L'erronea individuazione della disciplina applicabile al procedimenti di cooperazione penale giudiziaria internazionale, anche se dovuta ad un disattento impiego di un file informatico sbagliato, comporta una palese violazione di norme di legge: e ciò non solo per avere parametrato la decisione a criteri che rispondono alla logica del principio del mutuo riconoscimento, che è proprio della cooperazione giudiziaria tra gli Stati parte dell'Unione europea, anziché alle specifiche regole estradizionali convenzionali; ma soprattutto perché solo per la richiesta avanzata dall'autorità giudiziaria di altro Stato dell'Unione è consentito al giudice italiano di autorizzare direttamente la consegna del soggetto interessato, cosa che non è possibile nella logica intergovernativa che disciplina la materia estradizionale, con riferimento alla quale, in caso di estradizione per l'estero, alla decisione dell'autorità giurisdizionale, a garanzia dei diritti riconosciuti, deve fare seguito l'adozione da parte del Ministro della giustizia di un apposito decreto di esecuzione dell'estradizione, emesso nell'esercizio di un potere discrezionale politico.
Corte di Cassazione
Sez. VI Num. 30155 Anno 2023
Presidente: CALVANESE ERSILIA
Relatore: APRILE ERCOLE
Data Udienza: 03/07/2023 - deposito 11/07/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Genova nel procedimento nei confronti di
ABA, nato in Marocco il **/1983 avverso la sentenza del 27/04/2023 della Corte di appello di Genova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Raffaele Gargiulo, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Genova disponeva la consegna di AAB all'autorità giudiziaria del Marocco in accoglimento dell'istanza avanzata il 28 settembre 2021 dal sostituto procuratore generale del Re del Marocco, emessa nell'ambito del procedimento penale instaurato a carico del predetto B in relazione al reato di contraffazione di banconote, tratto in arresto in Italia il 31 agosto 2022.
2. Contro tale sentenza ha proposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Genova, il quale ha dedotto la violazione di legge, in relazione agli artt. 39-42 della legge 12 dicembre 1973, n. 1043, 698, 704 e 705 cod. proc. pen., e la mancanza di motivazione, per avere la Corte territoriale erroneamente applicato la disciplina del mandato di arresto europeo di cui alla legge 22 aprile 2005, n. 69; nonché per avere omesso di pronunciarsi sulle specifiche richieste formulate dallo stesso Procuratore generale, che aveva domandato l'acquisizione di informazioni integrative in ordine al trattamento sanzionatorio e alle condizioni di detenzione riservate in Marocco al B.
3. Il procedimento è stato trattato nell'odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all'art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da numerose successive disposizioni, da ultimo dall'art. 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, come introdotto dall'art. 5- duodecies del decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Ritiene la Corte che il ricorso presentato dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Genova va accolto, essendo fondati entrambi i motivi dedotti.
2. Il motivo dedotto in termini di violazione di legge è meritevole di positiva considerazione.
La Corte di appello di Genova ha erroneamente applicato alla richiesta di consegna di AAB, proposta dal Procuratore generale del Re del Marocco, la disciplina del mandato di arresto europeo di cui alla citata legge n. 69 del 2005, benché non si trattasse di richiesta collegata ad un mandato di arresto emesso dall'autorità giudiziaria di uno Stato membro dell'Unione europea, ma di una richiesta di estradizione che andava delibata in base alla disciplina della Convenzione bilaterale di estradizione del 1971, come pure modificata dall'Accordo aggiuntivo di Rabat del 2014, ratificata e resa esecutiva in Italia con la menzionata legge n. 1043 del 1973; ovvero, in subordine, dalla disciplina del codice di procedura penale in materia di estradizione per l'estero.
L'erronea individuazione della disciplina applicabile, verosirnilmente dovuta ad un disattento impiego di un file informatico sbagliato, ha comportato una palese violazione di norme di legge: e ciò non solo per avere parametrato la decisione a criteri che rispondono alla logica del principio del mutuo riconoscimento, che è proprio della cooperazione giudiziaria tra gli Stati parte dell'Unione europea, anziché alle specifiche regole estradizionali convenzionali; ma soprattutto perché solo per la richiesta avanzata dall'autorità giudiziaria di altro Stato dell'Unione è consentito al giudice italiano di autorizzare direttamente la consegna del soggetto interessato, cosa che non è possibile nella logica intergovernativa che disciplina la materia estradizionale, con riferimento alla quale, in caso di estradizione per l'estero, alla decisione dell'autorità giurisdizionale, a garanzia dei diritti riconosciuti, deve fare seguito l'adozione da parte del Ministro della giustizia di un apposito decreto di esecuzione dell'estradizione, emesso nell'esercizio di un potere discrezionale politico.
3. E', altresì, fondata la censura dedotta in termini di vizio di motivazione, in quanto la Corte distrettuale ha omesso del tutto di pronunciarsi sulle richieste istruttorie che il Procuratore generale aveva formulato nel corso del procedimento ai sensi degli artt. 698 e 705, comma 2, lett. a) e c), cod. proc. pen.
4. La sentenza impugnata va, dunque, annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Genova che, nel nuovo giudizio, porrà rimedio alle indicate violazioni di legge e alla riconosciuta mancanza di motivazione.
Alla cancelleria vanno demandati gli adempimenti comunicativi previsti dalla legge.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Genova.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 03/07/2023