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Responsabilità degli insegnati e della scuola per danni all'alunno

16 aprile 2014, Avv. Nicola Canestrini

Con l'iscrizione presso un istituto scolastico dall'istituto stesso sorge un vincolo negoziale dal quale deriva l'obbligo per l'istituto di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo, durante la fruizione della prestazione scolastica in ogni sua espressione (gita scolastica compresa).

La scuola è pertanto tenuta a predisporre tutti gli accorgimenti all'uopo necessari, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso, sia all'interno dell'edificio che nelle pertinenze scolastiche, di cui abbia a qualsiasi titolo la custodia, messe a disposizione per l'esecuzione della propria prestazione.

L'istituto scolastico è tenuto ad osservare obblighi di vigilanza e controllo con lo sforzo diligente adeguato alla natura della cosa e alle circostanze del caso concreto, dovendo adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi. E' in altri termini tenuto a mantenere la condotta diligente secondo criteri di normalità, da apprezzarsi in relazione (anche) alla sua capacità tecnico-organizzativa.

 Il titolo della responsabilità del Ministero dell'Istruzione o dell'ente gestore di una scuola privata, nel caso di alunni che subiscano danni durante il tempo in cui dovrebbero esser sorvegliati dal personale della scuola, può essere duplice e può esser fatto valere contemporaneamente: contrattuale se la domanda è fondata sull'inadempimento all'obbligo specificatamente assunto dall'autore del danno di vigilare ovvero di tenere una determinata condotta o di non tenerla; extracontrattuale se la domanda è fondata sulla violazione del generale dovere di non recare danno ad altri.

1. La responsabilità della struttura scolastica

La responsabilità civile extracontrattuale dell'Amministrazione scolastica per fatti imputabili ai propri dipendenti attiene, da un lato, all'omissione rispetto all'obbligo di vigilanza sugli alunni minori ( ex art. 2047 - 2048 c.c.) e, dall'altro, all'omissione rispetto agli obblighi organizzativi e di controllo e di custodia ( ex art. 2043 e 2051 c.c.).

Nell'uno e nell'altro caso la sussistenza della responsabilità civile dell'Amministrazione consegue ex art. 28 Cost. alla responsabilità civile dei propri dipendenti tenuti agli obblighi predetti, in relazione ai propri specifici doveri d'ufficio.

Sul danneggiato incombe l'onere di provare soltanto che il danno è stato cagionato al minore durante il tempo in cui lo stesso era sottoposto alla vigilanza del personale scolastico, il che è sufficiente a rendere operante la presunzione di colpa per inosservanza dell'obbligo di sorveglianza, mentre spetta all'Amministrazione scolastica dimostrare di aver esercitato la sorveglianza sugli allievi con diligenza idonea ad impedire il fatto (Cass. civ., 10 ottobre 2008, n. 24997; cfr. [1]).

Nell'ambito della responsabilità scolastica il termine di raffronto va operato con l'insegnante, nel caso di responsabilità contrattuale e con il precettore, di cui all'art. 2048 c.c. nel caso di responsabilità aquiliana, mentre la responsabilità dell'istituto scolastico e,per esso, del Ministero dell'Istruzione, va individuato nell'art. 2049 c.c. (secondo cui «I padroni ed i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro dipendenti e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti»).

Le responsabilità desumibili dal quadro normativo di cui sopra, sussistono tanto nell'ipotesi che autore del fatto sia un soggetto privo di capacità di intendere e di volere, sia che autore del fatto sia un soggetto capace.

Ed ancora, tale responsabilità sussiste tanto nell'ipotesi di atti dannosi compiuti dagli alunni nei confronti di terzi quanto nell'ipotesi di danni che gli alunni possano procurare a se stessi con la loro condotta.

