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Spese legali, un vademecum

10 aprile 2018, Nicola Canestrini

Come si determina la parcella dell'avvocato? Ci si può accordare sul compenso? Cosa sono i parametri? C'è un minimo ed un massimo che l'avvocato può richiedere? Il cliente ha diritto al preventivo?  Quando si ha diritto al rimborso? Chi perde, paga? A chi spetta la somma che il  giudice liquida in sentenza? E' vero che paga lo stato in caso di assoluzione in un processo penale? 

C'è chi teme le spese legali, non sapendo che l'avvocato - che risponde per eventuali inesattezze nella assistenza ed è obbligato ad avere una assicurazione professionale - si deve attenere a rigidi criteri nella redazione della parcella, redatta secondo l'accordo con il cliente o - se l'accordo manca - nel rispetto dei parametri predeterminati dalla legge .

Chi tenta il "fai da te" in conroversie giuridiche (o chi preferisce inizialmente andare al risparmio)  spesso finisce per spendere molto di più (anche in termini di .. energia), rischiando anche di pregiudicare il risultato finale.

 (aggiornato al 1.1.2021)

1. IL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO - ASSICURAZIONE CD. TUTELA GIUDIZIARIA

Non si abbia alcun timore di chiarire prima dell'incarico professionale ogni dubbio sui costi, anche per verificare la possibilità di fruire del patrocinio a spese dello Stato  o di una assicurazione per le spese legali (cd. tutela giudiziaria).

 

2. I NUOVI SISTEMI DI TARIFFAZIONE: ACCORDO O PARAMETRI

Al di là delle spese del processo  (chiamate anche spese processuali, consistenti in un importo forfetizzato variabile a seconda della procedura oltre ad eventuali esborsi della procedura giudiziale quali perizie, copie, intercettazioni telefoniche, .. a cui si aggiungono anche eventuali ammende per impugnazioni non accolte) il cliente deve affrontare anche le spese dell'avvocato difensore, le cd. spese legali.

Nell'antichità l'assistenza legale era gratuita (mandatum = contratto gratuito), potendo essere remunerata a titolo di mera gratitudine (honorarium). Oggi non è più così.

Il sistema dei compensi degli avvocati ha peraltro subito negli ultimi anni profondi cambiamenti (in calce i riferimenti normativi e giurisprudenziali più importanti): rimane fermo che l'avvocato non ha alcun l'obbligo di assumere l'incarico, dato che egli è un libero professionista che, in libertà, autonomia e indipendenza esercita la funzione difensiva al fine di garantire al cittadino l'effettività della tutela dei diritti.

Tornando al modo di determinare il compenso, in sintesi, a partire dal 2006 si è passati nel 2013 da un sistema tariffario determinato dalla legge ad un sistema imperniato sul principio della libera determinazione del compenso; dal 2017 l'avvocato è obbligato a fornire al cliente un preventivo scritto.

 

(A) L'ACCORDO FRA AVVOCATO E CLIENTE

Fondamento per il rapporto professionale è il rapporto di fiducia tra cliente ed avvocato.

Il compenso è lasciato in prima battuta all'accordo fra cliente ed avvocato; l'accordo vale quindi solo fra questi due soggetti e non influenza ad es. le spese liquidate in sentenza dal giudice (che sono liquidate per rimborsare la parte vittoriosa di quanto speso; sarebbe buona norma regolare nell'accordo iniziale anche la sorte dell'eccedenza fra spese concordate fra le parti e spese liquidate in sentenza).

Se le spese liquidate a carico della controparte sono invece minori di quelle concordate, la cassazione ha comunque ribadito che "il cliente è tenuto al pagamento degli onorari nei confronti dell'avvocato indipendentemente dalla statuizione del giudice sulle spese giudiziali" (Cassazione civile, Sez. VI, n. 5224/18; qui qualche approfondimento su quel che succede quando il cliente si tiene i soldi liquidati a favore dell'avvocato).

Quanto all'accordo sul compenso dell'avvocato, l'articolo 13 della nuova legge professionale forense (legge 247/2012, o "L.P.F.", come modificato dalla legge sulla concorrenza 2017) stabilisce che:

1. il compenso spettante al professionista è pattuito oralmente o (di regola) per iscritto all'atto del conferimento dell'incarico professionale; oltre al compenso spetta all'avvocato il rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell'interesse del cliente nonché una somma per il rimborso delle spese forfetarie;

2. la pattuizione dei compensi è libera: è ammessa la pattuizione a tempo, in misura forfetaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più affari, in base all'assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l'intera attività, a percentuale sul valore dell'affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione, fermo restando il principio di adeguatezza all'importanza dell'opera ed al decoro della professione ex art. 2233/2 Codice Civile;

3. sono (nuovamente) vietati i patti con i quali l'avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa; rimangono deontologicamente illeciti i patti stipulati tra avvocato e cliente che prevedano compensi sproporzionati all'attività svolta e quelli che prevedano la cessione diretta a favore del patrocinatore di beni e diritti spettanti al cliente (art. 1261 cod. civ., come chiarito dal CNF con parere 19/2007).

