Il divieto di pronuncia favorevole all'estradizione -previsto dall'art. 705 c.p.p., comma 2, lett. b), nell'ipotesi in cui la sentenza per la cui esecuzione è stata domandata contenga disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato - ricorre solo quando sia prospettata l'assenza nell'ordinamento dello Stato richiedente di disposizioni a tutela delle fondamentali garanzie difensive e del diritto al giusto processo, e non quando sia denunciata la mera violazione di norme processuali presenti in quest'ultimo: non osta alla consegna MAE di chi sia stato ocndannato senza difensore se sia possibile richiedere un nuovo giudizio.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
(data ud. 09/10/2012) 09/11/2012, n. 43542
1) N.I. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 93/2012 CORTE APPELLO di CAMPOBASSO, del 16/02/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
sentite le conclusioni del PG. Dott. Alfredo Pompeo Viola, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore avv. NC, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 16 febbraio - 29 febbraio 2012 la Corte d'appello di Campobasso ha dichiarato sussistenti le condizioni per l'estradizione del cittadino rumeno N.I., avanzata dalle autorità della Repubblica di Romania con il mandato di arresto Europeo n. 198 del 15 maggio 2002, emesso per l'esecuzione della complessiva pena di anni tre e mesi sei di reclusione, inflittagli con sentenza del 22 aprile 2002 (definitiva dal 10 maggio 2012), in relazione al reato di oltraggio contro la pubblica moralità e disturbo dell'ordine pubblico (art. 321 c.p. rumeno), commesso il (OMISSIS).
2. All'esito dell'audizione svoltasi il 15 luglio 2011 l'estradando non ha acconsentito alla sua consegna allo Stato richiedente, ed il Presidente della Corte d'appello di Campobasso ha in pari data convalidato l'arresto operato il 14 luglio 2011, applicando nei suoi confronti la misura coercitiva dell'obbligo di dimora.
Il Ministero della Giustizia ha quindi richiesto, con nota del 25 luglio 2011, il mantenimento della misura custodiale, segnalando che, in ragione della data di commissione dei fatti-reato, al procedimento de quo deve ritenersi applicabile l'ordinaria disciplina estradizionale e non quella di cui alla L. n. 69 del 2005. Con successiva ordinanza del 10 agosto 2011, inoltre, la predetta Corte d'appello ha confermato nei confronti dell'estradando la misura cautelare dell'obbligo di dimora nella provincia di (OMISSIS).
3. Esponeva la Corte territoriale che la pena complessiva di anni tre e mesi sei di reclusione era stata inflitta all'estradando con la su citata sentenza della Pretura di Adjud del 22 aprile 2002, n. 139, divenuta definitiva a far data dal 10 maggio 2002, e che tale pronuncia aveva altresì comportato la revoca della sospensione della pena di anni tre di reclusione irrogata allo stesso N.I. con la precedente sentenza n. 107 del 1 marzo 2001, divenuta definitiva dal 13 marzo 2001 ed emessa dalla Pretura di Panciu per il reato di furto di animali.
4. Avverso la predetta sentenza della Corte d'appello di Campobasso ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia di N. I., deducendo i seguenti motivi di doglianza:
a) violazione dell'art. 705 c.p.p., lett. a) n. 2, e lett. b), per mancanza delle condizioni favorevoli all'estradizione in relazione alla violazione del diritto di difesa e degli artt. 3 e 111 Cost., non avendo il ricorrente beneficiato dell'assistenza di un difensore nel processo dinanzi alle autorità rumene, laddove nel processo penale italiano è prevista la difesa tecnica obbligatoria in ogni fase, stato e grado del giudizio;
b) omessa o incompleta notifica della sentenza di condanna, che in quanto pronunciata in contumacia non poteva essere appellata, nè passare in giudicato e divenire penalmente eseguibile;
c) violazione e/o errata applicazione dell'art. 37 c.p. rumeno, lett. a), per errata applicazione della recidiva;
d) violazione e/o errata applicazione degli artt. 126 - 127 c.p.p. rumeno, comma 1, per l'intervenuta prescrizione della pena, essendo ormai decorso il periodo di tempo (anni otto e mesi sei) previsto da tale ordinamento, con la conseguenza che la domanda di estradizione doveva essere respinta, anche in considerazione della non applicabilità al caso di specie della successiva disciplina introdotta dalla L. n. 302 del 2004, art. 35, prevedendo la stessa un più lungo termine prescrizionale e da ritenersi dunque peggiorativa per la posizione dell'imputato.
