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MAE e ne bis in idem (CGUE C‑268/17)

25 luglio 2018, Corte di Giustizia dell'Unione europea

Una decisione del pubblico ministero che ha posto fine a indagini preliminari avviate contro ignoti, nel corso delle quali la persona oggetto di un MAE è stata sentita soltanto in veste di testimone, senza che sia stata esercitata l’azione penale contro tale persona e senza che detta decisione sia stata adottata nei suoi confronti, non può essere invocata per rifiutare l’esecuzione di tale MAE in base all’una o all’altra di tali disposizioni.

L’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione è tenuta ad adottare una decisione rispetto a ogni MAE trasmessole, anche nel caso in cui, in tale Stato membro, sia stato già statuito su un precedente MAE riguardante la stessa persona e vertente sui medesimi fatti e in cui, tuttavia, il secondo MAE sia stato emesso soltanto in ragione del rinvio a giudizio, nello Stato membro emittente, della persona ricercata.

Poiché il rifiuto di un MAE costituisce l’eccezione, i motivi di non esecuzione di un siffatto mandato devono essere oggetto di interpretazione restrittiva.

Il MAE si inserisce nel contesto dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, in cui è assicurata, da un lato, la libera circolazione delle persone, associata, dall’altro, a misure appropriate, segnatamente, in materia di prevenzione della criminalità e di lotta contro tale fenomeno, dovendo quindi i motivi di non esecuzione interpretati alla luce della necessità di promuovere la prevenzione della criminalità e di lottare contro tale fenomeno.

Le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione proposte dal giudice nazionale nell’ambito del contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto da parte della Corte di una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile soltanto se appare in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte.

 

CORTE DI GIUSTIZIA DELL'UNIONE EUROPEA

QUINTA Sezione

25 luglio 2018 C‑268/17

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Mandato d’arresto europeo – Decisione quadro 2002/584/GAI – Articolo 1, paragrafo 2, articolo 3, punto 2, e articolo 4, punto 3 – Motivi di non esecuzione – Chiusura delle indagini preliminari – Principio del ne bis in idem – Persona ricercata sentita in qualità di testimone in un precedente procedimento vertente sui medesimi fatti – Emissione di più mandati d’arresto europei nei confronti della stessa persona»

Nella causa C‑268/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Županijski sud u Zagrebu (Tribunale di comitato di Zagabria, Croazia), con decisione del 16 maggio 2017, pervenuta in cancelleria il 18 maggio 2017, nel procedimento concernente l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di

AY,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da J. L. da Cruz Vilaça, presidente di sezione, E. Levits, A. Borg Barthet, M. Berger (relatore) e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: M. Aleksejev, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 febbraio 2018

considerate le osservazioni presentate:

–        per AY, da L. Valković e G. Mikuličić, odvjetnici, M. Lester, QC, S. Abram e P. FitzGerald, barristers, e M. O’Kane, solicitor;

–        per l’Ured za suzbijanje korupcije i organiziranog kriminaliteta, da T. Laptoš, V. Marušić e D. Hržina, in qualità di agenti;

–        per il governo croato, da T. Galli, in qualità di agente;

–        per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e O. Serdula, in qualità di agenti;

–        per l’Irlanda, da M. Browne, L. Williams e A. Joyce, in qualità di agenti, assistiti da G. Mullan, BL;

–        per il governo ungherese, da M. Z. Fehér, G. Koós e M. Tátrai, in qualità di agenti;

–        per il governo austriaco, da G. Eberhard, in qualità di agente;

–        per il governo rumeno, da E. Gane, C.-M. Florescu e R.-M. Mangu, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da R. Troosters, M. Mataija e S. Grünheid, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 maggio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 2, dell’articolo 3, punto 2, e dell’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (GU 2009, L 81, pag. 24) (in prosieguo: la «decisione quadro 2002/584»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento riguardante l’emissione di un mandato d’arresto europeo (in prosieguo: il «MAE») nei confronti di AY, cittadino ungherese, da parte dello Županijski sud u Zagrebu (Tribunale di comitato di Zagabria, Croazia).

