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Indennizzo UE vittime reati violenti: chi sono le vittime? (Cass.26492/2021)

27 settembre 2024, Cassazione civile

La Direttiva 2004/80/CE del Consiglio del 29 aprile 2004, «relativa all'indennizzo delle vittime del reato», ha previsto, in particolare, l'obbligo di cui all'art. 12, §. 2, a carico degli Stati membri, di introdurre, entro il 10 luglio 2005 (come stabilito dal successivo art. 18, §. 1), un sistema generalizzato di tutela indennitaria, idoneo a garantire un adeguato ed equo ristoro, in favore delle vittime di tutti i reati violenti ed intenzionali, nelle ipotesi in cui le medesime siano impossibilitate a conseguire, dai diretti responsabili, il risarcimento integrale dei danni subiti.

In forza dei commi 2 e 2-bis dell'art. 11 della legge n. 122 del 2016, l'indennizzo di cui alla legge suddetta (attuativa, come già rilevato, della Direttiva 2004/80/CE) è corrisposto in favore del coniuge – o del convivente – superstite e dei figli, e solo in assenza dell'uno o degli altri ai genitori, mancando pure i quali la prestazione indennitaria è, infine, dovuta ai fratelli e alle sorelle, ma sole se conviventi con l'ucciso e a carico dello stesso al momento della commissione del delitto. Se difettano i presupposti per fruire della prestazione indennitaria, non si può lamentare alcuna pretesa risarcitoria per l'intempestiva adozione di tale provvedimento legislativo.

Tuttavia, l'art. 2 della Direttiva 2012/29/UE accoglie una nozione molto ampia di  «vittima di reato» (di omicidio), che include pure il «familiare di una persona la cui morte è stata causata da un reato», purché essa abbia «subito un danno in conseguenza della morte di tale persona».

Pertanto, occorre chiedersi se contrasti con il diritto unionale la scelta del legislatore italiano di prevedere, incondizionatamente, la fruizione dell'indennizzo – stabilito per le “vittime del reato” intenzionale violento costituito dall'omicidio volontario – solo in favore del coniuge (o convivente) e dei figli dell'ucciso, riconoscendolo, invece, ai genitori dell'ucciso esclusivamente in mancanza dei primi beneficiari, ovvero, ai fratelli o le sorelle, soltanto in carenza anche di tali secondi beneficiari, oltre che in forza dell'ulteriore presupposto che essi fossero conviventi con l'ucciso e a carico dello stesso.

La Corte Suprema di Cassazione, sottopone alla Corte di giustizia dell'Unione europea domanda di pronuncia pregiudiziale, in ordine alla seguente questione di interpretazione del diritto dell'Unione. Dica la CGUE: «se – con riguardo alla situazione di intempestivo (e/o incompleto) recepimento nell'ordinamento interno della Direttiva 2004/80/CE del Consiglio del 29 aprile 2004, “relativa all'indennizzo delle vittime del reato”, non self executing, quanto alla istituzione, da essa imposta, di un sistema di indennizzo delle vittime di reati violenti residenti in uno Stato membro dell'Unione, che fa sorgere la responsabilità risarcitoria dello Stato stesso, in forza dei principi enunciati dalla giurisprudenza della CGUE (cfr., con specifico riferimento alla direttiva suddetta, la sentenza della Grande Sezione del 16 luglio 2020, in C. 129-19, in particolare § 56) – il diritto dell'Unione imponga che tale responsabilità risarcitoria sia affermata nei confronti di ogni familiare di una persona la cui morte sia stata causata da un reato siffatto, purché abbia subito un danno in conseguenza del decesso di tale persona, neppure esclusi gli ascendenti diversi dai genitori, nonché i fratelli e/o sorelle e ogni altro parente in via collaterale, diversamente da quanto previsto dall'art. 11, comma 2-bis, della legge 7 luglio 2016, n. 122, secondo cui, “in caso di morte della vittima in conseguenza del reato, l'indennizzo è corrisposto in favore del coniuge superstite e dei figli”, nonché, ma solo “in mancanza del coniuge e dei figli”, ai genitori e, in assenza anche di costoro, ai fratelli e alle sorelle, per questi ultimi, però, solo alla duplice condizione che fossero conviventi con il defunto, nonché a carico dello stesso al momento della commissione del delitto».