Motivi della decisione
5. Il ricorso è infondato e va conseguentemente rigettato.
6. In ordine al primo motivo di doglianza deve rilevarsi come dal contenuto delle diverse informazioni integrative trasmesse nel corso della procedura estradizionale dalle autorità dello Stato richiedente - inizialmente, in data 9 febbraio 2012, alla Corte territoriale, e successivamente, il 23 luglio 2012, a questa Suprema Corte - risulti chiaramente che il ricorrente non ha beneficiato dell'assistenza legale obbligatoria, avendo la competente autorità giudiziaria valutato, a norma dell'art. 171 c.p.p. rumeno, comma 2, che il ricorrente non versava in alcuno dei casi specificamente e tassativamente previsti da quell'ordinamento per dar luogo all'obbligatorietà dell'assistenza di un difensore, e che lo stesso non ne aveva fatto richiesta nè personalmente, nè per il tramite di un membro della famiglia, con la dimostrazione di non possedere le risorse materiali per provvedere alla nomina di un difensore di fiducia.
Nel momento della trattazione del relativo procedimento, dunque, la competente autorità giudiziaria rumena ha ritenuto, sulla base delle indicazioni dettate dalla su citata disposizione normativa, che il ricorrente poteva assicurarsi personalmente l'esercizi del diritto di difesa.
Al riguardo, costituisce ius receptum nell'elaborazione giurisprudenziale di questa Corte il principio secondo cui il divieto di pronuncia favorevole all'estradizione -previsto dall'art. 705 c.p.p., comma 2, lett. b), nell'ipotesi in cui la sentenza per la cui esecuzione è stata domandata contenga disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato - ricorre solo quando sia prospettata l'assenza nell'ordinamento dello Stato richiedente di disposizioni a tutela delle fondamentali garanzie difensive e del diritto al giusto processo, e non quando sia denunciata la mera violazione di norme processuali presenti in quest'ultimo (Sez. 6, n. 10693 del 20/02/2009, dep. 10/03/2009, Rv. 242926; Sez. 6, n. 21370 del 19/04/2005, dep. 08/06/2005, Rv. 232060), ovvero quando l'ordinamento straniero presenti garanzie processuali non corrispondenti o assimilabili a quelle previste nel nostro ordinamento (Sez. 6, n. 3125 del 21/09/1995, dep. 13/10/1995, Rv. 202727).
Occorre peraltro considerare, per quel che attiene ai profili di apparente criticità del giudizio di compatibilita dell'art. 171 c.p.p., rumeno con il sistema di garanzie stabilite dall'art. 6, par. 3, lett. c), C.E.D.U., che secondo la giurisprudenza della Corte EDU il diritto all'assistenza difensiva non presenta caratteri di assolutezza, ma può essere soggetto a limitazioni nell'ambito del gratuito patrocinio: per stabilire se "gli interessi della giustizia" esigano di concederne la fruizione, è necessario valutare, infatti, la presenza di taluni indici rappresentati dalla gravità del reato contestato, dalla misura della pena che potrebbe essere irrogata e dalla complessità del caso (Corte EDU, Lagerblom c. Svezia, 14 gennaio 2003, p. 51; ID., Benham c. Regno Unito, 10 giugno 1996, p. 60; ID., Quaranta c. Svizzera, 24 maggio 1991, pp. 32-34).
Una domanda di gratuito patrocinio, dunque, può dallo Stato parte essere subordinata al rispetto di determinate condizioni di ammissibilità, purchè queste perseguano un fine legittimo e non siano viziate da arbitrarietà ed irragionevolezza, con la duplice conseguenza che le competenti autorità devono tener conto delle esigenze dell'imputato, ma che queste ultime ben possono essere superate da considerazioni rilevanti e sufficienti, sempre che ispirate dagli interessi della giustizia (Corte EDU, Mayzit c. Russia, 20 gennaio 2005, p. 66; ID., Lagerblom c. Svezia, cit., p. 54; ID., Croissant c. Germania, 25 settembre 1992, p. 29).
Nella stessa prospettiva, del resto, si pone la previsione dettata dall'art. 47, par. 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, secondo cui "a coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia", stabilendosi in tal modo il principio in base al quale l'assistenza gratuita può essere limitata per considerazioni di ordine pratico, dovendo essere accordata un'assistenza legale allorquando la sua mancanza renderebbe inefficace la garanzia del ricorso effettivo (Corte EDU, 9 ottobre 1979, Airey c. Manda, 9 ottobre 1979, serie A, vol. 32, n. 11).