 Contesto normativo

3        L’articolo 1 della decisione quadro 2002/584 prevede quanto segue:

«1.      Il [MAE] è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2.      Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni [MAE] in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

3.      L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea non può essere modificata per effetto della presente decisione quadro».

4        L’articolo 2 di tale decisione quadro, intitolato «Campo d’applicazione del [MAE]», ai suoi paragrafi 1 e 2, così dispone:

«1.      Il [MAE] può essere emesso per dei fatti puniti dalle leggi dello Stato membro emittente con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privative della libertà della durata massima non inferiore a dodici mesi oppure, se è stata disposta la condanna a una pena o è stata inflitta una misura di sicurezza, per condanne pronunciate di durata non inferiore a quattro mesi.

2.      Danno luogo a consegna in base al [MAE], alle condizioni stabilite dalla presente decisione quadro e indipendentemente dalla doppia incriminazione per il reato, i reati seguenti, quali definiti dalla legge dello Stato membro emittente, se in detto Stato membro il massimo della pena o della misura di sicurezza privative della libertà per tali reati è pari o superiore a tre anni:

(...)

–        corruzione,

(...)».

5        L’articolo 3 di detta decisione quadro, intitolato «Motivi di non esecuzione obbligatoria del [MAE]», prevede quanto segue:

«L’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione (in prosieguo: “autorità giudiziaria dell’esecuzione”) rifiuta di eseguire il [MAE] nei casi seguenti:

(...)

2)      se in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna;

(...)».

6        L’articolo 4 della decisione quadro 2002/584, intitolato «Motivi di non esecuzione facoltativa del [MAE]», così dispone:

«L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il [MAE]:

(...)

3)      se le autorità giudiziarie dello Stato membro dell’esecuzione hanno deciso di non esercitare l’azione penale per il reato oggetto del [MAE] oppure di porvi fine, o se la persona ricercata ha formato oggetto in uno Stato membro di una sentenza definitiva per gli stessi fatti che osta all’esercizio di ulteriori azioni;

(...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

7        AY, cittadino ungherese e presidente del consiglio di amministrazione di una società ungherese, è stato rinviato a giudizio in Croazia il 31 marzo 2014 per corruzione attiva. Secondo l’imputazione dell’Ured za suzbijanje korupcije i organiziranog kriminaliteta (ufficio per la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, Croazia) gli è contestato di avere fatto illegittimamente versare una significativa somma di denaro a un alto funzionario politico croato per ottenere in cambio la conclusione di un contratto.

8        Le indagini preliminari a carico di AY sono state avviate, in Croazia, il 10 giugno 2011. Al momento dell’adozione della decisione di avvio di tali indagini, è stato chiesto alla competente autorità ungherese di fornire un’assistenza giuridica internazionale interrogando AY in qualità di indagato e consegnandogli un invito a comparire.

9        Le autorità croate hanno più volte reiterato tale richiesta mediante commissione rogatoria. Tuttavia, l’Ungheria non vi ha dato seguito sulla base del rilievo che la sua esecuzione avrebbe pregiudicato gli interessi nazionali ungheresi. Di conseguenza, le indagini preliminari croate sono state sospese nel mese di dicembre 2012.

10      Ciò nondimeno, sulla base dei dati comunicati dalle autorità croate, il procuratore generale dell’Ungheria ha avviato, il 14 luglio 2011, indagini preliminari fondate sull’esistenza di ragionevoli motivi per sospettare che fosse stato commesso un reato consistente in fatti di corruzione attiva in ambito internazionale, previsto dal codice penale ungherese. Il giudice del rinvio indica che tali indagini sono state chiuse, con decisione dell’ufficio centrale delle indagini preliminari ungherese del 20 gennaio 2012, poiché gli atti commessi non costituivano reato ai sensi del diritto ungherese.

11      Dette indagini preliminari non sono state avviate nei confronti di AY in qualità di indagato, bensì unicamente in relazione al reato a carico di ignoti. In tale contesto, AY è stato sentito soltanto in qualità di testimone. Inoltre, non è stato sentito l’alto funzionario politico croato a cui era stata versata la somma di denaro.

