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Raccontare i fatti propri in TV legittima critiche (Cass. 30879/23)

11 agosto 2005, Cassazione penale

Chi decide di affacciarsi sulla "piazza mediatica" con modalità tali da offrire alla fruizione del pubblico anche episodi della propria vita privata, diviene, per ciò stesso, un personaggio pubblico e deve accettare che il giudizio (e la critica) investano anche quei fatti della sua sfera personale che ha deciso di rendere, noti. Ma è poi inevitabile che la critica si appunti anche sulle finalità per le quali detti fatti vengono raccontati e che, in ordine a tali finalità, il criticante, in uno sforzo ricostruttivo - che necessariamente risente delle sue convinzioni etico-politiche e dei suoi orientamenti culturali - possa formulare le sue ipotesi e le sue considerazioni sulla personalità, sulla valenza (e anche sullo spessore morale) del soggetto che si è offerto al "consumo" televisivo.

La critica ad una trasmissione televisiva comporta sempre (anche e necessariamente) la espressione di giudizi, per c.d., estetici, vale a dire relativi allo stile della esibizione e dei suoi protagonisti, al buon gusto e all'efficacia comunicativa del programma. 

 CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

 (data ud. 08/07/2005) 11/08/2005, n. 30879

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LATTANZI Giorgio - Presidente

Dott. COLONNESE Andrea - Consigliere

Dott. SICA Giuseppe - Consigliere

Dott. FUMO Maurizio - Consigliere

Dott. BRUNO Paolo Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

1) FELTRI VITTORIO N. **;

2) GANDOLA GIORGIO **

avverso SENTENZA del 21/05/2004 CORTE APPELLO di MILANO;

visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dr. FUMO MAURIZIO;

udito il PG in persona del sost. Proc. Gen. Dr. G.F. Viglietta, il quale ha concluso chiedendo emettersi sentenza di annullamento senza rinvio per essere i reati estinti per prescrizione ed escludersi la sanzione ex art. 12 legge stampa nei confronti del Feltri, con conferma delle altre statuizioni civili;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Gondola Giorgio e Feltri Vittorio, giornalista il primo, direttore del quotidiano "Il Giornale", il secondo, sono stati condannati dal Tribunale di Monza alla pena ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento danni alla costituita PC, perchè riconosciuti colpevoli, il primo, del delitto di diffamazione a mezzo stampa in danno di AS, il secondo di omesso controllo ex art. 57 c.p. La Corte di appello di Milano ha confermato la pronunzia di primo grado.

Con l'articolo in questione, dal titolo "Sospirosa esibizione alla TV di stato e nella notte Raidue beatifica Stefania Ariosto" veniva criticata appunto l'apparizione televisiva della predetta Ariosto.

Ricorre per Cassazione il difensore di entrambi gli imputati e articola cinque censure.

1) Violazione dell'art. 79 c.p.p. per essere stata |a costituzione di PC ammessa oltre il termine consentito dalla legge. Dal 26.3.99, l'udienza fu rinviata "per la trattazione" al 26.11.99, udienza nella quale alla Ariosto fu consentito depositare l'atto di costituzione;

ma ciò avvenne dopo la fase della costituzione delle parti.

I giudici di merito hanno ritenuto che, avendo Ariosto il 26.3 manifestato la intenzione di costituirsi PC, le fosse poi consentito mettere in atto il proposito nell'udienza successiva. In realtà la figura della PC "costituenda" non esiste nel nostro ordinamento, anche per la necessità di coordinamento tra gli artt. 79-80 e 491 comma 1^ c.p.p..

