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MAE, condizioni di detenzione a rischio? Informazioni sempre necessarie (Cass. 10105/21)

11 marzo 2021, Cassazione penale

Accertata l'esistenza di un generale rischio attuale di trattamento inumano da parte dello Stato membro, attraverso documenti affidabili, va verificato se, in concreto, la persona oggetto del m.a.e. potrà essere sottoposta ad un trattamento inumano.
 
Va svolta quindi un'indagine mirata al fine di accertare, attraverso informazioni "individualizzate" che devono essere richieste allo Stato di emissione, quale sarà il trattamento carcerario cui concretamente il consegnando sarà sottoposto con riferimento a quegli aspetti ritenuti dalle fonti affidabili critici, in quanto costituenti situazioni di rischio di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti.
 
Ove il tenore di dette informazioni escluda siffatto rischio, la Corte di appello deve limitarsi, in conformità ai principi del mutuo riconoscimento, a prendere atto delle stesse e procedere alla consegna, senza poter pretendere garanzie di sorta sul rispetto delle condizioni di detenzione.

La Corte di Appello di Trento, in sede di giudice del rinvio, ha successivamentte negato la consegna con sentenza 2/2021.

 

Cassazione penale
Sez. VI, sentenza 10105/2021 dd. 11/03/2021

Presidente: BRICCHETTI RENATO GIUSEPPE Relatore: CALVANESE ERSILIA


 
SENTENZA



sul ricorso proposto da
TB, nato a Bressanone il **
avverso la sentenza del 07/01/2021 del Corte di appello di Trento, sez. dist. di Bolzano
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mariella DE Masellis, che ha concluso chiedendo l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per un nuovo esame.
 
RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Trento, sez. dist. di Bolzano, disponeva, ai sensi dell'art. 17 I. 22 aprile 2005, n. 69, l'accoglimento della "domanda di estradizione" di BT richiesta dall'autorità giudiziaria greca, con mandato di arresto europeo (m.a.e.) n. 334225 del 26 ottobre 2020, per il suo esame conformemente alla comunicazione della Procura generale di Salonicco.
 
La Corte di appello dava atto che il T era stato arrestato il 9 novembre 2020 in esecuzione del m.a.e. emesso il 26 ottobre 2020 dall'autorità giudiziaria greca sulla base di un mandato interno per il reato di truffa commesso nel giugno-luglio 2013 in Grecia; che il m.a.e. prevedeva che, dopo il suo esame, il T, cittadino italiano, potesse tornare in Italia per scontare la pena detentiva eventualmente comminata; che la "estradizione" doveva essere quindi concessa solo per l'espletamento di tale incombenza, dovendo il consegnando essere successivamente riportato in Italia.
 
2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione BT, denunciando, a mezzo dei difensori, avv. Nicola Canestrini e avv. Alex Ianes, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
 
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 6 e 16 della I. n. 69 del 2005, 8 e 15 della Decisione quadro 2002/584/GAI quanto all'incertezza del titolo posto alla base del nn.a.e.
 
La Corte di appello ha erroneamente individuato il m.a.e. a carico del ricorrente, che non è il n. 334225 del 26 ottobre 2020 (che è piuttosto la comunicazione al SIS), bensì il n. 196/18E del 20 giugno 2020, che dagli atti risulta trasmesso al Ministero della Giustizia italiano per l'esecuzione il 23 novembre 2020.
 
Dall'esame del m.a.e. si evince l'incertezza del titolo interno in base al quale sarebbe stato emesso (si cita un provvedimento del 2017, emesso sulla base di un altro provvedimento del 2018) che andava risolta con la doverosa richiesta di informazioni integrative allo Stato emittente.
2.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 1 della decisione quadro 2002/584/GAI, 5 del Trattato sull'Unione europea (TUE), 6, 7 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (U.E.), 5 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) sulla mancanza di proporzionalità del m.a.e. emesso a carico del ricorrente.
 
