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Offesa all'onore non punibile se valutazione critica si basa su fatti (Cass. 18056/23)

2 maggio 2023, Cassazione penale

La critica si concretizza nella manifestazione di un giudizio valutativo e presuppone un fatto che è assunto ad oggetto o a spunto del discorso critico: ciò sta a significare che il giudizio valutativo è diverso dal fatto da cui trae spunto e a differenza di questo non può pretendersi che sia "obiettivo" e neppure, in linea astratta, "vero" o "falso".

La critica postula, insomma, fatti che la giustifichino e, cioè, un contenuto di veridicità limitato alla oggettiva esistenza dei dati assunti a base delle opinioni e delle valutazioni espresse.

La diversità dei contesti nei quali si svolge la critica, così come la differente responsabilità e funzione dei soggetti ai quali la critica è rivolta, possono quindi giustificare attacchi di grande violenza se proporzionati ai valori in gioco che si ritengono compromessi: sono, in definitiva, gli interessi in gioco che segnano la "misura" delle espressioni consentite. Tale principio deve trovare applicazione in primo luogo allorchè le opinioni veementi siano rivolte a soggetti che detengono o rappresentano un potere pubblico, e siano dunque giustificate dalla sentita necessità di rispondere con durezza ad un esercizio del potere percepito come arbitrario o illegittimo, salvi, ovviamente, i non ammessi argumenta ad hominem.

 CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE V PENALE

(data ud. 17/02/2023) 02/05/2023, n. 18056

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE GREGORIO Eduardo - Presidente -

Dott. CATENA Rossella - Consigliere -

Dott. GUERDIANO Alfredo - Consigliere -

Dott. PILLA Egle - rel. Consigliere -

Dott. FRANCOLINI Giovanni - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

B.B., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 11/02/2022 del TRIBUNALE di MACERATA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere EGLE PILLA;

Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Lette le conclusioni scritte del difensore di fiducia, avv. CT, per la parte civile con le quali ha insistito per il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

Svolgimento del processo

1.Con sentenza dell'11 febbraio 2022, il Tribunale di Macerata in composizione monocratica ha, confermato la pronuncia del 3 novembre 2020 del Giudice di pace della medesima città nei confronti dei ricorrenti che, previa affermazione della penale responsabilità, erano stati condannati alla pena di Euro 300,00 di multa ciascuno, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, con relative statuizioni sulle richieste della costituita parte civile C.C.. L'imputazione (artt. 110,595, 61 n. 10 c.p.) ha ad oggetto la condotta di diffamazione posta in essere dai ricorrenti mediante l'invio di una missiva alla Dirigente dell'istituto tecnico Agrario e al Ministero della Istruzione nella quale, si affermava con riferimento alla persona offesa, docente di inglese C.C., che: "(..) tutti gli errori compiuti dalla professoressa C.C. non sono da ritenersi frutto di disattenzione e negligenza quanto piuttosto di volontà manifesta di danneggiare nostro figlio D.D.(..)", aggiungendo che la docente unitamente ad altri si era: "(..) da sempre contraddistinta, rispetto ad altri, per una condotta fortemente vessatoria nei confronti di D.D. (..)".

2.Avverso la decisione della Corte d'appello i ricorrenti hanno proposto ricorso, attraverso il difensore di fiducia, deducendo i motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p..

2.1.Con il primo motivo, è stato dedotto vizio di motivazione quanto alla omessa risposta della sentenza impugnata in relazione ad una doglianza decisiva circa la natura riservata della missiva.

Lamentano i ricorrenti che la missiva inviata, contenente un formale reclamo alla valutazione della verifica scritta della prova di inglese sostenuta dal figlio D.D., era stata inviata a mezzo PEC alla Dirigente scolastica e al Ministro per l'Istruzione in via riservata, quali soggetti istituzionalmente e normativamente preposti alla verifica della corretta applicazione della normativa a tutela dei soggetti DSA (art. 6.20 Linee Guida D.M. n. 5569 del 12 luglio 2011).