2) Erronea applicazione degli artt. 51 e 595 c.p. e illogicità della motivazione. Il titolo e il contenuto dell'articolo rappresentano esplicazione del diritto di critica. L'aspetto non è stato colto dai giudici di merito, i quali per altro non rilevano che le censure si appuntano principalmente sulla conduzione del programma in cui Ariosto rendeva la sua intervista, che sulle dichiarazioni della Ariosto in sè. Espressioni quali "sospirosa esibizione", "Mata Hari" ecc. non possono essere decontestualizzate e comunque scaturiscono da una attività eminentemente valutativa. E' dunque errato parlare di gratuita aggressione alla personalità dell'Ariosto. Il ricordo della tragica scomparsa dei figli della donna, inopportunamente inserito nel contesto di una trasmissione avente tutt'altro oggetto, è stato poi negativamente (ma legittimamente) valutato dal giornalista, che ne ha tratto spunto per criticare più che la personalità della Ariosto, il "taglio" del servizio televisivo, giudicato tendenzioso.

3) Mancata assunzione di prova decisiva, consistente nell'esame dell'imputato Gondola, il quale aveva ampiamente giustificato la sua assenza alle prime udienze. La prova richiesta aveva le caratteristiche della prova a discarico ex art. 495 comma 2^ c.p.p. ed è stata infondatamente disattesa dal giudice di merito.

4) Mancanza di motivazione in relazione all'art. 69 c.p., atteso che la Corte di appello non chiarisce perchè le attenuanti generiche non possano essere considerate prevalenti.

5) Violazione degli artt. 57 c.p. e 12 legge 47/48, atteso che, da un lato, la irrogazione della sanzione pecuniaria presuppone l'accertamento della sussistenza, a carico del direttore responsabile, di tutti gli elementi costitutivi del delitto di diffamazione, dall'altro, che detta sanzione non può essere applicata nel caso in cui la responsabilità del direttore sia riconosciuta ai sensi dell'art. 57 c.p. e non per concorso nel delitto ex 595 stesso codice.

La prima censura non ha fondamento.

Invero la costituzione di PC è sempre possibile fin quando non si sia verificato l'inizio del dibattimento. E' stato al proposito ritenuto (ASN 199808880-RV 211690) che, anche dopo la dichiarazione di contumacia, se il dibattimento viene rinviato ad altra data per dare modo di sanare la nullità derivante dalla omessa citazione della PO, alla successiva udienza sia pienamente legittima la costituzione di PC (purchè, si intende, avvenga prima dell'inizio del dibattimento). A maggior ragione tale costituzione deve ritenersi consentita se la PO, regolarmente citata, era presente alla prima udienza e la costituzione di PC non sia avvenuta per ragione alla stessa non imputabile, non potendo porsi a carico della parte le conseguenze di un'altrui mancanza. Nel caso in esame, appunto, la PO era presente e aveva manifestato l'intenzione di costituirsi PC. Il giudice tuttavia, senza assumere decisione sul punto, aveva provveduto a dichiarare la contumacia degli imputati e quindi aveva rinviato ad altra udienza. In tale seconda udienza, per le ragioni sopra specificate, la costituzione di PC doveva ritenersi possibile. La seconda censura è fondata.

Dalla lettura delle sentenze di merito si evince invero che l'articolo del Gondola, certamente connotato da toni polemici e anche sarcastici, rappresenta tuttavia legittima espressione del diritto di critica.

Aver definito "sospirosa esibizione" la apparizione in TV della Ariosto costituisce espressione - certamente colorita, ma, di per sè, non offensiva - di un dissenso circa lo stile e i contenuti del "servizio" televisivo e della persona che ne era stata oggetto.

L'equiparazione della donna a Mata Hari poi ha l'evidente stigma dell'iperbole satirica, della metafora paradossale, comunque riconducibile a un fatto storico concreto (evidentemente le dichiarazioni della Ariosto, frutto delle sue conoscenze, in quanto già intranea ad un determinato ambiente).