Mentre, quindi, sul danneggiato incombe l'onere di provare soltanto che il danno è stato cagionato al minore durante il tempo in cui lo stesso era sottoposto alla vigilanza del personale scolastico, il che è sufficiente a rendere operante la presunzione di colpa per inosservanza dell'obbligo di sorveglianza, spetta alla scuola / al Ministero (per effetto della surroga prevista dall''art. 61 della legge 11 luglio 1980, n. 312 per personale scolastico, docente o non docente, appartenente all'Amministrazione dello Stato) dimostrare di aver esercitato la sorveglianza sugli allievi con diligenza idonea ad impedire il fatto.

Si ritiene che la dimostrazione dell'avvenuta adozione di misure preventive necessarie a consentire sia la libertà dei movimenti degli allievi che l'ordinato svolgimento della lezione sia necessaria ove possa desumersi che l'infortunio possa essere stato agevolato dalla mancata adozione di tali misure (es.: buca del campo di calcio che ha agevolato l'incidente, ancorché cagionato da un fallo di gioco).

Non esonera da responsabilità l'istituto scolastico l'infortunio verificatosi sia durante l'ora di lezione, in caso di assenza del professore per malattia o altra causa, sia quello a cavallo tra un'ora e l'altra, in assenza del professore in aula, in quanto è preciso onere dell'istituto adottare tutte le misure opportune al fine di evitare la scopertura delle classi, durante l'orario di lezione e anche a cavallo tra una lezione e l'altra, non trattandosi di eventi eccezionali, ma, anzi, prevedibili.

L'istituto di istruzione ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui essi gli sono affidati, e quindi fino al subentro, almeno potenziale, dei genitori o di persona da questi incaricata; tale dovere di sorveglianza, pertanto, permane per tutta la durata del sevizio scolastico, servizio che non può essere interrotto per l'assenza di un insegnante, non costituendo, come già detto, tale assenza fatto eccezionale, bensì normale e prevedibile (Cass. civ., 30 marzo 1999, n. 3074, in Dir. econ. ass., 2000, 632).

In altri termini viene imputato a titolo di responsabilità anche il difetto di organizzazione dell'istituto scolastico che deve essere sempre in grado di far fronte, con opportune misure (accorpamenti di classi, disponibilità e sostituzione di docenti) ad eventi non certo imprevedibili quali l'assenza del professore o il ritardo nel cambio di classe degli insegnanti alla fine delle ore di lezione.

2. La responsabilità degli insegnati

La responsabilità extracontrattuale degli insegnanti ha il suo fondamento normativo nell'art. 2048, comma 2, c.c., secondo il quale i precettori ? terminologia arcaica che il legislatore del 1942 ha conservato, ma riferibile in senso lato agli insegnanti sia pubblici che privati ? e coloro che insegnano un mestiere o un'arte rispondono del danno causato dal fatto illecito degli allievi e apprendisti per il tempo in cui si trovano sotto la loro vigilanza e sorveglianza[2].

Il legislatore ha utilizzato una formula ampia, così non identificando detto presupposto (il tempo in cui sono sottoposti a vigilanza) soltanto con lo svolgimento dell'attività didattica in senso stretto, ma estendendolo anche alla pausa della ricreazione e alle gite scolastiche.

Secondo l'orientamento tradizionale, sia dottrinale che giurisprudenziale, la norma sancirebbe una presunzione di colpa, scaturente da un comportamento omissivo del soggetto ritenuto responsabile, nella specie l'insegnante, nell'esercizio dell'obbligo di vigilanza, e la responsabilità troverebbe, dunque, giustificazione in una carente attività di vigilanza (culpa in vigilando).

In realtà si è ritenuto che quella sancita dall'art. 2048 c.c. sia non una presunzione di colpa ma di responsabilità, poiché l'individuazione dei soggetti responsabili avviene indipendentemente dalla rilevanza attribuita al coefficiente soggettivo della colpa, dispensando il danneggiato da ogni e qualsivoglia onere probatorio in tal senso.