Quanto al pagamento "a percentuale", è ammesso determinare il compenso del difensore "a percentuale sul valore dell'affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione", ma è vietata la percentuale sull'esito processuale ( cfr. l'approfondimento sul cd. patto di quota lite contenuto nella sentenza 225/13 del Consiglio nazionale forense);

4. l'avvocato è tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello della complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell'incarico; è altresì tenuto a comunicare in forma scritta a colui che conferisce l'incarico professionale la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale (si veda infra sugli oneri accessori sempre dovuti oltre il compenso pattuito).

Peraltro, il compenso per l’attività posta in essere deve essere pur sempre proporzionato alla reale consistenza ed all’effettiva valenza della attività professionale espletata (ex plurimis: Cons. Naz. Forense, 3 luglio 2017, n. 79).  

L’avvocato che quindi chieda compensi eccessivi e anche sproporzionati rispetto alla natura e alla quantità delle prestazioni svolte pone in essere un comportamento deontologicamente scorretto perché lesivo del dovere di correttezza e probità a cui ciascun professionista è tenuto (così, recentemente: Cons. Naz. Forense, 13 luglio 2017, n. 102).

E' peraltro previsto il diritto dell'avvocato di rendere la prestazione  professionale gratuitamente (es. per motivi etici e sociali): si tratta di un diritto, non di un .. dovere.

 

E se c'è contestazione?

In caso di malintesi tra avvocato e cliente, ciascuno di essi può rivolgersi al consiglio dell'ordine al quale appartiene l'avvocato (ricerca avvocato sul sito del Consiglio Nazionale forense o sulle pagine dei singoli ordini) affinché esperisca un tentativo di conciliazione.

In mancanza di accordo il consiglio, su richiesta dell'avvocato, può rilasciare un parere sulla congruità della pretesa dell'avvocato in relazione all'opera prestata; peraltro, in caso di accordo scritto l'avvocato potrà richiedere l'emissione di un decreto ingiuntivo o fare ricorso per il procedimento sommario di cognizione "speciale" ex art. 702 bis c.p.c. (si veda Cassazione civile, sez. Unite, sentenza 4485/2018).

 

(B) IL RIFERIMENTO AI PARAMETRI

Se fra avvocato e cliente l'accordo non viene trovato, e in ogni altro caso di liquidazione giudiziale (accordo non determinato in forma scritta, nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse di terzi, per prestazioni previste dalla legge, ..) il nuovo sistema ha previsto il ricorso a parametri; dal 3 aprile 2014 tutte le liquidazioni verranno effettuate secondo quanto previsto dal Decreto del Ministro della Giustizia 10 marzo 2014, n. 55 (in Gazzetta Ufficiale il 2 aprile 2014) rubricato "Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense ai sensi dell'art. 13 comma 6 della l.p.f." (così superando il decreto ministeriale 140/2012).

Come dettagliatamente spiegato nell' approfondimento dedicato ai parametri introdotti dal DM 55/2014, i parametri considerano non più le singole attività dell'avvocato (telefonate, studio degli atti, udienze, colloqui, ecc.), ma solamente le fasi della procedura: nel penale ad esempio sono previste 5 fasi, cioè quella di studio, quella di introduzione del procedimento, quella  istruttoria, la fase decisoria e la fase esecutiva.

Per ogni fase viene predeterminato un valore medio di liquidazione, che può essere aumentato o diminuito in misura percentuale a seconda delle circostanze concrete (natura, complessità e gravità del caso, del pregio dell'opera dell'urgenza della prestazione, dell'applicazione di misure cautelari, ..) e del giudice competente (il Giudice di pace ha un valore di liquidazione diminuito, laddove la Corte di Assise prevede importi maggiori; cfr. le tabelle con i nuovi parametri forensi di cui al Decreto del Ministro della Giustizia 10 marzo 2014, n. 55 (in GU 2.4.2014; si consideri peraltro che l'Antitrust ha sanzionato il CNF proprio sui cd.minimi nell'ottobre 2014). 

