La prova si forma nel contraddittorio delle parti, ed è quindi escluso che il tardivo deposito della trascrizione delle fonoregistrazioni effettuate nel corso del dibattimento sia causa di nullità o di altra sanzione processuale: anche con riferimento al giudizio di appello, si è affermato che il tardivo deposito della trascrizione dei verbali dibattimentali delle udienze di primo grado non determina la nullità della sentenza e non costituisce causa che possa legittimare la presentazione dell'atto di impugnazione oltre i termini previsti a pena di decadenza, in quanto le parti possono esercitare i propri diritti richiedendo copia dei nastri magnetici oppure utilizzando i verbali redatti in forma riassuntiva, con riserva di presentare al deposito delle trascrizioni motivi nuovi o aggiunti. Da luogo ad una nullità d'ordine generale, sotto il profilo della violazione del diritto di difesa, la totale assenza di documentazione degli atti dibattimentali di raccolta della prova, in quanto la stessa viene a vanificare il diritto della difesa.
Il reato di maltrattamenti in famiglia, configurando un'ipotesi di reato abituale, si consuma nel momento e nel luogo in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti; fermo restando che, attesa la struttura persistente e continuativa del reato, ogni successiva condotta di maltrattamento compiuta si riallaccia a quelle in precedenza realizzate, saldandosi con esse e dando vita ad un illecito strutturalmente unitario; ne deriva che il termine di prescrizione decorre dal giorno dell'ultima condotta tenuta. Quando dunque la condotta del delitto di maltrattamenti in famiglia si sia protratta successivamente all'entrata in vigore della legge 19 luglio 2019, n. 69, si applica il regime sanzionatorio più sfavorevole previsto da quest'ultima normativa, a prescindere dal numero di episodi commessi durante la sua vigenza e senza la necessità che gli stessi integrino, di per sé soli, l'abitualità del reato.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
17/01/2025, (ud. 17/01/2025, dep. 02/04/2025), n.12749
Composta da
SENTENZA
sul ricorso
proposto da
Sa.Fr. nato a R il Omissis
avverso la sentenza emessa il 7giugno 2024 dalla Corte d'Appello di Roma
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Debora Tripiccione;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Silvia Salvadori, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
udite le richieste del difensore della parte civile, Avv. VP, che ha concluso per il rigetto del ricorso e la conferma delle statuizioni civili;
udite le richieste del difensore del ricorrente, Avv. VAC,
che ha insistito per l'accoglimento dei ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Roma ha confermato la condanna di Sa.Fr. per i reati di cui agli artt. 572, comma secondo, e 570 cod. pen. alla pena di anni tre e mesi due di reclusione, con la concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante e alla recidiva infraquinquennale. Con la sentenza di primo grado l'imputato è stato altresì condannato al risarcimento del danno cagionato alla parte costituita da liquidarsi in separata sede e al pagamento di una provvisionale di Euro 3000.
Deduce sei motivi di ricorso di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
1.1. Con il primo motivo deduce la violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione alla mancata trascrizione delle dichiarazioni testimoniali rese all'udienza del 25 settembre 2023 e all'omesso rinvio dell'udienza di discussione del 29 settembre 2023, nonché la lesione del diritto di difesa.
Sostiene il ricorrente che sin dall'udienza del 25 settembre 2023 aveva chiesto il rinvio della successiva udienza del 29 settembre, fissata per la discussione, al fine di poter esaminare le trascrizioni delle deposizioni rese dai testi, trascrizioni che sono state depositate soltanto nel corso di detta udienza. Si deduce, al riguardo, l'erroneità dell'argomento posto a fondamento del rigetto dell'eccezione, ovvero la presenza del difensore all'udienza di escussione dei testi, in quanto il mancato esame delle trascrizioni ha impedito di esercitare compiutamente il diritto di difesa, stante la gravità dell'imputazione, l'arco temporale di circa 15 anni, nonché la necessità di confrontare le date e i periodi in contestazione con gli eventi narrati dai testimoni.
