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MAE va eseguito anche se mette in pericolo la salute? (Cass. 19389/20)

26 giugno 2020, Cassazione penale

In tema di mandato d'arresto Europeo, le ragioni che inducono a ritenere che la consegna metterebbe in pericolo la vita o la salute del consegnando non sono annoverate dall'art. 18 della legge n. 69 del 2005 tra le cause di rifiuto della consegna, ma attengono alla fase esecutiva della stessa e possono essere fatte valere mediante istanza alla Corte d'Appello, ai sensi dell'art. 23, comma terzo, della medesima legge, in quanto costituiscono una condizione personale soggetta a modificazione, anche repentina, nel corso del tempo e, pertanto, non utilmente rappresentabile nelle fasi procedimentali anteriori all'esecuzione del provvedimento di consegna

In tema di mandato di arresto Europeo, la nozione di "residenza" che viene in considerazione per l'applicazione dei diversi regimi di consegna previsti dalla legge 22 aprile 2005, n.69, presuppone l'esistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero nello Stato, tra i cui indici concorrenti vanno indicati la legalità della sua presenza in Italia, l'apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa, la distanza temporale tra quest'ultima e la commissione del reato e la condanna conseguita all'estero, la fissazione in Italia della sede principale, anche se non esclusiva, e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, il pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali.

Corte di Cassazione

sez. VI Penale

sentenza 25 – 26 giugno 2020, n. 19389
Presidente Di Stefano – Relatore Paternò Raddusa

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza descritta in epigrafe la Corte di Appello di Roma ha disposto la consegna di Di. Ni. all'A.G. della Francia in forza del mandato di arresto Europeo emesso il 26 giugno 2018, reso in esecuzione della sentenza del 12 febbraio 2016 dal Tribunale di Grande Istanza di Albertville con la quale la suddetta è stata condannata alla pena di anni uno di reclusione per i reati di ingresso illegale nello stato e falsificazione di passaporto. Fatti accertati in Modane (Francia) il 2 settembre del 2015.
2. Avverso la detta sentenza, la Di. ha interposto ricorso per cassazione, o per il tramite del difensore di fiducia, articolando due diversi motivi.
Si lamenta, in particolare, violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'art. 18 legge n.69 del 2005.
In primo luogo si rimarca nel ricorso che, pur prendendo atto della situazione di salute della ricorrente, affetta da diabete, la Corte territoriale ha ritenuto che la stessa non fosse ostativa rispetto alla esecuzione del mandato di arresto contestato, potendo la ricorrente essere curata nel sistema penitenziario francese.
Il tutto a fronte di una lettura superficiale della documentazione medica allegata, perché illogicamente volta a svilire la gravità dello stato di salute della ricorrente, che necessita invece di cure pesanti e importanti, confermate dalla documentata "ulcera al primo dito del piede sinistro, insorta da una settimana", indice di una pericolosa deriva.
Per altro verso si contesta la valutazione spesa dalla Corte territoriale nel negare l'applicabilità al caso di specie del disposto di cui all'art 18, lettera R, legge n. 69 del 2005 (nella sua formulazione previgente alle modifiche apportate con la legge n. 117 del 2019, art. 6 comma 5, entrata in vigore il 2 novembre, successivamente alla decisione impugnata).
La ricorrente, a differenza di quanto sostenuto nella sentenza impugnata, avrebbe comprovato il proprio radicamento in Italia a far data dal 2015 mentre del tutto arbitrariamente ne sono stati denegati i presupposti di riferimento perché non parla correntemente la lingua italiana, dato invece motivato dalle difficoltà di apprendimento, confermate anche dalla documentazione sanitaria allegata.
In ogni caso la difesa produce in questa sede ulteriori atti a sostegno dell'addotto radicamento, non allegati in precedenza per i ristretti tempi di trattazione del giudizio.
3. La Procura Generale con requisitoria depositata l'8/06/2020 ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
4. La difesa, in data 15/06/2020 ha trasmesso le proprie conclusioni scritte, replicando a quelle della Procura e allegando ulteriore documentazione medica riferibile alla Di..