In definitiva, non possono considerarsi censurabili in virtù dell'art. 705 c.p.p., comma 2, lett. a) e lett. b), e per ciò stesso ostative all'estradizione, le disposizioni del diritto processuale estero, che discrezionalmente disciplinino le modalità di esercizio del diritto di difesa, allorquando questo sia stato comunque assicurato e non interdetto all'estradando: il canone della difesa o rappresentanza tecnica è reputato dalla stessa C.E.D.U. - ai sensi del su citato art. 6, par. 3, lett. e) - pienamente compatibile con il diritto dell'accusato di difendersi di persona, in alternativa all'opzione per una difesa tecnica professionale (v., in motivazione, Sez. 6, n. 19302 del 21/04/2008, dep. 14/05/2008, Rv. 239680).
6.1. Nelle su menzionate informazioni integrative, inoltre, le autorità rumene hanno precisato che, a norma dell'art. 522, comma 1, del codice di procedura penale, nel caso in cui si richiede l'estradizione di una persona processata e condannata in contumacia, "la causa potrà essere giudicata di nuovo dalla corte che ha giudicato in prima istanza, alla richiesta del convenuto".
Parimenti infondato, conseguentemente, deve ritenersi il secondo motivo di censura dal ricorrente prospettato, avuto riguardo al costante orientamento giurisprudenziale, che deve essere in questa Sede ulteriormente ribadito, secondo cui la natura contumaciale del giudizio celebrato nei confronti del ricorrente non diviene causa di possibile rifiuto della consegna, allorchè l'ordinamento dello Stato richiedente consenta al condannato in absentia, qualora non abbia avuto conoscenza del procedimento, di richiedere un nuovo giudizio una volta venuto a conoscenza della decisione di condanna nei suoi confronti pronunciata (v., proprio in relazione a richieste di estradizione provenienti dalla Romania, Sez. 6, n. 34480 del 17/04/2007, dep. 12/09/2007, Rv. 237796; Sez. 6, n. 1109 del 06/11/2008, dep. 13/01/2009, Rv. 242135; v., inoltre, con riferimento ad una richiesta estradizionale dell'Albania, Sez. 6. n. 15550 del 25/03/2009, dep. 10/04/2009, Rv. 243414).
7. Improponibile in questa Sede deve ritenersi, poi, la censura attinente all'errata applicazione della recidiva secondo l'ordinamento penale rumeno, trattandosi, evidentemente, di una deduzione il cui contenuto può essere utilmente prospettato ed affrontato solo dinanzi alle competenti autorità giudiziarie dello Stato richiedente.
8. Del tutto infondato, infine, deve ritenersi l'ultimo motivo di doglianza dal ricorrente prospettato, ove si consideri, sulla base del contenuto delle informazioni suppletive trasmesse dallo Stato richiedente, peraltro già correttamente valutate dalla Corte territoriale, che nel caso di specie non è ancora intervenuta la prescrizione della pena nell'ordinamento rumeno, poichè il relativo corso - che avrebbe dovuto compiersi il 22 aprile 2010 - è rimasto interrotto in data 11 giugno 2009, al momento dell'emissione del mandato di arresto Europeo, ai sensi della L. n. 302 del 2004, art. 35, comma 2, (norma processuale la cui corretta applicazione, evidentemente, può validamente contestarsi solo dinanzi alle competenti autorità dello Stato richiedente). Nè, del resto, potrebbe ritenersi intervenuta la prescrizione della pena secondo le regole previste dall'ordinamento italiano, avuto riguardo alle considerazioni esposte, supra, nel par. 3, ed al principio, da questa Corte più volte affermato ed anche nel caso di specie pienamente condiviso, secondo cui, ai fini dell'estinzione della pena ex art. 172 cod. pen., comma 5, qualora l'esecuzione della pena sia subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il dies a quo da computare decorre dal giorno in cui è divenuta definitiva la decisione che ha accertato la causa della revoca, in quanto solo da quel momento si ha la certezza giudiziale dell'avvenuta verificazione della causa risolutiva (da ultimo, v. Sez. 1, n. 14939 del 13/03/2008, dep. 09/04/2008, Rv. 240145; Sez. 1, n. 616 del 02/12/2009, dep. 11/01/2010, Rv. 245982).
9. Al rigetto del ricorso, conclusivamente, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese. La Cancelleria provvederà all'espletamento degli incombenti ex art. 203 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p.p..
Conclusione
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2012