1.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione degli artt. 495 cod. proc. pen. e 111 Cost., nonché la lesione del diritto di difesa in relazione al rigetto della richiesta di rinnovo dell'istruttoria dibattimentale attraverso l'esame della figlia minore, mai ascoltata nel giudizio di primo grado durante il quale sono state rigettate sia la richiesta di incidente probatorio, sia l'istanza di integrazione probatoria ai sensi dell'articolo 507 cod. proc. pen. A sostegno della richiesta si deducono, tra l'altro, le seguenti circostanze: a) lo stato di whatsapp e i messaggi inviati dalla minore al padre; b) la vicenda dell'allontanamento della minore nel dicembre del 2023; c) il contenuto della relazione dell'assistente sociale da cui risulta che la minore intende riferire al Tribunale, ma non è in grado di affrontare la situazione. Sulla base di tali e allegazioni, la difesa insiste affinché la Corte di Cassazione voglia disporre l'audizione della minore.
1.2.1. A sostegno di tale motivo, con una successiva memoria il ricorrente ha depositato ulteriore documentazione relativa al procedimento dinanzi al Tribunale per i minorenni di Roma, definito con dichiarazione di incompetenza funzionale, stante la pendenza del procedimento di separazione dinanzi al Tribunale ordinario, e conferma del collocamento della minore presso una casa famiglia, stante il suo rifiuto di rientrare presso l'abitazione materna.
1.3. Con il terzo e quarto motivo, tra loro logicamente connessi, si deducono vizi di violazione dell'art. 572 cod. pen., di illogicità e contraddittorietà della motivazione anche in conseguenza della erronea valutazione di attendibilità della persona offesa.
Si rappresenta, in primo luogo, che non vi è mai stata una condotta di sopraffazione dell'imputato ai danni della persona offesa, né una condizione di soggezione di quest'ultima, che ha riferito solo di frequenti discussioni con l'imputato.
Inoltre, nel corpo del quarto motivo si censura la valutazione di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa sulla base delle seguenti circostanze: a) la mancanza di un referto medico; b) il rifiuto opposto dalla persona offesa di produrre o di esibire messaggi o mail dal contenuto minaccioso; c) il contenuto della querela sporta dalla persona offesa in cui la stessa si è limitata a denunciare il mancato pagamento dell'assegno di mantenimento della figlia senza far riferimento a maltrattamenti; d) le contraddizioni tra le dichiarazioni della persona offesa e quelle della teste De. che, contrariamente a quanto affermato dalla prima, che l'ha indicata come presente ai fatti, ha riferito di essere stata al telefono con la persona offesa in occasione dell'episodio relativo alla minaccia con arma da fuoco.
Si aggiunge, inoltre, che, con riferimento alle condotte di maltrattamento in danno della figlia, circoscritte dalla persona offesa a partire dall'anno 2019, manca il requisito della abitualità. Invero, gli unici episodi che coinvolgono la figlia sono quelli del 24/3/21, 3/5/21 e 6/5/21. Si osserva, al riguardo, che: a) con riferimento all'episodio occorso a scuola, la figlia non ha mai rivestito il ruolo di soggetto passivo in quanto al momento dei fatti, la stessa si trovava in classe; b) i fatti del 24/3 sono stati smentiti dalla deposizione resa da Sa.An., unico testimone oculare della vicenda, deposizione completamente trascurata dalla sentenza impugnata, dovendosi considerare inattendibili le dichiarazioni rese dagli altri testimoni, trattandosi di dichiarazioni de relato ricevute dalla figlia del ricorrente, che non è mai stata escussa.
1.4. Con il quinto motivo di ricorso deduce la violazione degli artt. 2 e 572 cod. pen. in relazione alla erronea applicazione della legge n. 69 del 2019.
Sostiene il ricorrente che, poiché secondo il racconto della parte civile le condotte in suo danno sono cessate nel 2019, mentre le condotte in danno della figlia sono irrilevanti penalmente e comunque prive del requisito della abitualità, la Corte territoriale avrebbe dovuto determinare il trattamento sanzionatorio considerando i limiti edittali previsti dall'art. 572 cod. pen. nella formulazione antecedente la modifica del 2019 ed espungendo la circostanza aggravante prevista dal secondo comma.
Ciò anche in quanto non vi è certezza che i fatti avvenuti nel 2019 siano successivi alla data di entrata in vigore della legge n. 69 del 2019.
