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Telecamera nascosta in bagno, è reato (Cass. 17065/22)

2 maggio 2022, Cassazione penale

Costtuisce un reato tentato la installazione, nel bagno riservato alle dipendenti, di due apparecchiature funzionali alla registrazione o alla captazione delle immagini, quando non sia provata l'effettiva captazione (ma con impianto fnzionante).

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

(ud. 08/11/2021) 02-05-2022, n. 17065

Dott. CATENA Rossella - Presidente - Dott. CARUSILLO Elena - rel. Consigliere

SENTENZA

sul ricorso proposto nell'interesse di:

M.M., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 25/02/2020 della Corte di Appello di Bologna;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

sentita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Carusillo Elena;

udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa LORI Perla, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso;

preso atto delle conclusioni scritte presentate dall'avv. PFR difensore della parte civile G.E., e dall'avv. FMdifensore della parte civile R.M.;

lette le conclusioni depositate dalla difesa del ricorrente.

Svolgimento del processo

1. I difensori di M.M., avv. CZ e avv. AM, ricorrono per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Bologna del 25 febbraio 2020 che, in parziale riforma della pronuncia del 29 settembre 2015 con la quale il Tribunale di Modena aveva condannato il ricorrente in ordine al delitto di cui all'art. 81 c.p., comma 2, art. 615-bis c.p. e art. 61 c.p., comma 1, n. 11, ha confermato, previa riqualificazione del delitto nell'ipotesi tentata, la penale responsabilità all'imputato e, concesse le circostanze attenuanti generiche in via equivalente all'aggravante contestata, ha ridotto la pena.

2. La difesa articola le proprie censure in tre motivi.

2.1 Con il primo motivo, proposto a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per erronea applicazione e violazione della legge penale in relazione all'art. 56 c.p., lamenta che la Corte ha ravvisato la sussistenza del tentativo del delitto sulla base di una non corretta valutazione delle prove ai sensi dell'art. 192 c.p.p., dalle quali, diversamente, avrebbe dovuto desumere l'inidoneità della condotta posta in essere dal ricorrente o, comunque, la non punibilità della stessa ai sensi dell'art. 49 c.p. e, dunque, pervenire all'assoluzione del M..

2.2 Con il secondo motivo, proposto a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per vizio di motivazione, lamenta che i giudici di merito hanno asserito la sussistenza del delitto sulla base di argomentazioni illogiche e contraddittorie con le risultanze istruttorie.

2.3 Con il terzo motivo, proposto a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), per vizio di motivazione, lamenta che la Corte ha fondato la responsabilità del ricorrente sulla base di prove - in particolare le testimonianze e le risultanze della consulenza di parte - tra loro contrastanti.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

Giova premettere che nel caso in cui le sentenze di primo e secondo grado concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente e forma con essa un unico complessivo corpo argomentativo (cfr. Sez. 4, n. 15227 dell'11/4/2008, Baratti, Rv. 239735; Sez. 6, n. 1307 del 14/1/2003, Delvai, Rv. 223061). Tale integrazione tra le due motivazioni si verifica allorchè i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione e, a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 - 01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595 - 01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615 - 01).

Il principio deve essere riaffermato anche nel caso di cui si tratta, posto che l'affermazione di responsabilità dell'imputato, pur a fronte della riqualificazione del delitto in termini di tentativo, fonda sugli stessi elementi valutati dal giudice di prime cure.

2. Le censure articolate nel primo e nel secondo motivo di ricorso, che involgono il profilo relativo all'inidoneità della condotta del ricorrente alla configurazione del delitto, sono manifestamente infondate.

La Corte, con argomentazione logica e congrua, ha sottolineato come l'istallazione, nel bagno riservato alle dipendenti, di due apparecchiature funzionali, se non alla registrazione, quantomento alla captazione delle immagini, in uno con la loro dislocazione (nel porta carta igienica e di fronte al wc), se, da un lato, stante l'assenza di riscontri in ordina all'effettivo procacciamento di immagini, escludono la configurabilità del delitto consumato, tuttavia evidenziano l'univocità e idoneità degli atti a realizzare la condotta tipizzata dall'art. 615-bis c.p..

La circostanza che il procacciamento indebito delle immagini e delle notizie delinei non l'evento naturalistico del reato, bensì l'intrinseco contenuto della condotta punita, non toglie che proprio l'imprescindibilità dell'utilizzo dei suddetti strumenti riveli come la condotta del delitto si frazioni in una pluralità di atti volti a garantire l'indiscrezione tecnologica, sicchè, quando in concreto ciò avvenga, si configura il tentativo, integrato dal compimento di atti idonei ed univocamente diretti a procurarsi le immagini e le notizie descritte dalla norma incriminatrice (Sez. 5, n. 4669 del 07/11/2017, dep. 2018, Fontana, Rv. 272279 - 01).

