Il bene giuridico protetto dall'art. 609-bis, cod. pen., è la libertà personale dell'individuo che deve poter compiere atti sessuali in assoluta autonomia e libertà, contro ogni possibile condizionamento, fisico o morale, e contro ogni non consentita e non voluta intrusione nella propria sfera intima, anche se attuata con l'inganno. La libertà sessuale, quale espressione della personalità dell'individuo, trova la sua più alta forma di tutela nella proclamazione della inviolabilità assoluta dei diritti dell'uomo, riconosciuti e garantiti dalla Repubblica in ogni formazione sociale (art. 2, Cost.). La libertà dell'individuo di disporre del proprio corpo a fini sessuali è assoluta e incondizionata e la sua tutela non incontra limiti e/o attenuazione che possono derivare dalla ricerca di un fine ulteriore e diverso dalla semplice consapevolezza di compiere un atto sessuale, fine estraneo alla fattispecie e non richiesto dalla norma incriminatrice, per qualificare la penale rilevanza della condotta.
In tale ambito, ciò che rileva, è la natura "sessuale" dell'atto sul piano obiettivo, cosicché ogni ulteriore fine, non vale ad escluderlo. Da cui consegue che è necessario e sufficiente che l'imputato sia consapevole della natura "sessuale" dell'atto posto in essere con la propria condotta cosciente e volontaria.
L'istituto della particolare tenuità del fatto non è applicabile al reato di atti sessuali ex art. 609 bis cod.pen. attenuato dalla minore gravità del fatto e ciò in quanto la pena massima edittale, una volta applicata la riduzione minima di un giorno di reclusione per la diminuente prevista dall'ultimo comma dell'art. 609-bis u.c. cod. pen., è ampiamente superiore al limite di cinque anni di reclusione previsto per l'applicazione della speciale causa di non punibilità.
Corte di Cassazione
sez. III Penale, sentenza 7 maggio – 14 giugno 2019, n. 26274
Presidente Di Nicola – Relatore Gai
Ritenuto in fatto
1. Con l'impugna sentenza, la Corte d'appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Castrovillari con la quale Gi. Gi. era stato condannato, previo riconoscimento dell'ipotesi di cui all'art. 609 bis comma 3 cod.pen. e applicata la diminuente di cui all'art. 89 cod.pen., alla pena di anni uno e mesi due di reclusione, in relazione al reato di cui all'art. 609 bis cod.pen., per avere costretto la persona offesa Sa. Lu., commessa di un pubblico esercizio, con violenza, a atti subire sessuali, consistiti in palpeggiamenti insistenti delle natiche. In Castrovillari il 16/01/2010.
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
- Violazione di cui all'art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all'erronea applicazione della legge penale con riferimento alla sussistenza dell'elemento oggettivo del reato, non avendo, gli atti compiuti, connotazioni sessuali, dirette a soddisfare la concupiscenza dell'imputato, essendo gli stessi ascrivibili ad una condotta reattiva in seguito ad un diverbio con la persona offesa.
- Violazione di cui all'art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione alla mancata applicazione dell'art. 89 cod.pen. e alla diminuente prevista in presenza di un vizio parziale di mente.
- Violazione di cui all'art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione alla mancata applicazione dell'art. 131 bis cod.pen.
3. Il Procuratore Generale ha chiesto, in udienza, che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Considerato in diritto
4. Il ricorso è inammissibile attesa la manifesta infondatezza e genericità dei motivi a sostegno.
5. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perchè non appartiene al novero dei motivi di cui all'art 606 cod.proc.pen., apparendo diretto a richiedere una rivalutazione del merito, in punto natura sessuale dell'atto compiuto, non consentita in questa sede.
Infatti, alla Corte di Cassazione è preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l'apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall'esterno (Sez. Un., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260); resta dunque esclusa, pur dopo la modifica dell'art. 606 lett. e) c.p.p., la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 7380 dell'11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
In ogni caso, la sentenza impugnata, in continuità con quella di primo grado che si salda con quella impugnata per formare un unico complesso corpo argomentativo per cui si può fare legittimamente riferimento al contenuto di quella di primo grado ove necessario (Sez. 4, n. 15227 del 14/02/2008, Rv. 239735), sulla scorta dell'accertamento fattuale incensurabile in questa sede, secondo cui l'imputato aveva palpeggiato le natiche della persona offesa, dopo averla bloccata contro la cassa, ha ritenuto integrata la condotta di reato, essendo evidente la natura sessuale dell'atto compiuto, escludendo, in ragione della descrizione dello stesso fatta dalla vittima, che questo potesse essere frutto di un gesto reattivo a fronte di diverbio genericamente adombrato.
6. Al netto della richiesta di rivalutazione del merito e segnatamente delle dichiarazioni della vittima, non consentito in questa sede, la sentenza sul punto non presta il fianco a rilievi di illogicità ed è corretta in diritto.