1.5. Con il sesto motivo si deduce la mancanza di motivazione sul motivo devoluto con l'atto di appello relativo alla insussistenza della penale responsabilità per il reato di cui all'art. 570 cod. pen. in conseguenza sia della inattendibilità della persona offesa che della produzione documentale relativa alla sentenza di rigetto della domanda di divorzio presentata dalla Ma., avendo l'imputato pagato quanto dovuto, secondo le sue disponibilità economiche e senza far mancare i mezzi di sussistenza al coniuge e alla figlia.
2. Il Procuratore Generale ha depositato una memoria in cui ha concluso per il rigetto del ricorso rilevando, tra l'altro, quanto al quinto motivo di ricorso, che lo stesso è in contrasto con la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata e, quanto al sesto motivo, che il ricorrente ha omesso di illustrare in che modo la produzione documentale asseritamente pretermessa dalla Corte territoriale sia idonea a scardinare il ragionamento decisorio, incidendo sulla sussistenza della condotta omissiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è complessivamente infondato e va, pertanto, rigettato per le ragioni di seguito esposte.
2. Il primo motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato e aspecifico.
Dalla sentenza impugnata risulta che la difesa ha regolarmente partecipato all'udienza istruttoria nel corso della quale sono stati escussi i testimoni, partecipando all'esame e controesame e acquisendo, dunque, come sottolineato dalla Corte territoriale, diretta ed immediata cognizione del contenuto delle deposizioni. Sulla base di tale dato fattuale, la Corte territoriale ha rigettato l'eccezione del ricorrente, reputando irrilevante che al momento della discussione fosse indisponibile la trascrizione dell'istruttoria dibattimentale alla quale lo stesso aveva pienamente partecipato.
La decisione della Corte territoriale appare ineccepibile in questa sede e si iscrive nel consolidato indirizzo ermeneutico, qui ribadito, che, tenuto conto del fatto che la prova si forma nel contraddittorio delle parti, esclude che il tardivo deposito della trascrizione delle fonoregistrazioni effettuate nel corso del dibattimento sia causa di nullità o di altra sanzione processuale (Sez. 3, n. 514 del 15/10/2009, dep. 2010, Elia, Rv. 245897).
Peraltro, anche con riferimento al giudizio di appello, si è affermato che il tardivo deposito della trascrizione dei verbali dibattimentali delle udienze di primo grado non determina la nullità della sentenza e non costituisce causa che possa legittimare la presentazione dell'atto di impugnazione oltre i termini previsti a pena di decadenza, in quanto le parti possono esercitare i propri diritti richiedendo copia dei nastri magnetici oppure utilizzando i verbali redatti in forma riassuntiva, con riserva di presentare al deposito delle trascrizioni motivi nuovi o aggiunti (Sez. 6, n. 14404 del 12/03/2019, Prudente, Rv. 275432; Sez. 3, n. 956 del 07/10/2014, dep. 2015, Campisano, Rv. 261629).
Si è, invece, ritenuto che dia luogo ad una nullità d'ordine generale, sotto il profilo della violazione del diritto di difesa (art. 178, comma 1, lett. c, cod. proc. pen.), la totale assenza di documentazione degli atti dibattimentali di raccolta della prova, non dedotta nel caso in esame, in quanto la stessa viene a vanificare il diritto della difesa (così, da ultimo, Sez. 3, n. 4972 del 28/10/2021, dep. 2022, Rv. 282803).
Sotto altro profilo, il motivo è anche aspecifico in quanto, in disparte quanto sopra affermato in merito alla insussistenza del dedotto vizio processuale, in ogni caso, non illustra in che modo la carenza della trascrizione abbia inciso sul concreto esercizio del diritto di difesa, compromettendolo.
