In caso di condanna in appello in riforma della sentenza di assoluzione in promo grado (overturning), devono essere «confutate in via specifica tutte le ragioni poste a sostegno della decisione assolutoria di primo grado, "dimostrando puntualmente l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti ivi contenuti", questo perché la motivazione, sovrapponendosi a quella della sentenza riformata, deve dare compiuta ragione delle scelte operate e "della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati"».
L'obbligo di rinnovazione dibattimentale è limitato alle testimonianze:
(a) relativamente alle quali la "attendibilità intrinseca" dei dichiaranti sia oggetto di una precisa richiesta di rivalutazione del pubblico ministero, su cui grava l'onere di proporre motivi specifici nel rispetto delle prescrizioni contenute nel novellato art. 581 c.p.p.,
(b) siano "decisive" per la valutazione della responsabilità. L'obbligo non si estende, invece, alle testimonianze i cui contenuti siano incontestati, ma in relazione alle quali si invoca una diversa valutazione degli elementi di conferma; in relazione a tali testimonianze la rinnovazione è rimessa alla discrezionalità del giudice che potrà esercitarla nel rispetto delle regole previste dai primi tre commi dell'art. 603 c.p.p.».
Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della sentenza di appello che abbia ribaltato la sentenza di assoluzione di primo grado, è infatti necessaria la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale mediante nuova assunzione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, anche nel caso in cui detta rinnovazione vi sia già stata nel giudizio di appello conseguente ad un precedente annullamento con rinvio, dovendo la stessa avvenire davanti al medesimo giudice-persona fisica che deve assumere la decisione
Cassazione penale
sez. II, ud. 7 marzo 2023 (dep. 9 giugno 2023), n. 25124
Presidente Imperiali – Relatore Recchione
Ritenuto in fatto
1.La Corte di appello di Caltanissetta, riformando integralmente la sentenza di primo grado, condannava P.L. e A.G. per tre reati di estorsione: si contestava gli stessi di avere minacciato le dipendenti del loro esercizio commerciale che sarebbero state licenziate se non avessero accettato condizioni retributive non corrispondenti alle prestazioni lavorative effettuate.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla consistenza ed alla legittimità della motivazione posta a fondamento della dichiarazione di responsabilità. Nel dettaglio (a) si riteneva illegittima la mancata rinnovazione della testimonianza di una delle persone offese residente all'estero, impedita a causa del parto; si allegava che l'impedimento temporaneo della dichiarante avrebbe dovuto indurre a rinviare l'escussione ad altra udienza; si rilevava, altresì, che non potevano essere considerate come conferme alle dichiarazioni delle persone offese le testimonianze rese dagli ispettori del lavoro, considerato che costoro avevano recepito le informazioni riversate nel processo dalle stesse presunte offese; (b) si deduceva che non erano stati rinnovati gli interrogatori degli imputati, la cui confutazione si profilava decisiva per l'accertamento di responsabilità.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'attendibilità delle dichiarazioni assunte, che sarebbero state raccolte attraverso modalità irregolari, attraverso la proposizione di domande suggestive da parte del Presidente.
2.3. violazione di legge e vizio di motivazione: si contestava (a) la attendibilità delle testimonianze decisive offerte dalle parti civili; (b) la sussistenza del profitto ingiusto, che sarebbe stata sommariamente ritenuta senza effettuare il doveroso confronto tra ore lavorate e emolumenti percepiti; (c) la inidoneità della condotta contestata a comprimere la capacità di autodeterminazione delle presunte vittime.
Considerato in diritto
1.II primo motivo di ricorso è fondato.
l.1. 1.1 In materia di ribaltamento della sentenza assolutoria il collegio ribadisce che incombe sul giudice di appello l'onere di offrire una motivazione "rafforzata" che si confronti con gli argomenti posti a sostegno della sentenza di assoluzione. Tale onere è generale e riguarda anche i casi in cui il compendio probatorio non abbia una struttura dichiarativa, ma si fondi su prove di altra natura (prova scientifica, intercettazioni, perquisizioni, sequestri etc).
Sul punto la Cassazione ha affermato, con giurisprudenza che si condivide, che "nella sentenza di condanna che ribalta la decisione assolutoria di primo grado devono essere confutate in via specifica tutte le ragioni poste a sostegno della decisione assolutoria di primo grado, "dimostrando puntualmente l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti ivi contenuti", questo perché la motivazione, sovrapponendosi a quella della sentenza riformata, deve dare compiuta ragione delle scelte operate e "della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati" (cfr., per tutte, Sez. 5, n. 42033 del 17/10/2008, Pappalardo, Rv. 242330; Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231674).