La somma così determinata può essere aumentata fino all'80% o diminuita fino al 50% per "le caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata, dell'importanza, della natura, della complessità del procedimento, della gravita' e del numero delle imputazioni, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, dei contrasti giurisprudenziali, dell'autorità giudiziaria dinanzi cui si svolge la prestazione, della rilevanza patrimoniale, del numero dei documenti da esaminare, della continuità dell'impegno anche in relazione alla frequenza di trasferimenti fuori dal luogo ove svolge la professione in modo prevalente, nonché dell'esito ottenuto avuto anche riguardo alle conseguenze civili e alle condizioni finanziarie del cliente. Si tiene altresì conto del numero di udienze, pubbliche o camerali, diverse da quelle di mero rinvio, e del tempo necessario all'espletamento delle attività medesime " (art. 12).

Gli oneri accessori

Al compenso - che quindi sarà (a) pattuito o (b) calcolato secondo i parametri - vanno infatti aggiunti i cd. oneri accessori. 

Per oneri accessori si intendono:

  • gli esborsi (cioè le spese vive documentate, come ad es. il costo delle copie),
  • il contributo per le spese generali (15% secondo l'art. 2 DM 55/2014),
  • le spese di trasferta (art. 27 D.M. 55/2014: costo del soggiorno + 10% e indennità chilometrica pari ad 1/5 del costo carburante per chilometro percorso),
  • il contributo previdenziale del 4% (C.N.P.A.) e
  • l'I.V.A. al 22% (aumentata dal 1 ottobre 2013 ex l.98/2011).

 

Notula o proforma: cos'è?

L'importo dovuto a titolo di spese legali viene  quantificato dall'avvocato nella cd. notula (o proforma o preavviso), che è sostanzialmente un sollecito di pagamento, senza rilievo fiscale, per evitare di anticipare le tasse prima del pagamento effettivo.

La fattura degli avvocati è dovuta al momento del pagamento (come indicato dall’art.6 comma 3 della legge IVA, cd. competenza per cassa) e non .. a causa finita.

Qualora non sia possibile l'immediato rilascio della fattura, ad es. per ragioni organizzative dello studio,il cliente ha diritto ad una quietanza di pagamento, cioè una ricevuta, con importo e data del pagamento (e la fattura seguirà).

La trasparenza è un diritto: sarà utile verificare sempre i parametri civili, quelli penali e quelli stragiudiziali, nonché leggere con attenzione - prima di firmarlo -  il preventivo che oramai ogni avvocato fornisce per iscritto (se non viene fornito, meglio richiederlo .. sempre per iscritto).

 

3. IL RIMBORSO DELLE SPESE IN CASO DI VITTORIA / ASSOLUZIONE

Anche ai fini previsti dalla legge sul mercato e la concorrenza 2017, per quanto riguarda gli "ulteriori oneri" ai quali è esposto una persona in un procedimento giudiziario, bisogna distinguere un processo civile da quello penale.

In sintesi:

  • (purtroppo) nel processo civile non sempre chi vince recupera anche (tutte) le spese legali mentre
  • nel processo penale chi è stato assolto riesce di regola a recuperare quanto speso per l'avvocato (solo) se:
    • c'è condanna per calunnia di controparte
    • è stato assolto dopo il 1.1.2021 con formula assolutoria piena passata in giudicato (in tre tranches con importo massimo di 10.500€, salvo siano esauriti i fondi).

 

a. Il processo civile

Nel processo civile, le spese legali (e quelle giudiziali) vanno anticipate dal cliente, che a determinate condizioni, specie se vittorioso, può farsele rimborsare.

Nelle controversie stragiudiziali, le spese inizialmente sono a carico della controparte, qualora debba sopportare i costi di una eventuale procedura giudiziale. Ad esempio, se è inadempiente o deve risarcire un danno.

Qualora però sollevi una eccezione, si rifiuterà anche di pagare la notula dell'avvocato: quando entrambe le parti siano assistite da un avvocato, in caso di accordo ognuno pagherà il proprio. Si noti che in caso di una transazione in una vertenza già iniziata, le parti sono solidalmente responsabili per il pagamento del compenso degli avvocati incaricati (anche quello di controparte!), salvo diverso accordo (previgente art. 68 ed ora art. 13/8 Legge Professionale Forense).

In caso di controversia giudiziale, nel giudizio civile il giudice si pronuncerà anche su chi debba pagare le spese legali.

II principio fondamentale regolante la materia è quello della soccombenza, disciplinato dall'art. 91 c.p.c., secondo il quale "il giudice con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa" (si dice spesso: chi perde paga).

II principio della soccombenza però viene mitigato nel nostro ordinamento dall'art. 92 c.p.c., che fornisce al giudice il potere - utilizzato più frequentemente di quanto non si creda - di compensare le spese in tutto o in parte qualora ci sia soccombenza reciproca oppure concorrano giusti motivi (praticamente insindacabili).