Scopo della consegna sarebbe soltanto quello di sottoporre il ricorrente ad interrogatorio, con evidente sproporzione della misura in ragione sia del reato (di tipo bagatellare) sia della finalità perseguita (risolvibile con strumenti di cooperazione giudiziaria meno afflittivi), così ponendosi il m.a.e. in violazione del principio di proporzionalità che deve informare l'azione dell'U.E. e le limitazioni dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla U.E. e segnatamente dalla Carta dei diritti fondamentali.
 
A tal fine sono da richiamare il Rapporto del Consiglio dell'U.E. del 28 maggio 2009 sulla quarta valutazione della esecuzione dello strumento del m.a.e. che dà rilievo al test di proporzionalità come il giusto approccio per dare esecuzione a tale strumento e ha incaricato i suoi organi per verificare di introdurre tale requisito nella sua disciplina; la Risoluzione del Parlamento Europeo (P.E.) del 27 febbraio 2014 che conteneva una raccomandazione a fare un uso proporzionato dello strumento dei m.a.e.; la Direttiva del P.E. del 3 aprile 2014 in tema di ordine europeo di indagine penale, emanata proprio per consentire un uso proporzionato del m.a.e. ai fini dell'audizione dell'indagato (facendo ricorso alla videoconferenza).
 
La Corte di appello avrebbe dovuto almeno consultare lo Stato di emissione per verificare la possibilità del ricorso a soluzioni alternative.
 
2.3. Violazione degli artt. 18, comma 1, lett. h), della I. n. 69 del 2005, 2 e 3 della CEDU in ordine al rischio che il ricorrente subisca nello Stato di emissione trattamenti inumani e degradanti.
Le condizioni delle carceri greche sono affette da problemi gravi di sovraffollamento (secondo il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa con un tasso del 107% a far data al primo aprile 2019; nell'ultima visita del Comitato nel 2019 il tasso di incarcerazione è pari al 135%).
 
Lo stesso Consiglio d'Europa aveva chiesto nel 2019 alla Grecia di intraprendere un piano di politica legislativa per diminuire il numero dei detenuti presenti nelle strutture carcerarie.
Sono stati anche rilevati dal predetto Comitato problemi di violenza all'interno delle carceri greche fra detenuti, creando situazioni di anarchia nella constatata impossibilità delle autorità di farvi fronte.
A
nche le condizioni materiali di detenzione sono deprecabili, favorendo detenuti più abbienti e non monitorando adeguatamente le condizioni di salute dei detenuti.
Tale situazione critica è stata oggetto di una recente condanna della Corte EDU (sentenza 14 gennaio 2021, Kargakis c. Grecia) che ha condannato le condizioni carcerarie riservate ai detenuti all'interno del carcere di Diavata.
 
 3. Il difensore del ricorrente, avv. Nicola Canestrini, ha presentato il 23 febbraio 2021 motivi nuovi, con i quali ha dedotto:
 
- (in ordine ai vizi denunciati con il secondo motivo e alla mancanza di proporzionalità del mandato di arresto europeo) che il medesimo scopo del m.a.e. (procedere all'interrogatorio dell'imputato) poteva perseguito con un'azione meno limitativa della libertà personale del ricorrente, ossia attraverso l'emanazione di un ordine europeo di indagine (0EI) ai sensi della Direttiva 2014/41/UE1 (alla richiesta avanzata dalla difesa in tal senso, le autorità greche non hanno fornito alcuna risposta).
 
- (in ordine ai vizi denunciati con il terzo motivo) la grave difficoltà delle strutture carcerarie greche nel fronteggiare l'emergenza sanitaria epistemologica derivante dalla diffusione del COVID-19 già durante la prima ondata di diffusione dei virus impedito il propagarsi del virus e che resta critica anche attualmente con l'ultima emergenza dovuta alle mutazioni del virus.
 
4. Disposta la trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell'art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
 
2. Va in primo luogo chiarito, rispetto al dispositivo della sentenza impugnata, che la consegna è stata disposta dalla Corte di appello non per la "estradizione" di TB ma per l'esecuzione di un mandato di arresto europeo.
 