Presunzione che ammette, tuttavia, la prova di non avere potuto impedire il fatto, che dottrina e giurisprudenza fondano sulla valutazione del comportamento del responsabile, che dimostri di avere adempiuto tutti i doveri ed esercitato tutti i poteri idonei ad impedire il compimento di fatti illeciti da parte del minore capace di intendere e volere (Cass. 10 febbraio 1987 n. 1427) ? essendo necessaria l'imprevedibilità della condotta dell'allievo e non il semplice carattere improvviso ? nonché di avere esercitato una attività di vigilanza commisurata all'età e al grado di maturazione del minore stesso, una responsabilità, comunque, fondata, secondo la giurisprudenza, sulla culpa in vigilando (Cass. 22 aprile 2009 n. 9542, secondo cui «?per superare la presunzione di responsabilità che ex art. 2048 c.c., grava sull'insegnante per il fatto illecito dell'allievo, non è sufficiente la sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo, dopo l'inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di detta serie causale?». Sempre nella direzione della culpa in vigilando Cass. 26 aprile 2010 n. 9906, statuendo in ordine alla responsabilità di un maestra di scuola materna).

Per andare esenti da responsabilità i soggetti indicati nell'art. 2048 c.c. devono, allora, provare di avere adeguatamente vigilato sul minore, dimostrando l'adozione di tutte le misure idonee, sia sotto il profilo organizzativo che disciplinare, ad evitare il sorgere di situazioni di pericolo tali da determinare la serie causale che ha prodotto il danno: prova difficile nella pratica.

Infatti, la Cassazione (cfr. ad es. Cassazione civile , 08 febbraio 2012, n.1769, sez. III) ha più volte statuito che con l'iscrizione presso un istituto scolastico dall'istituto stesso sorge un vincolo negoziale dal quale deriva l'obbligo per l'istituto di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo, durante la fruizione della prestazione scolastica in ogni sua espressione (gita scolastica compresa).

Il danneggiato (allievo) dovrà dimostrare di avere subito un evento lesivo in occasione della prestazione scolastica e del relativo danno, mentre l'istituto dovrà fornire la prova liberatoria della «riconducibilità dell'evento lesivo a una sequenza causale non evitabile e comunque non prevedibile, neppure mediante l'adozione di ogni misura idonea, in relazione alle circostanze, a scongiurare il pericolo di lesioni derivanti dall'uso delle strutture prescelte per lo svolgimento della gita scolastica e tenuto conto delle loro oggettive caratteristiche, e salva la valutazione dell'apporto causale della condotta negligente o imprudente della vittima, ai sensi dell'art. 1227 c.c.?».

Peraltro, è stato correttamente osservato come debba essere accertato se la condotta richiesta ma non attuata (mancata vigilanza) avrebbe in concreto potuto evitare l'evento: se anche ipotizzando il controllo da parte dell'insegnante il danno non avrebbe potuto essere evitato non vi è responsabilità penale dell'insegnate.  

Così,. ad esempi, la Cassazione (Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 16 aprile ? 23 maggio, n. 21056; caso di gomitata involontaria durante la ricreazione con l'insegnante assente dalla classe)

"L'evento lesivo viene invero ricondotto, sotto li profilo causale, alla condotta omissiva dell'imputata - quest'ultima ravvisata nell'omissione di adeguata vigilanza degli alunni durante la pausa di ricreazione - in virtù di un ragionamento ipotetico che risulta però in radice viziato dal mancato o comunque palesemente insufficiente svolgimento del doveroso giudizio controfattuale.

Posto infatti che la distrazione momentanea dell'insegnante è sostanzialmente ammessa ed è comunque da ritenersi acclarata in giudizio (sia pure con la precisazione, a detti fini irrilevante, ricavabile in effetti dalla sentenza di primo grado, che la stessa non si era allontanata dalla classe ma era rimasta sulla soglia, o comunque nelle sue immediate vicinanze, intenta a chiamare la bidella) e posto dunque che, con essa, può anche darsi per ammessa o comunque acclarata la violazione, sia pure momentanea, dell'obbligo giuridico di vigilare sugli alunni (posizione di garanzia), il vizio motivazionale si rende palese nel successivo passaggio logico che consiste nel verificare - per l'appunto alla stregua di un giudizio controfattuale - la causalità della colpa ossia la riconducibilità causale dell'evento lesivo, In quei frangente verificatosi, alla detta omissione.