Peraltro, la Corte di Cassazione (sez. VI Civile - 2, ordinanza 12 febbraio - 5 maggio 2015, n. 8918), dovendo giudicare la compensazione disposta per "peculiarità della fattispecie", ha statuito che sussisteva violazione di legge (prima ancora che difetto di motivazione).

Infatti l'art. 92, comma 2 c.p.c., nuovo testo, dispone che il giudice può compensare le spese, in tutto o in parte, se vi è soccombenza reciproca o altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione.

Nel caso in esame della S.C. la formula adottata dal giudice di merito è stata ritenuta del tutto criptica, perché il riferimento alla "peculiarità della fattispecie" non può che essere letto come un richiamo delle vicende di causa nel loro insieme, non meglio indicate.

Essa non consentiva, dunque, il controllo sulla motivazione e sulla congruità delle ragioni poste dal giudice a fondamento della sua decisione, ragioni che la novella legislativa impone che siano "esplicitamente" indicate (Cass., n. 26673 del 2007). 

Né poteva sostenersi che la motivazione sulla statuizione di compensazione dovrebbe essere desunta dal complesso del provvedimento nel quale quella statuizione è inserita, giacché in tal modo all'esplicita motivazione richiesta dall'art. 92 c.p.c., comma 2, alla valutazione del giudice del merito verrebbe impropriamente a sostituirsi quella del giudice di legittimità, trattandosi, per l'appunto, di un onere di motivazione richiesto come condizione di legittimità della statuizione di compensazione e specificamente gravante sul giudice di merito.

La Suprema Corte ha quindi cassato la sentenza, sancendo il seguente principio di diritto:

-L'art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), dispone che il giudice può compensare le spese, in tutto o in parte, se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione: esigenza della specifica motivazione non è soddisfatta quando la compensazione si basi sulla peculiarità della fattispecie, in quanto tale formula è del tutto criptica e non consente il controllo sulla congruità delle ragioni poste dal giudice a fondamento della sua decisione".

Attenzione:

:: la parte soccombente verrà eventualmente condannata a pagare solo le spese legali ritenute necessarie, determinate unicamente in base alla tariffa: ciò può comportare che attività ritenuta non giustificata dal giudice ma effettivamente svolta nell'interesse della parte assistita rimanga a carico del cliente;

:: se la controparte condannata al rimborso è nullatenenete, chi deve pagare il proprio avvocato è sempre il cliente.

Vi sono peraltro criteri complementari per la regolamentazione delle spese processuali.

a) Il principio di casualità.

Quella della soccombenza non è l'unico criterio di regolazione delle spese di giudizio. Esso in taluni casi è contemperato e corretto da altri concorrenti. In primo luogo, rileva quel criterio elaborato dalla dottrina e spesso recepito dalla giurisprudenza, secondo cui il fatto oggettivo della soccombenza può essere integrato e corretto da una valutazione sogettiva, costituita dalla c.d. casualità nel giudizio, cioè da una valutazione dei comportamenti soggettivi delle parti, causativi del giudizio. E così, per esempio, attraverso il criterio della causalità, la rigida ed automatica regola della soccombenza può essere mitigata laddove si possa ritenere che la stessa condotta preprocessuale della parte vincitrice abbia influito a determinare la lite giudiziale o nel caso in cui si riconosca, quantomeno, che non solo il soccombente abbia dato causa al giudizio. E' il caso, ad esempio, di una compagnia di assicurazioni, la quale prima del giudizio offra al danneggiato una certa somma (poniamo £. 15.000.000) a saldo di ogni sua obbligazione risarcitoria, e che questa somma non venga accettata dal danneggiato, ritenendo in maniera palesemente pretestuosa che il danno subito sia di entità più consistente. Si immagini, ora, che il successo giudizio accerti che il danno liquidabile ammonti a 6 - 7 milioni e che la compagnia assicuratricevenga condannata in solido col danneggiante al ristoro dei danno entro tale limite. Certamente vi è la soccombenza della parte convenuta, che verrà condannata al pagamento della somma indicata; ma può affermarsi che l'attore con il suo comportamento preprocessuale non abbia contribuito a "causare" la lite? Certamente, no. In casi simili, è prevista la possibilità di correggere e temperare il rigido criterio della soccombenza con il parametro della casualità.

b) La compensazione per soccombenza reciproca.

Oltre alla causalità, vi sono altri criteri per mitiare il rigido parametro della soccombenza e che sono espressamente indicati dall'art. 92 c.p.c., il quale al comma 2 consente al giudice, quando vi sia soccombenza reciproca e quando ricorrano giusti motivi, di disporre che le spese anticipate dalle parti restino tra esse compensate in tutto o in parte.