3. Quanto al primo motivo, va osservato che la imprecisa indicazione degli estremi del nn.a.e. non ha determinato alcuna incertezza nell'esame della richiesta di consegna, posto che il riferimento al numero di inserimento del m.a.e. nel S.I.S. vale ad individuarlo sufficientemente.
L'esame degli atti, ai quali questa Corte può accedere avendo cognizione anche per il merito (art. 22, comma 1, I. n. 69 del 2005), dimostra che non vi sia alcuna confusione sul titolo interno in base al quale è stato emesso il m.a.e.: a carico del ricorrente risulta essere stato emesso dal Giudice istruttore un ordine di arresto nel 2017, confermato poi nel 2018 dal Tribunale, che ha disposto il rinvio a giudizio del ricorrente.
 
4. Il secondo motivo non può essere accolto.
 
Quanto alla finalità della consegna, va rilevato che la terminologia usata dalla Corte di appello nel dispositivo della sentenza impugnata ("l'esame"), che sembra evocare il solo atto di ascolto dell'imputato, va posta in correlazione con quanto dispongono l'art. 5 della Decisione quadro 2002/584/GAI e l'art. 19, comma 1, lett. c), I. n. 69 del 2005.
 
Tali disposizioni disciplinano l'ipotesi della consegna condizionata "ai fini di un'azione penale" del cittadino o del residente dello Stato di esecuzione, che prevede che la persona consegnata "dopo essere stata ascoltata", sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro emittente.
 
Nella comunicazione dell'Il novembre 2020 della Procura generale di Salonicco, alla quale ha fatto riferimento la Corte di appello nel dispositivo della sentenza impugnata, è stato richiamato espressamente il disposto dell'art. 5 par. 3 della suddetta decisione quadro ed è stata usata la medesima espressione che figura nella suddetta norma (nel testo originale in lingua greca).
D'altra parte, l'ordinanza di arresto, emessa in sede di rinvio a giudizio nel 2018, specifica che l'imputato T dovrà essere tenuto in stato in detenzione fino alla" trattazione definitiva" delle accuse e comunque non oltre sei mesi.
 
Al riguardo va rammentato, come più volte chiarito da questa Corte, che il termine "ascoltata" nella versione italiana del testo della decisione quadro, replicato pedissequamente dalla legge attuativa, va riferito all'esaurimento del giudizio a carico della persona richiesta nello Stato di emissione e non alla sua semplice "audizione" (Sez. 6, n. 9202 del 28/2/2007, Pascetta, Rv. 235563; Sez. 6, n. 12338 del 21/3/2007, Compagnin, Rv. 235949; tra le tante in senso conforme, Sez. 6, n. 16943, del 23/4/2008, Carrano, non mass.; Sez. F, n. 36351 del 20/08/2019, Ndiaye, non mass.).
 
Quindi la persona consegnata deve essere restituita, ai fini dell'eventuale esecuzione della pena detentiva o della misura di sicurezza privativa della libertà, una volta esaurito il processo a suo carico con l'emissione di una sentenza esecutiva, secondo la disciplina specifica prevista dall'ordinamento dello Stato di emissione (Sez. 6, n. 38640 del 30/9/2009, Dervishi, Rv. 244757; Sez. 6, n. 938 del 7/1/2010, D.R., Rv. 245803; Sez. 6, n. 14859 del 27/03/2014, Damean, non mass. sul punto).
 
 Si è anche chiarito che, per questa ipotesi di esecuzione (posposta) nello Stato che ha disposto la consegna, l'apposizione della condizione del reinvio costituisce un requisito di legittimità della decisione di consegna (Sez. 6, sent. n. 14859 del 27/03/2014, Damean, Rv. 259683; Sez. F sent. n. 34956 del 04/09/2008, Fuoco, Rv. 240919), a meno che non vi sia una espressa diversa richiesta da parte dell'interessato (Sez. 6, n. 4756 del 02/02/2016, Porosnicu, Rv. 265919).
Quanto precede consente quindi di superare le censure avanzate dalla difesa in ordine alla proporzionalità del m.a.e.
 
