Rimesso alle Sezioni Unite la questione se con riguardo ad una sentenza di patteggiamento, sia ammissibile il ricorso per cassazione del Pubblico Ministero che censura la concessione della sospensione condizionale della pena concordata tra le parti, la quale non sia subordinata ad un obbligo previsto come condizione necessaria dalla legge per l'applicazione del beneficio, in particolare in relazione ai reati di cui all'art. 165 c.p., comma 5.
Cassazione penale
sez. III, ud. 26 gennaio 2023 (dep. 21 febbraio 2023), n. 7239
Presidente Rosi – Relatore Corbo
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza emessa in data 13 luglio 2022, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Genova ha applicato, a norma dell'art. 444 c.p.p., e s.s., a M.M.E.H. la pena di un anno e otto mesi di reclusione per il reato di cui agli artt. 81,609-bis c.p. e art. 609-ter c.p., comma 2, e art. 612 cpv. c.p., concedendo il beneficio della sospensione condizionale a norma dell'art. 163 c.p., e s.s..
Secondo quanto rilevato dal Giudice di merito, M.M.E.H. , in data 29 giugno 2021, trovandosi in spiaggia, con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso: -) dapprima, con condotta improvvisa e repentina, aveva allungato la mano sul seno di una minore; -) successivamente, al passaggio di altra minore, le si era presentato davanti e, sempre in modo improvviso e inaspettato, aveva compiuto sulla gamba di questa movimenti ondulatori con il bacino, simulanti un atto sessuale; -) aveva minacciato le due minori con la bottiglia che aveva in mano, mimando il gesto di lanciare la stessa.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza del Giudice per le indagini preliminari indicata in epigrafe il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Genova, articolando un unico motivo.
2.1. Con l'unico motivo di ricorso, si denuncia violazione di legge, a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione all'art. 165 c.p., comma 5, c.p., come introdotto dalla L. 19 luglio 2019, n. 69, art. 6, avuto riguardo alla omessa subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena a percorsi specifici di recupero presso enti o associazioni qualificati.
Si deduce che erroneamente il Giudice per le indagini preliminari ha omesso di subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alle prescrizioni previste dal vigente art. 165 c.p., comma 5, che impone, per i reati in esso indicati, tra cui quello di violenza sessuale, di disporre "comunque" la partecipazione del condannato a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero dello stesso.
Si premette che, nel caso in esame, trattandosi di sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai fini dell'ammissibilità o meno del ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, occorre valutare se l'omessa subordinazione della sospensione condizionale agli obblighi di cui all'art. 165 c.p., comma 5, determini l'illegalità della pena.
Si segnala, poi, l'esistenza di due opposti orientamenti in seno alla giurisprudenza di legittimità in ordine alla configurabilità della illegalità della pena applicata con sentenza di "patteggiamento" ex art. 444 c.p.p., e s.s. in caso di omessa subordinazione della sospensione condizionale agli obblighi che per legge debbono essere necessariamente imposti ai fini della concessione del beneficio. Secondo il primo indirizzo, la sospensione condizionale della pena non subordinata alle prescrizioni di cui all'art. 165 c.p., comma 2, è deducibile con ricorso per cassazione ex art. 448 c.p.p., comma 2-bis, essendo riconducibili al concetto di legalità della pena tutti gli istituti che incidono sulla sua concreta ed effettiva applicazione (si citano, in particolare, Sez. 6, n. 17119 del 14/03/2019, P., Rv. 275898-01, e Sez. 4, n. 5064 del 06/11/2018, dep. 2019, Bonomi, Rv. 275118-01). Secondo l'altro orientamento, l'illegittima applicazione della sospensione condizionale della pena, in quanto non subordinata, ex art. 165 c.p., comma 2, all'adempimento di uno degli obblighi previsti dal comma 1 della stessa norma, non può essere dedotta con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, trattandosi di vizio non riconducibile al concetto di illegalità della pena (si cita Sez. 3, n. 35485 del 23/04/2021, P., Rv. 281945-01).
Si conclude, quindi, in linea con il primo indirizzo, che l'omessa subordinazione della sospensione condizionale della pena agli obblighi di cui all'art. 165 c.p., comma 5, integra una vicenda di illegalità della pena applicata con sentenza di "patteggiamento", da cui discende l'ammissibilità del ricorso per cassazione. Si evidenzia, in particolare, che, nella nozione di legalità della pena, debbono essere compresi tutti i profili attinenti alle modalità di esplicazione del regime punitivo, nonché tutti gli istituti incidenti sulla concreta ed effettiva applicazione della sanzione penale, anche per assicurare il principio costituzionale di cui all'art. 111 Cost., comma 7, in forza del quale contro le sentenze è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge.
3. ò Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha presentato requisitoria nella quale chiede la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite, o, in subordine, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla sospensione condizionale della pena per nuovo esame sul punto.
Nella requisitoria, si richiama innanzitutto il contrasto giurisprudenziale rilevabile in materia.
Si osserva, poi, che appare preferibile l'orientamento secondo il quale è ammissibile la proposizione del ricorso per cassazione a norma dell'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, nel caso di omessa subordinazione della sospensione condizionale ad un obbligo la cui imposizione per legge è necessaria per più ragioni. Si segnala, innanzitutto, che appaiono riconducibili al concetto di legalità della pena anche gli istituti che incidono sul trattamento punitivo e sulla concreta ed effettiva applicazione delle sanzioni. Si osserva, inoltre, che la concessione della sospensione condizionale della pena subordinata all'adempimento di obblighi "garantisce che il comportamento del reo, dopo la condanna, si adegui a quel processo di ravvedimento che costituisce lo scopo precipuo dell'istituto stesso della sospensione condizionale della pena" (si cita Corte Cost., n. 49 del 1975), ed incide sulla personalizzazione della pena, assicurano una risposta sanzionatoria il più possibile calibrata al caso concreto (si cita Sez. U, n. 37503 del 2022).
4. Nell'interesse dell'imputato M.M.E.H. , l'avvocato Nicotra Leonardo ha presentato memoria con cui ha concluso per il rigetto del ricorso.