Al quale fine occorreva chiedersi se, in presenza di un corretto adempimento dell'obbligo di costante vigilanza, quell'evento, con quelle precise modalità fattuali sopra descritte, si sarebbe o meno ugualmente verificato.

Un tal giudizio (c.d. predittivo) non può prescindere, da un lato, dall'accertamento delle reali ed effettive modalità dell'evento, come storicamente verificatosi (c.d. giudizio esplicativo), dall'altro, dalla ricostruzione di quale dovesse ritenersi la condotta pienamente osservante dell'obbligo di vigilanza rimasto inadempiuto (da operarsi anch'essa comunque con criteri ex post trattandosi di accertamento che - per quanto contiguo a quello propriamente riguardante l'elemento soggettivo del reato, quest'ultimo invece da condurre con critero ex ante - attiene all'accertamento del nesso di causalità).

Orbene, con riferimento al primo profilo, risulta inequivocamente acclarato in giudizio che l'evento si è determinato in via del tutto accidentale e in forza di una dinamica indiretta, allorquando un alunno, nel tentativo di sottrarre una merenda ad una compagna, per vincere la resistenza di quest'ultima, tirò con forza il braccio all'indietro colpendo col gomito involontariamente un'altra alunna che, non vista, gli stava dietro.

Quanto al secondo profilo, non è dubitabile che condotta osservante dei dovere di vigilanza sarebbe stata quella di essere presente in aula guardando con attenzione i bambini ma non certo anche quella di impedire loro di alzarsi e socializzare nell'intervallo della ricreazione, salvo che non fosse possibile ipotizzare che, per già note e prevedibili condizioni di generale accesa indisciplina della classe o per manifestazioni comportamentali di singoli alunni, fosse necessaria l'adozione di misure organizzative e disciplinari particolari idonee ad evitare specifiche situazioni di pericolo analoghe a quelle verificatesi.

Che tali particolari condizioni ricorressero nella fattispecie non v'è, però, motivo alcuno di ritenere alla stregua di quanto evidenziato nelle sentenze di merito, nemmeno con riferimento all'alunno autore del gesto, le cui modalità del resto, come già evidenziato, ne attestano l'assoluta involontarietà e accidentalità.

Non v'è dunque motivo di ritenere che condotta osservante del dovere di vigilanza avrebbe potuto essere altra che non quella di una più attenta presenza in classe, ma per ciò stesso non può nemmeno dubitarsi che una tale condotta pienamente osservante non avrebbe potuto neppur essa evitare l'evento date le descritte caratteristiche di casualità e repentinità, non potendosi certamente ipotizzare, in particolare, che l'insegnante avrebbe potuto in tal modo impedire, essendosi ancora nell'intervallo della ricreazione, agli alunni di alzarsi e avvicinarsi ai compagni."

 

In pratica: cosa fare?

  1. documentare l?accaduto (fare foto, raccogliere testimonianze nell?immediatezza del fatto);
  2. fare una immediata denuncia di sinistro alla scuola per iscritto con ricevuta di ricevimento;
  3. tenere documentate con documenti di rilevanza fiscale (scontrini, fatture) le spese sostenute (ticket parcheggio, spese mediche, farmaci, massaggi, ..);
  4. ordinare e custodire copia delle cartelle cliniche degli ospedali (compresi raggi, TAC, ..);
  5. dopo la cd. stabilizzazione del danno (a partire da circa 6 mesi dopo l?evento) interpellare un medico legale di propria fiducia.

Il fai da te è sempre molto rischioso ..

