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Estradizione di una madre con prole solo previa verifica del trattamento penitenziario (Cass.13440/16)

4 aprile 2016, Cassazione penale

La commissione del reato in Italia non esclude la concorrente giurisdizione straniera, nè impedisce l'estradizione fondata sulla Convenzione Europea del 1957, in virtù della quale siffatta ipotesi può dar luogo solo al rifiuto facoltativo di estradizione, che non è di competenza dell'autorità giudiziaria, ma rientra nelle attribuzioni esclusive del Ministro della Giustizia.

L'autorità giudiziaria italiana non deve valutare gli indizi di colpevolezza, qualora ciò non sia consentito dagli obblighi pattizi assunti dallo Stato italiano, bensì è tenuta soltanto ad accertare, con una sommaria delibazione, che la documentazione allegata alla domanda sia in concreto idonea ad evocare, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, l'esistenza di elementi a carico dell'estradando.

Nel procedimento estradizionale di una madre con prole è obbligo per il giudice di merito accertare - anche chiedendo informazioni alle autorità del Paese istante - la disciplina dello Stato richiedente in ordine al trattamento penitenziario riservato alle madri detenute con prole infantile.

E' parte del nostro ordinamento il principio generale volto ad assicurare la tutela dell'interesse del bambino. 

L'estensione al merito delle attribuzioni della Corte di cassazione in tema di procedimento estradizionale non può spingersi sino al punto di onerarla di attività istruttoria, restando fermo il principio che essa effettua solo l'esame cartolare, limitato alle informazioni allo stato acquisite.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Sent., (ud. 08/03/2016) 04-04-2016, n. 13440

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CITTERIO Carlo - Presidente -

Dott. GIORDANO Emilia Anna - Consigliere -

Dott. CALVANESE Ersilia - rel. Consigliere -

Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere -

Dott. BASSI Alessandra - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

P.N., nata in (OMISSIS);

avverso la sentenza del 18/12/2015 della Corte di appello di Firenze;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Ersilia Calvanese;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. MAZZOTTA Gabriele, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 18 dicembre 2015, la Corte di appello di Firenze dichiarava la sussistenza delle condizioni per la estradizione di P.N. alla Repubblica di Moldavia al fine di sottoporla a procedimento penale per il reato di tratta degli esseri umani.

In particolare, la Corte di appello rilevava, sulla base della documentazione integrativa richiesta, che la domanda di estradizione era supportata dalla indicazione delle fonti di prova a carico della P. (costituite dalle concordanti dichiarazioni delle parti offese e dalla ricognizione fotografica della estradanda) dai quali era desumibile il quadro indiziario che aveva giustificato nello Stato richiedente l'emissione del titolo restrittivo.

La Corte di appello respingeva le deduzioni difensive in ordine alle critiche condizioni del sistema carcerario moldavo, ritenendo la documentazione prodotta non dimostrativa del pericolo concreto che l'estradanda potesse essere sottoposta a trattamenti disumani o degradanti.

2. Avverso la suddetta sentenza ricorre per cassazione P. N., per il tramite del suo difensore, affidandosi a tre motivi di annullamento:

- la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare la circostanza decisiva, dedotta dalla difesa, che l'estradanda ha una figlia convivente dell'età di tre anni, la quale subirebbe un grave pregiudizio dall'allontanamento della madre, e non avrebbe accertato se in Moldavia vi siano garanzie a tutela delle condizioni delle madri detenute;

- la sentenza non avrebbe considerato la documentazione difensiva volta a dimostrare che non vi sia in Moldavia la possibilità nelle carceri di accoglimento della prole e il rispetto dei diritti fondamentali dei minori;

- la sentenza impugnata, oltre a non considerare che l'estradanda non avrebbe avuto alcun ruolo nel reato per il quale è richiesta l'estradizione, non avrebbe valutato che l'unico contatto con la vittima risulterebbe essere avvenuto in Italia.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.