Nella memoria, si richiama l'orientamento secondo cui, in caso di sentenza di patteggiamento, non può essere dedotta con ricorso per cassazione la violazione dell'art. 165 c.p., comma 2, per la mancata subordinazione della sospensione condizionale della pena agli obblighi previsti come doverosi, trattandosi di vizio non riconducibile al concetto di illegalità della pena (si cita Sez. 3, n. 35485 del 23/04/2021, P., Rv. 281945-01).
Considerato in diritto
1. La decisione del ricorso deve essere rimessa alle Sezioni Unite, dovendo sottoporsi alle stesse l'esame della questione concernente l'ammissibilità, avverso le sentenze di patteggiamento, del ricorso per cassazione del Pubblico Ministero che censura la concessione della sospensione condizionale della pena concordata tra le parti e non subordinata ad un obbligo previsto come condizione necessaria dalla legge per l'applicazione del beneficio, in particolare in relazione ai reati previsti dall'art. 165 c.p., comma 5.
2. La questione risulta controversa nella giurisprudenza di legittimità.
In effetti, secondo un orientamento, in caso di sentenza di patteggiamento, l'illegittima applicazione della sospensione condizionale della pena, in quanto non subordinata all'adempimento di uno degli obblighi previsti come condizione necessaria dalla legge ai fini dell'applicazione del beneficio, non può essere dedotta con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, trattandosi di vizio non riconducibile al concetto di illegalità della pena.
Altro indirizzo, invece, afferma che, anche in caso di sentenza di patteggiamento, l'omessa subordinazione della sospensione condizionale della pena ad uno degli obblighi previsti come condizione necessaria dalla legge ai fini dell'applicazione del beneficio, può essere dedotta con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, posto che vanno ricondotti al concetto di pena illegale anche gli istituti che incidono sulla effettiva e concreta applicazione delle sanzioni.
Le più recenti decisioni dissentono dichiaratamente da quelle dell'indirizzo opposto, e si confrontano con pronunce delle Sezioni Unite.
3. L'orientamento secondo il quale, in caso di sentenza di patteggiamento, l'illegittima applicazione della sospensione condizionale della pena, in quanto non subordinata all'adempimento di uno degli obblighi previsti come condizione necessaria dalla legge ai fini dell'applicazione del beneficio, non può essere dedotta con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, trattandosi di vizio non riconducibile al concetto di illegalità della pena, è stato affermato da numerose decisioni.
Alcune decisioni hanno affermato questo principio con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 165 c.p., comma 2, secondo la quale: "La sospensione condizionale della pena, quando è concessa a persona che ne ha già usufruito, deve essere subordinata all'adempimento di uno degli obblighi previsti nel comma precedente". In particolare, si possono indicare Sez. 6, n. 36772 del 12/09/2022, Amato, Rv. 283829-01, e Sez. 3, n. 35485 del 23/04/2021, Rv. 281945-01.
Altre decisioni hanno enunciato il medesimo principio avendo riguardo alla fattispecie di cui all'art. 165 c.p., comma 5, la quale prevede: "Nei casi di condanna per i delitti di cui agli artt. 572,609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis c.p., nonché agli artt. 582 e 583-quinquies c.p. nelle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 576 c.p., comma 1, nn. 2, 5 e 5.1, e art. 577 c.p., comma 1, n. 1, e comma 2, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati". In particolare, si possono citare Sez. 6, n. 23416 del 10/03/2022, Abbondanza, e Sez. 6, n. 9690 del 17/02/2022, Dudun, entrambe relative al reato di maltrattamenti in famiglia.
Altre decisioni ancora, in termini più generali, hanno affermato l'inammissibilità, avverso le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti, del ricorso per cassazione del Pubblico Ministero che censura la concessione della sospensione condizionale della pena quando il beneficio non potrebbe essere applicato per divieto di legge, in quanto denunciante vizio estraneo alla nozione di illegalità della pena. In particolare, si possono richiamare Sez. 6, n. 29950 del 23/06/2022, Sotgiu, Rv. 283723-01, con riguardo alla fattispecie di cui all'art. 164 c.p., comma 4, che pone il divieto di concedere la sospensione condizionale della pena più di una volta o comunque oltre i limiti sanzionatori previsti dall'art. 163 c.p., nonché Sez. 6, n. 35627 del 13/06/2022, Lena, Rv. 283732-01, e Sez. 6, n. 18976 del 22/02/2022, Dibisceglia, entrambe concernenti la fattispecie di cui all'art. 164 c.p., comma 2, n. 1, che preclude l'applicazione del beneficio a chi abbia riportato precedenti condanne per delitto o sia stato dichiarato delinquente o contravventore abituale o professionale.
4. L'indirizzo che esclude, in caso di sentenza di patteggiamento, l'ammissibilità del ricorso per cassazione con il quale il Pubblico Ministero contesta l'illegittima applicazione della sospensione condizionale della pena, in quanto non subordinata all'adempimento di uno degli obblighi previsti come condizione necessaria dalla legge ai fini dell'applicazione del beneficio, muove da una comune premessa e si fonda essenzialmente su due argomenti.
4.1. Il punto di partenza è costituito dalla ricognizione del sistema normativo in tema di impugnazioni proponibili contro la sentenza di patteggiamento.
Si rappresenta, in particolare, che, a norma dell'art. 448 c.p., comma 2-bis, come inserito dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 50, contro la sentenza di applicazione della pena è ammesso ricorso per cassazione "solo per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e all'illegalità della pena o della misura di sicurezza".
Si osserva, poi, che, secondo la giurisprudenza, anche delle Sezioni Unite (si cita in particolare Sez. U, n. 21369 del 26/09/2019, dep. 2020, Melzani, Rv. 279349-01), la disposizione cui fare riferimento per valutare l'ammissibilità del ricorso per cassazione che pone questioni attinenti ai punti oggetto dell'accordo negoziale è proprio l'art. 448 c.p., comma 2-bis, e che, quindi, è allo stesso che occorre avere riguardo in caso di disposizioni relative alla sospensione condizionale della pena concordate tra le parti (per questa premessa, cfr. in particolare, Sez. 6, n. 9690 del 2022, cit.).
