclusivamente in favore dei figli della vittima; b) per il reato di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante della minore gravità, nell’importo fisso di euro 4.800; c) per i reati diversi da quelli di cui alle lettere a) e b), fino a un massimo di euro 3.000 a titolo di rifusione delle spese mediche e assistenziali».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
13 Nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2005, BV, cittadina italiana residente in Italia, è stata vittima di violenza sessuale commessa nel territorio italiano. Gli autori della violenza sono stati condannati alla pena della reclusione e al pagamento a favore di BV della somma di EUR 50 000 a titolo di risarcimento danni. Tuttavia, dato che i suddetti autori si sono resi latitanti, quest’ultima somma non ha potuto essere percepita.
14 Nel febbraio 2009 BV ha citato in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri dinanzi al Tribunale di Torino (Italia) al fine di far dichiarare la responsabilità extracontrattuale della Repubblica italiana per non avere correttamente e integralmente attuato gli obblighi derivanti dalla direttiva 2004/80, in particolare l’obbligo previsto dall’articolo 12, paragrafo 2, della stessa.
15 Con sentenza del 26 maggio 2010, il Tribunale di Torino ha accolto le pretese di BV e ha condannato la presidenza del Consiglio dei Ministri a versarle la somma di EUR 90 000, oltre agli interessi di legge e alle spese legali.
16 La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha impugnato tale sentenza dinanzi alla Corte d’appello di Torino (Italia). Con sentenza del 23 gennaio 2012, tale giudice ha riformato la sentenza del Tribunale di Torino, riducendo l’importo del risarcimento a EUR 50 000, e ha confermato nel resto tale sentenza.
17 La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha proposto ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio. In tale ricorso, essa ha sostenuto, in particolare, che la direttiva 2004/80 non è fonte di diritti direttamente azionabili da un cittadino dell’Unione nei confronti del suo Stato membro di residenza, essendo essa riferibile unicamente alle situazioni transfrontaliere e finalizzata ad assicurare l’accesso delle vittime di un reato intenzionale violento commesso nel territorio di uno Stato membro diverso da quello della loro residenza alle procedure di indennizzo previste nello Stato membro di consumazione di detto reato.
18 In primo luogo, il giudice del rinvio ritiene che, nella sentenza dell’11 ottobre 2016, Commissione/Italia (C‑601/14, EU:C:2016:759, punti 45 e da 48 a 50), la Corte abbia confermato la propria giurisprudenza precedente, secondo la quale la direttiva 2004/80 mira a disciplinare unicamente le situazioni transfrontaliere, assicurando che la vittima di un reato intenzionale violento commesso in uno Stato membro diverso da quello della sua residenza abituale sia indennizzata dallo Stato membro in cui il reato è stato commesso. Il giudice del rinvio deduce da tale giurisprudenza che l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 non possa essere invocato, in modo immediato e diretto, nei confronti dello Stato italiano da vittime di reati intenzionali violenti residenti in Italia.
19 Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, in forza dei principi generali di uguaglianza e di non discriminazione in base alla nazionalità, sanciti dall’articolo 18 TFUE nonché dagli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, si può ritenere che la Repubblica italiana non potesse procedere a un’attuazione completa della direttiva 2004/80 limitando l’applicazione del sistema nazionale di indennizzo alle sole vittime che si trovino in situazioni transfrontaliere, dal momento che una siffatta limitazione avrebbe assoggettato i cittadini italiani residenti in Italia a un trattamento discriminatorio ingiustificato.
20 Sulla base di tali considerazioni, il giudice del rinvio ritiene che, al fine di evitare discriminazioni, le vittime di reati intenzionali violenti debbano poter far valere un diritto di accesso al sistema di indennizzo dello Stato membro in cui l’atto di cui trattasi è stato commesso, indipendentemente dal fatto che esse si trovino in una situazione transfrontaliera o che risiedano in tale Stato membro.