12      Il 1° ottobre 2013, dopo l’adesione della Repubblica di Croazia all’Unione europea e prima dell’avvio di indagini preliminari in Croazia, l’ufficio per la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata ha emesso un MAE nei confronti di AY.

13      L’esecuzione di tale MAE è stata negata con decisione della Fővárosi Törvényszék (Corte della capitale, Ungheria), del 7 ottobre 2013, sulla base del rilievo che le informazioni disponibili consentivano di stabilire che era già stato intentato un procedimento penale in Ungheria in base ai medesimi fatti su cui si fondava il MAE e che detto procedimento si era concluso.

14      Dopo il rifiuto di esecuzione del MAE, AY è stato localizzato in Germania e in Austria, ma tali due Stati membri hanno dichiarato di aver deciso di non dare seguito all’avviso di ricerca internazionale emesso tramite l’Interpol, poiché la sua esecuzione era idonea a integrare una violazione del principio del ne bis in idem. Successivamente, il segretariato dell’Interpol ha deciso di cancellare l’avviso di ricerca internazionale spiccato contro AY e di negare alla Repubblica di Croazia l’utilizzo dei canali dell’Interpol a motivo dell’esistenza di un rischio di violazione del principio del ne bis in idem e per le ragioni di sicurezza internazionale dedotte dall’Ungheria.

15      Dopo il rinvio a giudizio di AY in Croazia, è stato emesso un nuovo MAE il 15 dicembre 2015, questa volta dalla sezione competente per i MAE del giudice del rinvio, che non è stato tuttavia eseguito dall’Ungheria.

16      Il 27 gennaio 2017 il giudice del rinvio ha nuovamente comunicato tale MAE alla competente autorità ungherese. Al riguardo tale giudice ha precisato che, dato che era stato già avviato davanti al medesimo un procedimento penale a carico di AY e che il MAE era stato inizialmente emesso dal pubblico ministero nella fase precedente all’apertura di tale procedimento, le circostanze nello Stato membro emittente erano mutate.

17      Dal momento che, dopo l’invio di tale secondo MAE, erano trascorsi 60 giorni senza risposta, il giudice del rinvio si è rivolto al membro croato di Eurojust. Tale giudice ha indicato che, dopo essere intervenuto, tale membro gli ha trasmesso il parere della competente autorità ungherese, in cui era precisato che quest’ultima riteneva di non essere obbligata a dare seguito al MAE emesso, sul quale si era già pronunciata durante la fase istruttoria del procedimento penale in Croazia. Pertanto, essa non sarebbe stata nemmeno vincolata dai termini per l’esame previsti nella decisione quadro 2002/584. Veniva inoltre indicato che in Ungheria non esistevano rimedi giuridici che autorizzavano l’arresto di AY o l’avvio di una nuova procedura di esecuzione del secondo MAE emesso in Croazia il 15 dicembre 2015. Un identico parere della competente autorità giudiziaria ungherese è stato trasmesso al giudice del rinvio il 4 aprile 2017.

18      In tali circostanze, il giudice del rinvio, da un lato, solleva dubbi in merito all’interpretazione dei motivi di non esecuzione di cui all’articolo 3, punto 2, e all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584. Tale giudice considera, infatti, che è la persona ricercata a formare l’oggetto del MAE, con la conseguenza che una decisione, invocata quale motivo di non esecuzione del MAE, deve riferirsi alla persona ricercata nella sua veste di indagato o di imputato. Qualora la persona ricercata sia stata sentita quale testimone nel corso del procedimento all’origine di tale decisione, quest’ultima non può costituire il fondamento di un rifiuto dell’esecuzione del MAE. Di conseguenza, la decisione di chiusura delle indagini preliminari in Ungheria, le quali non erano dirette nei confronti di AY, non potrebbe giustificare un rifiuto di consegna.

19      Dall’altro lato, detto giudice ritiene necessario adire la Corte per conoscere quali siano gli obblighi dello Stato membro dell’esecuzione, qualora un MAE sia stato emesso più volte da diverse autorità competenti, nel corso di fasi antecedenti e successive all’avvio di un procedimento penale.

