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Pericolo di fuga e MAE: no formule di stile (Cass. 39249/18)

30 agosto 2018, Cassazione penale

Custodia cautelare: anche in un procedimento passivo di consegna per mandato di arresto europeo il pericolo di fuga non può fondarsi su base a formule di stile, tali da rendere apodittica ed apparente la motivazione e per aver basato la decisione sulla sola gravità del reato.

Vi è l'obbligo di fornire una giustificazione effettiva della decisione assunta, che, in ordine al pericolo di fuga, quale condizione per l'emissione ed il mantenimento della misura cautelare ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 9, comma 5, che rinvia alle disposizioni di cui all'art. 274, c.p.p., comma 1, lett. b), deve dare conto dei requisiti di concretezza ed attualità e fondarsi su circostanze sintomatiche e specifiche che fungano da indicatori della reale possibilità di allontanamento da parte della persona richiesta e di sottrazione alla consegna.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE FERIALE PENALE

(ud. 28/08/2018) 30-08-2018, n. 39240

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria - Presidente -

Dott. BONI Monica - rel. Consigliere -

Dott. LIBERATI Giovanni - Consigliere -

Dott. PACILLI G. Anna R. - Consigliere -

Dott. RICCARDI Giuseppe - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

P.S. nato in (OMISSIS);

avverso l'ordinanza della Corte d'appello di Milano del 3.08.2018;

Visti gli atti, l'ordinanza e il ricorso;

Udita nell'udienza camerale del 28.8.2018 la relazione fatta dal Consigliere Dott.ssa Monica Boni;

Udito il Sostituto Procuratore Generale in persona del Dr. DI LEO Giovanni, che ha concluso, chiedendo l'annullamento dell'ordinanza.

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza emessa in data 3 agosto 2018, la Corte di appello di Milano rigettava l'istanza, proposta nell'interesse di P.S., - destinatario di mandato di arresto europeo, emesso dall'Autorità giudiziaria della Romania in forza di sentenza irrevocabile di condanna e della misura della custodia cautelare in carcere, applicatagli all'esito dell'udienza di convalida dell'arresto -, volta ad ottenere la sostituzione della misura in esecuzione con quella del divieto di espatrio, ovvero con altra misura che gli consentisse di svolgere attività lavorativa e vita familiare, ravvisando la sussistenza di un concreto pericolo di fuga tale da rendere inidonee le misure sollecitate.

1.2 Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del P., articolando i seguenti motivi:

a) violazione della L. n. 69 del 2005, art. 9, comma 4, e dell'art. 274 c.p.p. per avere l'ordinanza argomentato il ritenuto pericolo di fuga in base a formule di stile, tali da rendere apodittica ed apparente la motivazione e per aver basato la decisione sulla sola gravità del reato. In particolare, secondo la difesa, la motivazione non contiene l'indicazione di dati specifici, quali il livello di coinvolgimento psichico dell'agente o le modalità concrete dell'azione, idonei a fondare la prognosi sfavorevole in ordine all'allontanamento del ricorrente dal paese poichè il solo elemento della gravità del reato in sè non dà conto di un pericolo sussistente in termini di concretezza ed attualità, come richiesto dall'art. 274 c.p.p. nella formulazione introdotta dalla L. n. 47 del 2015. La Corte di appello non ha nemmeno considerato la risalenza a cinque anni fa del fatto per il quale il ricorrente ha riportato condanna e gli altri elementi positivi di valutazione, quali la collaborazione professionale con un legale italiano, la richiesta del codice fiscale, poi assegnatogli, il trasferimento della residenza in (OMISSIS) con esposizione all'autorità italiana dei propri dati personali e la sottoposizione ai relativi controlli, la registrazione del contratto di locazione concluso per l'appartamento occupato, l'apertura di un proprio conto corrente postale, l'avvenuta sottoposizione a cure mediche in Italia con utilizzo delle proprie generalità. Si tratta di circostanze indicative della disponibilità a collaborare con le autorità nazionali e dell'intento di permanere nel territorio. La ritenuta insufficienza del solo contratto di collaborazione professionale è frutto di un giudizio parziale, che non tiene conto del trasferimento in Italia anche della compagna e dei figli minori del ricorrente e dell'estraneità del concetto di radicamento nel territorio, condizione ostativa alla consegna L. n. 69 del 2005, ex art. 18, comma 1, lett. r) alla valutazione richiesta per riconoscere il pericolo di fuga.

b) Violazione della L. n. 69 del 2005, art. 9, comma 4, e dell'art. 275 c.p.p., commi 1, 3 e 3-bis, per avere la Corte di appello omesso di considerare il profilo dell'adeguatezza e della proporzionalità della misura in esecuzione e non avere indicato nessuna ragione per la quale debba ritenersi inidonea la misura domiciliare con applicazione del braccialetto elettronico, risultando la relativa motivazione meramente ripetitiva della formula della disposizione normativa di riferimento e priva della compiuta disamina della fattispecie concreta.

Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e merita dunque accoglimento.

1. Il provvedimento impugnato esaurisce il tema delle esigenze sottese al mantenimento della misura di massima afflittività con la considerazione della gravità dei reati, per i quali il ricorrente ha riportato condanna in Romania, come desumibile dal fatto criminoso accertato e dall'entità della pena irrogatagli con sentenza irrevocabile. Nè ha dedotto la ricorrenza del pericolo di fuga e l'adeguatezza della misura applicatagli "a garantire il rintraccio della persona per la quale veniva richiesta la consegna, di talchè non si sottragga alla stessa".

1.1 Sotto entrambi i profili considerati l'ordinanza in esame è sorretta da motivazione non effettiva, ma apparente, tale da integrare il vizio di violazione di legge. In primo luogo, non è dato comprendere quale refluenza assuma, al fine di ipotizzare che il soggetto per il quale sia richiesta la consegna in concreto possa dileguarsi ed impedirne l'esecuzione, il giudizio di gravità del fatto illecito commesso, se questo non venga analizzato nelle sue concrete manifestazioni, nelle modalità di realizzazione e nelle finalità perseguite: nel caso di specie la Corte di appello si è limitata a riprodurre un passaggio testuale di altro provvedimento imprecisato, che descrive l'imputazione, senza offrire indicazioni del compiuto vaglio critico del comportamento antigiuridico e senza esplicitare le ragioni per le quali il compimento di tali gravi comportamenti sia sintomatico del pericolo di fuga, risolvendosi la motivazione in locuzioni generali ed astratte, prive di un reale contenuto esplicativo.

1.2 Inoltre, risponde al vero quanto lamentato in ricorso, ossia che il provvedimento non ha assegnato nessun rilievo ai plurimi elementi indicati nell'istanza, quali dati significativi dello stabile trasferimento in Italia del ricorrente - dimora nel paese con il nucleo familiare, richiesta ed assegnazione del codice fiscale, apertura di un conto corrente in Italia, registrazione del contratto di locazione, contratto di collaborazione con uno studio legale italiano -, anche soltanto per disattenderne il significato positivo e ritenerne la strumentalità, sicchè anche sotto tale profilo l'ordinanza, limitatasi a ritenere insufficiente la prova del rapporto di collaborazione concluso dal ricorrente ad indicare il suo stabile inserimento nel territorio, non rende una giustificazione coerente, completa ed efficace.

2. Quanto all'ulteriore profilo dell'adeguatezza della misura in atto, il giudizio espresso dalla Corte di appello si è risolto nella mera ripetizione del testo della norma di legge: la motivazione risulta dunque solo formalmente presente, perchè individua il nesso di strumentalità tra custodia in esecuzione e consegna, senza però esporre una valutazione reale ed apprezzabile del rischio concreto che il P., se non ristretto in carcere, si dia alla fuga. Nè è rintracciabile una qualche considerazione sull'inidoneità della misura domiciliare con applicazione del dispositivo di controllo a distanza, come pure era stato sollecitato dalla difesa.

In tal modo i giudici di merito sono venuti meno all'obbligo di fornire una giustificazione effettiva della decisione assunta, che, in ordine al pericolo di fuga, quale condizione per l'emissione ed il mantenimento della misura cautelare ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 9, comma 5, che rinvia alle disposizioni di cui all'art. 274, c.p.p., comma 1, lett. b), deve dare conto dei requisiti di concretezza ed attualità e fondarsi su circostanze sintomatiche e specifiche che fungano da indicatori della reale possibilità di allontanamento da parte della persona richiesta e di sottrazione alla consegna.

L'ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Milano, che dovrà colmare le lacune giustificative segnalate.

P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Milano per nuovo esame. Manda la cancelleria per le comunicazioni ex art. 94 disp. att. c.p.p..

Così deciso in Roma, il 28 agosto 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2018