Considerato in diritto

1. Il ricorso non è fondato e va dunque rigettato.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.

Deve infatti ribadirsi che secondo la giurisprudenza della Corte, in tema di mandato d'arresto Europeo, le ragioni che inducono a ritenere che la consegna metterebbe in pericolo la vita o la salute del consegnando non sono annoverate dall'art. 18 della legge n. 69 del 2005 tra le cause di rifiuto della consegna, ma attengono alla fase esecutiva della stessa e possono essere fatte valere mediante istanza alla Corte d'Appello, ai sensi dell'art. 23, comma terzo, della medesima legge, in quanto costituiscono una condizione personale soggetta a modificazione, anche repentina, nel corso del tempo e, pertanto, non utilmente rappresentabile nelle fasi procedimentali anteriori all'esecuzione del provvedimento di consegna (Sez. 6, Sentenza n. 7489 del 15/02/2017, Rv. 269110;Sez. 6, Sentenza n. 108 del 30/12/2013, dep.2014, Rv. 2584609).

3. E' infondata la censura relativa alla asserita violazione dell'art 18, lettera r, della legge n. 69 del 2005 o comunque alla tenuta argomentativa della decisione assunta sul punto dalla Corte territoriale.
Giova premettere che la disposizione citata, così come integrata in forza della sentenza n 227 del 2010 della Corte Costituzionale, appare letteralmente limitata ai soli soggetti che siano cittadini italiani o cittadini di altro Stato membro dell'Unione Europea, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza in Italia. Potrebbe, dunque, in linea di principio, ritenersi non riferibile alla ricorrente, apparentemente estranea alle categorie soggettive considerate dalla norma.

Vero è che questa stessa sezione della Corte, con ordinanza del 4 febbraio 2020, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 11, 27 comma 3, 117 comma 1, Cost, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18-bis della legge 22 aprile 2005, n. 69, come introdotto dall'art. 6 comma 5, lett. b), della legge 4 ottobre 2019, n. 117, nella parte in cui non prevede il rifiuto facoltativo di consegna del cittadino di uno Stato non membro dell'UE che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano; e che tale disposizione replica il contenuto del previgente art 18, lettera r della stessa legge, che disciplina la fattispecie in esame, sostanzialmente riproducendo il medesimo tema di legittimità costituzionale.

Nel caso, tuttavia, l'infondatezza del ricorso con riguardo ai presupposti utili a giustificare l'applicazione della norma in questione in ragione della non riscontrata sussistenza dei presupposti in fatto utili a considerare il radicamento in Italia della ricorrente, incide sulla stessa rilevanza della questione eventualmente prospettabile e impone la reiezione dell'impugnazione.

4. Va infatti ribadito che secondo la giurisprudenza della Corte in tema di mandato di arresto Europeo, la nozione di "residenza" che viene in considerazione per l'applicazione dei diversi regimi di consegna previsti dalla legge 22 aprile 2005, n.69, presuppone l'esistenza di un radicamento reale e non estemporaneo dello straniero nello Stato, tra i cui indici concorrenti vanno indicati la legalità della sua presenza in Italia, l'apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa, la distanza temporale tra quest'ultima e la commissione del reato e la condanna conseguita all'estero, la fissazione in Italia della sede principale, anche se non esclusiva, e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, il pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali.

5. Nel caso la Corte territoriale ha evidenziato che la ricorrente risiede a Macerata dal febbraio 2019 e che la sua radicata presenza in Italia sin dal 2015 appare solo affermata, perché non adeguatamente comprovata ed anzi appare smentita dalla modesta conoscenza della lingua, considerazione che non pare censurabile sul piano della relativa tenuta logica e che non risulta smentita dalle indicazioni difensive.

6. Avuto poi riguardo alla documentazione prodotta in sede di legittimità, anche a volerne scrutinare il merito in assenza di qualsivoglia valida argomentazione sul punto spesa a corredo della relativa produzione, ritiene la Corte che la stessa non muti il portato delle precedenti conclusioni.

Dalla relativa disamina emerge, infatti, esclusivamente la possibilità di ritenere riscontrata la presenza della Di. in Italia solo a far tempo dal marzo del 2018 e dunque lungo un arco temporale non sufficientemente consolidato per ritenerne il radicamento, atteso che il comprovato ingresso in Italia e la certificazione medica risalente al 2015 non trovano comunque ulteriore seguito documentale utile a confermarne una continuativa presenza nel territorio italiano per il lasso di tempo successivo.

7. Alla reiezione del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.