Nonostante la difesa con i motivi di appello avesse espressamente richiamato l'esistenza del protocollo riservato in ambito scolastico, la Corte territoriale ha ritenuto che la natura riservata della missiva non sia idonea ad escluderne la diffusività del contenuto non potendosi escludere tout court la potenziale accessibilità a terzi soggetti diversi dal destinatario.

Nè può ravvisarsi nella sentenza una motivazione implicita rispetto al tema probatorio decisiva della natura riservata dell'atto inviato.

Allo stesso modo risulta irrilevante il richiamo della sentenza impugnata ad alcune pronunzie di questa Corte, relative ad atti e documenti inviati via mail o via PEC, in quanto in questo caso l'elemento distintivo e rilevante è costituito dalla natura "riservata" dell'atto, con l'adozione del relativo protocollo e la conseguente impossibilità di consultazione del documento da parte di terzi soggetti.

Del tutto illogica e contraria alle disposizioni di legge risulta pertanto la sentenza impugnata laddove ritiene che i ricorrenti fossero a conoscenza della circostanza che i destinatari della missiva si avvalgono di uno staff di collaboratori a cui è chiaramente accessibile il contenuto della missiva.

Nè può considerarsi pertinente la considerazione del giudice di pace che ha sottolineato che la missiva non era stata indirizzata agli indirizzi personali, quanto agli indirizzi istituzionali, in quanto i destinatari, proprio per il ruolo istituzionale rivestito pro tempore, dispongono di indirizzi istituzionali.

2.2.Con il secondo motivo, è stato dedotto vizio di motivazione quanto alla omessa risposta della sentenza impugnata in relazione ad una doglianza decisiva circa la fondatezza delle accuse rivolte alla persona offesa e alla esclusione del carattere diffamatorio delle espressioni utilizzate.

Lamentano i ricorrenti che il reclamo inviato, nel suo tenore complessivo, era volto unicamente ad ottenere un intervento da parte dei soggetti a ciò istituzionalmente preposti a tutela del diritto allo studio del figlio D.D., all'epoca dei fatti minorenne e soggetto DSA (presenza congiunta di discalculia, dislessia, disortografia, disgrafia), a fronte delle violazioni poste in essere dalla docente di inglese della normativa a tutela dei DSA (L. n. 170/2010 e D.M. n. 5669/2011).

La docente, al riguardo, aveva violato la normativa sia in relazione alle modalità di svolgimento delle verifiche scritte, impedendo all'alunno di utilizzare il materiale compensativo e le misure dispensative, sia in relazione alle modalità di valutazione, omettendo di redigere la scheda valutativa.

I ricorrenti nel corso della istruttoria dibattimentale avevano depositato l'ordinanza cautelare del giudice amministrativo che aveva disposto in favore del figlio D.D., divenuto maggiorenne, la redazione di un Piano Didattico personalizzato e l'adozione di strumenti compensativi didattici e delle misure dispensative in sede di verifica.

Siffatte circostanze, unitamente alle prove:

- delle omissioni della scuola sulla redazione del piano personalizzato, nonostante reiterate richieste;

- della trasmissione alla Scuola di una certificazione per la lingua inglese con relativa richiesta di dispensa dalla valutazione della prova scritta di lingua inglese, ma non dallo svolgimento della medesima, per non emarginare l'alunno dalla classe, ignorata dalla C.C. allorquando aveva impedito all'alunno di svolgere la prova inglese scritta;

- delle dichiarazioni della persona offesa, in relazione ad alcuni comportamenti dalla stessa tenuti violativi delle disposizioni in materia che confermavano queste circostanze;

avrebbero dovuto condurre alla esclusione della valenza offensiva di quanto contenuto nel reclamo.

2.3 Con il terzo motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla omessa risposta della sentenza impugnata in relazione ad una doglianza decisiva circa la sussistenza della scriminante di cui all'art. 51 c.p. e della esimente di cui all'art. 599 c.p. nella parte in cui la Corte ha escluso la sussistenza della esimente dell'esercizio del diritto di critica con riferimento alle espressioni utilizzate.

