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Domande suggestive? Vietate, ma a chi importa (Cass. 43157/18)

1 ottobre 2018, Cassazione penale

 

In tema di esame testimoniale, la violazione del divieto di porre domande suggestive non dà luogo nè alla sanzione di inutilizzabilità, nè a quella di nullità, atteso che l'inosservanza delle disposizioni fissate dall'art. 498 c.p.p., comma 1 e art. 499 c.p.p. non determina nè l'assunzione di prove in violazione dei divieti di legge, nè la inosservanza di alcuna delle previsioni dettate dall'art. 178 c.p.p.

In mancanza di una precisa sanzione processuale, la domanda suggestiva compromette la genuinità della dichiarazione a condizione che destrutturi l'esame nel suo complesso e non solo, come potrebbe essere, la risposta che è stata fornita alla domanda suggestiva, potendo il giudizio di piena attendibilità essere confermato sulla base delle altre risposte.

Per predicare l'assenza di genuinità della prova non è sufficiente affermare e comprovare che una o più domande dell'esame testimoniale abbiano in ipotesi suggerito la risposta ma occorre estendere l'analisi all'affidabilità della prova nel suo complesso, pervenendo alla conclusione che l'uso di una metodologia non corretta abbia inciso sul risultato della prova in maniera da rendere il materiale raccolto, globalmente inidoneo ad essere valutato.

La valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

(ud. 08/05/2018) 01-10-2018, n. 43157

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAPALORCIA Grazia - Presidente -

Dott. LIBERATI Giovanni - Consigliere -

Dott. SEMERARO Luca - rel. Consigliere -

Dott. CORBETTA Stefano - Consigliere -

Dott. ANDRONIO Alessandro M. - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B.D., nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 25/01/2017 della CORTE APPELLO di TORINO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. LUCA SEMERARO;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. CUOMO LUIGI, che conclude per l'inammissibilità del ricorso.

L'Avvocato LA in difesa di PARTE CIVILE si riporta ai motivi del ricorso e deposita conclusioni e nota spese.

L'Avvocato RL al termine del proprio intervento si riporta ai motivi del ricorso.

Svolgimento del processo


1. La Corte di appello di Torino, con la sentenza del 26/01/2017, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Biella del 04/12/2014, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di B.D. per il reato di cui all'art. 600 bis c.p. di cui al capo c) perchè estinto per prescrizione; ha confermato la condanna per gli altri reati di cui ai capi a), b), d) ed e), in relazione al reato ex art. 609 bis c.p., ed ha rideterminato la pena in 4 anni e 6 mesi di reclusione.

L'imputato è stato condannato:

- quanto al capo a), per i reati ex artt. 81 cpv. e 609 bis c.p. e art. 609 ter c.p., n. 1, per avere, approfittando del rapporto di fiducia che aveva appositamente creato, costretto F.G., nato nel (OMISSIS), in più occasioni a subire atti sessuali consistiti in palpeggiamenti delle parti intime, accarezzamenti, strusciamenti e baciandolo sulla bocca (dal (OMISSIS));

- quanto al capo b), per i reati ex artt. 81 cpv. e 609 bis c.p. e art. 609 ter c.p., u.c., per avere, approfittando del rapporto di fiducia che aveva appositamente creato, costretto Fo.Gi., nato nel (OMISSIS), in più occasioni a subire atti sessuali consistiti in continui toccamenti, baci sulle guance, carezze su tutto il corpo, baciando e toccandogli le parti intime, talvolta bloccando con forza le sue braccia, impedendogli di allontanarsi (dal 2002 fino all'estate 2007);

- quanto al capo d), per i reati ex artt. 81 cpv. e 609 bis c.p., per avere, con violenza consistita nella repentinità dell'azione, costretto Z.C., che all'epoca aveva tra i 14 ed i 15 anni, a ricevere palpeggiamenti sul sedere, cercando anche di toccargli l'organo genitale ed offrendogli denaro in cambio di atti sessuali poi non compiuti (tra il 2007 ed il 2008);

- quanto al capo e), per i reati ex artt. 81 cpv. e 609 bis c.p., per avere, con violenza consistita nella repentinità dell'azione, palpeggiato, in almeno 5 o 6 occasioni, il sedere dei minori di I.F. e E.B.Z. (al quale toccava anche il pene e che baciava sulla bocca), (in epoca anteriore e prossima all'estate 2008).