 Il paragone è riconoscibilmente surreale e dunque non va giudicato con il metro della comune logica e si sottrae al controllo obiettivo di verità (cfr. ASN 200002128-RV 215475). Nè si può sostenere (e infatti il giudice di merito non lo sostiene) che sia stato travalicato il limite della continenza. In realtà, la sentenza impugnata appunta principalmente la sua attenzione sulla affermazione, contenuta nell'articolo, in base alla quale la Ariosto "per intenerire le coscienze, ha rievocato ad arte una tragedia come quella dei figli scomparsi", giudicandola un'espressione spregiativa, che finisce per attribuire alla persona intervistata un uso cinicamente strumentale del ricordo, esibito innanzi al pubblico televisivo.

Orbene, fermo il fatto che la rievocazione di tale tragedia, nel corso della trasmissione, evidentemente vi fu (i giudici di merito non addebitano agli imputati la inesattezza della notizia), sta di fatto che il Gondola ha ritenuto di esprimere al proposito la sua opinione ed ha affermato che, a suo parere, tale passaggio fu inopportuno, suggerendo l'interpretazione che la donna (coadiuvata da coloro che realizzarono la trasmissione) avesse ricordato il lutto subito, anche per porre in atto una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli spettatori.

A ben vedere, si tratta di critiche che frequentemente si leggono sugli organi di informazione a proposito della esibizione (spesso giudicata volgare, sconveniente, inappropriata) dei più intimi sentimenti (sinceri o simulati) attraverso il mezzo televisivo, mezzo che ha sue peculiarità comunicative; e invero, non può dimenticarsi che la TV, anche quando fornisce informazione, in realtà fa (anche) spettacolo, perchè, accanto alla parola parlata, trasmette immagini e dunque espressioni, sensazioni e suggestioni. Pertanto la critica ad una trasmissione televisiva è (anche) critica di uno spettacolo; ed è tale anche quando si riferisce a un fatto di cronaca, appunto perchè l'informazione non può che essere espressa nella forma della drammatizzazione. Ne consegue che la critica ad una trasmissione televisiva comporta sempre (anche e necessariamente) la espressione di giudizi, per c.d., estetici, vale a dire relativi allo stile della esibizione e dei suoi protagonisti, al buon gusto e all'efficacia comunicativa del programma. Chi decide di affacciarsi sulla "piazza mediatica" con modalità tali da offrire alla fruizione del pubblico anche episodi della propria vita privata, diviene, per ciò stesso, un personaggio pubblico e deve accettare che il giudizio (e la critica) investano anche quei fatti della sua sfera personale che ha deciso di rendere, noti. Ma è poi inevitabile che la critica si appunti anche sulle finalità per le quali detti fatti vengono raccontati e che, in ordine a tali finalità, il criticante, in uno sforzo ricostruttivo - che necessariamente risente delle sue convinzioni etico-politiche e dei suoi orientamenti culturali - possa formulare le sue ipotesi e le sue considerazioni sulla personalità, sulla valenza (e anche sullo spessore morale) del soggetto che si è offerto al "consumo" televisivo.

Avere definito - nel titolo dell'articolo - "sospirosa" la "esibizione" televisiva della Ariosto rappresenta la sintesi della critica contenuta nel "pezzo" giornalistico, critica che censura le modalità e i contenuti della trasmissione, incentrata, secondo la opinione del giornalista, su di una ricostruzione connotata da toni patetici e gratuitamente melodrammatici, tesi a disegnare la personalità della donna in maniera tale da "intenerire" i fruitori dello "spettacolo", vale a dire a far leva sulla componente emozionale dei telespettatori per rendere più facilmente accettabile e condivisibile il contenuto delle dichiarazioni rilasciate dalla donna all'intervistatore. Per quanto si è venuti sin qui scrivendo, deve ritenersi che, alla luce dei principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte e per le ragioni sopra illustrate, il diritto di critica sia stato esercitato entro i limiti del lecito.

A tanto consegue che il fatto addebitato al Gondola non costituisce reato e che al Feltri nessun addebito colposo possa, conseguentemente, essere mosso. Rimanendo dunque assorbite le altre censure dedotte dai ricorrenti, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la impugnata sentenza perchè il fatto non costituisce reato.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2005.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2005