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Riconoscimento fotografico, questione di affidabilità (Cass. 17103/19)

18 aprile 2019, Cassazione penale

Il riconoscimento fotografico effettuato nel corso delle indagini della polizia giudiziaria non è regolato legislativamente e costituisce una prova atipica utilizzabile in base ai principi di non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice e la sua rilevanza probatoria dipende dall'attendibilità accordata alla dichiarazione di chi si dica certo dell'individuazione: pertanto, le modalità dell'individuazione (connesse alla scelta delle immagini fotografiche effettuata dalla polizia giudiziaria) non riguardano la legalità della prova (data l'opinabilità che accompagna ogni selezione) ma si riflettono sul suo valore, che richiede l'apprezzamento, nel giudizio di legittimità, della congruenza della argomentazione sviluppata dal giudice di merito circa l'affidabilità del riconoscimento e, quindi, del giudizio di colpevolezza.

 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

(ud. 31/10/2018) 18-04-2019, n. 17103

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRONCI Andrea - Presidente -

Dott. COSTANZO Angelo - rel. Consigliere -

Dott. AGLIASTRO Mirella - Consigliere -

Dott. SCALIA Laura - Consigliere -

Dott. COSTANTINI Antonio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.B., nato a (OMISSIS);

B.A., nato a (OMISSIS);

BE.AZ., nato a (OMISSIS);

G.L., nato a (OMISSIS);

W.C., nato a (OMISSIS);

S.T., nato a (OMISSIS);

SO.LA., nato a (OMISSIS);

T.A., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 12/01/2018 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANGELO COSTANZO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. DE MASELLIS MARIELLA, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità dei ricorsi.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 134/2018 del 12/01/2018 la Corte di appello di Bologna ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Bologna il 25/07/2016, all'esito del giudizio abbreviato condizionato alla produzione di documenti relativi allo stato di detenzione degli imputati, per reati ex art. 110 c.p., art. 81 c.p., comma 2 e D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, concernenti cessioni di eroina a A.B. (capi A, B), B.A. (capi C, D), G.L. (capi D, J), T.A. (capi F, Q), W.C. (capo F), Be.Az. (capi G, H), S.L. (capo H), Sa.Ta. (capo P).

2. I difensori dei suindicati imputati hanno presentato ricorso chiedendo l'annullamento della sentenza.

2.1. Nei ricorsi congiunti di A.B., B.A., Be.Az., G.L., W.C., Sa.Ta. e T.A., redatti dall'avvocato LB) si deducono erronea applicazione dell'art. 192 c.p.p., contradditorietà e insufficienza della motivazione per non avere valutato le modalità (mediante esibizione di album con fotografie di volti rappresentati frontalmente) con cui gli imputati furono individuati.

2.2. Nel (secondo) ricorso di Be.Az. (redatto dall'avvocato FM) si deducono: a) vizio della motivazione con riguardo alla attendibilità delle dichiarazioni degli acquirenti di sostanze stupefacenti e delle individuazioni fotografiche, trascurando che Be. è stato assolto dalla imputazione di cui al capo G, seppure limitatamente alla cessione di due dosi a St.Ol. e a P.D., per la quale gli elementi probatori erano costituiti da dichiarazioni e individuazioni fotografiche da parte di acquirenti; b) mancanza e contradditorietà della motivazione sulla determinazione di una (eccessiva) sanzione e il diniego delle circostanze attenuanti generiche nonostante la tossicodipendenza del ricorrente.

2.3. Nel ricorso presentato dall'avvocato FM per S.L. si deducono: a) inosservanza o erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione del rigetto (per tardività) della eccezione di nullità per la genericità del capo H (con riferimento alla indicazione della commissione del reato "in epoca anteriore al (OMISSIS)", data delle dichiarazioni in cui G.M. ha ricordato che L. spacciava eroina) e comunque della richiesta di declaratoria della prescrizione del reato; b) mancanza e contradditorietà della motivazione circa la determinazione della pena e il diniego delle circostanze attenuanti generiche nonostante la tossicodipendenza del ricorrente.

Motivi della decisione

1. I ricorsi congiunti di A.B., B.A., Be.Az., G.L., W.C., Sa.Ta. e T.A. sono manifestamente infondati.

Il riconoscimento fotografico effettuato nel corso delle indagini della polizia giudiziaria non è regolato legislativamente e costituisce una prova atipica utilizzabile in base ai principi di non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice e la sua rilevanza probatoria dipende dall'attendibilità accordata alla dichiarazione di chi si dica certo dell'individuazione (Sez. 4, n. 1867 del 21/02/2013, dep. 2014, Rv. 258173; Sez. 5, n. 22612 del 10/02/2009, Rv. 244197; Sez. 2, n. 25762 del 11/06/2008, Rv. 24145901).