Ed infatti, in tema di delitti contro la libertà personale, la nozione di atti sessuali agli effetti di cui all'art. 609 bis e segg. cod. pen., comprende tutti quegli atti che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità del soggetto passivo, con invasione della sfera sessuale dello stesso, mediante un, sia pur superficiale, rapporto "corpore - corpori", non necessariamente limitato agli organi genitali "stricto sensu", ma che può riguardare anche quelle altre parti anatomiche, cd. "erogene", che, normalmente e notoriamente, sono oggetto di concupiscenza sessuale. Ai fini della configurabilità del reato è peraltro necessario e sufficiente, sotto il profilo soggettivo, la coscienza e volontà di compiere atti di invasione nella sfera sessuale altrui senza l'ulteriore necessità di quelle finalità particolari (soddisfacimento dell'istinto sessuale), che pur nella generalità dei casi, di fatto, ne costituiscono il movente, ma non rientrano, tuttavia, nella fattispecie tipica (Sez. 3, n. 3648 del 03/10/2017, Rv. 272449 - 01; Sez. 3, n. 21020 del 28/10/2014, Rv. 263738 - 01).
Il bene giuridico protetto dall'art. 609-bis, cod. pen., è la libertà personale dell'individuo che deve poter compiere atti sessuali in assoluta autonomia e libertà, contro ogni possibile condizionamento, fisico o morale, e contro ogni non consentita e non voluta intrusione nella propria sfera intima, anche se attuata con l'inganno. La libertà sessuale, quale espressione della personalità dell'individuo, trova la sua più alta forma di tutela nella proclamazione della inviolabilità assoluta dei diritti dell'uomo, riconosciuti e garantiti dalla Repubblica in ogni formazione sociale (art. 2, Cost.). La libertà dell'individuo di disporre del proprio corpo a fini sessuali è assoluta e incondizionata e la sua tutela non incontra limiti e/o attenuazione che possono derivare dalla ricerca di un fine ulteriore e diverso dalla semplice consapevolezza di compiere un atto sessuale, fine estraneo alla fattispecie e non richiesto dall'art. 609-bis, cod. pen. per qualificare la penale rilevanza della condotta.
In tale ambito, ciò che rileva, è la natura "sessuale" dell'atto sul piano obiettivo, cosicché ogni ulteriore fine, non vale ad escluderlo (Sez. 3, n. 4913 del 22/10/2014, P., Rv. 262470; Sez. 3, n. 21020 del 28/10/2014 P.G.in proc. C, Rv. 263738). Da cui consegue che è necessario e sufficiente che l'imputato sia consapevole della natura "sessuale" dell'atto posto in essere con la propria condotta cosciente e volontaria. Tale è il palpeggiamento delle natiche che rappresenta, secondo la ricostruzione in punto di fatto della persona offesa, un'intrusione violenta nella sfera sessuale della vittima (Sez. 3, n. 1709 del 01/07/2014. M., Rv. 261779 - 01). Ogni contraria ricostruzione del fatto diretta a sostenere la non intenzionalità dell'imputato dell'atto compiuto quale reazione alla condotta della persona offesa (oltre tutto non risulta dal provvedimento impugnato alcun comportamento posto in essere dalla persona offesa che potesse dare causa alla reazione dell'imputato), non è consentita.
Conclusivamente, la corte territoriale si è attenuta allo ius receptum di questa Corte ed ha valutato la condotta posta in essere dall'imputato nel suo complesso e l'ha ritenuta eloquente circa l'intenzione di violare la sfera sessuale con atti di palpeggiamento alle natiche della persona offesa, dopo averla strattonata, motivazione che non presta il fianco a censure motivazionali ed è corretta sul piano del diritto.
7. Manifestamente infondato è, anche, il secondo motivo di ricorso, dal momento che la pena è stata diminuita in ragione del riconosciuto vizio parziale di mente, ex art. 89 cod.pen. Il motivo di ricorso non si confronta con la sentenza impugnata che ha ritenuto la capacità di intendere e volere dell'imputato "grandemente scemata" e ha apportato la diminuzione di pena ai sensi dell'art. 89 cod.pen. La decisione è corretta e la richiesta di applicazione "di un ulteriore diminuente sulla pena in applicazione dell'art. 89 cod.pen." è, all'evidenza, manifestamente infondata.
8. Infine, l'ultimo motivo di ricorso con cui il ricorrente chiede l'applicazione della circostanza attenuante della particolare tenuità del fatto è inammissibile.
L'istituto della particolare tenuità del fatto non è applicabile al reato di atti sessuali ex art. 609 bis cod.pen. attenuato dalla minore gravità del fatto e ciò in quanto la pena massima edittale, una volta applicata la riduzione minima di un giorno di reclusione per la diminuente prevista dall'ultimo comma dell'art. 609-bis u.c. cod. pen., è ampiamente superiore al limite di cinque anni di reclusione previsto per l'applicazione della speciale causa di non punibilità dall'art. 131-bis, stesso codice (Sez. 3, n. 35591 del 11/05/2016, F., Rv. 267647).
9. Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell'art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.