3. Il secondo motivo è inammissibile in quanto meramente reiterativo della medesima doglianza formulata in appello.
Va, al riguardo, rammentato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in virtù del principio di presunzione di completezza dell'indagine dibattimentale di primo grado, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello costituisce un'eventualità di carattere eccezionale subordinata alla sussistenza delle condizioni indicate dall'art. 603, commi 1, 2 e 3 cod. proc. pen. In particolare, nelle ipotesi contemplate ai commi 1 (richiesta di riassunzione di prove già acquisite e di assunzione di nuove prove) e 3 (rinnovazione "ex officio") dell'art. 603 cod. proc. pen. è necessaria la dimostrazione, in positivo, della necessità (assoluta nel caso del comma terzo) del mezzo di prova da assumere, onde superare la presunzione di completezza del compendio probatorio; diversamente, nel caso previsto dal secondo comma, il giudice è tenuto a disporre l'ammissione delle prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado negli stessi termini di cui all'art. 495, cod. proc. pen., con il solo limite costituito dalle richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti (Sez. 3, n. 13888 del 27/01/2017, Rv. 269334 (Sez. 3, n. 47963 del 13/09/2016, Rv. 268657).
Ciò premesso, rileva il Collegio che i generici rilievi difensivi non superano le argomentazioni della Corte territoriale, che, con motivazione congrua ed esaustiva, con la quale il ricorrente omette il dovuto confronto critico, ha rigettato la richiesta di esame della minore, sottolineando, oltre alla criticità delle sue condizioni psicofisiche, la completezza dell'istruttoria dibattimentale dalla quale è emerso il compiuto riscontro delle condotte maltrattanti poste in essere dal ricorrente nei confronti della figlia minore. Si è, infatti, rilevato che: 1) quanto all'episodio occorso a scuola il 5/3/2021, dalle dichiarazioni rese dall'insegnante è emerso che la minore è stata vittima diretta della reazione "smisurata e violenta" del padre nel momento in cui la stessa aveva manifestato la volontà di non andare con lui; 2) l'episodio del 2020, raccontato dalla moglie del ricorrente, nel corso del quale lo stesso lasciava in strada la minore, dopo avere sfogato la propria aggressività sia sull'auto che, verbalmente, nei confronti della figlia, ha trovato riscontro nelle dichiarazioni rese dall'assistente sociale; 3) l'episodio del marzo 2021 (le ingiurie rivolte alla moglie e alla figlia mentre quest'ultima, in auto con il padre, stava parlando al telefono con la madre) è stato oggetto di percezione diretta da parte della moglie del ricorrente che ha, comunque, riferito che mentre parlava con la minore il ricorrente inveiva dicendo "siete due bastarde, siete due maledette, sei una puttana"; 4) l'episodio avvenuto a casa del nonno paterno, riferito de relato dalla moglie del ricorrente e negato, invece, dal suocero, ha trovato conferma nella deposizione dell'assistente sociale che ha riferito quanto appreso dalla minore; 5) l'episodio occorso il 3/5/2021 è stato riferito dalla teste De., presente ai fatti, ed ha trovato ulteriore riscontro nelle dichiarazioni rese dall'agente Gallo, intervenuto sul posto, che ha descritto, tra l'altro, lo stato di agitazione in cui versava la minore.
A fronte di tale compiuta e argomentata ricostruzione dell'istruttoria dibattimentale e della valutazione di esaustività della stessa, il ricorrente si limita ad insistere nella propria richiesta di esame della figlia minore, esame non richiesto nel giudizio di primo grado, ponendo a fondamento della doglianza, non argomenti che attacchino la valutazione di completezza dell'istruttoria, bensì una diversa lettura del primo argomento utilizzato dalla Corte territoriale, ovvero la peculiare condizione di vulnerabilità della figlia alla luce dei messaggi da questa inviati al padre.
Va, peraltro, aggiunto che, in disparte la natura esclusivamente di merito di tale argomentazione, il ricorrente omette di confrontarsi con il punto della decisione in cui la Corte territoriale, valutando la produzione difensiva, con motivazione che non appare manifestamente illogica, ha escluso che le manifestazioni di affetto della minore verso il padre costituiscano un elemento nuovo idoneo a rivalutare il suo complesso quadro psico-fisico.
4. Il terzo e quarto motivo, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro logicamente connessi, sono complessivamente infondati.
