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Segnaletica mancante, condanna per il dipendente pubblico (Cass. 26085/19)

13 giugno 2019, Cassazione penale

L’incidente stradale causato da omessa o insufficiente manutenzione della strada determina la responsabilità del soggetto incaricato del relativo servizio, il quale risponde penalmente della morte o delle lesioni conseguita al sinistro secondo gli ordinari criteri di imputazione della colpa e non solo quando il pericolo determinato dal difetto di manutenzione risulti occulto, configurandosi come insidia o trabocchetto, ferma restando la concorrente responsabilità dell’utente della strada, ove tenga una condotta colposa causalmente efficiente.

Nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento".    


Corte di Cassazione

sez. IV Penale, sentenza 5 aprile – 13 giugno 2019, n. 26085
Presidente Menichetti – Relatore Ranaldi

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 2.5.2018 il Tribunale di Barcellona Pozzo Di Gotto, per quanto qui interessa, ha confermato la sentenza di primo grado che ha dichiarato la responsabilità di F.G., M.G. e O.M., all’epoca dei fatti dipendenti della Provincia di Messina, in ordine al reato di cui all’art. 590 c.p., per avere cagionato colposamente, per violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, lesioni gravissime a D.M.A.P..

La vicenda attiene all’incidente avvenuto il […] ai danni del D.M. mentre questi, a bordo della sua bici, percorreva la strada panoramica di […] con direzione (omissis) ; giunto all’altezza del civico n. 40, all’uscita di una curva il ciclista si imbatteva in alcune transenne (non segnalate) allocate sul margine destro della carreggiata, a causa delle quali cadeva a terra, riportando gravi lesioni al viso.

A giudizio del Tribunale, il sinistro costituisce l’esito dell’inveramento di una situazione di pericolo dovuta alla mancata apposizione di segnaletica adeguata ad evidenziare il restringimento della carreggiata.

Sotto questo profilo, ha ritenuto la responsabilità di O.M., quale esecutore stradale, di F.G., quale collaboratore professionale stradale, e di M.G., quale Istruttore Direttivo Tecnico, nella loro qualità di addetti al Servizio di Polizia Stradale della Provincia di Messina, per non avere evidenziato la specifica situazione di pericolo per la circolazione e comunque per l’omessa apposizione della segnaletica adeguata nel tratto stradale oggetto del sinistro, atteso che la segnaletica, quand’anche inizialmente apposta, sarebbe stata del tutto inidonea a preservare la sicurezza della circolazione in corrispondenza delle transenne in questione.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i predetti imputati, a mezzo dei rispettivi difensori.

3. F.G. lamenta quanto segue.
I) Mancanza di motivazione, in relazione al primo motivo di gravame con il quale si eccepiva la nullità della sentenza per violazione dell’art. 521 c.p.p., essendo stati gli imputati condannati per un fatto diverso rispetto a quello originariamente contestato (il ciclista non avrebbe impattato con le transenne non segnalate ma avrebbe perso autonomamente il controllo della bicicletta a seguito della turbativa rappresentata dalle transenne).
II) Violazione di legge e vizio di motivazione, per avere ritenuto che al F. spettassero competenze relative all’apposizione della segnaletica stradale, circostanza smentita dalla relazione in atti del geom. Ma. .
Rileva, inoltre, che il ricorrente non aveva competenze in merito alla tipologia di segnaletica stradale da apporre sulla carreggiata.

