La nozione di "traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope" a cui rinviano le decisioni quadro UE, ad esempio in tema MAE o di mutuo riconoscimento delle sentenze, ai fini della lista di reati escluse dalla verifica della doppia punibilità è stata oggetto di un'opera di armonizzazione da parte dell'Unione europea, restando espressamente escluse dal campo di applicazione della normativa di armonizzaizone minima tutte le condotte altrim,etni incriminabili se tenute dai loro autori soltanto ai fini del loro consumo personale quale definito dalle rispettive legislazioni nazionali.
L'autorità dello Stato di esecuzione è, "in linea di principio", vincolata alla valutazione effettuata dall'autorità dello Stato della decisione per quanto concerne la questione se il reato, oggetto del provvedimento da riconoscere, rientri in una delle categorie di reati che figurano nell'elenco, salvo errore manifesto: è quindi consentito alla Autorità giudiziaria italiana di verificare se lo Stato di emissione abbia commesso un errore manifesto nel compilare il certificato nel collocare la fattispecie di detenzione di stupefacenti ad uso personale, per il quale è stato condannato il ricorrente, nella categoria di "traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope".
Corte di Cassazione
Sezione VI penale
sentenza 10395/25
(dd 27.2.2025 - deposito 14 marzo 2025)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da ** avverso la sentenza del 22/10/2024 della Corte di appello di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Riccardi, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato; udito il difensore, avv. ** che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Catanzaro riconosceva le sentenze irrevocabili di condanna pronunciate dalle Autorità giudiziarie tedesche il 9 giugno 2017 e il 20 marzo 2019 nei confronti di ** fine dell'esecuzione nello Stato della pena della reclusione di giorni 1736 per i reati di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
2. L'esecuzione delle suddette sentenze era stata richiesta all'Italia con certificati emessi dalle Autorità tedesche sulla base della decisione quadro 2008/909/GAI.
3. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'interessato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Violazione di legge in relazione all'art. 11 d.lgs. n. 161 del 2010 e ai principi della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio dell'Unione europea.
E' dato accertato che entrambe le sentenze riconosciute riguardassero l'acquisto di sostanze stupefacenti ad uso personale.
Erroneamente la Corte di appello ha ritenuto di operare egualmente il riconoscimento facendo riferimento alla lista di reati indicati dalla decisione quadro 2002/584/GAI, nella quale è prevista la fattispecie di "traffico di stupefacenti" e per i quali non è richiesta la doppia incriminabilità.
Invero, le fonti di matrice europea escludono dalla nozione di traffico di stupefacenti, penalmente rilevante, le condotte finalizzate ad uso personale (cfr. art. 2 decisione quadro UE n. 757 del 2004).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito illustrate.
2. Come ha dato atto anche la Corte di appello, le sentenze di condanna per le quali è stato chiesto il riconoscimento sulla base della decisione quadro 2008/909/GAI riguardavano anche reati di detenzione di sostanza stupefacenti per uso personale (segnatamente il solo capo 1 della sentenza del 20 marzo 2019 e il reato di cui alla sentenza del 9 giugno 2017).La Corte di appello ha ritenuto di dar procedere ugualmente al loro riconoscimento in quanto le autorità tedesche avevano barrato nella apposita sezione del certificato la voce "traffico di stupefacenti", ovvero una delle 32 categorie di reato sottratte alla verifica della doppia incriminabilità dalla decisione quadro 2008/909/GAI e dal d.lgs. n. 161 del 7 settembre 2010. E' appena il caso di precisare che nel caso in esame non si verte nell'ipotesi esaminata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea in tema di doppia incriminabilità di "unico reato" composto da più fatti di cui solo una parte soddisfa il suddetto requisito (sentenza 14/07/2022, C-168/21, KL), ma di fatti tra loro autonomi.
3. E' opportuno preliminarmente rammentare il quadro giuridico rilevante per la definizione della questione sollevata dal ricorrente.
La decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio U.E. del 27 novembre 2008, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea, ha escluso all'art. 7 il controllo da parte dello Stato di esecuzione del requisito della cosiddetta doppia incriminabilità per un lungo elenco di reati. Tra questi vi è indicato anche il "traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope".
Secondo un meccanismo comune ad altri strumenti dell'Unione europea sul mutuo riconoscimento, la decisione quadro ritiene sufficiente che il reato per il quale è chiesta l'esecuzione, come definito dalla legge dello Stato di emissione, rientri in una delle categorie previste dall'elenco, purché punibile in detto Stato con una pena detentiva o una misura privativa della libertà personale della durata massima non inferiore a tre anni.
E' noto il dibattito sorto in Italia nel dare attuazione alla analoga disposizione contenuta nel primo degli strumenti di mutuo riconoscimento, la decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio U.E. del 13 giugno 2002 relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (art. 2, par.2).