2. Il difensore di B.D. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Torino del 26 gennaio 2017.

2.1. Con il primo motivo la difesa ha dedotto, quanto ai capi a), b), d) ed e), il vizio di inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex art. 606 c.p.p., lett. b) con riferimento all'art. 192 c.p.p. e art. 546 c.p.p., lett. e) e art. 609 bis c.p., u.c.; ha altresì dedotto la mancanza, la manifesta illogicità e la contraddittorietà della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e), sempre in relazione all'art. 192 c.p.p. e art. 546 c.p.p., lett. e) quanto ai capi di imputazione ex artt. 600 bis e 609 bis in relazione all'art. 609 septies c.p., art. 609 ter c.p., n. 1 e u.c., art. 609 quater c.p., comma 1, n. 2 e art. 609 bis c.p., u.c., anche per il travisamento della prova.

Secondo la difesa, la motivazione della sentenza è segnata da contraddittorietà extratestuale e da illogicità per almeno due aspetti: ha adottato come premessa affermazioni implausibili alle quali ha conferito dignità di prova e senza una motivazione adeguata e coerente; ha effettuato la ricostruzione del fatto in modo intrinsecamente incoerente, con motivazione contraddittoria, in presenza di un'ipotesi alternativa plausibile che non fa superare il ragionevole dubbio.

Per la difesa la decisione è illegittima; segnala la difesa che il ricorrente ha perso il lavoro, è paraplegico con invalidità civile al 100% e necessità di accompagnamento.

Per la difesa, i motivi di appello sono stati esaminati solo apparentemente, ribadendo le argomentazioni espresse dal Tribunale.

2.2. Al punto 1) la difesa ha contestato la decisione della Corte di appello di Torino di rigetto della richiesta della difesa di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale mediante la nuova audizione dei testi F.G. e Fo.Gi. sentiti in incidente probatorio e di confronto tra le persone offese e l'imputato. Rileva la difesa che la Corte di appello di Torino ha ritenuto la "fruibilità" dei verbali di incidente probatorio ex art. 511 c.p.p., comma 2; ha ritenuto non censurabile la decisione del Tribunale ai sensi del disposto di cui all'art. 190 bis c.p.p., comma 1, per il difetto di "fatti o circostanze diversi da quelle oggetto delle precedenti dichiarazioni".

Per la difesa, la decisione è erronea in quanto "sembra trascurare" il capoverso contenuto dell'art. 190-bis c.p.p. che recita "ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengano necessario sulla base di specifiche esigenze" ed ha omesso di esaminare le argomentazioni difensive sulla richiesta di rinnovazione.

Per la difesa poi la Corte di appello di Torino ha giustificato il rigetto per il rispetto della Carta di Noto omettendo di differenziare le posizioni del minore Fo.Gi., rispetto al quale la richiesta di rinnovazione si riferiva alla inattendibilità del teste ed alla conduzione suggestiva dell'esame, e del maggiorenne F.G., a dire della difesa escusso senza ragione in sede di incidente probatorio.

Per la difesa, le "specifiche esigenze" di procedere alla rinnovazione derivavano dalla necessità di chiarire le contraddizioni, secondo la tesi difensiva, emerse nell'esame dei testi F. in ordine alle date, ai luoghi ed alle modalità dei fatti contestati; circostanze non di dettaglio come apoditticamente sostenuto dalla Corte di appello. Inoltre, per la difesa vi era l'esigenza di un vaglio avanti al giudice naturale determinato dalla particolare personalità dei testimoni, a dire della difesa scarsamente attendibili.

2.3. Per la difesa, non vi è stata motivazione sui motivi di appello relativo alla credibilità di F.G., per gli interessi economici sottesi al rapporto tra la famiglia F. e B.D., sfociati nel contenzioso civile, e per la condizione di tossicodipendenza, che lo rendeva inaffidabile anche alla madre T.C.L..