21 Nel caso di specie, la necessità di evitare siffatte discriminazioni rimarrebbe pertinente, quand’anche BV potesse beneficiare del diritto all’indennizzo riconosciuto dalla legge n. 122, entrata in vigore dopo la proposizione della sua azione per responsabilità extracontrattuale diretta contro la Repubblica italiana, ma applicabile retroattivamente anche nei suoi confronti. Infatti, nell’ambito di tale azione, BV farebbe valere il danno subito a causa dell’inadempimento della Repubblica italiana all’obbligo di trasposizione in tempo utile dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80, e non il diritto di ottenere, sulla base del diritto italiano, l’indennizzo attualmente previsto dalla legge n. 122.
22 In secondo luogo, il giudice del rinvio afferma di nutrire un dubbio sul carattere equo ed adeguato, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80, dell’importo forfettario di EUR 4 800, previsto dal decreto ministeriale del 31 agosto 2017, per l’indennizzo delle vittime di violenza sessuale, come la ricorrente nel procedimento principale.
23 Il giudice del rinvio osserva, a tale riguardo, che in recenti sentenze i giudici italiani hanno fissato gli indennizzi concessi per il risarcimento del danno derivante da violenza sessuale in importi compresi tra EUR 10 000 e EUR 200 000. Inoltre, gli importi dell’indennizzo concesso a vittime che hanno proposto azioni per responsabilità extracontrattuale nei confronti della Repubblica italiana per omessa trasposizione nel proprio diritto interno della direttiva 2004/80 varierebbero da EUR 50 000 a EUR 150 000. Alla luce di tali importi, detta somma forfettaria di EUR 4 800 potrebbe essere qualificata come «non adeguata», se non addirittura collocata «nell’area dell’irrisorio».
24 Alla luce di tali circostanze, la Corte suprema di cassazione (Italia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«[1) S]e – in relazione alla situazione di intempestivo (e/o incompleto) recepimento nell’ordinamento interno della [direttiva 2004/80], non self executing, quanto alla istituzione, da essa imposta, di un sistema di indennizzo delle vittime di reati violenti, che fa sorgere, nei confronti di soggetti transfrontalieri cui la stessa direttiva è unicamente rivolta, la responsabilità risarcitoria dello Stato membro, in forza dei principi recati dalla giurisprudenza della CGUE (tra le altre, sentenze “Francovich” e “Brasserie du Pecheur e Factortame III”) – il diritto [dell’Unione europea] imponga di configurare un’analoga responsabilità dello Stato membro nei confronti di soggetti non transfrontalieri (dunque, residenti), i quali non sarebbero stati i destinatari diretti dei benefici derivanti dall’attuazione della direttiva, ma, per evitare una violazione del principio di uguaglianza/non discriminazione nell’ambito dello stesso diritto [dell’Unione europea], avrebbero dovuto e potuto – ove la direttiva fosse stata tempestivamente e compiutamente recepita – beneficiare in via di estensione dell’effetto utile della direttiva stessa (ossia del sistema di indennizzo anzidetto).
[2)] Condizionatamente alla risposta positiva al quesito che precede[,] se l’indennizzo stabilito in favore delle vittime dei reati intenzionali violenti (e, segnatamente, del reato di violenza sessuale, di cui all’art. 609-bis [del codice penale]) dal decreto del Ministro dell’interno 31 agosto 2017 [emanato ai sensi del comma 3 dell’art. 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122 (...)] nell’importo fisso di euro 4.800 possa reputarsi “indennizzo equo ed adeguato delle vittime” in attuazione di quanto prescritto dall’art. 12, par. 2, della direttiva 2004/80».