Può essere determinante, anche senza ulteriori riscontri, per affermare la responsabilità dell'imputato soltanto se presenta caratteri di certezza assoluta e sia ancorato non a mere rappresentazioni o sensazioni del dichiarante ma a elementi oggettivi (Sez. 2, n. 45787 del 16/10/2012, Rv. 254353).

Pertanto, le modalità dell'individuazione (connesse alla scelta delle immagini fotografiche effettuata dalla polizia giudiziaria) non riguardano la legalità della prova (data l'opinabilità che accompagna ogni selezione) ma si riflettono sul suo valore, che richiede l'apprezzamento, nel giudizio di legittimità, della congruenza della argomentazione sviluppata dal giudice di merito circa l'affidabilità del riconoscimento e, quindi, del giudizio di colpevolezza (Sez. 5, n. 9505 del 24/11/2015, dep. 2016, Rv. 267562).

1.2. Le deduzioni dei ricorrenti avanzano generici dubbi sulla attendibilità dei riconoscimenti, ma non si confrontano con la puntuale argomentazione della Corte che ha osservato che l'individuazione fotografica dello spacciatore da parte di un soggetto tossicodipendente non può essere sic et simpliciter ritenuta inattendibile e che, nel caso in esame, le individuazioni sono state espresse in termini di assoluta certezza, scevra da intenti calunniatori, con convergenza degli esiti delle individuazioni e dei racconti da parte di più soggetti e corroborate dai frequenti contatti telefonici fra gli acquirenti e gli imputati, quali risultano dai dati offerti dai tabulati telefonici. Nè la Corte ha mancato di esaminare partitamente per ogni appellante le deduzioni critiche circa l'attendibilità del suo riconoscimento con motivazioni individualizzate che non sono state oggetto di specifiche contestazioni in questa sede (tranne che per Be. nel ricorso singolo che si va e esaminare nel seguito).

2. Il ricorso di Be.Az. è manifestamente infondato.

2.1. Quanto al primo motivo - che fa leva sulla assoluzione del ricorrente da uno dei quattro episodi di cui il capo G perchè le dichiarazioni accusatorie e la individuazione da parte della acquirente St.Ol. sono state inficiate dall'accertamento del fatto che nella data in cui sarebbe avvenuta la cessione l'imputato era detenuto - deve osservarsi che costituirebbe una fallace affrettata generalizzazione desumere dalla inattendibilità (peraltro puntualmente rilevata da parte dei Giudici di merito (p. 11 della sentenza di primo grado, p. della 1113 sentenza impugnata) di un dichiarante la inattendibilità anche degli altri in relazione a episodi diversi e che la sentenza impugnata ha ritenuto attendibili con puntuali rilievi con i quali il ricorso non si confronta.

2.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha confermato quella di primo grado che ha motivatamente determinato (pag. 14) una pena "superiore al minimo edittale in considerazione della tipologia di sostanza e della ordinarietà della condotta illecita, quantificata in misura superiore agli altri imputati in ragione della frequenza della condotta posta in essere") e, in generale, ha idoneamente richiamato i criteri indicati dall'art. 133 c.p. rimarcando i plurimi precedenti di polizia, anche per fatti non omogenei a quelli oggetto del processo, il numero di cessioni di droga e la frequenza plurigiornaliera delle vendite. Inoltre, la sentenza di primo grado (pag. 13) ha adeguatamente chiarito che le circostanze attenuanti generiche non sono state concesse non ravvisandosi elementi di valutazione favorevoli, anzi emergendo l'elemento negativo del "carattere continuativo, e professionale, dell'attività di spaccio di eroina "sia all'epoca dei fatti oggetto della contestazione sia in epoca successiva", mentre la sentenza impugnata (pag. 22) ha non irragionevolmente ritenuto di non ridurre la pena per la natura (eroina) della droga spacciata, per l'intensità del dolo, per la reiterazione delle condotte, per i numerosi precedenti penali anche specifici.

3. Il ricorso di S.L. è manifestamente infondato.

3.1. Quanto al primo motivo di ricorso, la Corte - ribadendo l'analoga argomentazione espressa con riferimento all'analogo motivo di appello di Be. (non reiterato in questa sede) - ha evidenziato che l'eccezione circa la genericità del capo H delle imputazioni è tardiva, perchè proposta soltanto con l'atto di appello, e ha osservato che secondo le dichiarazioni rese da G. il 7/03/2014 le cessioni risalirebbero a "qualche anno prima" non irragionevolmente considerando che non furono anteriori al 2009 perchè il senso dell'espressione non consente di risalire a un periodo "superiore ai cinque anni antecedenti alle dichiarazioni, cioè al 2009" (pag. 12).

3.2. Vale per il secondo motivo di ricorso quanto già sopra espresso sub 2.2. relativamente al secondo motivo di ricorso di Be..

4. Dalla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi deriva, ex art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè di ciascuno al pagamento a favore della Cassa delle Ammende della somma che risulta congruo determinare in Euro duemila.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi di A.B., B.A., G.L., W.C., Be.Az., S.T., So.La., T.A. e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2019