Per la difesa, il giudizio di inattendibilità del minore Fo.Gi. è stato espresso dal Dott. M., psicologo consulente del giudice per le indagini preliminari, il quale nella relazione del 14 ottobre 2009, confermata all'udienza del 27 settembre 2012, ha affermato l'assenza di effetti post - traumatici compatibili con le molestie subite, ed ha rilevato aspetti problematici della personalità in grado di incidere sulla sua attendibilità. Rileva la difesa che il c.t. indicò la necessità di condurre l'esame testimoniale secondo il metodo dell'intervista cognitiva:

".. in fase di incidente probatorio, sarebbe assolutamente necessario seguire una traccia di intervista cognitiva che permetta proprio di capire com'è la ricostruzione dei fatti in modo da verificare che tutto sia corretto in modo da poter andare a legare le varie capacità ed essere certi che quello che scaturisce all'interno dell'incidente probatorio è effettivamente un ricordo o reale o non reale, a seconda di quello che succederà ma secondo uno schema clinico - scientifico ben definito".

Ha rilevato la difesa che tale metodo non è stato seguito nell'incidente probatorio condotto, al contrario, esclusivamente dal Giudice, che a dire della difesa ha posto almeno 7 domande suggestive; (cfr. la trascrizione del verbale di incidente probatorio del 4.2.2010, pag. 30 - 31 - 36).

Per la difesa, su tali motivi di appello, la Corte di appello di Torino non ha motivato.

Per la difesa, poi la Corte di appello di Torino non ha esaminato il motivo di appello con cui l'inattendibilità di Fo.Gi. era stata collegata alla deposizione del teste G.M., il quale aveva smentito la deposizione della persona offesa che aveva riferito che anche G.M. aveva subito delle molestie dall'imputato.

Per la difesa il vizio della motivazione sussiste perchè la Corte di appello di Torino ha confermato la condanna ritenendo l'attendibilità della persona offesa sulla convergenza delle deposizioni testimoniali.

Rileva altresì la difesa che dall'esame dell'imputato sono emersi elementi in contrasto con le deposizioni dei testi, nuovi rispetto all'incidente probatorio espletato prima che il B. fosse interrogato e pertanto il confronto non sarebbe stato superfluo, come sostenuto dalla Corte di appello di Torino con una argomentazione per la difesa illogica in quanto collegata al tempo ormai trascorso ed al "condizionamento che la personalità dell'imputato sarebbe in grado di esercitare sulle parti civili".

Per la difesa, non si comprende perchè solo il confronto richiesto dalla difesa avrebbe dovuto risentire negativamente del tempo trascorso e non le deposizioni rese dai testimoni d'accusa.

La preoccupazione per la minacciosa influenza dell'imputato è, per la difesa, indimostrata ed illogica posto che la Corte di appello di Torino, a pag. 14 della sentenza, laddove ha rigettato la tesi del complotto ai danni del B., ha affermato che le parti offese hanno un "perdurante senso di solidarietà nei confronti dell'imputato, comunque ritenuto generoso ed immeritevole di pene".

2.3. Al punto 2, la difesa ha contestato la decisione di rigetto della rinnovazione dell'istruzione dibattimentale per l'espletamento di perizia medica sulle condizioni fisiche di B. al fine di provarne l'incompatibilità con i fatti descritti dalle parti offese.

Per la difesa, la decisione è contraddittoria e frutto del travisamento delle deposizioni testimoniali.

Rileva la difesa che le molestie - che sarebbero avvenute a bordo dell'autovettura mentre l'imputato, paraplegico, guidava - non sono, come sostenuto dalla Corte di appello di Torino, episodi quantitativamente marginali se rapportati alla vicenda complessiva, ma incidono sulla credibilità dei fratelli F. perchè le dichiarazioni sono generiche e contraddittorie, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello di Torino (pag. 6 della sentenza).

2.4. Al punto 3, la difesa ha contestato il rigetto del motivo di appello sul complotto ordito ai danni di B.D..

Dopo aver riportato la motivazione della sentenza impugnata sul punto, afferma la difesa che la Corte di appello è incorsa nel travisamento nella valutazione delle prove, in particolare nell'esame e nella valutazione delle difese dell'imputato che offrono una ricostruzione alternativa plausibile dei fatti posti a fondamento della condanna.

Per la difesa, le lamentate irregolarità nella genesi dell'indagine, fra cui quelle relative al comportamento del maresciallo Plinio, privo di spiegazione nella sentenza impugnata, costituiscono elementi per mettere in dubbio l'attendibilità dei testi di accusa.