Sulle questioni pregiudiziali
Sull’eventuale non luogo a statuire
25 Come osserva il giudice del rinvio, successivamente alla proposizione dell’azione per responsabilità extracontrattuale nei confronti della Repubblica italiana, che costituisce l’oggetto del procedimento principale, tale Stato membro ha istituito un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nel territorio italiano, indipendentemente dal fatto che le vittime risiedano in Italia o meno. Tale sistema si applica altresì, retroattivamente, ai reati di questo tipo commessi a partire dal 1º luglio 2005 e, pertanto, al reato di violenza sessuale di cui BV è stata vittima.
26 Secondo il governo italiano, BV ha presentato una domanda di indennizzo nell’ambito di detto sistema e, il 14 marzo 2019, ossia successivamente alla proposizione della presente domanda di pronuncia pregiudiziale, è stata adottata e trasmessa all’autorità competente per l’esecuzione una decisione che concede a BV un indennizzo di EUR 4 800, che corrisponde a quello previsto dal decreto ministeriale del 31 agosto 2017 per la violenza sessuale da essa subita. Il governo italiano deduce da tale circostanza che il procedimento principale è ormai divenuto privo di oggetto, cosicché le questioni del giudice del rinvio sono di tipo ipotetico.
27 Tale argomento non può essere accolto.
28 Come risulta dai punti 16 e 17 della presente sentenza, il giudice del rinvio è chiamato a pronunciarsi su un ricorso per cassazione avverso una sentenza della Corte d’appello di Torino che ha condannato la Repubblica italiana a versare a BV un indennizzo di importo di EUR 50 000.
29 Supponendo che il giudice del rinvio possa, allo stadio del ricorso per cassazione, tenere conto di fatti successivi alla sentenza oggetto di tale ricorso, ossia dell’assegnazione a BV, in forza del sistema italiano d’indennizzo, di un indennizzo dell’importo di EUR 4 800 per la violenza sessuale subita, occorre in ogni caso ricordare che un’applicazione retroattiva, regolare e completa delle misure di attuazione di una direttiva consente, in linea di principio, di rimediare alle conseguenze pregiudizievoli della trasposizione tardiva di tale direttiva e di assicurare un risarcimento adeguato del danno subito dai beneficiari di detta direttiva a causa della sua trasposizione tardiva, salvo che tali beneficiari dimostrino l’esistenza di perdite supplementari che essi avrebbero subito per il fatto di non avere potuto beneficiare nel momento previsto dei vantaggi pecuniari garantiti dalla direttiva e le quali andrebbero dunque parimenti risarcite (v., in tal senso, sentenza del 24 gennaio 2018, Pantuso e a., C‑616/16 e C‑617/16, EU:C:2018:32, punto 50 e giurisprudenza citata).
30 Orbene, come sottolineato al punto 21 della presente sentenza, l’azione di BV all’origine del procedimento principale, proposta prima dell’entrata in vigore della legge n. 122 che le riconosce retroattivamente il diritto a un indennizzo, mira a far condannare la Repubblica italiana al risarcimento del danno che l’interessata afferma di avere subito a causa dell’inadempimento, da parte di tale Stato membro, dell’obbligo di trasporre in tempo utile l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80.
31 La soluzione di tale controversia implica quindi che si verifichi se detto articolo 12, paragrafo 2, conferisca ai singoli, come BV, un diritto che questi ultimi possono far valere al fine di contestare la responsabilità di uno Stato membro per violazione del diritto dell’Unione e, in caso affermativo, se l’indennizzo dell’importo di EUR 4 800 che le autorità italiane hanno deciso di concedere all’interessata sulla base del decreto ministeriale del 31 agosto 2017 costituisca un «indennizzo equo ed adeguato», ai sensi del predetto articolo 12, paragrafo 2.
32 Ne consegue che le questioni poste dal giudice del rinvio presentano tuttora un interesse per la soluzione della controversia principale e non possono essere qualificate come «ipotetiche». La Corte deve pertanto rispondervi.