4.2. Posta questa premessa, l'inammissibilità del ricorso avverso disposizioni relative alla sospensione condizionale della pena concordate tra le parti è spiegata avendo riguardo, per un verso, alla nozione di "illegalità della pena", da intendersi come nettamente distinta da quella di "illegittimità della pena", e, per l'altro, all'estraneità delle disposizioni sulla sospensione condizionale al "nucleo" centrale del concetto di pena.
Precisamente, con riguardo al primo argomento, si osserva che, alla luce di quanto evidenziato da numerose decisioni delle Sezioni Unite, "il concetto di "illegalità" presuppone la totale estraneità della pena al sistema e sembra si stia gradualmente ma inesorabilmente restringendo a favore della finitima, mera "illegittimità" della pena, quest'ultima configurabile quando la sanzione, pur astrattamente compatibile con le norme che la regolano, risulti in concreto contraria a specifiche prescrizioni che ne avrebbero condizionato l'operatività" (così, testualmente, Sez. 6, n. 36772 del 2022, cit., nonché in termini sovrapponibili o analoghi, Sez. 6, n. 9690 del 2022, cit., e Sez. 3, n. 35485 del 2021, cit.). Nell'elencazione delle decisioni delle Sezioni Unite in tema di nozione di pena illegale si citano: Sez. U, n. 18821 del 24/10/2013, Ercolano; Sez. U, n. 33040 del 26/2/2015, Jazouli, Rv. 264207; Sez. U, n. 47766 del 26/6/2015, Butera, Rv. 265108; Sez. U, n. 40986 del 19/7/2018, Pittalà; Sez. U, n. 28910 del 28/02/2019, Suraci; Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, Savin.
Per quanto attiene al secondo argomento, si osserva che, mentre la pena è "tradizionalmente intesa quale malum passionis propter malum actionis", e quindi "come sofferenza inflitta per l'offesa cagionata mediante il reato", la sospensione condizionale, anche alla luce di quanto osservato dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 295 del 2005, "articola (...) un meccanismo di paralisi (soltanto eventualmente temporanea) della pretesa punitiva che, oltretutto, lungi dal condividere tutte le finalità della pena, persegue soltanto la prevenzione generale positiva, in funzione di potenziale recupero del condannato" (così Sez. 6, n. 36772 del 2022, cit., nonché, in termini analoghi, Sez. 6, n. 23416 del 2022, cit., e Sez. 3, n. 35485 del 2021, cit.).
4.3. Sembra utile rilevare che le decisioni espressive dell'orientamento in esame non hanno evidenziato alcuna differenza tra le diverse fattispecie che, per volontà del legislatore, precludono la concessione della sospensione condizionale non subordinata all'adempimento di un obbligo.
Invero, le pronunce indicate hanno esposto lo stesso ordine di argomenti sia quando si sono espresse con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 165 c.p., comma 2, relativa alle persone che hanno già usufruito della sospensione condizionale della pena (Sez. 6, n. 36772 del 2022, cit., e Sez. 3, n. 35485 del 2021, cit.), sia quando hanno statuito con riferimento alla fattispecie di cui al medesimo art. 165 c.p., comma 5, concernente i reati di cui agli artt. 572,609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis c.p., nonché agli artt. 582 e 583-quinquies c.p. nelle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 576 c.p., comma 1, nn. 2, 5 e 5.1, e art. 577 c.p., comma 1, n. 1, e comma 2, (Sez. 6, n. 23416 del 2022, cit., e Sez. 6, n. 9690 del 2022, cit.).
4.4. Gli stessi argomenti sono richiamati anche a fondamento dell'indirizzo che ritiene inammissibile la proposizione, avverso le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti, del ricorso per cassazione del Pubblico Ministero che censura la concessione della sospensione condizionale della pena quando il beneficio non potrebbe essere riconosciuto per la presenza di un divieto posto dalla legge.
In più, le decisioni che affermano questo principio o hanno evocato "la ratio selettiva dell'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, norma che è stata pensata in relazione ad un negozio processuale basato sul consenso delle parti, permeato di una pregnante finalità deflattiva" (Sez. 6, n. 35627 del 2022, cit.). Oppure hanno: -) sottolineato la coerenza della regola da esse enunciata con quella espressa dalle Sezioni Unite che ha escluso l'ammissibilità del ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento per l'erronea applicazione del giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee, perché, secondo quanto indicato nell'informazione provvisoria, deve considerarsi illegale la pena "solo ove il risultato finale del procedimento di computo sia inosservante dei limiti edittali generali, nonché dei limiti edittali propri delle singole previsioni di reato, restando irrilevanti i passaggi intermedi", osservando che "la illegittima applicazione della sospensione condizionale della pena, non incidendo sul procedimento di computo della pena, bensì sulla sua esecuzione, non ne determina l'illegalità"; nonché -) rilevato l'assenza di vuoti di tutela "potendo il Pubblico ministero, una volta divenuta irrevocabile la sentenza, adire il giudice dell'esecuzione al fine di ottenere la revoca del beneficio concesso in presenza di una causa ostativa" (così Sez. 6, n. 29950 del 2022, cit.).
5. L'opposto orientamento, secondo il quale è ammissibile la proposizione, avverso una sentenza di patteggiamento, del ricorso per cassazione con il quale il Pubblico Ministero contesta l'omessa subordinazione della sospensione condizionale della pena ad uno degli obblighi previsti come condizione necessaria dalla legge ai fini dell'applicazione del beneficio, in quanto rientrano nel concetto di pena illegale anche gli istituti che incidono sulla effettiva e concreta applicazione delle sanzioni, è anch'esso affermato da diverse decisioni.
Le decisioni che hanno affermato questo principio risultano tutte riferite alla fattispecie di cui all'art. 165 c.p., comma 2. Si possono citare: Sez. 4, n. 47202 del 18/11/2022, Loi, 283925-01; Sez. 2, n. 11611 del 27/01/2020, Serpillo, Rv. 278632-01; Sez. 5, n. 49481 del 13/11/2019, F., non massimata; Sez. 6, n. 17119 del 14/03/2019, P., Rv. 275898-01; Sez. 4, n. 5064 del 06/11/2018, dep. 2019, Bonomi, Rv. 275118-01.