Rileva la difesa di aver segnalato delle stranezze, ignorate dalla Corte di appello di Torino, nella conduzione delle indagini, come la convocazione della sig.ra T.C. presso i carabinieri di Cossato dal capitano N. di cui non si trova giustificazione nè verbalizzazione, o l'incontro tra la T. ed il teste Z.P..

Per la difesa, esaminando le deposizioni dei testi T.C.L. e Z.P. (riportate nel ricorso) emergono le contraddizioni che minano la loro credibilità.

Per la difesa, dall'esame delle trascrizioni emerge il contrasto insanabile tra le due versioni, mentre la Corte di appello di Torino ha fornito una propria interpretazione fuorviante sia della prova che dell'analisi della tesi difensiva.

La difesa ha quindi riportato i punti di contrasto tra le deposizioni dei testi T.C.L. e Z.P. indicando come le due testimonianze siano inattendibili perchè divergenti su particolari non di dettaglio e pertanto non può ritenersi, come ritenuto dalla Corte di appello di Torino, che le testimonianze siano convergenti ed omogenee nelle loro rappresentazioni.

La difesa ha poi contestato la motivazione della sentenza di appello laddove esclude la tesi del complotto in base alle "significative reticenze" delle persone offese, non chiarite; per altro, secondo la difesa, non è spiegato perchè le reticenze escluderebbero la teoria difensiva del complotto e perchè non scalfirebbero l'attendibilità dei testi reticenti.

Per la difesa, è apodittica la motivazione della sentenza (il passo è riportato nel ricorso) laddove afferma che i testi Z.C., F. ed E.B. hanno minimizzato le condotte dell'imputato per vergogna e per un perdurante senso di solidarietà nei confronti dell'imputato, ritenuto generoso ed immeritevole di pene.

Ha rilevato la difesa che solo Z.P. ha dichiarato di provare imbarazzo nel ricordare il rapporto di conoscenza con l'imputato, che in tal modo ha giustificato le reiterate contestazioni durante l'esame.

La difesa ha quindi riportato le dichiarazioni di Z.C. e E.B.Z. i quali hanno riferito che i palpeggiamenti erano manifestati e percepiti come un comportamento scherzoso e cameratesco privo di connotazione sessuale ed ha aggiunto che Z.C. nella deposizione ha escluso qualsiasi intento morboso o aggressivo dell'imputato diffidando della sincerità del fratello P..

2.5. Al terzo punto la difesa ha contestato la mancata concessione dell'attenuante di cui all'art. 609 bis c.p., u.c..

Per la difesa la motivazione del rigetto è carente ed incongrua e gli elementi emersi nel corso dell'istruttoria dibattimentale avrebbero consentito il riconoscimento dell'attenuante.

Dopo aver citato alcune massime sul rapporto tra la circostanza attenuante e la minore età delle vittime (Cass. Sez. 3 10/11085, Cass. Sez. 3, 06/22036) e sulla valutazione della compromissione della libertà sessuale della vittima (Cass. Sez. 4, del 12.4.13 n. 18662), per la difesa, la Corte di appello di Torino non ha esaminato tutti gli elementi previsti dall'art. 133 c.p. nè ha motivato congruamente; la difesa ha contestato il richiamo alle plurime regalie dell'imputato in quanto, a prescindere dalla prova della loro finalità, non hanno aggravato i fatti di violenza sessuale.

Per la difesa manca la motivazione sulla modesta compromissione della sfera sessuale, trattandosi di semplici molestie, pacche o palpeggiamenti, prive di componenti aggressive e/o violente, anche per la condizione di palese inferiorità fisica dell'imputato paraplegico.

Ritiene poi la difesa che la Corte di appello di Torino è incorsa nel travisamento della prova laddove ha indicato che Fo.Gi. "avrebbe opposto un dissenso significativo nel corso del tempo annichilito da una violenza fisica non riscontrabile negli altri episodi".

Per la difesa è poi contradditoria ed illogica la motivazione laddove giustifica la gravità del fatto sulle conseguenze della nevrosi post - traumatica, con elevata carica ansiosa, di cui alla relazione clinica del servizio di NPI dell'ASL di (OMISSIS) del 2.11.09 a firma del dott. D.. Rileva la difesa che la Corte di appello di Torino ha trascurato la consulenza di parte della difesa (redatta dalla dott.ssa C.N.) e la relazione, confermata dalla deposizione testimoniale, del consulente nominato dal giudice per le indagini preliminari, dott. M.. La difesa ha riportato un passo della relazione nella quale si indica quanto a F.G. "l'assenza di forme ansiogene o depressive di disturbo post - traumatico da stress riconducibile ad una qualsiasi causa".

