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Condizioni carcerarie da verificare d'ufficio in procedimento MAE (Cass. 30578/23)

13 luglio 2023, Cassazione penale

La tematica della violazione dell'art. 3 CEDU deve essere affrontata di ufficio dalla Corte territoriale in quanto afferente alla tutela dei diritti fondamentali del consegnando come riconosciuti dalla Carta costituzionale e dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, anche in difetto di specifica deduzione nel giudizio di merito: è quindi necessario acquisire le necessarie indicazioni specifiche sullo spazio riservato a ciascun detenuto e sul regime applicabile all'odierno ricorrente in caso di consegna.

Va estesa, per ragioni sistematiche e di coerenza, l'applicabilità anche ai MAE processuali dell'art. 18-bis, comma 2 legge 69/2005, che prevede il rifiuto di consegna di cittadino italiano o straniero anche extra comunitario "residente" per i soli casi di mandato di arresto esecutivo.

 

 
 
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

udienza 12/07/2023, deposito 13/07/2023, n. 30578

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSTANZO Angelo - Presidente -

Dott. APRILE Ercole - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nato in (Omissis);

avverso la sentenza del 05/06/2023 della Corte di appello di Bari;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Ercole Aprile;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Ceniccola Elisabetta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito l'avv. UG, difensore del ricorrente, che ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Bari dichiarava sussistenti le condizioni per l'accoglimento della richiesta di consegna di cui al mandato di arresto Europeo processuale emesso dall'autorità giudiziaria greca nei confronti di A.A., sottoposto ad indagini in relazione ai reati di associazione per delinquere e rapina, commessi a (Omissis): mandato di arresto emesso dal Tribunale greco di Preveza il 18 novembre 2014, in esecuzione del quale il prevenuto era stato tratto in arresto in Italia il 10 maggio 2023 e poi, a seguito di convalida dell'arresto, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari.

2. Avverso tale sentenza il A.A. ha presentato ricorso, con atto sottoscritto dai suoi difensori, il quale ha dedotto i seguenti motivi.

2.1. Violazione di legge, in relazione alla L. n. 69 del 2005, art. 17, per avere la Corte territoriale adottato la sentenza di accoglimento della richiesta di consegna senza il rispetto del termine di quindici giorni, decorrente dal momento del suo arresto Italia, pur considerando la proroga disposta per l'acquisizione di informazioni.

2.2. Violazione di legge, in relazione alla L. n. 69 del 2005, artt. 2 e 31, artt. 5 e 8 CEDU, per avere la Corte distrettuale provveduto sulla richiesta di consegna nonostante non sia stata mai trasmessa la copia del provvedimento cautelare posto a fondamento del mandato di arresto Europeo emesso dall'autorità giudiziaria greca: provvedimento la cui lettura sarebbe stata necessaria per comprendere se il titolo custodiale sia tuttora efficace e se, in base ai principi di ragionevolezza e di proporzionalità, a distanza di tanti anni permangano le esigenze cautelari giustificative della limitazione di libertà.

2.3. Violazione di legge, in relazione alla L. n. 69 del 2005, art. 2, art. 3 CEDU e art. 6 TUE, per avere la Corte di merito omesso di verificare quali saranno le condizioni di detenzione del consegnando, in ragione della criticità dello stato in cui si trovano le carceri greche per le condizioni igieniche e per il sovraffollamento, tali da porre in discussione il rispetto del diritto del detenuto ad un trattamento che non sia disumano e degradante: ragioni per le quali il A.A., che risiede in Italia ed è padre di due minori, aveva chiesto di poter espiare la custodia cautelare in Italia.

2.4. Violazione di legge, in relazione alla L. n. 69 del 2005, art. 6, per avere la Corte di appello omesso di considerare che dagli atti risulta il riferimento a due mandati di arresto Europei diversi (per numero e data di emissione), sicchè non vi è alcuna certezza che il destinatario della richiesta di consegna sia proprio l'odierno ricorrente, del quale è stata pure corretta la data di nascita.

Motivi della decisione

1. Ritiene la Corte che il ricorso presentato nell'interesse di A.A. vada accolto, sia pur nei limiti e per gli effetti di seguito precisati.