Si ha soccombenza reciproca quando vengono respinte sia la domanda principale sia quella riconvenzionale ovvero alcune domande proposte dall'attore oppure non vengano accolti alcuni capi dell'unica domanda proposta. E' evidente che in questi casi occorrerà valutare anche la misura della reciproca soccombenza e non procedere sic et sempliciter alla integrale compensazione, nel senso, ad esempio, che se la domanda principale viene accolta integralmente, mentre la riconvenzionale soltanto in minima parte, la totale compensazione potrebbe risultare ingiusta, dal momento che vi è una soccombenza maggiore del convenuto. In queste situazioni può essere utile una compensazione parziale (1/3 - 1/2) con la condanna del soccombente al pagamento della rimanente parte in favore dell'altra parte.

c) La compensazione per giusti motivi.

La legge dispone, come abbiamo avuto modo di constatare, che le spese possono essere compensate per "altri giusti motivi" (nel testo novellato "per eccezionali e gravi ragioni"), senza però darne una definizione. E' stata la giurisprudenza, in verità, ad individuare fattispecie più o meno tipizzate di giusti motivi, quali la peculiarità in fatto e in diritto della questione affrontata ad esempio, l'impossibilità prima del giudizio e dell'esito dell'istruttoria di formarsi un'idea chiara sul torto o la ragione); la novità della fattispecie da un punto di vista giurisprudenziale (cioè, fattispecie in ordine alla quale non sussistano precedenti); l'estrema opinabilità della questione controversa; l'esistenza di giurisprudenza in notevole contrasto o l'intervenuto mutamento dell'opinione giurisprudenziale dominante; l'accoglimento della domanda avvenuto soltanto in forza di jus superveniens o di dichiarazione di illegittimità della norma ad opera della Corte Costituzionale; la difficoltà interpretativa di disposizioni di lege o di contratti. E' chiaro che tale elencazione non può essere meramente esemplificativa e che nessuna elencazione tassativa di giusti motivi di compensazione sarà mai possibile (cfr. peraltro Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 12 febbraio - 5 maggio 2015, n. 8918, supra richiamata).

Infine, la legge prevede la responsabilità aggravata: l'art. 96 c.p.c. dispone che la parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave può essere condannata, su istanza dell'altra parte, al risarcimento dei danni che il giudice liquida, anche di ufficio, nella sentenza. Perchè il giudice possa disporre la condanna al risarcimento occorre che l'interessato, oltre alla domanda, fornisca la prova del proprio danno e dell'elemento soggettivo della condotta di colui che l'ha cagionato, il che non è agevole come possa sembrare. E' possibile, tuttavia, la liquidazione equitativa del danno se è certo nell'an ma non dimostrabile il quantum.

 

b. Il processo penale

Nel procedimento penale l'indagato / imputato doveva comunque sopportare le spese legali, anche quando era stato assolto.

Per dirla con la Corte di Cassazione:

"In tema di danni provocati dalla attività giudiziaria l'ordinamento vigente prevede la riparazione del danno patito

  • per custodia cautelare ingiusta,
  • per irragionevole durata del processo e
  • per condanna ingiusta accertata in sede di revisione.

NON è invece previsto alcun indennizzo / risarcimento / rimborso per una imputazione ingiusta, ovverosia per una imputazione rivelatasi poi infondata a seguito di sentenza di assoluzione" (sentenza n. 11251/2008).

A parte la possibilità di richiedere i danni qaundo dopo l'assoluzione c'era stata condanna per calunnia del querelante -  denunciante, la novità è che chi è stato assolto dopo il 1.1.2021 con formula assolutoria piena passata in giudicato (in tre tranches con importo massimo di 10.500€, salvo siano esauriti i fondi; cfr. articolo sul rimborso delle spese legali in caso di assoluzione del 7.1.2021, aggornato con il decreto attuativo del 20 dicembre 2021).

E' possibile - ma estremamente difficile - il risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie dai magistrati, che nonostante la sentenza della Grande Camera della Corte di giustizia (sentenza 13 giugno 2006, causa C-173/03, Traghetti del Mediterraneo SpA c. Repubblica Italiana) rispondono dei danni solo se hanno agito con dolo o colpa grave, oltre che per diniego di giustizia; si segnala peraltro che la responsabilità civile dei magistrati, con la recente riforma, è disciplinata dalla Legge 18 del 27 febbraio 2015 (in G.U. n. 52 del 04/03/2015), vigente dal 19/03/2015.La suddetta legge introduce disposizioni volte a modificare le norme di cui alla precedente del 13 aprile 1988, al fine di rendere effettiva la disciplina che regola la responsabilità civile dello Stato e dei magistrati, anche alla luce dell'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea.

Nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, non può (giustamente) mai dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove.

In caso di reati procedibili su istanza di parte (querela), la procedura penale prevede che in caso di assoluzione dell'accusato il querelante possa essere condannato al rimborso delle spese legali (oltre che ad un risarcimento del danno; art. 542 c.p.p.). La norma trova però rara applicazione nella pratica.