Altra decisione, poi, pronunciandosi in relazione a questione "vicina" a quella in esame, ha ritenuto ammissibile il ricorso per cassazione del Pubblico Ministero avverso sentenza di patteggiamento che aveva concesso la sospensione condizionale in relazione ad una pena superiore a quella per la quale la legge consente il beneficio, osservando che "la statuizione della sospensione della intera pena, oltre il limite dei due anni previsto dall'art. 163 c.p. in cui la pena può essere sospesa, determin(a) una pena illegale, nel senso di pena non prevista dall'ordinamento" (Sez. 4, n. 42264 del 06/10/2022, Guerini, non massimata).
6. L'indirizzo che ritiene ammissibile la proposizione, avverso una sentenza di patteggiamento, del ricorso per cassazione con il quale il Pubblico Ministero contesta l'omessa subordinazione della sospensione condizionale della pena ad uno degli obblighi previsti come condizione necessaria dalla legge, ai fini dell'applicazione del beneficio, condivide con quello cui si oppone che, per l'esame della questione, un ruolo centrale è svolto dalla disposizione di cui all'art. 448 c.p., comma 2-bis, ma accoglie una diversa nozione di "pena illegale".
6.1. Con riguardo alla nozione di "pena illegale", si dà atto, innanzitutto, che la stessa, per come elaborata dalle diverse pronunce delle Sezioni Unite, non risulta finora estesa all'istituto della sospensione condizionale della pena, ed anzi sembra escludere quest'ultimo dall'ambito della sua applicazione.
Si osserva, infatti, per un verso, che la nozione di "pena illegale" è riferita alle ipotesi di "pena (...) inflitta extra o contra legem perché non prevista dall'ordinamento giuridico ovvero non corrispondente, per specie o quantità, a quella astrattamente prevista per la fattispecie incriminatrice concreta", nonché di "pena determinata dal giudice attraverso un procedimento di commisurazione basato su una norma dichiarata costituzionalmente illegittima", nonché, ancora di "pena determinata in violazione del principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole".
Si rappresenta, poi, per l'altro, che la nozione di "pena illegale" è stata ritenuta non inclusiva delle ipotesi di "pena complessivamente legittima anche se determinata secondo un processo argomentativo viziato", e non riferibile a "profili incidenti sul regime applicativo della sanzione, a meno che ciò non comporti la determinazione di una pena estranea all'ordinamento per specie, genere o quantità".
6.2. Si rileva, però, che una nozione restrittiva di "pena illegale" non può ritenersi imposta in riferimento all'art. 448 c.p.p., comma 2-bis.
Si evidenzia, in primo luogo, che la disposizione appena citata, siccome relativa ai limiti della possibilità di ricorrere per cassazione contro le sentenze di patteggiamento, deve essere interpretata ponendo in bilanciamento il principio costituzionale di cui all'art. 111 Cost., comma 7, in forza del quale "(c)ontro le sentenze (...) è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge", e le esigenze di celerità e deflazione sottese a procedimento speciale previsto dall'art. 444 c.p.p., e s.s.. Si rappresenta, precisamente, che il principio costituzionale non può essere considerato recessivo rispetto allo scopo di scoraggiare ricorsi defatigatori, anche perché attiene ad un istituto che "incide a tal punto sulla "legalità" del trattamento sanzionatorio da determinare i casi nei quali la pena non deve essere eseguita o può esserlo solo al verificarsi di determinate condizioni" (cfr., testualmente, Sez. 4, n. 47202 del 2022, cit.; l'esigenza di "evitare che una serie di violazioni di legge rimangano indeducibili in cassazione, contrariamente al disposto dell'art. 111 Cost., comma 7" è sottolineata anche da Sez. 4, n. 5064 del 2019, cit.).
Si osserva, poi, che la nozione di pena non può essere circoscritta "all'irrogazione di una o più delle sanzioni previste dall'art. 17 c.p., ma va identificata in un più ampio plesso concettuale che comprende anche gli istituti che incidono sulla concreta ed effettiva applicazione di tali sanzioni" (così Sez. 4, n. 47202 del 2022, la quale ripropone quanto affermato da Sez. 4, n. 5064 del 2019, cit.). Da ciò si fa discendere che "non può essere considerata estranea al concetto di legalità della pena la questione relativa alla necessità giuridica di subordinare o meno tale beneficio a uno degli obblighi previsti dall'art. 165 c.p. e non può esserlo, più in generale, il tema dei limiti entro i quali il beneficio della sospensione condizionale può essere concesso" (così ancora Sez. 4, n. 47202 del 2022, e, prima, Sez. 4, n. 5064 del 2019, cit.; per analoghe conclusioni, Sez. 6, n. 17119 del 2019, cit.).
Si espone, inoltre, che la concessione della sospensione condizionale della pena "ha comunque un suo pur limitato contenuto afflittivo che si concretizza nell'intimazione rivolta al condannato di astenersi dal commettere ulteriori reati, con l'ammonimento che ove ciò non avvenga, e ricorrendo determinate condizioni, alla pena comminatagli sarà data esecuzione", ed è anzi maggiormente percepibile quando l'applicazione del beneficio sia subordinata all'adempimento di specifici obblighi (così Sez. 6, n. 17119 del 2019, cit.).
6.3. Si segnala, ancora, che l'inclusione nella nozione di "pena illegale" delle questioni concernenti la necessità di subordinare la sospensione condizionale della pena ad un obbligo normativamente previsto non può ritenersi in contrasto con i principi affermati dalle Sezioni Unite (il tema è esaminato specificamente da Sez. 4, n. 47202 del 2022, cit.).
Si rappresenta, in particolare, che Sez. U, Savini, "si riferisce alla riduzione di pena prevista in caso di giudizio abbreviato e dunque ad un caso del tutto diverso rispetto a quello in esame", mentre Sez. U, Sacchettino, attiene alle modalità di calcolo della pena nella sentenza di patteggiamento, ossia a vicende "estranee al patto", avendo questo ad oggetto solo la pena finale.
