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Rassicurazioni romene consentono consegna MAE (Cass. 25066/19)

5 giugno 2019, Cassazione penale

Se le informazioni supplementari fornite dallo stato emittente il mandato di arresto europeo garantiscono fattori compensativi della disumanità della dentizione cade il motivo ostativo alla consegna.  

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

(ud. 04/06/2019) 05-06-2019, n. 25066

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO D. - Presidente -

Dott. MESSINI D'AGOSTINI Piero - Consigliere -

Dott. COSCIONI G. - Consigliere -

Dott. PACILLI G. - rel. Consigliere -

Dott. ARIOLLI G. - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

S.C.C., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte d'appello di Firenze del 25.3.2019;

Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

Udita nell'udienza camerale del 4.6.2019 la relazione fatta dal Consigliere Dr. Pacilli Giuseppina Anna Rosaria;

Udito il Sostituto Procuratore Generale in persona di Dr. Tocci Stefano, che ha concluso chiedendo di annullare con rinvio la sentenza impugnata.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 16 novembre 2018 la Corte d'appello di Firenze aveva disposto la consegna di S.C.C. allo Stato della Romania, che l'aveva richiesta con mandato d'arresto Europeo del 13 settembre 2013, per l'esecuzione della condanna alla pena di anni sei di reclusione, pronunciata dal Tribunale di Dolj, per essere il menzionato S. stato riconosciuto responsabile del resto di possesso di attrezzature per falsificare strumenti di pagamento elettronici e di quello di costituzione o partecipazione ad un gruppo criminale, al fine di commettere reati.

Contro questa decisione S.C.C. aveva proposto ricorso per cassazione e con sentenza del 3 dicembre 201(8) la Corte di cassazione, Sezione sesta, ha annullato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d'appello per un nuovo esame relativamente alle condizioni di esecuzione della pena detentiva in Romania, previ gli opportuni accertamenti.

Acquisite le richieste informazioni complementari dallo Stato Romania, la Corte d'appello di Firenze, con sentenza del 25 marzo 2019, ha disposto la consegna allo Stato della Romania di S.C.C., ritenendo che le condizioni carcerarie riservategli consentono, in concreto, di escludere la sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti. Ha disposto, altresì, che la consegna sia rinviata fino alla cessazione dello stato detentivo relativo al procedimento penale che risulta pendente nei confronti dello S. presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Pisa per il delitto di cui all'art. 497 bis c.p.

Avverso quest'ultima decisione ha proposto ricorso per cassazione il difensore di S.C.C., che ha censurato la mancata osservanza del principio di diritto fissata dalla Suprema Corte con la sentenza di rinvio e l'errata applicazione dell'art. 3 CEDU e L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. h), in relazione alle condizioni di detenzione in Romania, che esporrebbero concretamente il ricorrente a trattamenti inumani o degradanti.

All'odierna udienza camerale si è proceduto al controllo della regolarità degli avvisi di rito; all'esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.

Motivi della decisione

1. Il ricorso va rigettato, perchè proposto per motivo infondato.

Questa Corte (Sez. 2, n. 11980 del 10.3/2017, Rv. 269407; Sez. 6, n. 5472 dell'1.2.2017, Rv. 269008) ha avuto modo di affermare che, ai fini dell'accertamento della violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, se lo spazio delle celle è inferiore ai tre metri quadrati esiste una forte presunzione di violazione dell'art. 3 della Convenzione Edu, vincibile solo attraverso la valutazione dell'esistenza di adeguati fattori compensativi, che si individuano nella durata della restrizione carceraria, nella misura della libertà di circolazione, nell'offerta di attività da svolgere in spazi ampi fuori dalle celle e nel decoro complessivo delle condizioni di detenzione.

Difatti, secondo le indicazioni della Corte di Strasburgo deve ritenersi integrare una situazione di grave ed intollerabile sovraffollamento, suscettibile di integrare i presupposti dell'art. 3 CEDU, la detenzione della persona in uno spazio inferiore a tre metri quadrati in regime chiuso (v. Ananyev ed altri c. Russia, nn. 42525/07 e 60800/08, p. 148, 10 gennaio 2012; v. inoltre Olszewski c. Polonia, n. 1880/03, p. 98, 2 aprile 2013).

Tuttavia, tale "forte presunzione" di disumanità della restrizione in caso di superficie inferiore a detta soglia può essere superata in presenza di circostanze che consentano al detenuto di beneficiare di maggiore libertà di movimento durante il giorno, rendendogli possibile il libero accesso alla luce naturale ed all'aria, sì da compensare l'insufficiente assegnazione di spazio.

Nel caso in esame, la Corte d'appello di Firenze, acquisite le informazioni richieste allo Stato Romania, ha ordinato la consegna del ricorrente (sia pure rinviata alla cessazione dello stato detentivo in relazione al procedimento penale pendente indicato), ritenendo che le informazioni trasmesse dall'autorità giudiziaria rumena fossero adeguatamente individualizzate sulla posizione processuale del cittadino S.C.C., di cui si chiede la consegna.