Il legislatore italiano, nel dare attuazione alla suddetta decisione quadro con la legge n. 69 del 2005, aveva infatti ritenuto necessario, per renderla compatibile con i principi costituzionali (in primo luogo il principio di legalità), "rielaborare" l'elenco dei reati sottratti alla verifica della doppia incriminabilità al fine di chiarire il significato di ogni categoria con la tipizzazione delle condotte rilevanti, così da eliminare ogni dubbio o incertezza interpretativa (art. 8, comma 1, legge cit.).
A questa norma della legge attuativa del mandato di arresto europeo ha fatto espressamente riferimento il decreto legislativo del 7 settembre 2010, n. 161, che ha dato attuazione alla decisione quadro 2008/909/GAI, per regolare le deroghe alla doppia punibilità (art. 11): "Si fa luogo al riconoscimento, indipendentemente dalla doppia incriminazione, se il reato per il quale è chiesta la trasmissione è punito nello Stato di emissione con una pena detentiva o una misura privativa della libertà personale della durata massima non inferiore a tre anni, sola o congiunta alla pena pecuniaria, e si riferisce a una delle fattispecie di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 22 aprile 2005, n. 69. In tale caso, la corte di appello accerta la corrispondenza tra la definizione dei reati per i quali è richiesta la trasmissione, secondo la legge dello Stato di emissione, e le fattispecie medesime".
Quanto, in particolare, al "traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope", l'art. 8 legge cit. così definiva tale categoria: "vendere, offrire, cedere, distribuire, commerciare, acquistare, trasportare, esportare, importare o procurare ad altri sostanze che, secondo le legislazioni vigenti nei Paesi europei, sono considerate stupefacenti o psicotrope".
Il quadro è complessivamente mutato con la riforma della legge n. 69 del 2005 ad opera del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, che ha eliminato talune criticità (così le definisce la Relazione illustrativa) presenti nella normativa di attuazione in sede di recepimento del principio del mutuo riconoscimento.
Tra queste, il legislatore delegato ha ritenuto non in linea con la decisione quadro 2002/584/GAI la "nazionalizzazione" del parametro normativo dettato per i casi di esclusione della verifica della doppia punibilità, che veniva a richiedere la verifica de facto della doppia punibilità in tutti i casi previsti dall'elenco (la Relazione illustrativa ha citato, al riguardo, i rilievi critici sollevati nei confronti dell'Italia nei Rapporti e nelle Relazioni elaborati dalla Commissione europea).
L'art. 8, comma 1, della legge n. 69 del 2005 è stato quindi riscritto, riallineando il testo alla decisione quadro a mezzo di un integrale rinvio al citato art. 2, par. 2, stabilendo quanto segue: "In deroga all'articolo 7, comma 1, il mandato di arresto europeo è eseguito indipendentemente dalla doppia punibilità per i reati che, secondo la legge dello Stato membro di emissione, rientrano nelle categorie di cui all'articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro e sono puniti con una pena o una misura di sicurezza privative della libertà personale pari o superiore a tre anni".
Pertanto, a seguito di tale modifica, il richiamo contenuto nell'art. 11 d.lgs. n. 161 del 2010 alle "fattispecie di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 22 aprile 2005, n. 69" non ha più alcuna autonoma rilevanza precettiva.
4. Sulla base di quanto premesso, la Corte di appello, nel far luogo al riconoscimento della sentenza di condanna ai fini della sua esecuzione in Italia, ai fini dell'art. 11 cit., deve far riferimento soltanto alle categorie di reato indicate nella lista della decisione quadro.
Va dunque chiarito quale controllo competa all'autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione, una volta che lo Stato di emissione - come nella specie - abbia barrato la casella del certificato della Sezione h), dichiarando che il reato o i reati della sentenza da riconoscere "corrispondono" ad una o più delle categorie di reato dell'elenco, sottratte alla verifica della doppia punibilità.
La Corte di giustizia, con la sentenza del 6 ottobre 2021 (C-136/20, LU), ha stabilito che l'autorità dello Stato di esecuzione è, "in linea di principio", vincolata alla valutazione effettuata dall'autorità dello Stato della decisione per quanto concerne la questione se il reato, oggetto del provvedimento da riconoscere, rientri in una delle categorie di reati che figurano nell'elenco. Peraltro, può contestare tale qualificazione quando si tratti di errore manifesto (cfr. § 48).
Questo ipotesi, tra l'altro, è stata anche riportata dalla Commissione europea con riferimento all'analoga questione riguardante il mandato di arresto europeo, nella guida pratica del Manuale del 15 dicembre 2023 (C/2023/1270, pubblicato in G.U.U.E. del 9 ottobre 2024, Serie C), là dove ha previsto che lo Stato di esecuzione possa rilevare eventuali "errori manifesti" dello Stato emittente nel procedere alla compilazione del modello nella sezione dedicata alla lista dei reati. Con riferimento alla decisione quadro 2008/909/GAI essa poi trova un preciso addentellato negli artt. 8 e 11, che prevedono il caso di certificato non compilato correntemente (ovvero qualora il certificato non corrisponda "in modo manifesto"
alla sentenza).