4.1. La censura relativa al giudizio di attendibilità della moglie è meramente reiterativa e priva di adeguato confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata che, senza incorrere in alcun vizio logico o giuridico, ha posto l'accento sia sulle caratteristiche intrinseche della deposizione resa dalla donna - coerente, circostanziata e immune da rancore o spirito di rivalsa - sia sui riscontri forniti dai testi in merito all'atteggiamento psicologico della figlia e alle violenze subite dalla donna (si citano, tra le altre, non solo le dichiarazioni della teste De., che ha assistito ad episodi di violenza fisica e verbale ed ha constatato personalmente lividi e segni di percosse, ma anche le dichiarazioni rese dalla teste Book, anche queste in merito alle aggressioni verbali del ricorrente nei confronti della moglie, ai lividi notati sulla donna e alle sue difficoltà economiche).
4.2. È, invece, infondata la censura relativa al dedotto contrasto tra la versione offerta dalla persona offesa e quella della teste De., le cui dichiarazioni sono state attentamente vagliate dalla Corte territoriale, escludendo profili di contraddittorietà idonei a minare sia la veridicità dell'episodio raccontato che l'attendibilità della testimone.
Con motivazione non manifestamente illogica si è, infatti, escluso che la divergenza tra il racconto della persona offesa e la deposizione della teste sulla sua presenza fisica nel momento in cui il ricorrente minacciava la moglie con la pistola sia tale da incidere sulla veridicità del fatto narrato dalla teste (che lo ha, comunque, confermato pur precisando che, al momento, si trovava al telefono con la vittima), posto che il contenuto della deposizione ha avuto una portata molto più ampia, coprendo un ampio arco temporale che partiva dal fidanzamento, ed ha riguardato numerosi altri episodi cui ha assistito direttamente la teste, attinenti sia a telefonate minatorie del ricorrente che ad aggressioni fisiche e verbali in danno della persona offesa. La Corte territoriale, con motivazione parimenti immune da vizi, ha, inoltre, posto l'accento sugli ulteriori riscontri testimoniali alla versione della persona offesa, escludendo, cosi, che la contestata minima divergenza nel racconto potesse incidere sulla attendibilità della testimone.
4.3. L'ulteriore profilo di censura volto a circoscrivere le condotte in danno della figlia e ad escluderne l'abitualità è inammissibile in quanto interamente versato in fatto e volto a sollecitare, nonostante l'adeguatezza e la persuasività della motivazione, una non consentita diversa valutazione del compendio probatorio.
Si è già detto nel par. 3 della diversa ricostruzione, fondata su motivazione adeguata e non manifestamente illogica, sia dell'episodio occorso presso la scuola della minore il 3/5/21 che degli altri episodi che hanno interessato direttamente la minore.
Il ricorrente, peraltro, omette di considerare che, come correttamente affermato dalla Corte territoriale, la minore è stata vittima di maltrattamenti sia in forma diretta che "assistita" essendo stata presente alle quotidiane condotte di aggressione fisica e verbale in danno della madre (si veda, al riguardo, la dichiarazione della persona offesa riportata a p. 18 della sentenza impugnata).
Infine, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la Corte territoriale ha valutato la deposizione del nonno paterno, ma ha ritenuto, comunque, attendibile la diversa versione dei fatti fornita dalla persona offesa che, sebbene de relato in quanto basata sul racconto della minore, ha trovato riscontro nella dichiarazione resa dall'assistente sociale Ti., che ha riferito nel dettaglio le confidenze apprese dalla minore in merito a quanto avvenuto a casa del nonno e alla sua paura di essere picchiata dal padre (si veda, pagina 19), nonché dalla teste De..
Osserva, infine, il Collegio che, con riferimento a tale ultima censura, anche espungendo dagli episodi rilevanti, quello smentito dal teste oculare, il ricorrente omette di argomentare in merito alla rilevanza decisiva della eventuale eliminazione di tale condotta rispetto a tutte le altre numerose condotte prevaricatrici emergenti dalla compiuta ricostruzione fattuale effettuata dai Giudici di merito.
5. Il quinto motivo è infondato.
Il ricorrente invoca l'applicazione di un principio di diritto affermato da questa Corte secondo il quale La modifica in senso peggiorativo della disciplina sanzionatoria del reato di maltrattamenti in famiglia può essere applicata all'intera condotta abituale nel solo caso in cui, dopo la sua entrata in vigore, "il soggetto compia segmenti di condotta abituale autosufficienti prima e dopo la modifica sfavorevole sopravvenuta" (Sez. 6, n. 28218 del 24/01/2023, Rv. 284788).