Si tratta di un percorso ermeneutico che trova significative conferme nella giurisprudenza della Corte Edu, che con giurisprudenza consolidata, ha ritenuto non rispettoso delle garanzie convenzionali il processo che si risolva in un ribaltamento dell'assoluzione sulla base di un compendio probatorio cartolare che si presenta "deprivato" rispetto a quello disponibile in primo grado, in quanto carente dell'audizione diretta dei testimoni "già" uditi, dei quali si pretende di rivalutare la attendibilità intrinseca e la credibilità dei contenuti accusatori, senza fare ricorso alla percezione diretta dell'evento dichiarativo (Dan v. Moldavia, Corte Edu, 5 luglio 2011; Manolachi v. Romania, Corte EDU, III sez., 5 marzo 2013; Flueras v. Romania, Corte Edu, III sez., 9 aprile 2013; Corte Edu, III Sez., sent. 4 giugno 2013; Hanu v. Romania, ric. 10890/04; più recentemente Moinescu v. Romania, Corte Edu, III sez. 15.9.2015; Nitulescu v. Romania, Corte Edu, III sez. 22.9.2015; Lorefice v. Italia, Corte Edu, 1 sez., 29 giugno 2017).
Il diritto convenzionale emergente dalla consolidata giurisprudenza della Corte Edu valorizza dunque non tanto il diritto dell'imputato ad entrare in contatto con la fonte delle accuse (comunque esercitato nel primo grado di giudizio), quanto il suo il diritto ad una decisione basata su di un percorso valutativo affidabile, che presuppone che il giudice della condanna valuti gli "stessi elementi" a disposizione del giudice dell'assoluzione e, dunque, con specifico riguardo alle prove dichiarative, anche gli elementi di valutazione provenienti dalla comunicazione extraverbale.
1.2. Tale panorama giurisprudenziale è stato arricchito da alcuni decisivi arresti delle Sezioni Unite, ma soprattutto dall'intervento legislativo di modifica dell'art. 603 c.p.p., che ha introdotto l-obbligo" della rinnovazione dibattimentale nel caso in cui il giudizio di appello sia promosso dal pubblico ministero ed il proscioglimento deciso in primo grado sia fondato su "motivi attinenti la valutazione della prova dichiarativa".
La Corte Edu ha inoltre ritenuto necessario l'esame dell'imputato, nulla rilevando che lo stesso sia titolare del diritto al silenzio, quando il ribaltamento della decisione assolutoria è fondato sulla rivalutazione dell'elemento soggettivo dell'accusato (Corte EDU, Prima sezione, 8 luglio 2021, Maestri ed altri v. Italia, n. 20903/15).
Sul versante giurisprudenziale le Sezioni unite hanno anticipato la riforma affermando che l'onere di fornire una motivazione rafforzata implica la necessità di effettuare il riesame della decisione assolutoria attraverso la obbligatoria rinnovazione delle testimonianze decisive (Sez. un, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267486), ed estendendo tale obbligo anche ai casi in cui si proceda con il rito abbreviato non condizionato (Sez. U. n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269786).
Le Sezioni unite hanno da ultimo anche offerto una interpretazione "restrittiva" del nuovo comma 3 bis dell'art. 603 c.p.p. attraverso l'individuazione di precisi limiti all'obbligo di rinnovazione. È stato infatti affermato che "l'espressione utilizzata dal legislatore nella nuova disposizione di cui al comma 3-bis, secondo cui il giudice deve procedere, nell'ipotesi considerata, alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, non equivale infatti alla introduzione di un obbligo di rinnovazione integrale dell'attività istruttoria - che risulterebbe palesemente in contrasto con l'esigenza di evitare un'automatica ed irragionevole dilatazione dei tempi processuali -, ma semplicemente alla previsione di una nuova, mirata, assunzione di prove dichiarative ritenute dal giudice d'appello "decisive" ai fini dell'accertamento della responsabilità, secondo i presupposti già indicati da questa Corte nella sentenza Dasgupta. Coordinando la locuzione impiegata dal legislatore nel comma 3-bis ("il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale") con quelle - del tutto identiche sul piano lessicale - già utilizzate nei primi tre commi della medesima disposizione normativa, deve pertanto ritenersi che il giudice d'appello sia obbligato ad assumere nuovamente non tutte le prove dichiarative, ma solo quelle che - secondo le ragioni puntualmente e specificamente prospettate nell'atto di impugnazione del pubblico ministero - siano state oggetto di erronea valutazione da parte del giudice di primo grado e vengano considerate decisive ai fini dello scioglimento dell'alternativa "proscioglimento-condanna"" (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep 2018, Troise, Rv. 272431, § 7.2).