5. Il terzo motivo è invece fondato.
 
5.1. Va premesso che la questione delle condizioni carcerarie dello Stato di esecuzione non può essere proposta la prima volta in sede di ricorso per cassazione, in quanto la necessità di attività istruttoria è incompatibile con la competenza attribuita alla Corte di cassazione (Sez. 6, n. 23130 del 21/05/2019, Vasile, non mass.; Sez. 6, n. 32404 del 18/07/2019, Hantig, non mass.).
 
Nel caso in esame, tuttavia, la difesa aveva sottoposto alla Corte di appello la questione della situazione carceraria in Grecia, indicando i pronunciamenti della Corte EDU e del Comitato sulla prevenzione della tortura della Consiglio d'Europa che dimostrerebbero l'esistenza di problemi di natura strutturale in tale Stato.
 
Tale aspetto non risulta essere stato esaminato dalla Corte di appello e la questione appare rilevante, una volta chiarito, al paragrafo che precede, che la consegna non è limitata ad un isolato atto istruttorio, ma è funzionale allo svolgimento del processo in Grecia e che quindi la custodia cautelare in carcere del ricorrente può protrarsi sino a sei mesi.
 
5.2. Questa Corte, in adesione alle indicazioni provenienti dalla Corte U.E. (in particolare, la sentenza 5 aprile 2016, C-404/15, Aaranyosi e C-659/15, Caldararu), ha da tempo stabilito quale sia il controllo che la Corte di appello deve effettuare allorquando sia rappresentato dalla persona richiesta in consegna, sulla base di elementi oggettivi, attendibili, precisi e opportunamente aggiornati, il serio pericolo di essere sottoposta ad un trattamento inumano e degradante nello Stato di emissione (tra le tante, Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016, Barbu, Rv. 267296; Sez. 2, n. 3679 del 24/01/2017, Ilie, Rv. 269211).
 
Una volta accertata l'esistenza di un generale rischio attuale di trattamento inumano da parte dello Stato membro, attraverso documenti affidabili, va verificato se, in concreto, la persona oggetto del m.a.e. potrà essere sottoposta ad un trattamento inumano.
 
Va svolta quindi un'indagine mirata al fine di accertare, attraverso informazioni "individualizzate" che devono essere richieste allo Stato di emissione, quale sarà il trattamento carcerario cui concretamente il consegnando sarà sottoposto con riferimento a quegli aspetti ritenuti dalle fonti affidabili critici, in quanto costituenti situazioni di rischio di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti.
 
Ove il tenore di dette informazioni escluda siffatto rischio, la Corte di appello deve limitarsi, in conformità ai principi del mutuo riconoscimento, a prendere atto delle stesse e procedere alla consegna, senza poter pretendere garanzie di sorta sul rispetto delle condizioni di detenzione (Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016, Barbu, in motivazione; Sez. 2, n. 3679 del 24/01/2017, Ilie, Rv. 269211; Sez. 6, n. 52541 del 09/11/2018, Moisa, in motivazione).
 
Laddove invece tale rischio non sia escluso e la Corte di appello debba rifiutare la consegna ai sensi dell'art. 18, comma 1, lett. h), legge n. 69 del 2005, la sentenza irrevocabile che ha deciso sulla consegna deve considerarsi emessa "allo stato degli atti", così da poter essere sottoposta a nuova valutazione, laddove l'ostacolo alla consegna dovesse venir meno (Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016, Barbu, in motivazione; Sez. 6, n. 35290, 19/07/2018, Sniadecki, Rv. 273780).

6. Pertanto, si impone l'annullamento della sentenza impugnata perché la Corte di appello esamini la questione sottoposta dal ricorrente alla luce dei principi sopra indicati e degli elementi emergenti dalle fonti affidabili già indicati dalla difesa.
 
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
 
 P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Trento.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.
Così deciso il 11/03/2021.

 

La Corte di Appello di Trento, in sede di giudice del rinvio, ha negato la consegna con sentenza 2/2021.