Si osserva, inoltre, che Sez. U, n. 38809 del 2022, Miraglia, pur espungendo dalla nozione di illegalità della pena le questioni attinenti alla sospensione condizionale della stessa, attiene ad una ipotesi di rilevabilità di ufficio del vizio, e, quindi, ad una vicenda diversa, in cui occorre "contemperare il valore della legalità della pena con quello della intangibilità del giudicato sostanziale". Si evidenzia, in particolare, che il valore della intangibilità del giudicato sostanziale è estraneo alla situazione in cui viene impugnata la sentenza di patteggiamento con ricorso per cassazione, essendo questo "l'unico rimedio consentito dall'ordinamento a un errore di diritto commesso, prima ancora che dal giudice che ha pronunciato la sentenza, dal pubblico ministero che ha prestato il consenso alla illegittima concessione del benefici".
7. La questione non sembra potersi dire già risolta dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, anche se è stata evocata in almeno due pronunce delle Sezioni Unite.
7.1. Innanzitutto, le due decisioni che hanno esaminato il tema della riferibilità della nozione di "pena illegale" alla concessione contra legem della sospensione condizionale della pena, Sez. U, n. 38809 del 31/03/2022, Miraglia, e Sez. U, n. 47182 del 31/03/2022, Savini, attengono entrambe a ricorsi avverso sentenze diverse da quelle di patteggiamento, e, quindi, non hanno scrutinato la questione concernente l'esatta perimetrazione delle censure proponibili a norma dell'art. 448 c.p.p., comma 2-bis.
7.1.1. Sez. U, n. 38809 del 2022, Miraglia, ha sì affermato, dopo aver richiamato i due orientamenti giurisprudenziali in tema di ammissibilità del ricorso per cassazione avverso le sentenze di patteggiamento applicative della sospensione condizionale della pena senza subordinarla ad obblighi imposti dalla legge (in motivazione, p. 8), che "la nozione di pena illegale non (può) estendersi sino al punto da includere profili incidenti sul regime applicativo della sanzione, a meno che ciò non comporti la determinazione di una pena estranea all'ordinamento per specie, genere o quantità" (in motivazione, p. 9.3).
Ma questa nozione di pena illegale è espressamente e specificamente riferita alla rilevabilità di ufficio in caso di ricorso per cassazione inammissibile, come già puntualmente notato da Sez. 4, n. 47202 del 2022, cit. Sez. U, n. 38809 del 2022, Miraglia, infatti, precisa: "In altri termini, la pena è illegale, ai fini qui rilevanti del rilievo officioso anche in caso di inammissibilità del ricorso, non quando consegua ad una mera erronea applicazione dei criteri di determinazione del trattamento sanzionatorio, alla quale l'ordinamento reagisce approntando i rimedi processuali delle impugnazioni, ma solo quando non sia prevista dall'ordinamento giuridico ovvero sia superiore ai limiti previsti dalla legge o sia più grave per genere e specie di quella individuata dal legislatore" (in motivazione, p. 9.3). E aggiunge che questa nozione di pena illegale è correlata "alle garanzie sottese al giudicato, ossia quale limite estremo di tutela della libertà personale esposta al rischio di un arbitrio che travalichi i limiti del potere sanzionatorio riconosciuto al giudice" (in motivazione, ancora p. 9.3).
7.1.2. Sez. U, n. 47182 del 2022, Savini, è stata anche più netta nell'escludere dalla nozione di "pena illegale" l'applicazione della sospensione condizionale non subordinata all'adempimento di uno degli obblighi previsti come condizione necessaria dalla legge ai fini della concessione del beneficio.
Questa decisione, infatti, ha rilevato che un'accezione così estesa "conduce a predicare l'illegalità non già della pena, bensì del trattamento sanzionatorio, ovvero del complessivo regime di attuazione della statuizione sulla pena" ed ha prestato espressa adesione alle indicazioni offerte da Sez. 3, n. 35485 del 2021, cit. (in motivazione, p. 10).
Tuttavia, anche Sez. U, n. 47182 del 2022, Savini, aveva il problema di individuare la nozione di "pena illegale" rilevante ai fini della superabilità o meno della preclusione derivante dalla inammissibilità del ricorso, determinata dal fatto che questo atto di impugnazione conteneva censure riguardanti l'esatta applicazione della diminuente per il rito abbreviato, non formulate, però, con l'atto di appello, ma non ha in alcun modo affrontato il tema dei limiti di proponibilità del ricorso per cassazione avverso le sentenze di patteggiamento.
E netta appare la differenza tra le esigenze implicate dalla preclusione per la mancata proposizione delle censure negli ordinari termini per la proposizione di una impugnazione e le esigenze sottese al regime di impugnazione delle sentenze di patteggiamento. Invero, le preclusioni per il mancato rispetto dei termini sono funzionali ad assicurare un ordinato assetto del sistema dei rimedi esperibili contro le decisioni nonché la progressiva formazione del giudicato, al fine di escludere la possibilità di una temporalmente illimitata messa in discussione delle decisioni in elusione della disciplina delle decadenze previste in materia di impugnazioni. Le "restrizioni" alla "contestabilità" delle sentenze di patteggiamento, invece, come emerge espressamente anche dalla "relazione governativa di accompagnamento del d.d.l." A.C. 2798 – 17^ legislatura, poi confluito nella L. n. 103 del 2017, art. 1, comma 50, introduttivo dell'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, sono state previste per evitare la proposizione di impugnazioni a scopi essenzialmente dilatori, ma non rispondono certo all'esigenza di impedire una temporalmente illimitata messa in discussione delle decisioni con i rimedi ordinari, posto che il ricorso per cassazione deve essere proposto in tempi brevi, e a pena di decadenza.
7.2. Le pronunce delle Sezioni Unite che hanno approfondito i profili attinenti ai limiti di ammissibilità del ricorso per cassazione avverso le sentenze di patteggiamento dopo l'entrata in vigore dell'art. 448 c.p., comma 2-bis, come inserito dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, art. 1, comma 50, non hanno esaminato il problema dei rapporti tra la nozione di "pena illegale" e la questione dell'applicazione della sospensione condizionale concordata tra le parti e non subordinata all'adempimento di uno degli obblighi previsti come condizione necessaria dalla legge ai fini della concessione del beneficio, o comunque il tema della sperimentabilità di rimedi in proposito.