Sulla prima questione
33 Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che il regime della responsabilità extracontrattuale di uno Stato membro per danno causato dalla violazione di tale diritto sia applicabile, per il motivo che tale Stato membro non ha trasposto in tempo utile l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80, nei confronti delle vittime residenti in detto Stato membro, nel cui territorio il reato intenzionale violento sia stato commesso.
34 A tale proposito occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza costante della Corte, ai singoli lesi è riconosciuto un diritto al risarcimento dei danni causati da violazioni del diritto dell’Unione imputabili a uno Stato membro purché siano soddisfatte tre condizioni, vale a dire che la norma di diritto dell’Unione violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli, che la violazione di tale norma sia sufficientemente qualificata e che sussista un nesso causale diretto tra tale violazione e il danno subito da tali singoli (v., in tal senso, sentenze del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame, C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punto 51; del 30 settembre 2003, Köbler, C‑224/01, EU:C:2003:513, punto 51, e del 28 luglio 2016, Tomášová, C‑168/15, EU:C:2016:602, punto 22).
35 L’applicazione delle suddette condizioni che consentono di stabilire la responsabilità degli Stati membri per danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione deve, in linea di principio, essere operata dai giudici nazionali, in conformità agli orientamenti forniti dalla Corte per procedere a tale applicazione (sentenze del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, C‑524/04, EU:C:2007:161, punto 116, e del 4 ottobre 2018, Kantarev, C‑571/16, EU:C:2018:807, punto 95).
36 Nel caso di specie, l’esame della prima condizione, sulla quale vertono appunto i quesiti del giudice del rinvio all’origine della presente causa, implica che si verifichi se l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 imponga agli Stati membri di dotarsi di un sistema di indennizzo di tutte le vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori che garantisca un indennizzo equo ed adeguato, e se tale disposizione conferisca quindi a tutte le vittime suddette, comprese quelle che risiedono nel territorio dello Stato membro interessato, il diritto di ottenere tale indennizzo.
37 Come risulta dalla sua stessa formulazione, la prima questione del giudice del rinvio muove dalla premessa secondo la quale l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 impone agli Stati membri l’obbligo di dotarsi di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti unicamente nei confronti delle vittime che si trovino in una situazione transfrontaliera, vale a dire, ai sensi dell’articolo 1 di tale direttiva, delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui risiedono abitualmente. Sulla base di tale premessa, detto giudice si chiede tuttavia se, per evitare una violazione del principio di non discriminazione, di tale sistema di indennizzo debbano beneficiare anche le vittime dei reati in parola che risiedono nel territorio dello Stato membro interessato.
38 Pertanto, al fine di verificare la fondatezza della suddetta premessa, è necessario procedere all’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80. A tal fine, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte, si deve tener conto non soltanto del tenore letterale di tale disposizione, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza del 26 febbraio 2019, Rimšēvičs e BCE/Lettonia, C‑202/18 e C‑238/18, EU:C:2019:139, punto 45 e giurisprudenza citata).
39 Per quanto riguarda, in primo luogo, il tenore letterale dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80, occorre constatare che tale disposizione enuncia, in termini generali, l’obbligo per gli Stati membri di dotarsi di un sistema di indennizzo delle «vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori», e non soltanto delle vittime che si trovano in una situazione transfrontaliera.
40 Per quanto attiene, in secondo luogo, al contesto nel quale si inserisce l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80, occorre ricordare che l’articolo 12 di tale direttiva costituisce l’unico articolo del capo II della stessa, il quale verte, conformemente al suo titolo, sui «[s]istemi di indennizzo nazionali». A differenza del titolo del capo I di detta direttiva, quello del capo II della medesima non riguarda specificamente le «situazioni transfrontaliere».
41 L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2004/80 prevede che le disposizioni di tale direttiva riguardanti l’accesso all’indennizzo nelle situazioni transfrontaliere «si applicano sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori».