2. Il primo, il secondo e il quarto motivo del ricorso non superano il vaglio preliminare di ammissibilità.

2.1. Il primo motivo è manifestamente infondato in quanto, anche a voler trascurare l'aspetto inerente alla intervenuta proroga del termine dovuta all'iniziativa istruttoria assunta dalla Corte di appello nel caso di specie, è pacifico nella giurisprudenza di legittimità che, in tema di mandato di arresto Europeo, il termine entro il quale deve essere emessa la decisione sulla consegna, ha natura perentoria solo ai fini della durata delle misure restrittive della libertà personale, non determinando la sua inosservanza alcuna conseguenza sulla validità della decisione in merito alla consegna (così, tra le molte, Sez. 6, n. 12559 del 17/03/2016, Bohancanu, Rv. 267421).

2.2. Il secondo motivo del ricorso è del tutto privo di pregio, in quanto, oltre ad essere stato posto in collegamento alla questione della permanenza e attualità delle esigenze di cautela, cioè ad un aspetto che attiene all'applicazione della misura cautelare che è estraneo all'odierno thema decidendum, è finalizzato a censurare la sentenza gravata su un profilo che risulta, invece, in linea con l'indirizzo esegetico privilegiato da questa Corte di cassazione, secondo il quale, in tema di mandato di arresto Europeo, l'intervenuta abrogazione, ad opera del D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, dei commi 3, 4, 5 e 6 della della L. n. 69 del 2005, art. 6, preclude la possibilità di ritenere legittimo motivo di rifiuto alla consegna la mancata allegazione della documentazione indicata nei richiamati commi (Sez. 6, n. 35462 del 23/09/2021, M., Rv. 282253).

2.3. Il quarto motivo è inammissibile perchè riguardante una questione di fatto, concernente un'asserita erronea identificazione del destinatario della richiesta di consegna, che è stata dedotta per la prima volta solo in sede di legittimità, non essendo stata prospettata nè altrimenti valutata dai giudici di merito.

3. Il terzo motivo del ricorso è, invece, fondato con riferimento ad entrambi i profili dedotti.

3.1. Pur non risultando la questione della violazione dell'art. 3 CEDU dedotta espressamente nel giudizio di merito, la tematica doveva essere affrontata di ufficio dalla Corte territoriale in quanto afferente alla tutela dei diritti fondamentali del consegnando come riconosciuti dalla Carta costituzionale e dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo.

Al riguardo, va rilevato come, in effetti, questa Corte di cassazione ha già avuto modo reiteratamente di evidenziare gli aspetti di criticità che caratterizzano il sistema penitenziario in Grecia, in un contesto che avrebbe imposto alla Corte di appello di Bari di attivarsi per compiere le più opportune verifiche.

Sul punto si è chiarito che, in presenza di una situazione di rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti durante il regime detentivo, attestata da fonti internazionali affidabili, è onere della corte di appello, a norma della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 2 richiedere informazioni integrative allo Stato emittente, tese a conoscere il trattamento penitenziario cui il consegnando sarà in concreto sottoposto: principio che è stato enunciato proprio in una fattispecie relativa ad un mandato di arresto emesso dalla Grecia, da vagliare alla luce del "report" del Comitato per la prevenzione della tortura del 2 settembre 2022, sulle condizioni degli istituti penitenziari ellenici, e della sentenza della Corte EDU 14 gennaio 2021, Kargakis c. Grecia, che ha rilevato in loco la violazione dell'art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione (così Sez. 6, n. 44015 del 16/11/2022, Prinzhausen, Rv. 284002; conf. Sez. 6, n. 23074 del 24/05/2023, Marina, non mass.).

Occorreva ed occorre, dunque, acquisire le necessarie indicazioni specifiche sullo spazio riservato a ciascun detenuto e sul regime applicabile all'odierno ricorrente lin caso di consegna.

3.2. Sotto altro e complementare aspetto, va censurata la decisione della Corte di appello di Bari che ha negato al A.A. l'applicabilità della L. n. 69 del 2005, art. 18-bis, comma 2, in quanto la relativa disposizione riguarda i soli casi di mandato di arresto esecutivo, laddove il caso di specie attiene ad un mandato di arresto processuale; e che ha valorizzato la inoperatività di altre cause di rifiuto della consegna in quanto il ricorrente è cittadino extracomunitario, che, perciò, non può "beneficiare" della speciale disciplina riservata ai destinatari di mandati di arresto Europeo che abbiano la cittadinanza italiana o di altro Stato dell'Unione Europea, pur riconoscendo che il prevenuto è legittimamente e stabilmente residente nel territorio dello Stato italiano da circa sei anni, ha la famiglia in Italia con minori che frequentano la scuola italiana.

In relazione a tali passaggi argomentativi sono riconoscibili profili di inosservanza ovvero di erronea applicazione di norme di legge.

E' ben vero che nel caso di specie, concernente un caso di mandato di arresto Europeo processuale, non possa trovare applicazione la disposizione dettata dalla L. n. 69 del 2005, dall'art. 18-bis, comma 2, che, nel prevedere una specifica causa di rifiuto facoltativo della consegna, fa riferimento alle sole ipotesi di mandato di arresto Europeo emesso "ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale".

Tuttavia, l'interpretazione logico-sistematica della nuova disciplina delle cause di rifiuto della consegna, come derivante dalle modifiche introdotte dal citato D.Lgs. n. 10 del 2021, consente di rilevare come il legislatore della riforma ha disciplinato in termini esattamente speculari e simmetrici, con l'art. 19, comma 1, lett. b), legge cit., il caso del mandato di arresto Europeo emesso "ai fini di un'azione penale": garantendo, in tale situazione, al destinatario del mandato che risulti cittadino italiano o di altro Stato membro dell'Unione Europea dunque, in presenza degli identici presupposti soggettivi dettati per il caso di rifiuto facoltativo di consegna - uno specifico "meccanismo" di rientro in Italia (in questo senso, tra le altre, Sez. 6, n. 23072 del 24/05/202:3, Ojo, non mass.; Sez. 6, n. 19145 del 04/05/2023, Kapenanovic, non mass.; Sez. F, n. 31721 del 23/08/2022, Safy, non mass.; Sez. 6, n. 29014 del 20/07/2022, Safy, non mass).

E' in relazione a tale disposizione che va, perciò, necessariamente parametrata la valutazione dei giudici di merito. Peraltro, non vi è dubbio che sia la disposizione dettata dall'art. 18-bis, comma 2, sia quella prevista dall'art. 19, comma 1, lett. b), L. cit., delimitano formalmente l'ambito di operatività ai soli "cittadini italiani o cittadini di altro Stato membro dell'Unione Europea".

Nella fattispecie i giudici di merito hanno, però, omesso di considerare che la Corte costituzionale, evidentemente giudicando non manifestamente infondate le questioni di legittimità che erano state sollevate, ha deciso di sottoporre alla Corte di giustizia dell'Unione Europea, in via pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), alcune questioni pregiudiziali in materia. Corte di Lussemburgo che, con la recente sentenza del 6 giugno 2023, ha chiarito che il diritto dell'Unione osta a una normativa di uno Stato membro che escluda in maniera assoluta e automatica dal beneficio di detto motivo di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto Europeo qualsiasi cittadino di un paese terzo che dimori o risieda nel territorio di tale Stato membro, senza che l'autorità giudiziaria dell'esecuzione possa valutare i legami di tale cittadino con detto Stato membro; che una normativa nazionale di tale tenore è contraria al principio di parità di trattamento sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, poichè tratta in maniera diversa, da un lato, i cittadini dello Stato membro richiesto e gli altri cittadini dell'Unione e, dall'altro, i cittadini dei Paesi terzi, senza tenere conto della circostanza che questi ultimi possono anch'essi presentare un grado di integrazione sufficiente nella società di detto Stato membro, idoneo a giustificare che (in caso di mandato di arresto esecutivo) vi scontino una pena pronunciata nello Stato membro di emissione (C. giust. U.E., sent. C-700/21 del 2023, 0.G.).

Aspetti questi - validi, come si è visto, anche per il caso di mandato di arresto Europeo processuale - con i quali la Corte territoriale ha omesso del tutto di confrontarsi.

4. La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bari che, nel nuovo giudizio, si atterrà ai principi di diritto sopra indicati.

Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi di legge.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bari.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2023.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2023