***

[1] "LA RESPONSABILITÀ DELL'INSEGNANTE PER I DANNI SUBITI DALL'ALUNNO",  

Resp. civ. e prev., fasc.10, 2011, pag. 2137B, Domenico Chindemi

[2] Tratto (con ampi stralci testuali) dall?articolo ?RESPONSABILITÀ DA COSE IN CUSTODIA: IN TEMA DI GITA SCOLASTICA E DANNO DA AUTOLESIONE?, Giust. civ., fasc.9, 2012, pag. 2047B di Antonino Astone (Nota a: Cassazione civile , 08 febbraio 2012, n.1769, sez. III).

 

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - SENTENZA 4 ottobre 2013, n.22752

Motivi della decisione

Con il 1° motivo i ricorrenti denunziano violazione e - falsa applicazione degli artt. 1218, 2043, 2697 c.c., in riferimento all'art. 360, 1° co. n. 3, c.p.c.

Si dolgono che la corte di merito li abbia erroneamente ritenuti responsabili, laddove il sinistro si è verificato prima dell'inizio delle lezioni e all'esterno dell'edificio della scuola, non potendo invero ritenersi che, per il solo fatto che la minore era stata dallo scuolabus «lasciata sul piazzale antistante la scuola», fosse «insorto in capo al personale scolastico l'obbligo di vigilare su di essa».

Il motivo è infondato.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare in ipotesi di danno come nella specie cagionato dall'alunno a sé medesimo (c.d. autolesioni), l'accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell'allievo a scuola, determina l'instaurazione di un vincolo negoziale dal quale sorge a carico della medesima l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo per il tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica, in tutte le sue espressioni (v. Cass., 15/2/2011, n. 3680).

La scuola è pertanto tenuta a predisporre tutti gli accorgimenti all'uopo necessari, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso (v. Cass., 8/2/2012, n. 1769), sia all'interno dell'edificio che nelle pertinenze scolastiche, di cui abbia a qualsiasi titolo la custodia, messe a disposizione per l?esecuzione della propria prestazione (v. Cass., 15/2/2011, n. 3680; Cass., 6/11/2012, n. 19160).

Ivi ricompreso pertanto il cortile antistante l'edificio scolastico, del quale la scuola abbia la disponibilità e ove venga consentito il regolamentato accesso e lo stazionamento degli utenti, e in particolare degli alunni, prima di entrarvi (come rimasto dai giudici di merito pacificamente accertato nel caso, essendo l'ingresso dotato di cancello la cui apertura e chiusura veniva effettuata dal personale della scuola).

L'istituto è dunque tenuto ad osservare obblighi di vigilanza e controllo con lo sforzo diligente adeguato alla natura della cosa e alle circostanze del caso concreto, dovendo adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi.

E' in altri termini tenuto a mantenere la condotta diligente dovuta (nel senso che trattasi di 'contratto di protezione', in base al quale, tra gli interessi da realizzarsi da parte dell'istituto scolastico rientra quello alla integrità fisica dell'allievo, con conseguente risarcibilità dei danni da autolesione dal medesimo sofferti v. peraltro Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 577. V. altresì Cass., 28/8/2009, n. 18805) secondo criteri di normalità, da apprezzarsi in relazione (anche) alla sua capacità tecnico-organizzativa (cfr., con riferimento al medico e alla struttura ospedaliera, Cass., 13/4/2007, n. 8826).

Il normale esito della prestazione dipende allora da una pluralità di fattori, tra cui l'organizzazione dei mezzi adeguati per il raggiungimento degli obiettivi in condizioni di normalità, secondo un giudizio relazionale di valore, in ragione delle circostanze del caso.

Al riguardo, si noti, la scuola è tenuta ad un comportamento diligente consentaneo alle condizioni di tempo e di luogo, a fortiori in considerazione della circostanza che in presenza di una situazione di pericolo i minori, se lasciati soli, possono compiere atti incontrollati e potenzialmente autolesivi, come appunto nella specie, essendo rimasto accertato che «sussisteva la ... situazione pericolosa del locale per riscaldamento seminterrato, non protetto da idonee recinzioni».