42 Ne risulta che il legislatore dell’Unione ha optato non per l’istituzione, da parte di ciascuno Stato membro, di un sistema di indennizzo specifico, limitato soltanto alle vittime di reati intenzionali violenti che si trovano in una situazione transfrontaliera, bensì per l’applicazione, a favore di tali vittime, dei sistemi di indennizzo nazionali delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori degli Stati membri.
43 Di conseguenza, l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 impone a ogni Stato membro l’obbligo di dotarsi di un sistema di indennizzo delle vittime di qualsiasi reato intenzionale violento commesso nel proprio territorio.
44 A tale riguardo occorre rilevare, come risulta dal considerando 8 della direttiva 2004/80, che, alla data di adozione di tale direttiva, un siffatto sistema era previsto dalle disposizioni in vigore nella maggior parte degli Stati membri. Tuttavia, come indicato dalla Commissione nelle sue osservazioni presentate alla Corte, a tale data due Stati membri non si erano ancora dotati di un sistema di indennizzo per le vittime di reati intenzionali violenti commessi nei loro territori.
45 Orbene, in assenza della previsione di tale sistema, uno Stato membro non può conformarsi ai propri obblighi relativi all’accesso all’indennizzo nelle situazioni transfrontaliere, quali risultano dalla direttiva 2004/80, in quanto, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, di tale direttiva, le disposizioni relative all’accesso all’indennizzo in tali situazioni «si applicano sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori».
46 Per quanto riguarda, in terzo luogo, gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2004/80, vero è che il considerando 1 della medesima fa riferimento alla volontà del legislatore dell’Unione di abolire gli ostacoli tra Stati membri alla libera circolazione delle persone.
47 Inoltre, il considerando 2 di tale direttiva, dopo avere rammentato la giurisprudenza secondo la quale, allorché il diritto dell’Unione garantisce alle persone fisiche la libertà di recarsi in un altro Stato membro, la tutela della loro integrità personale in detto Stato membro alla stessa stregua dei cittadini e dei soggetti che vi risiedano costituisce il corollario della libertà di circolazione (sentenza del 2 febbraio 1989, Cowan, 186/87, EU:C:1989:47, punto 17), enuncia che dovrebbero concorrere alla realizzazione di tale obiettivo misure volte a facilitare l’indennizzo delle vittime di reato.
48 Tuttavia, occorre tenere conto anche dei considerando 3, 6, 7 e 10 di detta direttiva.
49 Il considerando 3 della direttiva 2004/80 rammenta che il Consiglio europeo, nella riunione di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha sollecitato l’elaborazione di norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità, in particolare sull’accesso delle vittime alla giustizia e sui loro diritti al risarcimento dei danni.
50 A tale proposito, dal considerando 6 della direttiva 2004/80 risulta che le vittime di reato nell’Unione dovrebbero avere il diritto di ottenere un indennizzo equo e adeguato per le lesioni subite, indipendentemente dal luogo dell’Unione in cui il reato è stato commesso. Di conseguenza, come precisato dal considerando 7 di tale direttiva, occorre che tutti gli Stati membri dispongano di un meccanismo di indennizzo di tali vittime.
51 Inoltre, il considerando 10 della direttiva 2004/80 indica che il legislatore dell’Unione ha inteso tener conto delle difficoltà spesso incontrate dalle vittime di reati intenzionali violenti per farsi risarcire dall’autore del reato, in quanto questi può non possedere le risorse necessarie per ottemperare a una condanna al risarcimento dei danni alla vittima, oppure può non essere individuato o perseguito. Orbene, come attestano i fatti all’origine della presente causa, simili difficoltà possono essere incontrate dalle vittime di tali reati anche quando esse risiedono nello Stato membro in cui il reato è stato commesso.
52 Dalle considerazioni esposte ai punti da 39 a 51 della presente sentenza risulta che l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 impone a ogni Stato membro di dotarsi di un sistema di indennizzo che ricomprenda tutte le vittime di reati intenzionali violenti commessi nei loro territori e non soltanto le vittime che si trovano in una situazione transfrontaliera.