Nei casi di reati procedibili d'ufficio (su denuncia), non spetta alcun rimborso delle spese (né tantomeno un risarcimento) nemmeno nei confronti del denunciante: è infatti principio unanimemente applicato che nell'ambito di uno Stato di diritto liberaldemocratico, in cui si attribuisce valore civico e sociale all'iniziativa del privato nell'attivare la riposta giudiziaria dinanzi alla violazione della legge penale, nessuna responsabilità neppure civile consegua ad una denuncia penale fuori dall'ipotesi di calunnia, autocalunnia e simulazione di reato (cfr. approfondimento sul "Risarcimento dei danni da accusa ingiusta").

3. L'ingiusta detenzione

A determinate condizioni può essere risarcita l'ingiusta detenzione (cioè di aver subito una carcerazione per un reato dal quale si è poi stati assolti).

A questo riguardo, il precetto normativo (artt. 314, 315 c.p.p.) prevede - per chi non abbia dato causa alla detenzione subita per dolo o colpa grave - un indennizzo che non può eccedere l'importo di euro 516.456; la riparazione non ha carattere risarcitorio ma di indennizzo e perciò viene determinata dal giudice in via equitativa; la relativa domanda deve essere proposta entro due anni dal provvedimento giudiziale.

La giurisprudenza individua un canone base per la liquidazione del danno, costituito dal rapporto tra la somma massima posta a disposizione dal legislatore, la durata massima della custodia cautelare e la durata dell'ingiusta detenzione patita.

La somma che deriva da tale computo (euro 235,82 per ciascun giorno di detenzione in carcere) può essere ragionevolmente dimezzata (euro 117,91) nel caso di arresti domiciliari, attesa la sua minore afflittività. Tale aritmetico criterio di calcolo costituisce, però, solo una base utile per sottrarre la determinazione dell'indennizzo all'imponderabile soggettivismo del giudice e per conferire qualche uniformità ed oggettività al difficile giudizio di fatto.

Il meccanismo in questione individua l'indennizzo in una astratta situazione standard, nella quali i diversi fattori ai danno derivanti dall'ingiusta detenzione si siano concretizzati in modo medio, ordinario. Tale valore può subire rimaneggiamenti verso l'alto o verso il basso sulla base di specifiche contingenze proprie del caso concreto, ferma restando la natura indennitaria e non risarcitoria della corresponsione di cui si parla. Occorre quindi esaminare i fattori documentati, afferenti alla personalità edi alla storia personale dell'imputato, al suo ruolo sociale professionale e sociale, alle conseguenze pregiudizievoli concretamente patite e tutti gli altri di cui sia riscontrata la rilevanza e la connessione eziologia con l'ingiusta detenzione patita. Il calcolo finale ben potrà essere il frutto della ponderazione di documentati fattori di segno contrario. Ai giudici è dunque rimessa una valutazione equitativa, discrezionale.

In caso di condanna dell'imputato, alla parte civile, cioè alla vittima del reato, spetta il rimborso delle spese legali sostenute (oltre al risarcimento del danno).

 

4. I DIPENDENTI PUBBLICI

A certe condizioni (interpretate in maniera molto restrittiva: si veda infra), i dipendenti di amministrazioni statali (ivi compresi agenti ed ufficiali di PS, compreso Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Carabinieri, Gurdia di Finanza, ..) possono essere rimborsati delle spese legali sopportate per procedimenti subiti in conseguenza di fatti o atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusisi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità.

La Circolare del DAP (Ufficio del Capo del Dipartimento - Ufficio Contenzioso, Sezione II -Tutela Legale - GDAP-0073112-2004-25/02/2004 a firma del Dr Tinebra) costituisce una sorta di "vademecum" sulla normativa vigente, sui documenti occorrenti e sulla relativa istruttoria delle pratiche e viene dunque di segito riportate testualmente.

Al riguardo si ricorda, che le ipotesi di rimborso delle spese di difesa a favore dei dipendenti dell'Amministrazione, sono disciplinate dalle seguenti disposizioni di legge:

1) art.32 L. 152/75 -nei procedimenti a carico di ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria o dei militari in servizio di pubblica sicurezza per fatti compiuti in servizio e relativi all'uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica , la difesa può essere assunta, a richiesta dell'interessato, dall'Avvocatura dello Stato o da libero professionista di fiducia dell'interessato medesimo";

2) art.18 L. 135/97 -le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale ed amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di Amministrazioni Statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle Amministrazioni di appartenenza nei lirniti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato. Le Amministrazioni interessate, sentita l'Avvocatura dello Stato, possono concede anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità" ;

La disposizione di cui al punto 1, che ha carattere di specialità ed ambito applicativo limitato poiché riguarda i procedimenti (penali) a carico di ufficiali ed agenti per fatti Connessi con l'uso delle armi o altro mezzo di coazione fisica, statuisca che ' le spese di difesa sono a carico del Ministero dell'Interno salva rivalsa se vi è responsabilità dell'imputato per fatto doloso".