7.2.1. Precisamente, Sez. U, n. 40986 del 19/07/2018, Pittalà, Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, Savin, Sez. U, n. 21369 del 26/09/2019, dep. 2020, Melzani, e Sez. U, n. 23400 del 27/01/2022, Boccardo, pur se pronunciate in epoca successiva all'entrata in vigore dell'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, e sebbene relative a procedimenti definiti con il rito del patteggiamento, non hanno esaminato specificamente la nozione di "pena illegale" come prevista da questa disposizione, nè questioni concernenti l'applicazione della sospensione condizionale della pena concordata tra le parti.
Invero, Sez. U, n. 40986 del 19/07/2018, Pittalà, non ha trattato i profili di operatività della disposizione appena citata, perché la sentenza impugnata era stata pronunciata prima dell'entrata in vigore di tale previsione normativa (l'inapplicabilità della previsione di cui all'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, nella fattispecie esaminata, è espressamente affermata in motivazione, p. 3.2., in fine).
Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, Savin, poi, ha approfondito il tema dalla impugnabilità delle sentenze di patteggiamento in relazione alle statuizioni concernenti le misure di sicurezza.
Sez. U, n. 21369 del 26/09/2019, dep. 2020, Melzani, ancora, ha esaminato la questione concernente l'applicazione o l'omessa applicazione di sanzioni amministrative, ossia di statuizioni estranee all'accordo tra le parti ex art. 444 c.p.p., e l'ha risolta ritenendo applicabile la disciplina ordinaria di cui all'art. 606 c.p.p., e non quella di cui all'art. 448 c.p.p., comma 2-bis.
Sez. U, n. 23400 del 27/01/2022, Boccardo, infine, ha trattato, in particolare, del problema dei poteri del giudice di merito a fronte di un accordo tra le parti sulla concessione della sospensione condizionale della pena che non si estende agli obblighi connessi ex lege alla concessione del beneficio.
Peraltro, da queste decisioni sembra derivare una convergente indicazione nel senso che, quando l'accordo tra le parti non si estende alla concessione della sospensione condizionale, e questa è applicata di ufficio, la deducibilità con ricorso per cassazione della questione relativa alla mancata subordinazione del beneficio ad obblighi previsti come giuridicamente necessari non è soggetta alle limitazioni di cui all'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, ma è regolata dalla disciplina generale dell'art. 606 c.p.p..
7.2.2. Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, Sacchettino, invece, ha approfondito il tema della nozione di "pena illegale" ai fini della proponibilità del ricorso per cassazione avverso le sentenze di patteggiamento, ma nulla ha indicato con riferimento all'ammissibilità di questioni concernenti l'applicazione della sospensione condizionale non subordinata all'adempimento di uno degli obblighi previsti come condizione necessaria dalla legge ai fini della concessione del beneficio.
In particolare, la decisione appena indicata, dopo aver osservato: ""Pena illegale" è (...) quella che si colloca al di fuori del sistema sanzionatorio come delineato dal codice penale, perché diversa per genere, per specie o per quantità da quella positivamente prevista", ha sì richiamato la generale elaborazione della giurisprudenza delle Sezioni Unite in materia.
La stessa, però, ha affermato il principio secondo cui "la pena determinata a seguito dell'erronea applicazione del giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee concorrenti è illegale soltanto nel caso in cui essa ecceda i limiti edittali generali previsti dall'art. 23 c.p., e segg., art. 65 c.p. e art. 71 c.p., e segg., oppure i limiti edittali previsti, per le singole fattispecie di reato, dalle norme incriminatrici che si assumono violate, a nulla rilevando il fatto che i passaggi intermedi che portano alla sua determinazione siano computati in violazione di legge", sulla premessa che l'accordo "si forma non tanto sulle operazioni di computo attraverso le quali la pena indicata viene determinata, bensì sul risultato finale delle predette operazioni, ovvero sulla pena della quale si chiede conclusivamente l'applicazione" (in motivazione, p. 15).
La medesima decisione, ancora, ha più volte ribadito che "pena illegale" è anche la "pena inferiore al minimo edittale previsto dall'art. 23 c.p." (cfr., in particolare, in motivazione, p. 15.2.1), accogliendo così una nozione non applicabile nei casi di rilevabilità di ufficio, poiché, come espressamente precisato da Sez. U, n. 38809 del 31/03/2022, Miraglia (in motivazione, p. 8), "nel caso di rilievo officioso, la nozione generale è operativamente destinata a misurarsi con il divieto di reformatio in pejus, che impedisce, in assenza di impugnativa del P.M., un intervento sulla pena inferiore al minimo previsto dalla legge" (v., anche, in termini sovrapponibili, Sez. U, n. 47182 del 31/03/2022, Savini, in motivazione, p. 9, pag. 20).
Inoltre, Sez. U, n. 877 del 2023, Sacchettino, nel richiamare una decisione di legittimità che ha ritenuto costituzionalmente legittimi i limiti imposti dall'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, in tema di accesso al di sindacato di legittimità in ordine alle sentenze di patteggiamento (si tratta di Sez. 5, n. 21497 del 12/03/2021, Ricciardi, Rv. 281182-01), ha riproposto l'affermazione secondo cui l'indicata "restrizione" "trova ragionevole giustificazione, nell'ambito delle scelte discrezionali riservate al legislatore, nell'esigenza di limitare il controllo di legittimità ai soli momenti della decisione che contrastano con la volontà espressa dalle parti o costituiscono disapplicazione dell'assetto normativo disciplinante il fatto illecito portato alla cognizione del giudice".
8. Il tema concernente la riferibilità alla nozione di "pena illegale" delle questioni relative alla concessione, con la sentenza di patteggiamento, di sospensione condizionale concordata tra le parti e non sottoposta ad obblighi giuridicamente necessari, o comunque la deducibilità di tali questioni a mezzo del ricorso per cassazione, sembra presentare profili suscettibili di ulteriore approfondimento.