4. M.G. lamenta quanto segue.
I) Violazione di legge, nella parte in cui il Tribunale non ha escluso l’efficienza causale delle condotte omissive contestate al ricorrente.
Rileva che il perito nominato dal Tribunale, ing. ma., ha sostenuto che l’evento lesivo sarebbe imputabile ad un concorso di responsabilità della Provincia di Messina, e quindi degli imputati addetti alla manutenzione della strada provinciale, per non avere apposto l’apposita cartellonistica indicante il pericolo interessato, e della persona offesa, per non avere mantenuto una velocità adeguata ovvero una visuale libera da ostacoli. Secondo il perito, il D.M. avrebbe potuto percepire l’ostacolo da una distanza di circa 21 metri, spazio sufficiente a garantire una frenata in sicurezza, per cui l’esperto prospetta due ipotesi di verificazione del sinistro: il D.M. potrebbe essersi distratto per una frazione di circa 2 secondi, ovvero la sua visuale prospettica potrebbe essere stata in parte ridimensionata a causa della sagoma dello zio che lo precedeva in bici e che gli avrebbe potuto offuscare la visuale. Dati questi elementi, l’errore in cui è incorso il Tribunale è quello di non avere considerato che la persona offesa, adottando la normale diligenza, avrebbe potuto avvedersi della situazione di pericolo, dovendosi nella specie escludere che il pericolo costituito dalle transenne presentasse le caratteristiche dell’insidia o del trabocchetto.
II) Vizio di motivazione, per travisamento della prova costituita dalle conclusioni del perito d’ufficio.
Deduce che la ricostruzione dell’incidente da parte del perito risulta smentita da altre evidenze processuali, quali il verbale di sopralluogo redatto nell’immediatezza dai Carabinieri, e comunque si basa su vere e proprie congetture.
III) Vizio di motivazione, per omessa considerazione delle dichiarazioni del teste Ma.Fi., sulla base delle quali sarebbe emerso che nessuno aveva mai informato il M. di eventuali inadeguatezze della segnaletica stradale in questione.

5. O.M. lamenta quanto segue.
I) Violazione di legge, per intervenuta estinzione del reato per prescrizione alla data del 18.6.2018.
II) Vizio di motivazione, per non avere la sentenza impugnata ricostruito la vicenda in maniera lineare e per non avere superato la soglia del ragionevole dubbio.
Deduce che manca la prova dell’assenza della segnaletica stradale, ed anzi risulta dimostrato che tale segnaletica era presente nei mesi immediatamente precedenti il sinistro.

6. Con memoria depositata il 21.3.2019 il difensore della parte civile, replicando ai motivi di censura prospettati dai ricorrenti, conclude per la inammissibilità dei ricorsi e per la conferma delle statuizioni civili, con vittoria di spese.

Considerato in diritto

1. Si deve preliminarmente rilevare l’intervenuta estinzione del reato ascritto a ciascuno degli odierni imputati per intervenuta prescrizione, posto che il termine massimo di sette anni e sei mesi risulta decorso, tenuto conto di 129 giorni di sospensione, il 18.6.2018, in data successiva alla sentenza di appello.

Nel caso, tuttavia, stante la presenza delle parti civili, permane l’esigenza di valutare compiutamente i motivi di censura dedotti dai ricorrenti ai fini delle statuizioni civili, con possibili effetti anche sulla decisione ai fini penali, qualora venga riscontrata l’insussistenza dei presupposti oggettivi o soggettivi del reato, e quindi sia accertata la mancanza di responsabilità penale, anche per insufficienza o contraddittorietà delle prove (secondo il noto insegnamento di Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 24427301).

2. I motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente e sono ai limiti della inammissibilità, essendo accomunati dal fatto che tutti prospettano, sostanzialmente, censure di merito, contestando a vario titolo la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di primo e di secondo grado in relazione alle emergenze processuali, con specifico riferimento all’incidente stradale di cui è rimasto vittima il D.M. .
Giova qui ribadire che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità "deve essere limitato soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l’adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali" (in tal senso, ex plurimis, Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 1996, Rv. 203272).

Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite, le quali hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207945).

La Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per effetto della L. 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasta preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del 23/03/2006, Rv. 234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 1, n. 1769 del 23/03/1995, Rv. 201177; Sez. 6, n. 22445 in data 8.05.2009, Rv. 244181).

3. Nel caso in disamina il Tribunale ha congruamente e logicamente motivato la conferma dell’affermazione di responsabilità dei prevenuti, fondandosi sulle chiare dichiarazioni delle persone presenti ai fatti e degli operatori di polizia giudiziaria intervenuti, sulla documentazione acquisita e sui risultati della perizia espletata dall’ing. ma. in sede di appello.