Con la normativa di cui al punto 2, che ha carattere generale ed ambito applicativo più ampio poiché relativa a tutti i dipendenti delle Amministrazioni Statali, le spese di difesa sono rimborsate dalle Amministrazioni di appartenenza, le quali, sentita l'Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la restituzione dell'importo nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità.

3) art.40 DPR n. 164/02 ha introdotto una speciale forma di anticipazione delle spese legali; ha, infatti, stabilito che "fermo restando il disposto dell'art. 32 L. 152/75, agli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria indagati per fatti inerenti al servizio, che intendono avvalersi di un libero professionista di fiducia, può essere anticipata, a richiesta dell'interessato, la somma di £ 2.500,00 per le spese legali salvo rivalsa se al termine del procedimento viene accertata la responsabilità del dipendente a titolo di dolo".

In relazione alle disposizioni sopra indicate si è rilevato che le istanze non sempre sono corredate di tutta la documentazione necessaria per l'istruttoria. Si precisa pertanto:

 

A) Anticipo spese legali ex art. 40 DPR 164/02:

al fine di valutare la possibilità di applicazione della suddetta normativa, è necessario l'invio di:

  • istanza dell'interessato prodotta ai sensi dell'art. 40 DPR n.164/02 (anticipo);
  • nomina dell'Avvocato di fiducia;
  • progetto di parcella;
  • luogo e data di nascita, residenza e fotocopia del tesserino del codice fiscale dell'interessato;
  • numero del c/c bancario o postale ed Istituto bancario presso il quale é acceso il conto dell'interessato e dell'Avvocato di fiducia;
  • l'importo di cui si chiede l'anticipo;
  • copia degli atti di maggior rilievo del procedimento, in particolare: informazione di garanzia (invito e/o verbale di interrogatorio o altro atto preliminare del procedimento penale), richiesta e decreto di archiviazione, richiesta di rinvio a giudizio e sentenza con attestazione del passaggio in giudicato;
  • dettagliato rapporto, da parte del Direttore dell'Istituto o Servizio, sui fatti oggetto del procedimento a carico del dipendente, con formulazione, inoltre, di un sintetico parere in merito alla richiesta ed alla connessione dei fatti con il servizio istituzionale e sullo stato di servizio del dipendente.

Si sottolinea l'importanza che la richiesta sia corredata di tutta la documentazione indicata, onde corrispondere alle esigenze di tempestività dell'istruttoria della pratica connesse con le richieste di anticipo.

Si precisa che, ove il procedimento si concluda con pronuncia favorevole al dipendente, la somma anticipata verrà detratta dall'importo complessivo del rimborso delle spese di difesa. Qualora, invece ne fosse accertata la responsabilità a titolo di dolo, si provvederà al recupero della somma.

A tal fine, il Direttore dell'Istituto provvederà ad informare tempestivamente questo Ufficio circa l'esito del procedimento a carico del dipendente, nonché di eventuali variazione della sede di servizio dello stesso.

 

B) Anticipo spese patrocinio legale ex art. 18 L. 135/97.

al fine sottoporre l'istanza alla valutazione dell'Avvocatura Generale dello Stato corredata di tutta la documentazione utile, è necessario l'invio di:

  • istanza dell'interessato prodotta ai sensi dell? art. 18 L. 135/97;
  • nomina dell'Avvocato di fiducia;
  • progetto di parcella;
  • luogo e data di nascita, residenza e fotocopia del tesserino fiscale dell'interessato;
  • numero del c/c bancario o postale ed Istituto bancario presso il quale è
  • acceso il conto dell'interessato
  • copia degli atti di maggior rilievo del procedimento, in particolare: informazione di garanzia (invito e/o verbale di interrogatorio o altro atto preliminare del procedimento penale), richiesta e decreto di archiviazione, richiesta di rinvio a giudizio e sentenza con attestazione del passaggio in giudicato.