Profili che attengono al rapporto tra la sospensione condizionale, specie se subordinata ad obblighi, e la "pena", alla rilevabilità della concessione contra legem della sospensione condizionale anche oltre il limite del giudicato, e alla portata dell'art. 111 Cost., comma 7.
8.1. Innanzitutto, sembra utile approfondire se e fino a che punto la sospensione condizionale, specie quando subordinata ad obblighi, sia estranea alla nozione di "pena".
Alcune autorevoli voci in dottrina, già da tempo, hanno osservato che il beneficio della sospensione condizionale della pena, "pur risultando uno strumento alternativo al carcere, conserva una positiva portata sanzionatoria".
Inoltre, significative indicazioni sulla natura sanzionatoria della sospensione condizionale della pena e degli obblighi imposti con la stessa sono inferibili dal diritto dell'Unione Europea.
In particolare, con riguardo alle fonti normative, uno specifico richiamo deve essere fatto alla decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive.
Segnatamente, questa decisione quadro: -) nel punto 3 del considerando, dopo aver dato atto dell'esistenza di altra disciplina concernente "il reciproco riconoscimento e l'esecuzione delle pene detentive o misure restrittive della libertà personale", afferma la necessità di "ulteriori norme comuni, segnatamente qualora una pena non detentiva che comporta la sorveglianza di misure di sospensione condizionale o di sanzioni sostitutive sia stata irrogata nei confronti di una persona che non ha una residenza legale o abituale nello Stato di condanna"; -) nel punto 8 del considerando, indica, come scopo del reciproco riconoscimento e della sorveglianza della sospensione condizionale della pena, delle condanne condizionali, sanzioni sostitutive e decisioni di liberazione condizionale, non solo quello di rafforzare la possibilità del reinserimento sociale della persona condannata, ma anche quello "di migliorare il controllo del rispetto delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive allo scopo di impedire la recidiva, tenendo così in debita considerazione la protezione delle vittime e del pubblico in generale"; -) all'art. 1, par. 1, evidenzia che l'atto normativo è diretto "a favorire la riabilitazione sociale delle persone condannate, a migliorare la protezione delle vittime del pubblico in generale e a favorire l'applicazione di opportune misure di sospensione condizionale e di sanzioni socialmente utili, nel caso di autori di reati che non vivono nello Stato di condanna"; -) all'art. 2, n. 2, precisa che, per "sospensione condizionale della pena", deve intendersi "una pena detentiva o una misura restrittiva della libertà personale la cui esecuzione è sospesa condizionalmente, in tutto o in parte, al momento della condanna attraverso l'imposizione di una o più misure di sospensione condizionale"; -) all'art. 2, n. 7, definisce come "misure di sospensione condizionale", "gli obblighi e le istruzioni imposte da un'autorità competente, conformemente al diritto interno dello Stato di emissione, nei confronti di una persona fisica in relazione a una sospensione condizionale della pena, a una condanna condizionale o a una liberazione condizionale"; -) all'art. 4, elenca un ampio numero di tipologie di misure di sospensione condizionale e sanzioni sostitutive, nel cui ambito sembrano potersi includere quelle previste dall'art. 165 c.p..
Invero, le disposizioni appena citate attribuiscono alle misure dettate in occasione della concessione della sospensione condizionale anche, e precisamente, lo "scopo di impedire la recidiva, tenendo così in debita considerazione la protezione delle vittime e del pubblico in generale" (considerando 3 e art. 1), e sembrano persino qualificare le stesse come "pena non detentiva" (considerando 3).
Può essere utile aggiungere che queste conclusioni sembrano trovare conferma nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea.
In effetti, una sentenza ha affermato il principio in forza del quale rientra nell'ambito della decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008 anche il riconoscimento di una sentenza che ha irrogato una pena detentiva, la cui esecuzione sia sospesa alla sola condizione di rispettare un obbligo di legge di astenersi dal commettere un nuovo reato durante il periodo di sospensione condizionale, purché tale obbligo di legge risulti da detta sentenza o da una decisione di sospensione condizionale emessa in base a detta sentenza (CGUE, 26 marzo 2020, causa C-2/19).
Altra pronuncia, poi, ha sottolineato che le decisioni di sospensione condizionale, conformemente a quanto indicato dall'art. 1, par. 1, della decisione quadro 2008/947/GAI, letto alla luce del considerando 8, mirano "a impedire la recidiva, a proteggere sia le vittime che il pubblico in generale e a favorire il reinserimento sociale delle persone condannate" (CGUE, 17 marzo 2021, causa C-488/19, p. 77).
8.2. In secondo luogo, può essere opportuno riflettere sulla portata sistematica della scelta del legislatore nazionale di consentire, sia pure in casi limitati, la revoca della concessione contra legem della sospensione condizionale anche oltre il limite del giudicato.
Il legislatore, infatti, è intervenuto sull'art. 674 c.p.p., inserendovi il comma 1-bis, mediante la L. 26 marzo 2001, n. 128, art. 1, comma 2, il quale stabilisce: "Il giudice dell'esecuzione provvede altresì alla revoca della sospensione condizionale della pena quando rileva l'esistenza delle condizioni di cui all'art. 168 c.p., comma 3".
E come osservato dalle Sezioni Unite: "La disposizione espande indiscutibilmente la funzione del giudice della esecuzione, abilitandolo a rimuovere (sulla richiesta del pubblico ministero e colla osservanza del rito ordinario degli incidenti di esecuzione) la statuizione, contenuta nella sentenza irrevocabile, di concessione del beneficio sulla base del rilievo - non già di fatti o eventi sopravvenuti alla formazione del giudicato, bensì - del vizio genetico del provvedimento, costituito dalla inosservanza dell'art. 164 c.p., comma 4, e preesistente alla irrevocabilità" (Sez. U, n. 37345 del 23/04/2015, Longo, Rv. 264381-01, in motivazione, p. 3.2).