Da tali elementi il giudice di merito ha desunto la ragionevole convinzione, congruamente e logicamente argomentata, che l’incidente si sia verificato proprio in corrispondenza delle transenne, in un tratto caratterizzato da un restringimento della carreggiata, e che ciò abbia avuto una efficienza causale decisiva nel verificarsi dell’incidente, atteso che tali transenne non furono avvistate dal ciclista. La ragione di tale mancato avvistamento è stata razionalmente desunta (anche) dalla situazione di pericolo costituita dalla mancata apposizione di segnaletica adeguata ad evidenziare il restringimento della carreggiata, non potendo bastare, allo scopo, la segnaletica rappresentata dalla mera apposizione di un segnale di limite di velocità di 30 Km/h in prossimità delle transenne, ovvero di un segnale di pericolo generico sito a ben 320 metri o di un cartello "lavori" a circa un chilometro, come congruamente osservato dal Tribunale. È stata, quindi, motivatamente esclusa l’esclusiva responsabilità del D.M. nell’evento in questione, avendo il giudicante correttamente riscontrato la colpa specifica dei prevenuti (per avere omesso di segnalare adeguatamente le transenne nel tratto di strada in questione) e la sussistenza del nesso di causa, nel caso da considerarsi diretto, visto che furono proprio le transenne a determinare il sinistro, mentre gli aspetti omissivi addebitati ai ricorrenti attengono essenzialmente alla condotta colposa loro ascritta.

Trattandosi di omessa predisposizione di segnaletica adeguata a tutela della sicurezza della circolazione stradale, nel caso non vale l’argomento dell’insidia prospettato dai ricorrenti, posto che, per giurisprudenza costante, l’incidente stradale causato da omessa o insufficiente manutenzione della strada determina la responsabilità del soggetto incaricato del relativo servizio, il quale risponde penalmente della morte (o lesioni, come nel caso di specie) conseguita al sinistro secondo gli ordinari criteri di imputazione della colpa e non solo quando il pericolo determinato dal difetto di manutenzione risulti occulto, configurandosi come insidia o trabocchetto, ferma restando la concorrente responsabilità dell’utente della strada, ove tenga una condotta colposa causalmente efficiente (Sez. 4, n. 3290 del 04/10/2016 - dep. 2017, Piccolo, Rv. 26887801; Sez. 4, n. 46831 del 27/10/2011, Caruso, Rv. 25214101).

I rispettivi ruoli di responsabilità dei ricorrenti sono stati accertati dal Tribunale con adeguata e logica argomentazione, frutto di una approfondita e seria valutazione delle prove, come tale insindacabile nella presente sede di legittimità.

Nella motivazione della sentenza impugnata sono implicitamente disattese le doglianze svolte nei motivi di appello ed in essa non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 - dep. 2000, Moro, Rv. 21574501; Sez. 2, n. 2436 del 21/12/1993 - dep. 1994, Modesto, Rv. 19695501).

4. Per quanto attiene alla eccepita nullità della sentenza per violazione dell’art. 521 c.p.p., per asserita condanna per un fatto diverso rispetto a quello originariamente contestato, si deve osservare che la doglianza è stata prospettata in maniera generica ed è, comunque, manifestamente infondata, in quanto al riguardo non è stata prospettata alcuna effettiva violazione del diritto di difesa, né risulta allegato che vi sia stata una radicale trasformazione del fatto oggetto di contestazione (Sez. 3, n. 7142 del 05/05/1998 - dep. 15/06/1998, Ricci M, Rv. 21121401); del resto, è noto che nei procedimenti per reati colposi, il mutamento dell’imputazione, e la relativa condanna, sotto il profilo del diverso carattere degli aspetti colposi contestati, non comporta mutamento del fatto e non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, qualora l’imputato abbia avuto la concreta possibilità di apprestare in modo completo la sua difesa in relazione ad ogni possibile profilo dell’addebito (Sez. 4, n. 53455 del 15/11/2018 - dep. 29/11/2018, GALDINO DE LIMA ROZANGELA C/ CASTELLANO STEFANO, Rv. 27450002).

5. Consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, agli effetti penali, perché il reato ascritto ai ricorrenti è estinto per prescrizione. I ricorsi vanno rigettati agli effetti civili e i ricorrenti vanno condannati, in solido con il responsabile civile, alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perché il reato a ciascuno ascritto è estinto per prescrizione. Rigetta i ricorsi agli effetti civili e condanna i ricorrenti, in solido con il responsabile civile, alla rifusione delle spese in favore della costituita parte civile D.M.A.P., che liquida per questo giudizio di legittimità in complessivi Euro 2.500,00 oltre accessori di legge.