Ritiene quindi la difesa che non vi è la prova di un comportamento lesivo, con conseguente danno, tale da giustificare il rigetto.

Motivi della decisione

1. Va premesso che il ricorso ha una parte generale introduttiva, nella quale sono indicati genericamente i vizi che si intendono far valere e sono formulate considerazioni generali sui vizi che sussisterebbero, secondo la difesa, senza però specifiche contestazioni in relazione ai punti della decisione.

1.1. Nella parte introduttiva la difesa ha dedotto il vizio di violazione di legge penale sostanziale con riferimento però all'art. 192 c.p.p.; il motivo in tale parte è inammissibile ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 3.

1.2. Le prime concrete contestazioni da parte della difesa iniziano a pagina 5 del ricorso laddove la difesa ritiene sussistente un vizio della motivazione con riferimento da un lato alla conferma della decisione del Tribunale di Biella di non procedere a nuovo esame delle persone offese F.G. e Fo.Gi. e dall'altro in relazione al rigetto della richiesta di rinnovazione dell'istruzione.

Il motivo è inammissibile perchè correttamente la Corte di appello di Torino ha rilevato che nell'atto di appello non sono state indicate le circostanze di fatto, in maniera specifica ed analitica, su cui avrebbero dovuto vertere l'esame ed il confronto richiesti.

Nell'atto di appello si fa infatti riferimento esclusivamente alla contraddittorietà delle dichiarazioni, quindi al momento valutativo, ed alle "circostanze contrastanti emerse in seguito all'esame dell'imputato e su quelle ulteriori che potrebbero emergere successivamente all'esame dibattimentale dei fratelli F.".

Dunque, la prima indicazione era assolutamente generica; la seconda addirittura esplorativa e di contenuto del tutto incerto.

1.3. Va ricordato che la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, nel giudizio di appello, costituisce un istituto eccezionale fondato sulla presunzione che l'indagine istruttoria sia stata esauriente con le acquisizioni del dibattimento di primo grado, sicchè il potere del giudice di disporre la rinnovazione è subordinato alla rigorosa condizione che egli ritenga, contro la predetta presunzione, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (Cass., Sez. Un., 24 gennaio 1996, Panigoni; Sez. 1, 11 novembre 1999, Puccinelli e altro). L'esercizio di tale potere è affidato al prudente apprezzamento del giudice di appello; è pertanto incensurabile nel giudizio di legittimità se adeguatamente motivato.

La Corte di appello di Torino ha rigettato la richiesta di procedere al nuovo esame delle persone offese F.G. e Fo.Gi., già escusse in sede di incidente probatorio, nel contraddittorio delle parti, anche per effetto del cospicuo materiale probatorio formatosi nel corso del giudizio di primo grado, ritenuto ampiamente sufficiente ai fini del decidere.

1.4. Va poi rilevato che i limiti al nuovo esame della persona offesa già escussa in sede di incidente probatorio si applicano, ai sensi dell'art. 190 bis c.p.p., comma 1 bis, sia nel caso di teste minore di anni 16 sia quando l'esame richiesto riguarda una persona offesa in condizione di particolare vulnerabilità, come è un giovane che ha subito atti sessuali con violenza, da poco divenuto maggiorenne.

Per altro, a tale condizione di vulnerabilità fa esplicito riferimento la Corte di appello di Torino nella parte della motivazione con cui rigetta la richiesta di confronto.

2. E' manifestamente infondato il motivo laddove la difesa ha dedotto la mancanza di motivazione quanto alla risposta ai motivi di appello sulla attendibilità di F.G. e Fo.Gi..

2.1. Va ricordato che per il costante indirizzo della giurisprudenza, espresso anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Cass. Sez. Unite, sentenza n. 41461 del 19/07/2012, la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni.