CORTE DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE CIVILE

Data udienza: 18/04/2024

Pubblicazione: 27/09/2024

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso n. 26492/2021 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente “pro tempore”, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per legge;

    •         ricorrente -

contro:

L. A., P. R., L. AL., elettivamente domiciliati in ** presso lo studio dell’Avv. AL, rappresentata e difesa dall’Avvocato CS;

    •         controricorrenti -

Avverso la sentenza n. 2019/2021 della Corte d’appello di Venezia, pubblicata in data 19/07/2021

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 18/04/2024 dal Consigliere Dott. Stefano Giaime Guizzi.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

      1.   La questione pregiudiziale.

Questa Corte Suprema di Cassazione ritiene necessario sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 267, par. 3, TFUE. La questione riguarda l’interpretazione della direttiva 2004/80/CE del Consiglio del 29 aprile 2004, “relativa all’indennizzo delle vittime del reato”, e specificamente l’art. 12, §. 2. Tale interpretazione è cruciale per risolvere la controversia in corso, che coinvolge una richiesta di risarcimento danni proposta da cittadini italiani per la mancata attuazione da parte dello Stato italiano della suddetta direttiva.

      2.   La controversia pendente.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha impugnato la sentenza n. 2019/2021 della Corte d’Appello di Venezia, che aveva accolto il ricorso dei signori L. A., P. R., e L. AL., riconoscendo la responsabilità dello Stato italiano per la mancata tempestiva attuazione della direttiva 2004/80/CE. Tale direttiva imponeva agli Stati membri di garantire un sistema di indennizzo per le vittime di reati violenti e intenzionali, che fossero impossibilitate a ottenere il risarcimento dai responsabili del reato.

      3.   Il contesto della vicenda.

Gli attori nel procedimento principale sono i genitori e il fratello di L. E., nonché i nonni e lo zio di L. AR., entrambe vittime di un omicidio commesso da un cittadino marocchino, B.F., nel 2009. Nonostante la condanna penale dell’omicida, il suo patrimonio si è rivelato incapiente, impedendo alle parti civili di ottenere il risarcimento. Gli attori hanno quindi chiesto che lo Stato italiano rispondesse per la mancata attuazione della direttiva 2004/80/CE, la quale avrebbe assicurato loro un indennizzo adeguato.

      4.   Il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Nel suo ricorso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri solleva diverse questioni di legittimità e interpretazione della direttiva, sostenendo che l’indennizzo previsto sia limitato alle vittime dirette del reato, escludendo i familiari. Inoltre, contesta la misura del risarcimento stabilita dalla Corte d’Appello, ritenendola eccessiva rispetto ai limiti imposti dalla normativa nazionale.

QUESTIONI PREGIUDIZIALI

Alla luce delle questioni sollevate, questa Corte ritiene necessario chiedere alla CGUE di chiarire se il diritto dell’Unione, così come interpretato dalla sentenza della Grande Sezione del 16 luglio 2020 (C. 129-19), imponga agli Stati membri di riconoscere un indennizzo anche ai familiari della vittima di un reato violento, come ascendenti diversi dai genitori, fratelli, sorelle e altri parenti in linea collaterale, in contrasto con quanto previsto dalla legge italiana (art. 11, comma 2-bis, legge n. 122 del 2016), che limita tale diritto al coniuge e ai figli della vittima, con estensione ai genitori solo in assenza dei primi.

 

PQM

 

La Corte, visto l’art. 267, par. 3, TFUE, chiede alla Corte di Giustizia dell’Unione europea di pronunciarsi sulla questione di interpretazione del diritto dell’Unione indicata al § 3 di cui sopra.

Dispone la sospensione del presente giudizio in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia.

Dispone la trasmissione degli atti alla Cancelleria della Corte di Giustizia tramite l’applicazione telematica “e Curia”.

Ordina che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omessi i dati identificativi delle persone coinvolte, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 196/2003, come modificato dal d.lgs. 101/2018.

 

Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione del 18 aprile 2024.

Il Presidente

Raffaele Frasca