A tale rilevante limitazione si associa quella individuata dalla condivisa giurisprudenza che limita l'obbligo di rinnovazione ai casi in cui si invochi la rivalutazione della attendibilità intrinseca delle testimonianze decisive, senza estenderlo alle prove dichiarative i cui contenuti sono incontestati, sebbene l'appellante invochi una diversa valutazione dei dati di contesto. Si è infatti affermato che non sussiste l'obbligo di procedere alla rinnovazione della prova testimoniale decisiva per la riforma in appello dell'assoluzione, quando l'attendibilità della deposizione sia valutata in maniera del tutto identica dal giudice di appello, che si limita ad effettuare un diverso apprezzamento del complessivo compendio probatorio ovvero ad offrire una diversa interpretazione della fattispecie incriminatrice (Sez. 5, n. 33272 del 28/03/2017, Carosella, Rv. 270471; Sez. 5, n. 47833 del 21/06/2017, Terry, Rv. 273553; Sez. 6, n. 49067 del 21/09/2017, dep. 2017, Bertolini, Rv. 271503).
1.3. In conclusione, può essere affermato che l'obbligo" di rinnovazione dibattimentale è limitato alle testimonianze (a) relativamente alle quali la "attendibilità intrinseca" dei dichiaranti sia oggetto di una precisa richiesta di rivalutazione del pubblico ministero, su cui grava l'onere di proporre motivi specifici nel rispetto delle prescrizioni contenute nel novellato art. 581 c.p.p., (b) siano "decisive" per la valutazione della responsabilità. L'obbligo non si estende, invece, alle testimonianze i cui contenuti siano incontestati, ma in relazione aiie quali si invoca una diversa valutazione degli elementi di conferma; in relazione a tali testimonianze la rinnovazione è rimessa alla discrezionalità del giudice che potrà esercitarla nel rispetto delle regole previste dai primi tre commi dell'art. 603 c.p.p..
1.4. Nel caso in esame la Corte di appello (a) non rinnovava la testimonianza di S.R. ritenendola "non decisiva", con valutazione di merito non manifestamente illogica, (b) non disponeva l'esame degli imputati, nonostante le dichiarazioni degli stessi fossero ampiamente riportate nel corpo della sentenza di primo di grado e fornissero rilevanti indicazioni per ricostruire i termini e le condizioni del rapporto di lavoro con le persone offese.
Mentre la mancata rinnovazione della testimonianza di S.R. , alla luce delle linee ermeneutiche sopra riportate può ritenersi legittima, così non è con riferimento alla mancata rinnovazione dell'esame degli imputati tenuto conto che viene contesta una condotta estorsiva che si si insedia su un rapporto di lavoro legittimo, i cui termini devono essere riscostruiti a la raccolta delle dichiarazioni di tutte le persone coinvolte nel rapporto. Si riafferma sul punto che in tema di rinnovazione della prova dichiarativa, il giudice di appello che pervenga a una riforma della decisione assolutoria di primo grado, ove sussista contrasto tra due fonti testimoniali incidenti in modo potenzialmente decisivo sulla ricostruzione del fatto, è obbligato alla riassunzione di entrambe, non potendo privilegiare l'escussione di una sola di esse (Sez. 1, n. 41358 del 29/04/2022, Ciancio, Rv. 283678 - 01).
La Corte di appello in sede di rinvio dovrà dunque procedere al nuovo giudizio attraverso la rinnovazione dell'esame degli imputati e la nuova audizione delle persone offese, nulla rilevando che le stesse siano già state udite dalla Corte di appello che ha pronunciato la sentenza impugnata: nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della sentenza di appello che abbia ribaltato la sentenza di assoluzione di primo grado, è infatti necessaria la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale mediante nuova assunzione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, anche nel caso in cui detta rinnovazione vi sia già stata nel giudizio di appello conseguente ad un precedente annullamento con rinvio, dovendo la stessa avvenire davanti al medesimo giudice-persona fisica che deve assumere la decisione (Sez. 5, n. 3007 del 24/11/2020, dep.2021, Marino, Rv. 280257 - 01). È infatti essenziale - come emerge dalla citata giurisprudenza delle Sezioni unite e della Corte Edu - che le testimonianze decisive siano raccolte, ove possibile, dallo stesso giudice che decide, essendo necessario che i contenuti accusatori siano vagliati attraverso la valutazione anche dei contenuti non verbali della testimonianza.
Gli altri due motivi sono assorbiti.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Caltanisetta.