20      Pertanto, lo Županijski sud u Zagrebu (Tribunale di comitato di Zagabria, Croazia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro [2002/584] debba essere interpretato nel senso che il fatto di non avviare un’azione penale per il reato oggetto di un [MAE] o di porvi fine si riferisca unicamente al reato che formi oggetto del [MAE] ovvero se tale disposizione debba essere intesa nel senso che la rinuncia all’azione penale o il ritiro delle accuse debba altresì riguardare la persona ricercata in qualità di indagato/imputato nell’ambito dell’azione penale medesima.

2)      Se uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 4, punto 3, della decisione quadro [2002/584], possa negare di dare esecuzione ad un [MAE] emesso, qualora l’autorità giudiziaria di un altro Stato membro abbia deciso, vuoi di non avviare un’azione penale per il reato oggetto del [MAE], vuoi di porvi fine, nel caso in cui, nell’ambito di tale azione penale, la persona ricercata sia interessata in veste di testimone e non in veste di indagato/imputato.

3)      Se la decisione di porre fine ad un’istruttoria nell’ambito della quale la persona ricercata non possedesse lo status di indagato, essendo stata sentita in qualità di testimone, costituisca, per l’altro Stato membro, un motivo per non dar seguito al [MAE] emesso, conformemente all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro [2002/584].

4)      Quale sia il collegamento tra il motivo obbligatorio di diniego di consegna di cui all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro nel caso in cui “in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro [...]” e il motivo facoltativo di rifiuto di consegna previsto all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro nel caso in cui «la persona ricercata ha formato oggetto in uno Stato membro di una sentenza definitiva per gli stessi fatti che osta all’esercizio di ulteriori azioni.

5)      Se l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro [2002/584] debba essere interpretato nel senso che lo Stato di esecuzione è tenuto ad adottare una decisione in merito ad ogni [MAE] che gli venga trasmesso, e ciò anche qualora esso abbia già statuito su un precedente [MAE] emesso dall’altra autorità giudiziaria contro la stessa persona ricercata nell’ambito dello stesso procedimento penale e qualora il nuovo [MAE] venga emesso a seguito di un mutamento di circostanze nello Stato di emissione del [MAE] (decisione di rinvio a giudizio – avvio del procedimento penale, criterio più rigoroso in materia di indizi della commissione del reato, nuova autorità giudiziaria/nuovo giudice competente)».

 Procedimento dinanzi alla Corte

21      Il giudice del rinvio ha chiesto di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte. A sostegno della sua domanda, tale giudice ha precisato, segnatamente, che la persona ricercata potrebbe essere arrestata e che è stata pronunciata una misura di custodia cautelare nei suoi confronti.

22      In data 1° giugno 2017, la Quinta Sezione, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, ha deciso di non accogliere tale domanda. Tuttavia, in considerazione delle circostanze della causa principale, il presidente della Corte, con decisione del 9 giugno 2017, ha disposto che la causa venga decisa in via prioritaria ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

23      AY contesta la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale sulla base del rilievo che le risposte alle questioni sollevate non sarebbero rilevanti ai fini del procedimento contumaciale diretto nei suoi confronti in Croazia. Oggetto delle questioni è l’interrogativo se altri Stati membri fossero e siano tenuti a eseguire il primo e il secondo MAE emesso a suo carico. Orbene, non sarebbe necessario che siano definite tali questioni affinché il giudice del rinvio possa pronunciare la sua decisione sull’imputazione.

24      Occorre rammentare, a tale riguardo, che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della cooperazione tra quest’ultima e i giudici nazionali istituita all’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, investito della controversia e tenuto ad assumere la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 12 ottobre 2017, Sleutjes, C‑278/16, EU:C:2017:757, punto 21 e giurisprudenza citata).

25      Da ciò consegue che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione proposte dal giudice nazionale nell’ambito del contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto da parte della Corte di una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile soltanto se appare in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 12 ottobre 2017, Sleutjes, C‑278/16, EU:C:2017:757, punto 22 e giurisprudenza citata).