Rileva tuttavia il Collegio che tale principio, oltre ad essere allo stato isolato nella giurisprudenza di questa Corte, è, comunque, inconferente nel caso di specie.
Va, in primo luogo, considerato che il reato di maltrattamenti in famiglia, configurando un'ipotesi di reato abituale, si consuma nel momento e nel luogo in cui le condotte poste in essere divengono complessivamente riconoscibili e qualificabili come maltrattamenti; fermo restando che, attesa la struttura persistente e continuativa del reato, ogni successiva condotta di maltrattamento compiuta si riallaccia a quelle in precedenza realizzate, saldandosi con esse e dando vita ad un illecito strutturalmente unitario; ne deriva che il termine di prescrizione decorre dal giorno dell'ultima condotta tenuta. (Sez. 6, n. 52900 del 04/11/2016, Rv. 268559). Secondo l'indirizzo ermeneutico maggioritario, tale principio resta valido anche in caso di modifiche in senso peggiorativo del trattamento sanzionatorio, affermandosi che la cornice edittale più sfavorevole trova applicazione anche se intervenuta dopo l'inizio della consumazione, ma prima della cessazione della abitualità (così, da ultimo, Sez. 6, n. 41444 del 10/09/2024, Rv. 287197). Pertanto, quando la condotta del delitto di maltrattamenti in famiglia si sia protratta successivamente all'entrata in vigore della legge 19 luglio 2019, n. 69, si applica il regime sanzionatorio più sfavorevole previsto da quest'ultima normativa, a prescindere dal numero di episodi commessi durante la sua vigenza e senza la necessità che gli stessi integrino, di per sé soli, l'abitualità del reato (Sez. 6, n. 23204 del 12/03/2024, P., Rv. 286616; Sez. 6, n. 2979 del 03/12/2020, dep. 2021, Rv. 280590, in tema di maltrattamenti in famiglia; Sez. 5, n. 3427 del 19/10/2023, dep. 2024, Rv. 285848, con riferimento all'analoga questione che si pone per il delitto di atti persecutori).
Rileva, inoltre, il Collegio che, a prescindere da tale contrasto giurisprudenziale, nel caso di specie, secondo l'ineccepibile ricostruzione fattuale contenuta nelle sentenze di merito, si è verificata una serie continua e ininterrotta di condotte maltrattanti e vessatorie, protrattesi, senza alcuna crasi temporale, anche nel periodo successivo all'entrata in vigore della legge 19 luglio 2019, n. 69. Non vi è stato, dunque, come pretende il ricorrente sulla base della propria alternativa ricostruzione fattuale, fondata sulla irrilevanza penale delle condotte in danno della figlia, alcuna interruzione dell'abitualità della condotta in data antecedente l'entrata in vigore di tale disciplina, stante i numerosi successivi segmenti di condotta narrati dalla persona offesa e, come già chiarito nel precedente paragrafo, ampiamente riscontrati nel corso dell'istruttoria dibattimentale.
6. Il sesto motivo è inammissibile in quanto aspecifico. Il ricorrente si limita, infatti, a lamentare l'omessa valutazione della sentenza dichiarativa della "improcedibilità" della domanda di divorzio, omettendo, tuttavia, di illustrare in che termini tale decisione possa disarticolare il giudizio di responsabilità in ordine al reato di cui all'art. 570 cod. pen., giudizio fondato non solo sulle dichiarazioni della persona offesa, ma sui riscontri emersi in dibattimento, in particolare, la deposizione della teste B che ha riferito dei problemi economici della persona offesa e dell'aiuto offertole. Dalla sentenza di primo grado risulta, peraltro, che la teste ha riferito che talvolta la persona offesa non aveva neanche i soldi per fare la spesa e che la stessa ricevette aiuti economici da tutte le amiche, anche per pagare una bolletta che scadeva (cfr. pagina 12 della sentenza di primo grado).
7. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna inoltre il ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Ma. che liquida in complessivi Euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Dispone, a norma dell'art. 52 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che sia apposta, a cura della cancelleria, sull'originale del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza.
Così deciso in Roma il 17 gennaio 2025.
Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2025.