53 Tale considerazione non è rimessa in discussione dalla giurisprudenza della Corte secondo la quale la direttiva 2004/80 prevede un sistema di indennizzo unicamente nel caso di reato intenzionale violento commesso in uno Stato membro nel cui territorio la vittima si trova, nell’ambito dell’esercizio del suo diritto di libera circolazione, cosicché una situazione puramente interna non rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva (v., in tal senso, sentenze del 28 giugno 2007, Dell’Orto, C‑467/05, EU:C:2007:395, punto 59, e del 12 luglio 2012, Giovanardi e a., C‑79/11, EU:C:2012:448, punto 37, nonché ordinanza del 30 gennaio 2014, C., C‑122/13, EU:C:2014:59, punto 12).
54 Infatti, con tale giurisprudenza, la Corte si è limitata a precisare che il sistema di cooperazione istituito dal capo I della direttiva 2004/80 riguarda unicamente l’accesso all’indennizzo nelle situazioni transfrontaliere, senza tuttavia determinare la portata dell’articolo 12, paragrafo 2, di tale direttiva, contenuto nel capo II della stessa (v., in tal senso, sentenza dell’11 ottobre 2016, Commissione/Italia, C‑601/14, EU:C:2016:759, punto 49).
55 Ne consegue che l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 conferisce il diritto di ottenere un indennizzo equo ed adeguato non solo alle vittime di reati intenzionali violenti commessi nel territorio di uno Stato membro che si trovano in una situazione transfrontaliera, ai sensi dell’articolo 1 di tale direttiva, ma anche alle vittime che risiedono abitualmente nel territorio di tale Stato membro. Pertanto, fatto salvo quanto ricordato al punto 29 della presente sentenza, e sempre che siano soddisfatte le altre condizioni previste dalla giurisprudenza richiamata al punto 34 della presente sentenza, un singolo ha diritto al risarcimento dei danni causatigli dalla violazione, da parte di uno Stato membro, del suo obbligo derivante dall’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80, e ciò indipendentemente dalla questione se tale singolo si trovasse o meno in una situazione transfrontaliera nel momento in cui è stato vittima di un reato intenzionale violento.
56 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che il diritto dell’Unione dev’essere interpretato nel senso che il regime di responsabilità extracontrattuale di uno Stato membro per danno causato dalla violazione di tale diritto è applicabile, per il motivo che tale Stato membro non ha trasposto in tempo utile l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80, nei confronti di vittime residenti in detto Stato membro, nel cui territorio il reato intenzionale violento sia stato commesso.
Sulla seconda questione
57 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 debba essere interpretato nel senso che un indennizzo forfettario di EUR 4 800 concesso alle vittime di violenza sessuale in base a un sistema nazionale di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti debba essere qualificato come «equo ed adeguato» ai sensi di tale disposizione.
58 In assenza, nella direttiva 2004/80, di una qualsivoglia indicazione in ordine all’importo dell’indennizzo che si presume «equo ed adeguato», ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, di tale direttiva, nonché alle modalità di determinazione di un siffatto indennizzo, occorre considerare che tale disposizione riconosce agli Stati membri un margine di discrezionalità a tal fine.
59 A tale riguardo, occorre constatare che l’indennizzo di cui all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 non deve essere versato dall’autore stesso delle violenze di cui trattasi, bensì dall’autorità competente dello Stato membro nel cui territorio il reato è stato commesso, conformemente all’articolo 2 di tale direttiva, mediante un sistema nazionale di indennizzo di cui occorre assicurare la sostenibilità finanziaria al fine di garantire un indennizzo equo ed adeguato a tutte le vittime di reati intenzionali violenti commessi nel territorio dello Stato membro interessato.