Va inoltre aggiunto che la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente ritenuto applicabile la indicata disciplina della revoca della sospensione condizionale di cui all'art. 674 c.p.p., comma 1-bis, anche quando il beneficio è stato riconosciuto da una sentenza di patteggiamento. Si è infatti più volte affermato che è legittima in sede esecutiva, stante la sua natura meramente dichiarativa, la revoca della sospensione condizionale della pena, concessa, pur in assenza dei presupposti di legge, con sentenza di patteggiamento, a nulla rilevando che nell'accordo delle parti la proposta dell'imputato fosse stata subordinata alla concessione del citato beneficio (cfr. Sez. 1, n. 43498 del 18/07/2013, Dell'Acqua, Rv. 256700-01, e Sez. 1, n. 47706 del 08/10/2004, Rorato, Rv. 230232-01).
Ora, la "cedevolezza" del giudicato in malam partem, determinata dalla possibilità di revoca della concessione della sospensione condizionale della pena contra legem sulla base di elementi preesistenti alla pronuncia divenuta irrevocabile, anche in caso di sentenza di patteggiamento, ipotesi eccezionale nel sistema, costituisce dato normativo che appare utile a suggerire una riflessione sul "peso" delle questioni concernenti l'applicazione del beneficio in difformità dalle prescrizioni di legge per l'ordinamento, e, quindi, sull'ammissibilità di una loro deduzione, anche in presenza di procedimento disciplinato dall'art. 444 c.p.p., e s.s., con il ricorso per cassazione, ossia un mezzo ordinario di impugnazione, il cui esperimento è anteriore alla irrevocabilità.
8.3. In terzo luogo, ancora, sembra utile approfondire quali possono essere le interazioni tra il principio costituzionale di cui all'art. 111 Cost., comma 7, e la disciplina sull'impugnabilità delle sentenze di patteggiamento, ovviamente in tema di applicazione della sospensione condizionale della pena concessa contra legem o con modalità difformi dalle prescrizioni di legge.
L'art. 111 Cost., comma 7, prevede: "Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra".
Ora, anche volendo partire dalla interpretazione accolta da Sez. 5, n. 21497 del 12/03/2021, Ricciardi, Rv. 281182-01, ed espressamente condivisa da Sez. U, n. 877 del 2023, Sacchettino, deve ritenersi comunque assicurato dall'art. 111 Cost., comma 7, un controllo di legittimità relativo "ai (...) momenti della decisione che contrastano con la volontà espressa dalle parti o costituiscono disapplicazione dell'assetto normativo disciplinante il fatto illecito portato alla cognizione del giudice".
Ciò posto, le disposizioni che prevedono la subordinazione della sospensione condizionale ad obblighi prefissati come condizione necessaria per la concessione del beneficio sembrano proprio attenere "all'assetto normativo disciplinante il fatto illecito portato alla cognizione del giudice".
Questo sia quando la concessione della sospensione condizionale senza obblighi è vietata dalla legge perché l'imputato ha già fruito del beneficio (è il caso previsto dall'art. 165 c.p., comma 2), sia, e ancor di più, quando la concessione della sospensione condizionale deve essere necessariamente subordinata a specifiche prestazioni in ragione del titolo di reato, come nelle ipotesi di cui all'art. 165 c.p., commi 4, 5 e 6).
In effetti, nelle ipotesi appena indicate, la legge esclude inderogabilmente la compatibilità tra specifiche fattispecie di reato e l'applicazione della sospensione condizionale senza obblighi (significativamente, l'art. 165 c.p., sia il comma 4, sia il comma 5 sia il comma 6 statuiscono: "la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata (...)").
9. Il tema della deducibilità, con un mezzo di impugnazione ordinario, e segnatamente con il ricorso per cassazione, delle questioni relative alla concessione della sospensione condizionale concordata tra le parti e non sottoposta ad obblighi giuridicamente necessari con la sentenza di patteggiamento, ancora, appare suscettibile di un'attenzione specifica con riguardo alla fattispecie prevista dall'art. 165 c.p., comma 5.
Si è detto che l'art. 165 c.p., comma 5, esclude in modo radicale la possibilità di applicare, per i reati di cui agli artt. 572,609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis c.p., nonché agli artt. 582 e 583-quinquies c.p. nelle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 576 c.p., comma 1, nn. 2, 5 e 5.1, e art. 577 c.p., comma 1, n. 1, e comma 2, la sospensione condizionale della pena senza subordinazione "alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati".
Ora, questa previsione appare marcatamente coerente con gli obblighi internazionali derivanti dalla ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. In particolare, l'art. 16 della Convenzione, prevede: -) al paragrafo 1, "Le Parti adottano le misure legislative di altro tipo necessarie per istituire o sostenere programmi rivolti agli autori di atti di violenza domestica, per incoraggiarli ad adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, al fine di prevenire nuove violenze e modificare i modelli comportamentali violenti"; -) al paragrafo 2, "Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per istituire o sostenere programmi di trattamento per prevenire la recidiva, in particolare per i reati di natura sessuale".
La corrispondenza della disciplina di cui all'art. 165 c.p., comma 5, alle previsioni di un accordo internazionale stipulato nell'ambito del Consiglio d'Europa sembra fornire un ulteriore elemento di valutazione al fine di stabilire se la necessità di subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena per i reati indicati dalla citata disposizione codicistica alle prescrizioni da essa indicate costituisca un momento primario dell'assetto normativo relativo alle precisate fattispecie e, quindi, se il rispetto di questo debba essere assicurato anche mediante la deducibilità della sua violazione con il ricorso per cassazione, quale strumento di controllo di rispetto della "legge" da parte di tutte le decisioni giudiziarie prima della formazione del giudicato.
10. Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere rimesso, ai sensi dell'art. 618 c.p.p., comma 1, alle Sezioni Unite sulla seguente questione:
"Se, con riguardo ad una sentenza di patteggiamento, sia ammissibile il ricorso per cassazione del Pubblico Ministero che censura la concessione della sospensione condizionale della pena concordata tra le parti, la quale non sia subordinata ad un obbligo previsto come condizione necessaria dalla legge per l'applicazione del beneficio, in particolare in relazione ai reati di cui all'art. 165 c.p., comma 5".
P.Q.M.
Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.
Dispone, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, che - a tutela dei diritti o della dignità degli interessati - sia apposta, a cura della cancelleria, sull'originale del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi degli interessati riportati sulla sentenza.