2.2. La Corte di appello di Torino, proprio per rispondere ai motivi di appello, ha riportato testualmente le dichiarazioni rese nell'incidente probatorio dai minori Fo.Gi. e F.G. per evidenziare il contenuto esplicito di tali dichiarazioni; quindi, la Corte di appello di Torino ha esaminato le doglianze difensive sottolineando per altro che le dichiarazioni accusatorie sono state rese nel contraddittorio tra le parti ed assumono indubbiamente una valenza probatoria maggiore.

Ha poi rilevato la Corte di appello di Torino, per altro riportando il testo delle dichiarazioni rese da Z.P., Z.C., I.F. e E.B.Z., la sostanziale convergenza, l'omogeneità delle dichiarazioni, le modalità del tutto analoghe degli approcci e degli atti sessuali poi posti in essere.

Il confronto tra tali dichiarazioni non smentisce minimamente tali affermazioni della Corte di appello di Torino.

A fronte di questo quadro già solido, la Corte di appello di Torino ha poi escluso, contrariamente a quanto rappresentato dalla difesa, la teoria difensiva del complotto, per altro rilevando che le fonti di prova hanno reso le dichiarazioni nel contraddittorio delle parti.

La Corte di appello di Torino ha escluso, a fronte degli altri elementi di prova, la rilevanza delle questioni sollevate dalla difesa, fra cui quelle legate ad aspetti economici ed ai profili personologici dei due fratelli F., perchè non è emerso alcun intento calunnioso. Per la Corte di appello di Torino, infatti, le dichiarazioni dei due fratelli F. sono state equilibrate, prive di animosità nei confronti dell'imputato tanto da non rinnegare il rapporto di amicizia profondo già esistente. Ha rilevato la Corte di appello di Torino che la chiara volontà di F.G. e F.G. di circoscrivere la responsabilità dell'imputato è del tutto incompatibile con la tesi difensiva del complotto.

2.3. Di fronte a questa articolata e logica motivazione le critiche difensive non colgono nel segno.

Va infatti osservato, quanto al passo riportato nel ricorso della perizia del dottor M., che l'assenza di segni post traumatici è del tutto compatibile con il verificarsi del fatto e non può mettere in dubbio l'attendibilità del dichiarante, potendo tale assenza derivare da i più disparati fattori.

2.4. La questione dedotta dalla difesa sulla formulazione delle domande suggestive è inammissibile per come formulata, stante l'assoluta genericità e la mera irrilevanza di domande suggestive formulate.

Va preliminarmente precisato che in tema di esame testimoniale, la violazione del divieto di porre domande suggestive non dà luogo nè alla sanzione di inutilizzabilità prevista dall'art. 191 c.p.p., nè a quella di nullità, atteso che l'inosservanza delle disposizioni fissate dall'art. 498 c.p.p., comma 1 e art. 499 c.p.p. non determina nè l'assunzione di prove in violazione dei divieti di legge, nè la inosservanza di alcuna delle previsioni dettate dall'art. 178 c.p.p. (Cfr. Cass. Sez. 1, n. 13387 del 16/05/2013, Rossi, Rv. 259728).

In mancanza di una precisa sanzione processuale, la domanda suggestiva compromette la genuinità della dichiarazione a condizione che destrutturi l'esame nel suo complesso e non solo, come potrebbe essere, la risposta che è stata fornita alla domanda suggestiva, potendo il giudizio di piena attendibilità essere confermato sulla base delle altre risposte.

Per predicare l'assenza di genuinità della prova non è sufficiente quindi affermare e comprovare che una o più domande dell'esame testimoniale abbiano in ipotesi suggerito la risposta ma occorre estendere l'analisi all'affidabilità della prova nel suo complesso, pervenendo alla conclusione che l'uso di una metodologia non corretta abbia inciso sul risultato della prova in maniera da rendere il materiale raccolto, globalmente inidoneo ad essere valutato (Cfr. Cass. Sez. 3, n. 4672 del 22/10/2014, L., Rv. 262468).

2.5. Quanto poi al motivo di appello con cui l'inattendibilità di Fo.Gi. era stata collegata alla deposizione del teste G.M., deve rilevarsi che tale contraddizione è puramente affermata e non dimostrata posto che nè nell'atto di appello nè nel ricorso per cassazione sono state riportate le dichiarazioni che avrebbe reso G.M..

2.6. Va poi osservato che la difesa ha rilevato la non convergenza delle dichiarazioni delle persone offese non tra loro ma in base al successivo interrogatorio del ricorrente.