Ne consegue che, in caso di danno da lesioni conseguente a sinistro avvenuto nei locali e pertinenze scolastiche, l'attore deve provare che tale danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre l'istituto ha l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa a sé non imputabile.

All'istituto incombe allora di dare in particolare la prova di avere adottato, in relazione alle condizioni della cosa e alla sua funzione, tutte le misure idonee ad evitare il danno, e che il danno si è ciononostante verificato per un evento non prevedibile né superabile con la diligenza normalmente adeguata in relazione alle circostanze concrete del caso (v. Cass., 24 maggio 1997, n. 4632).

Va per altro verso osservato che, diversamente da quanto sostenuto dall'odierno ricorrente, lo svolgimento del rapporto si estende a tutto il tempo in cui l'alunno «fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni», e pertanto, come correttamente affermato dalla corte di merito nell'impugnata sentenza, sin dal momento in cui «con l'apertura dei cancelli» risulta «consentito l'ingresso e la permanenza degli alunni nel detto piazzale antistante la scuola», e cioè all'interno della pertinenza scolastica messa a disposizione dalla scuola dei fruitori della propria complessa prestazione contrattuale.

Orbene, dei suindicati principi la corte di merito ha nell'impugnata sentenza fatto invero piena e corretta applicazione.

In particolare là dove ha affermato che «la ricezione della detta alunna nell'ambito del detto piazzale della scuola, i cui cancelli erano stati aperti, importa necessariamente l'avvenuto affidamento in custodia della minore dagli assistenti della Galatour, che gestivano esclusivamente il servizio di accompagnamento a scuola degli alunni, al personale della scuola medesima».

Nella parte in cui ha ulteriormente posto in rilievo come a fronte della «responsabilità - di natura contrattuale - del Ministero della Pubblica Istruzione che non ha dato la prova del danno per causa ad esso non imputabile non valgono in contrario le considerazioni opposte da parte appellante principale, secondo cui non era dovuta alcuna sorveglianza da parte del personale scolastico tenuto a garantire la vigilanza ed il controllo degli alunni all'interno dell'edificio scolastico, e tanto per la considerazione che la mancata sorveglianza, che nel caso di specie rileva, non è quella degli insegnanti e dell'altro personale interno, ma quella imputabile ai soggetti che con l'apertura dei cancelli avevano consentito l'ingresso e la permanenza degli alunni - nella specie della minore A.R. - nel detto piazzale antistante la scuola e nell'ambita del quale sussisteva la surriferita situazione pericolosa del locale per riscaldamento seminterrato, non protetto da idonee recinzioni: personale che, in mancanza di indicazioni nel senso, deve ritenersi in organico non del Comune di Cerveteri ma dello stesso Ministero della Pubblica istruzione, e al quale incombeva quindi nel contesto dell'apertura dei cancelli garantire la connessa sorveglianza dei luoghi ai quali di fatto si consentiva

l'accesso» .

Ancora, là dove ha precisato che «incombeva allo stesso Ministero inoltre l'obbligo di protezione del surriferito sito pericoloso di acceso al vano riscaldamento».

Con il 2° motivo i ricorrenti denunziano insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all'art. 360, 1° co. n. 5, c.p.c.

Il motivo è inammissibile, in applicazione degli artt. 366, 1° co. n. 4, 366-bis e 375, 1° co. n. 5, c.p.c.

Esso non reca la prescritta 'chiara indicazione' - secondo lo schema e nei termini delineati da questa Corte - delle relative 'ragioni', inammissibilmente rimettendosene l'individuazione all'attività esegetica della medesima, con interpretazione che si risolverebbe nell'abrogazione tacita della norma in questione (cfr. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì violativa del requisito richiesto ex art. 366, l° co, n. 6, c.p.c., atteso che i ricorrenti fanno richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente (per la parte d'interesse in questa sede) riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l'esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell'esatta collocazione nel fascicolo d'ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., 19/9/2011, n. 19069; Cass, 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279. E da ultimo, Cass., 3/11/2011, n. 22726; Cass., 6/11/2012, n. 19157).