2. Non possono essere accolte le censure in ordine alle condizioni delle strutture carcerarie in Moldavia, avendo il ricorrente prospettato soltanto la astratta possibilità di trattamenti non conformi agli standard stabiliti dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo.

3. Anche l'ultimo motivo non ha fondamento.

La commissione del reato in Italia non esclude la concorrente giurisdizione straniera, nè impedisce l'estradizione fondata sulla Convenzione Europea del 1957, in virtù della quale siffatta ipotesi può dar luogo solo al rifiuto facoltativo di estradizione (ex art. 7), che non è di competenza dell'autorità giudiziaria, ma rientra nelle attribuzioni esclusive del Ministro della Giustizia (v. Corte cost., n. 58 del 1997; in tal senso, Sez. 6, n. 9119 del 25/01/2012, Topi, Rv. 252040).

Quanto alle censure in ordine alla fondatezza dell'ipotesi accusatoria, va ribadito che, in base all'art. 705 cod. proc. pen., l'autorità giudiziaria italiana non deve valutare gli indizi di colpevolezza, qualora ciò non sia consentito dagli obblighi pattizi assunti dallo Stato italiano, bensì è tenuta soltanto ad accertare, con una sommaria delibazione, che la documentazione allegata alla domanda sia in concreto idonea ad evocare, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, l'esistenza di elementi a carico dell'estradando.

Nel caso in esame, tale esame è stato compiuto dalla Corte di appello e la conclusione raggiunta non appare censurabile, essendo state allegate le evidenze probatorie a sostegno dell'individuazione della P. come partecipe all'ipotesi criminosa per la quale è stata richiesta la sua estradizione.

4. Fondate sono invece le deduzioni relative al trattamento penitenziario riservato nello Stato richiedente alle madri con prole convivente di età inferiore ai tre anni.

La ricorrente aveva infatti dedotto davanti alla Corte di appello la circostanza di convivere in Italia con la figlia minore, nata nell'agosto 2013.

La veridicità di detta circostanza risulta confermata dagli atti (cfr. verbale di arresto di p.g.).

Era pertanto obbligo della Corte territoriale di accertare - anche chiedendo informazioni alle autorità del Paese istante - la disciplina dello Stato richiedente in ordine al trattamento penitenziario riservato alle madri detenute con prole infantile (Sez. 6, n. 41642 del 03/10/2013, Witoszek, Rv. 256278).

Come più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è parte del nostro ordinamento il principio generale volto ad assicurare la tutela dell'interesse del bambino (tra tante, Sez. 6, n. 20147 del 10/03/2010, Say, n.m.; Sez. 6, n. 12498 del 04/12/2007, dep. 2008, Kochanska, Rv. 239145), tanto che l'art. 18, lett. s), L. 22 aprile 2005, n. 69, in tema di mandato di arresto Europeo, che di quel principio costituisce significativa estrinsecazione, prevede il divieto della consegna della madre con prole convivente di età inferiore ai tre anni.

L'esigenza primaria di proteggere l'interesse del minore è stata affermata in vari testi sovrannazionali, tra cui la Convenzione sui diritti dell'infanzia del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia dalla L. 27 maggio 1991, n. 176 (in particolare, art. 9), e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, adottata il 7 dicembre 2000 (art. 24), e trova varie applicazioni nella normativa interna.

Alla indicata omissione, rilevante ai fini della decisione sulla domanda di estradizione avanzata nei confronti della ricorrente, non può peraltro supplire la Corte di cassazione, in quanto, come più volte affermato, l'estensione al merito delle sue attribuzioni in tema di procedimento estradizionale non può spingersi sino al punto di onerarla di attività istruttoria, restando fermo il principio che essa effettua solo l'esame cartolare, limitato alle informazioni allo stato acquisite (tra tante, Sez. 2, n. 37023 del 29/09/2011, Colombo, Rv. 251141).

Pertanto si impone l'annullamento della sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze, che dovrà provvedere a richiedere le necessarie informazioni integrative allo Stato richiedente sul punto sopra indicato.

La Cancelleria curerà gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen..

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo giudizio.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen..

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2016