3. Quanto al rigetto della rinnovazione dell'istruzione dibattimentale per l'espletamento di perizia medica sulle condizioni fisiche del ricorrente, va ricordato che il diniego di perizia costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, è insindacabile in cassazione.

La motivazione sul rigetto è immune da vizi, perchè fondata, oltre che sulla completezza dell'istruttoria già evidenziata sulla irrilevanza della prova richiesta rispetto al contenuto delle dichiarazioni e della loro compatibilità con il luogo in cui sarebbero avvenute (nell'auto). Va poi rilevato che non risultano nè indicate nè allegate le prove che sarebbero state travisate poste a fondamento di tale decisione.

4. Quanto alle argomentazioni di cui al punto 3, deve rilevarsi che la motivazione della sentenza della Corte di appello di Torino non è stata correttamente riportata. In ogni caso, il motivo non si confronta con la vera ragione del rigetto del motivo sulla tesi del complotto e cioè che il possibile inquinamento sulla genesi delle dichiarazioni non è in alcun modo emerso nel corso dell'incidente probatorio là dove le dichiarazioni delle persone offese sono emerse mediante l'esame nel contraddittorio delle parti.

Con il motivo poi la difesa non ha dedotto il travisamento della prova dichiarativa ma ha contestato per altro esplicitamente la valutazione della prova effettuata dalla Corte di appello di Torino.

Inoltre, la Corte di appello di Torino ha riferito le reticenze non ai minori F. ma alle altre persone offese ed ha spiegato che ciò si è sostanziato nel minimizzare le condotte dell'imputato, per diverse ragioni, per vergogna fino ad un senso di solidarietà verso una persona ritenuta immeritevole di pene. Sul punto dunque il motivo è manifestamente infondato.

5. Anche l'ultimo motivo è manifestamente infondato.

5.1. Secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza, ai fini del riconoscimento della minore gravità di cui all'art. 609 bis c.p., u.c., deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, l'invasività nella sfera sessuale della vittima, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest'ultima, anche in relazione all'età, mentre ai fini del diniego della stessa attenuante è sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità.

In tal senso cfr. Cass. Sez. 3, n. 6784 del 18 novembre 2015 Rv. 266272, D.: la Corte ha escluso che la reiterazione degli abusi nel tempo, in quanto approfondisce il tipo di illecito e compromette maggiormente l'interesse giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, possa essere compatibile con la minore gravità del fatto.

Deve escludersi che la sola "tipologia" dell'atto possa essere sufficiente per ravvisare o negare tale attenuante.

5.2. Tale valutazione complessiva è stata effettuata dalla Corte di appello di Torino che ha preso in esame la reiterazione degli atti, in un arco di tempo di svariati anni ed ai danni di più minori: già queste circostanze di fatto sono da sole sufficienti a rendere inapplicabile la circostanza attenuante invocata, e ciò rende irrilevanti le considerazioni della difesa sull'assenza di effetti di natura psicologica, soprattutto ove si consideri che i fatti sono avvenuti anche creando un rapporto di fiducia con le vittime strumentalizzato per il compimento degli atti sessuali.

Per la difesa la circostanza attenuante sarebbe applicabile in sostanza per la natura degli atti, e per l'assenza di componenti violente. Tali circostanze sono però irrilevanti rispetto agli altri elementi evidenziati dalla Corte di appello di Torino.

Del tutto infondati sono poi i rilievi della difesa quanto al travisamento della prova che la Corte di appello di Torino avrebbe compiuto quanto all'esistenza delle regalie e degli atti di esplicito dissenso espressi da Fo.Gi., posto che tali dati emergono chiaramente dal testo delle dichiarazioni delle vittime riportate nella sentenza della Corte di appello di Torino.

6. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si condanna altresì il ricorrente al pagamento della somma di Euro 2.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende.

Si condanna il ricorrente B.D. alla rifusione delle spese processuali in favore delle parti civili F.G., Fo.Gi., F.L. e T.C.L. che si liquidano in Euro 4.800,00 oltre spese generali e accessori di legge.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende, nonchè alla rifusione delle spese delle parti civili F.G., Fo.Gi., F.L. e T.C.L. che liquida in Euro 4.800 oltre spese generali e accessori di legge.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 8 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2018