26      Nel caso di specie, dal fascicolo di causa presentato alla Corte non emerge in maniera evidente che la situazione in oggetto corrisponde a una di queste ipotesi. Infatti, dinanzi al giudice del rinvio sono attualmente pendenti due distinti procedimenti riguardanti AY, vale a dire un procedimento penale in contumacia dinanzi alla camera di deliberazione di tale giudice e un procedimento riguardante l’emissione di un MAE davanti alla camera competente in materia. Orbene, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale s’inserisce nell’ambito di quest’ultimo procedimento.

27      A tal riguardo, il giudice del rinvio precisa di adire la Corte al fine di adottare, in base alle risposte fornite alle questioni sollevate, una decisione di revoca del MAE emesso nei confronti di AY. Pertanto, non è possibile sostenere che le questioni proposte non hanno alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento pendente dinanzi al giudice del rinvio né che il problema è di natura ipotetica.

28      In ogni caso, la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale non è messa in questione dalla circostanza che le questioni sollevate vertono sugli obblighi dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione, mentre il giudice del rinvio è l’autorità giudiziaria di emissione del MAE. Invero, l’emissione di un MAE ha quale conseguenza il possibile arresto della persona ricercata e, pertanto, pregiudica la libertà personale di quest’ultima. Orbene, la Corte ha dichiarato che, nel caso di una procedura riguardante un MAE, la garanzia dei diritti fondamentali spetta, in primo luogo, allo Stato membro emittente (sentenza del 23 gennaio 2018, Piotrowski, C‑367/16, EU:C:2018:27, punto 50).

29      Pertanto, per assicurare la tutela di tali diritti – la quale può condurre un’autorità giudiziaria ad adottare una decisione di revoca del MAE che ha emesso – occorre che una siffatta autorità disponga della facoltà di adire la Corte in via pregiudiziale.

30      Si deve, dunque, rilevare che, nel procedimento principale, il mantenimento in vigore del MAE di cui trattasi o l’adozione di una decisione di revoca dello stesso dipende dalla questione se la decisione quadro 2002/584 debba essere interpretata nel senso che l’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione possa o, eventualmente, debba, in circostanze come quelle di cui al caso di specie, non adottare alcuna decisione rispetto al MAE che le sia stato trasmesso o rifiutarne l’esecuzione.

31      Di conseguenza, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla quinta questione

32      Con la sua quinta questione, che è opportuno esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione sia tenuta ad adottare una decisione rispetto a ogni MAE trasmessole, anche nel caso in cui, in tale Stato membro, sia stato già statuito su un precedente MAE riguardante la stessa persona e vertente sui medesimi fatti e in cui, tuttavia, il secondo MAE sia stato emesso soltanto in ragione del rinvio a giudizio, nello Stato membro emittente, della persona ricercata.

33      Come emerge dalla formulazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, gli Stati membri sono obbligati a eseguire ogni MAE, in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della decisione quadro. Salvo circostanze eccezionali, le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono dunque rifiutarsi di eseguire un siffatto mandato solo nei casi, esclusivamente elencati, di non esecuzione previsti da tale decisione quadro e possono subordinare l’esecuzione del MAE esclusivamente a una delle condizioni da essa tassativamente previste. Detta decisione quadro enuncia, dunque, espressamente i motivi di non esecuzione obbligatoria (articolo 3) e facoltativa (articoli 4 e 4 bis) del MAE (v. sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punti 50 e 51).

34      In tale contesto, l’articolo 15, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584 prevede che «[l]’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide la consegna della persona nei termini e alle condizioni stabilite dalla presente decisione quadro». Inoltre, l’articolo 17, paragrafi 1 e 6, della decisione quadro dispone che «[u]n [MAE] deve essere trattato ed eseguito con la massima urgenza» e che «[q]ualsiasi rifiuto di eseguire un [siffatto mandato] deve essere motivato». Ancora, l’articolo 22 della decisione quadro enuncia che «[l]’autorità giudiziaria dell’esecuzione notifica immediatamente all’autorità giudiziaria emittente la decisione riguardante il seguito dato al [MAE]».