Si tratta di considerazioni sulla base delle quali la Corte ha escluso, nel caso di specie, la possibilità di ricondurre la vicenda nella figura del reato impossibile per inidoneità degli atti, ai sensi dell'art. 49 c.p., evidenziando che l'idoneità degli atti deve essere valutata con riferimento alla possibilità che alla condotta consegua lo scopo che l'agente si propone (Sez. 6, n. 17988 del 06/02/2018, Mileto, Rv. 272810 01; Sez. 1, n. 36726 del 02/07/2015, L. M., Rv. 264567 - 01; Sez. 5, n. 9254 del 15/10/2014, dep. 2015, Semeraro, Rv. 263058 - 01; Sez. 2, n. 36631 del 15/05/2013, Procopio, Rv. 257063 - 01).

Invero, per la configurabilità del reato impossibile, l'inidoneità degli atti deve essere assoluta per inefficienza strutturale e strumentale del mezzo usato, tale da non consentire neppure in via eccezionale l'attuazione del proposito criminoso.

In materia di reato impossibile, l'inidoneità dell'azione,che rende impossibile l'evento dannoso o pericoloso) esige che l'incapacità di produrre l'evento sia assoluta, intrinseca e originaria secondo una valutazione oggettiva da compiersi ex ante, risalendo al momento iniziale del suo compimento, indipendentemente da ogni cautela predisposta dalla persona offesa o da ogni intervento successivo che abbia impedito la realizzazione di tale evento. Viceversa, l'idoneità degli atti, valida per l'integrazione della figura del delitto tentato, deve essere considerata nella sua potenzialità, causalmente atta a conseguire il risultato progettato, dovendosi avere riguardo alla situazione che l'agente si era prospettato al momento dell'azione criminosa, e prescinde dal contemporaneo intervento esterno che abbia impedito la realizzazione dell'evento.

I giudici della Corte territoriale hanno evidenziato, da un lato, che il ricorrente, per sua stessa ammissione alle vittime, aveva istallato le telecamere nel bagno riservato alle stesse e, dall'altro, che la mancata dimostrazione dell'effettivo procacciamento delle immagini non era ragionevolmente sufficiente ad escludere l'adeguatezza delle apparecchiature alla realizzazione dello scopo prefissato.

Si tratta di argomentazioni con le quali il ricorrente non si confronta, limitandosi ad una sterile critica ai criteri di valutazione delle prove utilizzati dai giudici che, invece, con motivazione corretta, adeguata e logica, hanno spiegato in che modo sia stato accertato (e quale sia) il fatto storico (e la sua effettiva sussunzione nella fattispecie incriminatrice), attraverso la valutazione dei riscontri fattuali e dei comportamenti posti in essere dal ricorrente e riferiti dal medesimo alle vittime.

3. Le suesposte considerazioni involgono anche il terzo motivo, che afferisce al dedotto contrasto tra le dichiarazioni delle persone offese e gli esiti cui è pervenuto il consulente della difesa.

Le critiche rivolte sul punto eccedono ogni limite di ragionevolezza, sicchè vanno respinte per la loro totale inconsistenza.

La semplice lettura della sentenza impugnata evidenzia che tutte le risultanze istruttorie, alle quali si appella il ricorrente, sono state esaminate e valutate dalla Corte territoriale, la quale ha espresso, su di esse, un giudizio completo, logico e fondato.

Nessun contrasto, nè illogicità, nè omissione si rinviene nella decisione della Corte.

Le considerazioni del consulente della difesa, che, per un verso, si è spinto a considerare il M. privo di competenze tecniche sufficienti a progettare un impianto di video sorveglianza, e, per altro verso, ha dedotto come il sistema di video ripresa, incompleto, insufficiente e di scarsa potenzialità, fosse inidoneo alla acquisizione di immagini, tenuto conto del non ottimale posizionamento delle telecamere e della presenza di arredi metallici che, in ogni caso, avrebbe schermato le riprese rendendole incomprensibili, risultano valutate dalla Corte allorchè ha individuato proprio nell'assenza di un effettivo procacciamento delle immagini da parte del M., il motivo per il quale ha riqualificato la vicenda in termini di tentativo ed ha escluso la possibilità di pervenire ad una decisione assolutoria.

E' appena il caso di ricordare che oggetto del giudizio di cassazione è il rapporto tra la motivazione e la decisione (nel senso che questa deve rappresentare il logico sviluppo degli argomenti esposti nella parte motiva) e non già il rapporto tra le prove e la conclusione assunta dal giudicante, dal momento che è inibito al giudice di legittimità il riesame degli elementi probatori posti a base della decisione, se non per accertarne - ove dedotto e provato - il travisamento.

4. Conclusivamente, sul giudizio di responsabilità: nella ricostruzione dei giudici di merito vi è un'esaustiva elaborazione del materiale probatorio e una lettura critica degli elementi di prova acquisiti, che rendono la decisione insindacabile in questa sede.

5. Sulla base delle considerazioni svolte, dunque, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che si ritiene congruo determinare nell'importo di Euro 3.000,00.

6. Consegue, a carico del ricorrente, anche la condanna alla refusione delle spese sostenute dalle parte civile nel presente grado di giudizio, che si ritiene equo determinare, per ciascuna, nell'importo indicato in dispositivo, oltre accessori di legge.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore Cassa delle Ammende.

Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili G.E. e R.M., che liquida in Euro 2.560,76 per ciascuna parte civile, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 maggio 2022