Ha rimarcato, infatti, che dal rapporto emerge che il ricorrente, inizialmente, eseguirà il periodo di quarantina (21 giorni) presso la casa di reclusione Rahova di Bucarest, che dispone di stanze con uno spazio minimo individuale di 3 mq. "In questo periodo i detenuti esercitano tutti i loro diritti e percorrono il programma di adattamento alle condizioni della privazione della libertà".

Dal rapporto emerge, altresì, che, "dopo la scadenza del periodo di quarantina, tenendo conto del quantum della pena, il detenuto espierà la pena inizialmente in regime chiuso e, visto il domicilio del soggetto, molto probabilmente nella casa di reclusione di Craiova". Le stanze di tale casa, aventi uno spazio individuale di mq 3, hanno bagni dotati di lavabo in porcellana, vasi wc e doccia; sono forniti di illuminazione naturale e ventilazione tramite finestre di grandi dimensioni; illuminazione artificiale, mobilio necessario per depositare gli oggetti personali e servire i pasti.

Dopo l'espiazione di un quinto della pena, la persona condannata può essere riesaminata, al fine di modificare il regime di esecuzione della pena, e "l'evoluzione del regime carcerario non può essere prevista, dato che dipende in principio dalla condotta adottata nel periodo di esecuzione della pena. Nell'eventualità in cui il detenuto sarà assegnato al regime semiaperto di esecuzione della pena, lo stesso potrebbe essere trasferito presso la casa di reclusione Pelendava di Craiova", dove avrà una stanza con uno spazio minimo individuale di 2 mq e "potrà beneficiare di passeggi in aria libera ai sensi delle disposizioni legali e dei programmi e delle attività di assistenza psicosociale". Questi ultimi sono svolti in spazi all'interno del luogo di detenzione, che rimangono aperti durante la giornata, nonchè all'esterno. Anche le attività lavorative possono essere svolte negli spazi all'interno o all'esterno della casa di reclusione; "di conseguenza, i detenuti che espiano le pene in regime semiaperto hanno la possibilità di trascorrere il tempo libero fuori alla stanza di detenzione, per tutto il giorno", rientrando nella stanza solo per i pasti, per eseguire l'appello di sera, per l'igiene personale, per riposarsi e per diverse attività amministrative.

Il regime aperto conferisce ai detenuti la possibilità di utilizzare uno spazio minimo individuale di 3 mq e di spostarsi non accompagnati nel luogo di detenzione, oltre che di svolgere un lavoro ed attività educative, culturali e terapeutiche, di consulenza psicologica e di assistenza sociale, morale e religiosa fuori dal luogo di detenzione, senza sorveglianza.

Alla luce delle informazioni fornite, anche di quelle in ordine all'aerazione ed illuminazione delle stanze nonchè alle condizioni igieniche sanitarie, la Corte d'appello ha pertanto escluso il rischio di trattamenti inumani e degradanti.

Siffatte argomentazioni non prestano il fianco a rilievi censori.

Deve rilevarsi che le informazioni acquisite consentono di delineare in concreto il trattamento al quale il ricorrente sarà sottoposto, sia con riguardo alle case di reclusione, alle quali con molta probabilità sarà destinato, sia con riferimento alle condizioni del regime applicato.

Difatti, risulta che, nel corso della sua detenzione, il ricorrente potrà beneficiare di uno spazio minimo individuale di mq 3 e, seppure tale spazio si riduce a mq 2, in caso di regime semiaperto, deve considerarsi che, in quest'ultimo caso, è prevista la possibilità di fare passeggiate all'aria aperta e di svolgere attività, anche lavorativa, sia all'interno degli spazi di detenzione, che rimangono aperti durante la giornata, sia all'esterno, potendo i detenuti rientrare nella stanza solo per i pasti, per eseguire l'appello di sera, per l'igiene personale, per riposarsi e per diverse attività amministrative.

Le case di reclusione, in cui il ricorrente espierà la pena, inoltre, sempre secondo le indicazioni fornite dall'Autorità rumena, consentono il permanente utilizzo dell'acqua (anche calda per determinate ore al giorno) e degli oggetti sanitari ed assicurano condizioni di illuminazione, aerazione ed igiene delle celle.

Tali condizioni, complessivamente considerate, consentono di contrastare la deduzione difensiva in ordine al rischio di un trattamento inumano o degradante e di ritenere immune da vizi la conclusione della Corte di merito, secondo cui, considerati i parametri compensativi e le assicurazioni in ordine all'illuminazione, all'aerazione e all'igiene delle celle, il trattamento, che sarà prevedibilmente riservato al ricorrente, sarà compatibile con le garanzie previste dall'art. 3 della Convenzione Europea dei diritti umani e con la L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. h).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

2. Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Motivazione della sentenza letta in udienza.

Così deciso in Roma, nella udienza camerale, il 4 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2019