35      Di conseguenza, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 38 delle sue conclusioni, un’autorità giudiziaria dell’esecuzione che non si pronuncia in seguito all’emissione di un MAE e non trasmette quindi alcuna decisione all’autorità giudiziaria di emissione dello stesso viene meno agli obblighi che le incombono in forza di dette disposizioni della decisione quadro 2002/584.

36      Pertanto, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione è tenuta ad adottare una decisione rispetto a ogni MAE trasmessole, anche nel caso in cui, in tale Stato membro, sia stato già statuito su un precedente MAE riguardante la stessa persona e vertente sui medesimi fatti e in cui, tuttavia, il secondo MAE sia stato emesso soltanto in ragione del rinvio a giudizio, nello Stato membro emittente, della persona ricercata.

 Sulle questioni dalla prima alla quarta

37      Con le sue questioni dalla prima alla quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, punto 2, e l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584 debbano essere interpretati nel senso che una decisione del pubblico ministero, come quella dell’ufficio centrale delle indagini preliminari ungherese di cui trattasi nel procedimento principale, che ha posto fine a indagini preliminari avviate contro ignoti, nel corso delle quali la persona oggetto di un MAE è stata sentita soltanto in veste di testimone, possa essere invocata per rifiutare l’esecuzione di tale MAE in base all’una o all’altra di tali disposizioni.

 Sull’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584

38      L’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 prevede un motivo di non esecuzione obbligatoria, in forza del quale l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve rifiutare di eseguire il MAE qualora sia informata che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti in uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in base alle leggi dello Stato membro della condanna.

39      Tale disposizione mira a evitare che una persona sia nuovamente perseguita o giudicata penalmente per gli stessi fatti (sentenza del 16 novembre 2010, Mantello, C‑261/09, EU:C:2010:683, punto 40) e rispecchia il principio del ne bis in idem, sancito all’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, secondo il quale nessuno può essere perseguito o condannato penalmente due volte per lo stesso reato.

40      Una delle condizioni a cui è subordinato il rifiuto di esecuzione del MAE è che la persona ricercata sia «stata giudicata con sentenza definitiva».

41      A tal riguardo, occorre precisare che, sebbene l’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 si riferisca, nella sua formulazione, a una «sentenza», tale disposizione è altresì applicabile a decisioni emesse da un’autorità incaricata di amministrare la giustizia penale nell’ordinamento giuridico nazionale interessato, che chiudono definitivamente il procedimento penale in uno Stato membro, benché tali decisioni siano adottate senza l’intervento di un giudice e non assumano la forma di una sentenza (v., per analogia, sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski, C‑486/14, EU:C:2016:483, punto 39 e giurisprudenza citata).

42      Secondo la giurisprudenza della Corte, si considera che una persona ricercata è stata oggetto di una sentenza definitiva per gli stessi fatti, ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, nel caso in cui, in esito a un procedimento penale, l’azione penale si sia definitivamente estinta o, ancora, qualora le autorità giudiziarie di uno Stato membro abbiano emanato una decisione di definitivo proscioglimento dell’imputato per i fatti contestatigli (sentenza del 16 novembre 2010, Mantello, C‑261/09, EU:C:2010:683, punto 45 e giurisprudenza citata).

43      La pronuncia di una «sentenza definitiva» ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, presuppone quindi l’esistenza di un’azione penale anteriore, esercitata nei confronti della persona ricercata (v., in tal senso, sentenze del 16 novembre 2010, Mantello, C‑261/09, EU:C:2010:683, punti 46 e 47; del 5 giugno 2014, M, C‑398/12, EU:C:2014:1057, punti 31 e 32, nonché del 29 giugno 2016, Kossowski, C‑486/14, EU:C:2016:483, punti 34 e 35).

44      Inoltre, il principio del ne bis in idem si applica soltanto alle persone giudicate con sentenza definitiva in uno Stato membro (v. sentenza del 28 settembre 2006, Gasparini e a., C‑467/04, EU:C:2006:610, punto 37). Esso non si estende, invece, alle persone che sono state esclusivamente sentite nell’ambito di indagini preliminari, come i testimoni.