2.4.Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione dell'art. 606 lett. b) ed e) c.p.p. in relazione all'art. 539 c.p.p. e alle statuizioni civili. La somma liquidata a titolo di provvisionale alle costituite parti civili non risulterebbe giustificata, nè vi è prova del danno liquidato, sia pure a titolo di provvisionale.

2.5. Con il quinto motivo è stata dedotta la violazione dell'art. 600 comma 3 c.p.p. in relazione alla mancata indicazione dei giustificati motivi a fondamento della provvisionale. Erroneamente la Corte territoriale ritiene che la prova del danno grave e irreparabile che deriverebbe all'imputato dal pagamento della provvisionale dovrebbe essere fornita dall'imputato, ma ciò rappresenta una erronea applicazione del principio di cui al'art. 2967 c.c. spettando all'imputato l'onere di siffatta prova solo se la sentenza dia conto dei giustificati motivi che consentono il pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato per le ragioni e nei termini di seguito espressi.

1. Il secondo e il terzo motivo risultano fondati.

Occorre preliminarmente evidenziare che in materia di diffamazione, la Corte di cassazione può conoscere e valutare l'offensività della frase che si assume lesiva della altrui reputazione perchè è compito del giudice di legittimità procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell'imputato. (Sez. 5, n. 2473 del 10/10/2019, (2020), Rv. 278145).

1.2 Nel caso di specie la sentenza impugnata non dedica alcun argomento alla veridicità del fatto oggetto delle opinioni o dei giudizi espressi dagli imputati.

Invero, la critica si concretizza nella manifestazione di un giudizio valutativo e presuppone un fatto che è assunto ad oggetto o a spunto del discorso critico (Sez. 1, n. 40930 del 27/09/2013, P.M. in proc. Travaglio e altro, Rv. 257794).

Ciò sta a significare che il giudizio valutativo è diverso dal fatto da cui trae spunto e a differenza di questo non può pretendersi che sia "obiettivo" e neppure, in linea astratta, "vero" o "falso".

La critica postula, insomma, fatti che la giustifichino e, cioè, un contenuto di veridicità limitato alla oggettiva esistenza dei dati assunti a base delle opinioni e delle valutazioni espresse (Sez. 5, n. 13549 del 20/02/2008, Pavone, Rv. 239825; Sez. 5, n. 13880 del 18/12/2007, (2008), Pandolfelli, Rv. 239816; Sez. 5, n. 20474 del 14/02/2002, PG in proc. Trevisan, Rv. 221904; Sez. 5, n. 13264 del 16/03/2005, non massimata; Sez. 5, n. 20474 del 14/02/2002, Rv. 221904; Sez. 5, n. 7499 del 14/02/2000, Rv. 216534).

In tal senso, del resto, si è espressa la giurisprudenza convenzionale, che ha affermato che la libertà di esprimere giudizi critici, cioè "giudizi di valore", trova il solo, ma invalicabile, limite nella esistenza di un "sufficiente riscontro fattuale" (Corte Edu, sent. del 27.10.2005 caso Wirtshafts-Trend Zeitschriften-Verlags Gmbh c. Austria rie. n 58547/00, nonchè sent. del 29.11.2005, caso Rodrigues c. Portogallo, ric. n 75088/01) e che, al fine di valutare la giustificazione di una dichiarazione contestata, è sempre necessario distinguere tra dichiarazioni di fatto e giudizi di valore, perchè, se la materialità dei fatti può essere provata, l'esattezza dei secondi non sempre si presta ad essere dimostrata (Corte EdU, sent. del 1.7.1997 caso Oberschlick c.Austria par. 33).

1.3. La sentenza impugnata si sofferma invece unicamente sul requisito della continenza delle espressioni utilizzate reputandole come espressioni che travalicano e trascendono il corretto esercizio del diritto di critica.