Applicando questi principi al caso in esame, deve ritenersi consentito alla Autorità giudiziaria italiana di verificare se lo Stato di emissione abbia commesso un errore manifesto nel compilare il certificato nel collocare la fattispecie di detenzione di stupefacenti ad uso personale, per il quale è stato condannato il ricorrente, nella categoria di "traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope".
4.1. Si tratta a questo punto di stabilire quale sia la nozione di "traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope" a cui rinviano le decisioni quadro in tema di mutuo riconoscimento e in particolare quella rilevante nel caso in esame, la n. 2008/909/GAI.
La questione, per questa categoria di reati, appare di facile soluzione in quanto essa è stata oggetto di un'opera di armonizzazione da parte dell'Unione europea. Come ha rilevato l'Avvocato generale, nelle conclusioni formulate per la causa C-136/20, sopra citata, stabilire se il reato, oggetto del provvedimento da riconoscere, rientri in una delle categorie di reati che figurano nell'elenco è operazione semplice quando di tratti di "reati definiti nel diritto dell'Unione da norme minime o che sono stati oggetto di un approccio comune tra gli Stati membri". E, tra questi, ha citato per l'appunto "il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope, definito a/l'articolo 2 della decisione quadro 2004/757/GAI". Ed infatti l'Unione europea ha previsto un'armonizzazione "minima" per la materia degli stupefacenti con la decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio dell'Unione europea, del 25 ottobre 2004, riguardante "la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti" (G.U.U.E. dell'11 novembre 2004, L 335, pag. 8).
In essa si prevede, all'art. 2, che ciascuno Stato membro provveda affinché siano punite alcune condotte intenzionali allorché non autorizzate, quali: 1) la produzione, la fabbricazione, l'estrazione, la preparazione, l'offerta, la commercializzazione, la distribuzione, la vendita, la consegna a qualsiasi condizione, la mediazione, la spedizione, la spedizione in transito, il trasporto, l'importazione o l'esportazione di stupefacenti (lett. a); 2) talune forme di coltivazione di piante stupefacenti (lett. b).
Quanto invece alla detenzione e all'acquisto di stupefacenti (ipotesi di cui alla lett. c), sono incluse soltanto quelle condotte realizzate allo scopo di porre in essere una delle attività di cui alla lett. a), mentre sono espressamente escluse "dal campo di applicazione della decisione quadro" tutte le condotte descritte nell'art. 2, "se tenute dai loro autori soltanto ai fini del loro consumo personale quale definito dalle rispettive legislazioni nazionali".
Come ha chiarito la Corte di giustizia, con la sentenza dell'l1 giugno 2020 (C-634/18, RB), la suddetta decisione quadro costituisce solo uno strumento di "armonizzazione minima", sicché gli Stati membri rimangono liberi di trattare la detenzione a fini di consumo personale come reato.
Ne consegue che deve escludersi che nella categoria di "traffico illecito di stupefacenti" fatta propria dalla decisione quadro 2008/909/GAI possano rientrare anche le condotte tenute dagli autori ai fini del consumo personale.
5. In questa prospettiva, la richiesta di riconoscimento ed esecuzione promossa nei confronti del ricorrente può essere accolta con esclusione di quelle condotte che esulano dalla nozione di traffico di stupefacenti, come sopra indicata, e che non trovano in ogni caso corrispondenza nell'ordinamento penale italiano.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullato con rinvio.
Va rammentato che al riconoscimento parziale delle sentenze di condanna consegue il meccanismo di interlocuzione obbligatoria prevista dall'art. 10, comma 3, del d.lgs. n. 161 del 2010: "Se la corte di appello ritiene di poter procedere al riconoscimento parziale, ne informa immediatamente, anche tramite il Ministero della giustizia, l'autorità competente dello Stato di emissione e concorda con questa le condizioni del riconoscimento e dell'esecuzione parziale, purché' tali condizioni non comportino un aumento della durata della pena. In mancanza di accordo, il certificato si intende ritirato".
Pertanto, nel giudizio di rinvio deve essere consentito alla autorità di emissione di pronunciarsi sull'esito parziale del riconoscimento al fine dell'eventuale ritiro del certificato.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, I. n. 69 del 2005, richiamati dall'art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 161 del 2010.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, I. n. 69 del 2005.
Così deciso il 27/02/2025 - 14 marzo 2025
Il Consigliere estensore Ersilia Calvanese
Il Presidente Gaetano De Amicis