45      Nel caso di specie, emerge dal fascicolo presentato alla Corte che l’istruttoria svolta in Ungheria in seguito alla commissione rogatoria croata, che è stata chiusa con la decisione dell’ufficio centrale delle indagini preliminari ungherese del 20 gennaio 2012, è stata avviata contro ignoti. Essa non è stata condotta nei confronti di AY quale indagato o imputato, dato che la competente autorità ungherese ha sentito tale persona sono in veste di testimone. Pertanto, in assenza di un’azione penale nei suoi confronti, non è possibile ritenere che AY sia stato giudicato con sentenza definitiva, ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584.

46      Di conseguenza, una decisione del pubblico ministero, come quella dell’ufficio centrale delle indagini preliminari ungherese di cui al procedimento principale, che ha posto fine a indagini nel corso delle quali la persona oggetto di un MAE è stata sentita soltanto in veste di testimone, non può essere invocata per rifiutare l’esecuzione di tale MAE in base all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584.

 Sull’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584

47      L’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584 prevede tre motivi di non esecuzione facoltativi.

48      In base al primo motivo di non esecuzione di cui all’articolo 4, punto 3, di tale decisione quadro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il MAE se le autorità giudiziarie dello Stato membro dell’esecuzione hanno deciso di non esercitare l’azione penale per il reato oggetto del MAE.

49      Orbene, la decisione dell’ufficio centrale delle indagini preliminari ungherese di cui al procedimento principale non verte su una rinuncia all’esercizio dell’azione penale, sicché tale motivo di non esecuzione è irrilevante in circostanze come quelle di cui al caso di specie.

50      Ai sensi del secondo motivo di non esecuzione previsto all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584, l’esecuzione del MAE può essere rifiutata se, nello Stato membro dell’esecuzione, le autorità giudiziarie hanno deciso di porre fine all’azione penale per il reato oggetto del MAE.

51      Al riguardo, occorre rilevare che l’articolo 4, punto 3, prima parte, della decisione quadro 2002/584, che indica tale motivo di non esecuzione, si riferisce esclusivamente al «reato oggetto del [MAE]» e non alla persona ricercata.

52      Si deve altresì rammentare che, poiché il rifiuto di un MAE costituisce l’eccezione, i motivi di non esecuzione di un siffatto mandato devono essere oggetto di interpretazione restrittiva (v. sentenza del 23 gennaio 2018, Piotrowski, C‑367/16, EU:C:2018:27, punto 48 e giurisprudenza citata).

53      Orbene, come fatto valere dalla Commissione, un’interpretazione secondo cui l’esecuzione di un MAE potrebbe essere rifiutata, sulla base del secondo motivo di non esecuzione di cui all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584, qualora tale mandato verta su fatti identici a quelli già oggetto di una precedente decisione, indipendentemente dall’identità della persona nei cui confronti è stata esercitata l’azione penale, sarebbe manifestamente troppo ampia e comporterebbe un rischio di elusione dell’obbligo di eseguire un MAE.

54      Infatti, come emerge dall’articolo 1, paragrafo 1, di tale decisione quadro, il MAE è una decisione giudiziaria in vista dell’arresto e della consegna di una persona ricercata. Pertanto, un MAE non è emesso soltanto a fronte di un reato, ma riguarda necessariamente una persona determinata.

55      Inoltre, tale motivo di non esecuzione non ha lo scopo di tutelare una persona dall’eventualità di doversi sottoporre a ulteriori accertamenti, per gli stessi fatti, in più Stati membri (v., per analogia, sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski, C‑486/14, EU:C:2016:483, punto 45 e giurisprudenza citata).

56      Invero, la decisione quadro 2002/584 si inserisce nel contesto dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, in cui è assicurata, da un lato, la libera circolazione delle persone, associata, dall’altro, a misure appropriate, segnatamente, in materia di prevenzione della criminalità e di lotta contro tale fenomeno (v., per analogia, sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski, C‑486/14, EU:C:2016:483, punto 46).