60 Pertanto, occorre considerare, al pari dell’avvocato generale ai paragrafi da 137 a 139 delle sue conclusioni, che l’indennizzo «equo ed adeguato», di cui all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80, non deve necessariamente corrispondere al risarcimento del danno che può essere accordato, a carico dell’autore di un reato intenzionale violento, alla vittima di tale reato. Di conseguenza, tale indennizzo non deve necessariamente garantire un ristoro completo del danno materiale e morale subito dalla vittima.
61 In tale contesto, spetta in definitiva al giudice nazionale garantire, alla luce delle disposizioni nazionali che hanno istituito il sistema di indennizzo di cui trattasi, che la somma assegnata a una vittima di un reato intenzionale violento in forza di tale sistema costituisca «un indennizzo equo ed adeguato», ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80.
62 Tuttavia, nell’ambito del procedimento previsto all’articolo 267 TFUE, al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, occorre individuare gli elementi pertinenti per l’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 2, di tale direttiva, di cui si deve tenere conto ai fini della verifica prevista al punto precedente.
63 Pertanto, occorre precisare che uno Stato membro eccederebbe il margine di discrezionalità accordato dall’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 se le sue disposizioni nazionali prevedessero un indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti puramente simbolico o manifestamente insufficiente alla luce della gravità delle conseguenze del reato per tali vittime.
64 Infatti, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80, l’indennizzo concesso a tali vittime rappresenta un contributo al ristoro del danno materiale e morale subito da queste ultime. Detto contributo può essere considerato «equo ed adeguato» se compensa, in misura appropriata, le sofferenze alle quali esse sono state esposte.
65 Ciò precisato, occorre ancora rilevare, alla luce delle caratteristiche del sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti istituito dalla Repubblica italiana, che l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 non può essere interpretato nel senso che osta a un indennizzo forfettario di tali vittime, in quanto la somma forfettaria assegnata a ciascuna vittima può variare a seconda della natura delle violenze subite.
66 Tuttavia, lo Stato membro che opti per un siffatto regime di indennizzo deve provvedere affinché la misura degli indennizzi sia sufficientemente dettagliata, così da evitare che l’indennizzo forfettario previsto per un determinato tipo di violenza possa rivelarsi, alla luce delle circostanze di un caso particolare, manifestamente insufficiente.
67 Per quanto riguarda, in particolare, la violenza sessuale, occorre rilevare che si tratta di un reato, tra quelli intenzionali violenti, che può provocare le conseguenze più gravi.
68 Pertanto, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, un importo forfettario di EUR 4 800 per l’indennizzo della vittima di violenza sessuale non sembra corrispondere, prima facie, a un «indennizzo equo ed adeguato», ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80.
69 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 dev’essere interpretato nel senso che un indennizzo forfettario concesso alle vittime di violenza sessuale sulla base di un sistema nazionale di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti non può essere qualificato come «equo ed adeguato», ai sensi di tale disposizione, qualora sia fissato senza tenere conto della gravità delle conseguenze del reato per le vittime, e non rappresenti quindi un appropriato contributo al ristoro del danno materiale e morale subito.
Sulle spese
70 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) Il diritto dell’Unione dev’essere interpretato nel senso che il regime della responsabilità extracontrattuale di uno Stato membro per danno causato dalla violazione di tale diritto è applicabile, per il motivo che tale Stato membro non ha trasposto in tempo utile l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’indennizzo delle vittime di reato, nei confronti di vittime residenti in detto Stato membro, nel cui territorio il reato intenzionale violento è stato commesso.
2) L’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80 dev’essere interpretato nel senso che un indennizzo forfettario concesso alle vittime di violenza sessuale sulla base di un sistema nazionale di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti non può essere qualificato come «equo ed adeguato», ai sensi di tale disposizione, qualora sia fissato senza tenere conto della gravità delle conseguenze del reato per le vittime, e non rappresenti quindi un appropriato contributo al ristoro del danno materiale e morale subito.
Firme