A tale stregua non deducono le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777} sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. l 2444; Cass., 1°/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni - come nel caso - apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo essere questa Corte viceversa posta in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali si ritiene di censurare la pronunzia impugnata (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851), le stesse finendo invero per inammissibilmente sostanziarsi nella tesi difensiva del ricorrente.

All'infondatezza e inammissibilità dei motivi consegue il rigetto del ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società Galataur s.r.l., seguono la soccombenza.

Non viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore degli altri intimati non avendo i medesimi svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 2.000,00 per onorari, oltre ad accessori come per legge, in favore della controricorrente società Galatour s.r.l.

 

***

Corte di Cassazione, sez. VI Civile ? 3, ordinanza 16 luglio ? 12 ottobre 2015, n. 20475
Presidente Finocchiaro ? Relatore Rubino

Svolgimento del processo e motivi della decisione

E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
1."I coniugi A.d.P. e P.M., nella qualità di genitori esercenti la potestà sulla figlia minore S. d.P., convenivano in giudizio il Ministero della Pubblica Istruzione per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti dalla minore allorché cadeva all'interno dell'istituto scolastico San Francesco Crispi di Palermo da lei frequentato, ferendosi il labbro e lesionandosi due denti. Veniva chiamata in causa la Levante Norditilia Ass.ni s.p.a. quale compagnia assicuratrice della scuola elementare frequentata dalla minore.
2.La domanda risarcitoria veniva rigettata dal Tribunale di Palermo ma accolta dalla Corte d'Appello con la sentenza n. 576 del 2014 qui impugnata, che affermava la responsabilità contrattuale del Ministero e lo condannava in solido con la compagnia di assicurazioni a risarcire i danni.
3.Ha proposto un motivo di ricorso per cassazione il M.I.U.R., resiste la d.P. S. con controricorso.
4. Con l'unico suo motivo di ricorso, il Ministero deduce che la sentenza impugnata sia incorsa nella violazione dell'ars. 1218 c.c. in in combinato disposto con l'art. 2697 c.c. in relazione all'art. 360,
primo comma n. 3 c.p.c. Sostiene il ricorrente
- che la corte d'appello ha accertato che l'infortunio alla bambina sia occorso a scuola, all'interno di una classe e durante l'orario scolastico, e tanto le è bastato per ritenere responsabile il Ministero ex art. 1218 c.c. non avendo l'amministrazione per contro fornito la prova liberatoria che l'evento fosse stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all'insegnante;
- che in tal modo la corte ha errato nella individuazione stessa della prestazione dovuta dal Ministero, interpretando l'obbligazione a suo carico come se consistesse nella obbligazione di evitare il verificarsi di qualsiasi evento lesivo, ovvero come se fosse una obbligazione di risultato, mentre si tratterebbe di una obbligazione di mezzi, essendo gli istituti scolastici tenuti a svolgere una attività di custodia e di sorveglianza; - che l'amministrazione scolastica può essere chiamata a rispondere solo qualora non abbia svolto diligentemente la propria attività di custodia e sorveglianza;
che la prova liberatoria da fornire per andare esente da responsabilità non consiste nell'individuare la causa non imputabile né alla scuola né all'insegnante, ma nel provare di aver svolto diligentemente la propria attività di custodia e sorveglianza.
5. Ii ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato per manifesta infondatezza.
6. Il punto centrale della motivazione della corte d'appello, più volte richiamato dal ricorrente, è il seguente :"Alla constata'zione della mancata ricostruzione della causa e delle modalità dell'incidente segue necessariamente il rilievo che l?Amministrazione scolastica non ha ottemperato all'onere, posto a proprio carico, di dimostrare che il danno è stato determinato da un evento non imputabile né alla scuola né all'insegnante. E poiché è invece pacifico che la caduta è avvenuta a scuola ( e durante l'orario scolastico) ne consegue, ex art 1218 c.c. la responsabilità dell?Amministrazione scolastica'.