57      Pertanto, il secondo motivo di non esecuzione previsto all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato alla luce della necessità di promuovere la prevenzione della criminalità e di lottare contro tale fenomeno (v., per analogia, sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski, C‑486/14, EU:C:2016:483, punto 47).

58      Orbene, si deve constatare che, in circostanze come quelle di cui al caso di specie, nelle quali, da un lato, sono state condotte indagini preliminari contro ignoti e non nei confronti della persona ricercata mediante il MAE, e, dall’altro, la decisione che ha posto fine a tali indagini non è stata adottata nei confronti di quest’ultima, non vi è stato alcun coinvolgimento di tale persona, nell’azione penale di cui all’articolo 4, punto 3, prima parte, della decisione quadro 2002/584, che giustifichi il rifiuto di esecuzione del MAE.

59      Tale interpretazione è suffragata dalla genesi della decisione quadro 2002/584, considerato che emerge dalla proposta iniziale della Commissione (COM[2001] 522 def., pag. 18) che l’articolo 4, punto 3, prima parte, di tale decisione quadro riflette l’articolo 9, seconda frase, della Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957. A mente di tale disposizione «[l’estradizione] potrà essere rifiutata se le autorità competenti della Parte richiesta hanno deciso di non aprire un perseguimento penale o di chiuderne uno già avviato per gli stessi fatti». A tal riguardo, la relazione esplicativa di tale Convenzione precisa che la disposizione in parola si riferisce al caso di un individuo che «è stato oggetto» di una decisione che osta o pone fine all’esercizio dell’azione penale (v. pag. 9 della relazione esplicativa della Convenzione europea di estradizione [Parigi, 13.XII.1957, serie dei trattati europei – n. 24]).

60      Pertanto, in circostanze come quelle indicate al punto 58 della presente sentenza, detta decisione non può essere invocata per rifiutare l’esecuzione di un MAE, sulla base del secondo motivo di non esecuzione di cui all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584.

61      Da ultimo, in forza del terzo motivo di non esecuzione previsto all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il MAE se la persona ricercata ha formato oggetto in uno Stato membro di una sentenza definitiva per gli stessi fatti che osta all’esercizio di ulteriori azioni.

62      Al riguardo, è sufficiente rilevare che tale motivo di non esecuzione non può trovare applicazione in una situazione come quella di cui alla presente fattispecie, poiché non sono soddisfatte le condizioni di applicazione dello stesso.

63      Pertanto, alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alle questioni dalla prima alla quarta, dichiarando che l’articolo 3, punto 2, e l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584 devono essere interpretati nel senso che una decisione del pubblico ministero, come quella dell’ufficio centrale delle indagini preliminari ungherese di cui al procedimento principale, che ha posto fine a indagini preliminari avviate contro ignoti, nel corso delle quali la persona oggetto di un MAE è stata sentita soltanto in veste di testimone, senza che sia stata esercitata l’azione penale contro tale persona e senza che detta decisione sia stata adottata nei suoi confronti, non può essere invocata per rifiutare l’esecuzione di tale MAE in base all’una o all’altra di tali disposizioni.

 Sulle spese

64      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, deve essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione è tenuta ad adottare una decisione rispetto a ogni mandato d’arresto europeo trasmessole, anche nel caso in cui, in tale Stato membro, sia stato già statuito su un precedente mandato d’arresto europeo riguardante la stessa persona e vertente sui medesimi fatti e in cui, tuttavia, il secondo mandato d’arresto europeo sia stato emesso soltanto in ragione del rinvio a giudizio, nello Stato membro emittente, della persona ricercata.

2)      L’articolo 3, punto 2, e l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, devono essere interpretati nel senso che una decisione del pubblico ministero, come quella dell’ufficio centrale delle indagini preliminari ungherese di cui al procedimento principale, che ha posto fine a indagini preliminari avviate contro ignoti, nel corso delle quali la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo è stata sentita soltanto in veste di testimone, senza che sia stata esercitata l’azione penale contro tale persona e senza che detta decisione sia stata adottata nei suoi confronti, non può essere invocata per rifiutare l’esecuzione di tale mandato d’arresto europeo in base all’una o all’altra di tali disposizioni.