 

C) Rimborso spese legali ex art.32 L. 152/75 (fatti commessi in servizio e relativi all'uso delle armi o altro mezzo di coazione fisica);

al fine di sottoporre la pratica al Ministero dell'Interno competente in materia, ferma restando la documentazione di cui al punto A, è necessario inoltre l'invio di:

  • istanza ai sensi dell'art. 32 L. 152/75;
  • progetto di parcella rilasciata dal legale che ha patrocinato il dipendente, contenente la specificazione degli onorare delle spese e delle competenze, indicati in modo analitico con riferimento al numero delle singole prestazioni effettuate, secondo gli importi della tariffa professionale;

 

D) Rimborso delle spese di patrocinio legale ex art. 18 L. 135/97;

al fine di sottoporre l'istanza alla valutazione dell'Avvocatura Generale dello Stato corredata di tutta la documentazione utile, è necessario l'invio di:

  • istanza si sensi dell'art 18 D.L. 67/97;
  • sentenza di assoluzione o archiviazione dell'Autorità giudiziaria competente;
  • parcella dell'Avvocato di fiducia regolarmente quietanzata;
  • luogo, data di nascita, residenza e fotocopia del tesserino fiscale del dipendente;
  • coordinate bancarie o postali del dipendente.

Come anticipato, l'"inerenza al servizio" vinee interpretata in meniera assolutamente restrittiva: la tendenza è quella di escludere per quanto possibile la copertura delle spese da parte delle amministrazioni pubbliche.

Tale impostazione restrittiva è purtroppo avvallata anche dalla unanime giurisprudenza che afferma che il diretto interesse dell'Amministrazione a sopportare gli oneri delle spese di difesa del dipendente va riconosciuto solo nei casi in cui l'imputazione riguardi un'attività svolta in diretta connessione con i fini dell'ente e, come tale, ad esso imputabile (cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige Bolzano, 13 marzo 2007 , n. 101; T.A.R. Catanzaro, sez. I, 22.12.2004, n. 2463; T.A.R. Milano, sez. I, 27.3.2002, n. 1291; T.A.R. Palermo, sez. I, 27.5.2002, n. 1309).

La finalità della norma risulta essere l'esigenza di sollevare i funzionari pubblici dal timore di eventuali conseguenze giudiziarie connesse all'espletamento del servizio (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, Sez. I, 21 giugno 2006, n. 1475) e tenere indenni i soggetti che abbiano agito in nome e per conto, oltre che nell'interesse dell'Amministrazione, delle spese legali affrontate per i procedimenti giudiziari strettamente connessi all'espletamento dei loro compiti istituzionali, con la conseguenza che il requisito essenziale in questione può considerarsi sussistente solo quando risulti possibile imputare gli effetti dell'agire del pubblico dipendente direttamente all'Amministrazione di appartenenza (cfr. Cons. Stato, sez. III, 25.11.2003, parere n. 332/03; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 20.12.2004, nn. 6497 e 6498).

Tale ratio non può, pertanto, operare ove l'attività medesima si sia posta in contraddizione con le finalità tipiche dell'ente di appartenenza (TAR Lazio, Sez. I ter, 26 maggio 2006, n. 3909).

Si ritiene altresì, in sostanza, che il fatto o l'oggetto del giudizio deve essere compiuto nell'esercizio delle attribuzioni affidate al dipendente e deve esservi un nesso di strumentalità tra l'adempimento del dovere ed il compimento dell'atto, nel senso che il dipendente non avrebbe assolto ai suoi compiti se non ponendo in essere quella determinata condotta (T.A.R. Trentino Alto Adige Bolzano, 13 marzo 2007, n. 101).

Si tratta a ben vedere dello stesso criterio che muove la giurisprudenza nel valutare la sussistenza della responsabilità solidale dell'amministrazione nel caso di fatto illecito posto in essere dal dipendente. Così, si è affermato che perché possa affermarsi la responsabilità della p.a. non basta, però, il semplice comportamento lesivo del dipendente; deve sussistere oltre al nesso di causalità fra il comportamento e l'evento dannoso, la riferibilità all'amministrazione del comportamento stesso (Cass. Sez. III, 17 settembre 1997 n. 9260).

 

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Da ultimo:

  • in caso di contestazioni, il giudice non è vincolato dal parere del Consiglio dell'Ordine;

  • il diritto dell'avvocato al compenso si prescrive in tre anni (si tratta di prescrizione presuntiva);

  • a seguito dell'introduzione dell'articolo 14 del decreto “taglia riti”, Dlgs n. 150 del 2011, l'avvocato può proporre l'istanza di liquidazione degli onorari: a) con un ricorso ai sensi dell'articolo 702-bis, c.p.c., che dà luogo ad un procedimento sommario “speciale”; b) con il procedimento per decreto ingiuntivo ai sensi degli articoli 633 e segg. cod. proc. civ.. Resta, invece, esclusa la possibilità di introdurre l'azione sia con il rito di cognizione ordinaria e sia con quello del procedimento sommario ordinario codicistico (Corte di cassazione – Sezione uniti - Sentenza 23 febbraio 2018 n. 4485).

 

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(aggiornato il 5 ottobre 2018)