Giova rammentare che la continenza concerne un aspetto sostanziale e un profilo formale. La continenza sostanziale, o "materiale", attiene alla natura e alla latitudine dei fatti riferiti e delle opinioni espresse, in relazione all'interesse pubblico alla comunicazione o al diritto-dovere di denunzia: essa si riferisce, dunque, alla quantità e alla selezione dell'informazione in funzione del tipo di resoconto e dell'utilità/bisogno sociale di esso. La continenza formale attiene, invece, al modo con cui il racconto sul fatto è reso o il giudizio critico esternato, e cioè alla qualità della manifestazione: essa postula, quindi, una forma espositiva proporzionata, "corretta" in quanto non ingiustificatamente sovrabbondante al fine del concetto da esprimere.

Ciò comporta che le modalità espressive non devono essere gratuitamente offensive.

Tuttavia, toni aspri o polemici non possono considerarsi di per sè punibili quando siano proporzionati e funzionali all'opinione o alla protesta da esprimere (Sez. 5, n. 11905 del 05/11/1997, Farassino G, Rv. 209647).

Quanto detto permette, allora, di ribadire che la diversità dei contesti nei quali si svolge la critica, così come la differente responsabilità e funzione dei soggetti ai quali la critica è rivolta, possono quindi giustificare attacchi di grande violenza se proporzionati ai valori in gioco che si ritengono compromessi: sono, in definitiva, gli interessi in gioco che segnano la "misura" delle espressioni consentite (Sez. 1, n. 36045 del 13/06/2014, P.M in proc. Surano, Rv. 261122). Tale principio deve trovare applicazione in primo luogo allorchè le opinioni veementi siano rivolte a soggetti che detengono o rappresentano un potere pubblico, e siano dunque giustificate dalla sentita necessità di rispondere con durezza ad un esercizio del potere percepito come arbitrario o illegittimo, salvi, ovviamente, i non ammessi argumenta ad hominem.

Alla luce delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza non solo nazionale ma anche convenzionale, va riconosciuto, quindi, che le espressioni inserite nella missiva alla Dirigente dell'istituto tecnico Agrario e al Ministero della Istruzione nella quale, si affermava con riferimento alla persona offesa docente di inglese che:

- "(..) tutti gli errori compiuti dalla professoressa C.C. non sono da ritenersi frutto di disattenzione e negligenza quanto piuttosto di volontà manifesta di danneggiare nostro figlio D.D.(..)", - la docente unitamente ad altri si era: "(..) da sempre contraddistinta, rispetto ad altri, per una condotta fortemente vessatoria nei confronti di D.D. ()".

possono anche integrare ‘asprezze ed esagerazionì, ma, collocate nel più ampio contesto comunicativo del quale sono parte, che consente di intenderle nel loro giusto valore, rientrano certamente nel cono d'ombra della scriminante del diritto di critica, esercitato rispetto a valori ed interessi - il buon andamento, l'imparzialità e la tra Spa renza della pubblica amministrazione, il diritto all'istruzione, il diritto alla salute- che gli imputati ragionevolmente temevano potessero essere messi a repentaglio dai comportamenti, come si desume dal riscontro fattuale rappresentato dalle stesse dichiarazioni della persona offesa, dall'ordinanza del TARprova documentale acquisita nel processore dalle condizioni del giovane alunno risultate peggiorate a seguito del comportamento della docente.

1.3. Dall'accoglimento del secondo e del terzo motivo deriva l'annullamento della sentenza impugnata senza rinvio perchè il fatto non costituisce reato con conseguente revoca delle statuizioni civili e la mancata liquidazione delle spese richieste dalla parte civile 2. L'epilogo decisorio comporta l'assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso.

3. Il riferimento all'alunno e figlio dei ricorrenti, all'epoca minorenne, comporta la necessità di oscurare i dati identificativi.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non costituisce reato. Revoca le statuizioni civili.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.Lgs. n.196/03 in quanto imposto dalla legge.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 02 maggio 2023