La corte d'appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto già più volte fissato da questa Corte : con sentenza n. 8067 del 2007 si è affermato che In tema di responsabilità dei soggetti obbligati alla sorveglianza di minori, nel caso di danno cagionato dall'alunno a se stesso, sia che si invochi la presunzione di responsabilità posta dal secondo comma dell'art 2048 cod. civ., sia che si configuri la responsabilità come di natura contrattuale, la ripartizione dell'onere della prova non muta, poiché il regime probatorio desumibile dall'ara 1218 cod. civ. impone che, mentre l'attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull'altra parte incombe l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa non importabile all'obbligato"; di recente, questa Sezione in fattispecie analoga ha avuto modo di affermare che : "Presupposto della responsabilità dell'insegnante per il danno subito dall'allievo, nonché fondamento del dovere di vigilanza sul medesimo, è la circostanza che costui gli sia stato affidato, sicché chi agisce per ottenere il risarcimento deve dimostrare che l'evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l'alunno era sottoposto alla vigilanza dell'insegnante, restando indifferente che venga invocata la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell'obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie - suggerite dall?ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo - affinché, fosse salvaguardata l'incolumità dei discenti minori. (Nella specie, la S. C ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità dell?istituto scolastico con riguardo all'infortunio subìto da una minore dopo l'uscita di scuola, allorché, mentre era seduta sul parapetto della scala dell'edificio scolastico, era caduta all'indietro, in seguito alla spinta di un compagno) (Cass. n. 3081 del 2015 ).
L'accertamento della responsabilità dell'istituto scolastico per i danni alla persona riportati da un allievo all'interno dell'istituto presuppone quindi la prova del fatto, ovvero del verificarsi del fatto dannoso, e del nesso causale tra esso e il soggetto responsabile, ovvero che l'infortunio si sia verificato all'interno dell'edificio scolastico, durante l'orario scolastico, ovvero quando il minore era sotto la responsabilità dell'istituto e degli insegnanti. L'accertamento della precisa dinamica del fatto, ovvero del. luogo esatto in cui esso si è verificato e delle modalità dell'accaduto, può consentire all'istituto di fornire la prova liberatoria ( ipotizzabile qualora il danno sia derivato da un gesto inconsulto dell'alunno o di altro alunno, non prevedibile né evitabile neppure a mezzo della presenza costante e attenta di un insegnane o del personale scolastico). Nel caso di specie, la dinamica precisa non è stata accertata ( è comunque emerso dalle prove testimoniali, come riportato dalla sentenza di appello, che l'infortunio si sia verificato in classe). Ne consegue che, essendo stati accertati i primi due presupposti, fondanti la responsabilità dell'istituto, e non avendo lo stesso fornito la prova liberatoria, correttamente il Ministero è stato condannato a risarcire il danno alla minore.
Si aggiunga che non risulta neppure, dalla lettura della sentenza impugnata, che mezzi di prova in tal senso fossero stati richiesti dal Ministero e non ammessi, o che essi fossero stati ammessi, espletati e non considerati, e neppure il Ministero fa riferimento, in ricorso, alle modalità con le quali sarebbero stati espletati nel caso concreto i suoi obblighi di sorveglianza e custodia e sul motivo per il quale l'accadimento -- del cui verificarsi all'interno della struttura scolastica ed addirittura in classe durante l'orario scolastico nessuno discute ? al di fuori della sfera di controllo dell'istituto e pertanto ad esso non imputabile.
7. La decisione impugnata resiste, in definitiva, alle critiche formulate da parte ricorrente."
8. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza­

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Ministero ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in ? 2.500,00 (di cui ? 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali.