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Testimone smemorato, vale "se l'ho detto è vero" (Cass. 17089/17)

5 aprile 2017, Cassazione penale

Va riconosciuto valore probatorio alla conferma del testimone immemore di quanto dichiarato nel corso delle indagini preliminari nel corso della deposizione dibattimentale ed a seguito di contestazione.

E ciò sia quando il teste rimandi al più vivido ricordo dei fatti in occasione delle informazioni rese in fase di indagini, sia quando si limiti all'affermazione che quanto in precedenza dichiarato risponda al vero, giacchè la risposta alla contestazione per difetto di ricordo veicola nel dibattimento quanto già dichiarato in precedenza.

Quando il testimone manifesti genuina difficoltà di elaborazione del ricordo le dichiarazioni predibattimentali utilizzate per le contestazioni debbano ritenersi confermate se lo stesso ne affermi la veridicità in varia guisa, anche mediante richiami atti a giustificare il deficit mnemonico, sicchè le stesse possono essere recepite ed utilizzate come se rese direttamente in sede dibattimentale  e - ove stimate attendibili - poste a fondamento del giudizio di penale responsabilità. Al contrario, in presenza di ritrattazione dei contenuti dichiarativi delle contestazioni, l'utilizzazione deve ritenersi preclusa, fatta salva l'ipotesi di recupero mediante la procedura ex art. 500 c.p.p., comma 4 in ipotesi di violenza, minaccia o subornazione del teste.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE II PENALE

(data ud. 28/02/2017) 05/04/2017, n. 17089

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

L.M. n. in (OMISSIS);

avverso la sentenza resa in data 10/11/2015 dalla Corte d'Appello di Torino che riformava parzialmente quella del Tribunale di Torino in data 17/4/2015;

Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

Udita nell'udienza pubblica del 28/2/2017 la relazione fatta dal Consigliere Dott.ssa Anna Maria De Santis;

Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, Dott. BALSAMO Antonio, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

Udito il difensore del ricorrente, Avv. DL, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Torino con sentenza in data 17/4/2015 dichiarava il L. responsabile dei delitti di tentata rapina aggravata in concorso (capo A) e di due tentati furti aggravati (capi C e D) e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, con il vincolo della continuazione, lo condannava alla pena di anni due di reclusione ed Euro 400,00 di multa nonchè al risarcimento del danno in favore della Dimar SpA. Con l'impugnata sentenza la Corte d'Appello di Torino, esclusa l'aggravante dell'uso dell'arma di cui al capo A), rideterminava la pena in anni uno mesi dieci di reclusione ed Euro 300,00 di multa.

2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione l'imputato personalmente, deducendo:

2.1 la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione delle dichiarazioni di La.Pa. con riferimento al capo A) della rubrica. Argomenta la difesa del ricorrente che la Corte territoriale si è affidata per la valutazione della testimonianza del La. al recupero delle dichiarazioni predibattimentali del teste secondo il meccanismo delle contestazioni ex art. 500 c.p.p., sebben l'affermazione di non ricordare i fatti e l'asserzione che quanto in precedenza dichiarato fosse vero non configuri una situazione di contrasto che costituisce presupposto dell'applicabilità dell'istituto con conseguente violazione dei criteri ermeneutici in materia di valutazione della prova dichiarativa.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi. La giurisprudenza di legittimità con indirizzo unanime riconosce valore probatorio alla conferma del testimone immemore, nel corso della deposizione dibattimentale ed a seguito di contestazione, delle dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari (Sez. 1, n. 23012 del 14/05/2009, Marini ed altro, Rv. 244451). E ciò sia quando il teste rimandi al più vivido ricordo dei fatti in occasione delle informazioni rese in fase di indagini, sia quando si limiti all'affermazione che quanto in precedenza dichiarato risponda al vero, giacchè la risposta alla contestazione per difetto di ricordo veicola nel dibattimento quanto già dichiarato in precedenza (Sez. 2, n. 31593 del 13/07/2011, Accardi, Rv. 250913;Sez. 2, n. 13927 del 04/03/2015 Rv. 264014).

Ritiene il Collegio che allorchè il testimone manifesti genuina difficoltà di elaborazione del ricordo le dichiarazioni predibattimentali utilizzate per le contestazioni debbano ritenersi confermate se lo stesso ne affermi la veridicità in varia guisa, anche mediante richiami atti a giustificare il deficit mnemonico, sicchè le stesse possono essere recepite ed utilizzate come se rese direttamente in sede dibattimentale (Sez. 4, n. 18973 del 09/03/2009, Cacchiarelli, Rv. 244042, Sez. 2, n. 10483 del 21/02/2012 Russo, Rv. 252707) e - ove stimate attendibili - poste a fondamento del giudizio di penale responsabilità. Al contrario, in presenza di ritrattazione dei contenuti dichiarativi delle contestazioni, l'utilizzazione deve ritenersi preclusa, fatta salva l'ipotesi di recupero mediante la procedura ex art. 500 c.p.p., comma 4 in ipotesi di violenza, minaccia o subornazione del teste.

Nel caso di specie la Corte ha congruamente e correttamente scrutinato la doglianza difensiva sul punto, evidenziando come il teste La. abbia espressamente confermato a seguito di contestazione le dichiarazioni rese il 27.6.2012 in ordine al tentativo di rapina ascritto sub A), rispondendo alle sollecitazioni del P.m., a distanza di due anni e mezzo dal fatto, con l'espressione " confermo quanto dichiarato, ripeto non ho l'immagine nitida ma se l'ho dichiarato questo è..".

4. Alla declaratoria d'inammissibilità consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna alle spese processuali e alla sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi ragioni d'esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro millecinquecento a favore della Cassa delle Ammende.
Conclusione
Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2017