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Indennità INAIL e risarcimento del danno non si sommano (Cass. 24633/20)

5 novembre 2020, Cassazione civile

La surrogazione impedisce che il danneggiato possa cumulare, per lo stesso danno, la somma già riscossa a titolo di rendita assicurativa con l’intero importo del risarcimento del danno dovutogli dal terzo, e di conseguire così due volte la riparazione del medesimo pregiudizio subito:  le somme attribuite dal danneggiato dall’assicuratore sociale a titolo di indennità per l’invalidità civile permanente devono essere detratte dall’ammontare del danno riconosciuto in favore di quest’ultimo e posto a carico del danneggiante e del suo assicuratore per la responsabilità civile.

Corte di Cassazione

sez. VI Civile – 3, ordinanza 2 luglio – 5 novembre 2020, n. 24633
Presidente Amendola – Relatore Positano

Rilevato

che:
con ricorso ai sensi della L. n. 102 del 2006, art. 3, Ca.Gi. , proprietario e conducente dell’autovettura Volvo, garantita per la responsabilità civile da Direct Line Insurance Assicurazioni S.p.A., adiva il Tribunale di Foggia, Sezione distaccata di Manfredonia per sentir condannare T.G. e la Navale Assicurazioni S.p.A., rispettivamente proprietario e assicuratore dell’autovettura Mercedes, al pagamento della somma di Euro 84.956, oltre interessi e rivalutazione, per i danni subiti a seguito del sinistro stradale verificatosi il 16 marzo 2006 in agro di (omissis). Il ricorrente assumeva che la responsabilità dell’evento era da ascriversi alla esclusiva colpa del conducente dell’autovettura Mercedes il quale aveva perso il controllo del veicolo, invadendo la corsia di marcia e si era posto trasversalmente, rendendo inevitabile l’impatto con la Volvo. Aggiungeva, che alle spalle di tale veicolo sopraggiungeva la Fiat Doblò condotta da G.A. che collideva ulteriormente con la Mercedes. In conseguenza dell’evento perdevano la vita gli occupanti di tale ultimo veicolo, T.A. e V.R. , mentre riportavano lesioni personali, sia il Ca. che il G. ;
si costituivano in giudizio la Navale assicurazioni S.p.A. e T.G. deducendo una responsabilità concorsuale, oltre che del Ca. , anche del G. , conducente del veicolo Fiat, di proprietà della società grafiche Sales S.r.l., garantita per la responsabilità civile da Milano Assicurazioni S.p.A. Pertanto, venivano autorizzati alla chiamata in causa di tutti e T. spiegava domanda riconvenzionale per il ristoro dei danni subiti anche per la perdita del fratello I. . Si costituivano in giudizio Direct Line e Milano chiedendo il rigetto delle domande. Spiegavano domanda riconvenzionale G.A. e la società Grafiche Sales chiedendo il rigetto della domanda proposta da T.G. e dalla Navale, ritenendo responsabili del sinistro T.A. , conducente dell’autovettura Mercedes e Ca.Gi. , conducente della Volvo. Intervenivano volontariamente per ottenere il risarcimento dei danni anche T.U. , F.V. , quest’ultima in proprio e quale genitore esercente la potestà sul figlio T.K. e S.M.R. , erede di T.A. , nonché G.R.M. , V.C. e Si.Co. , questi ultimi eredi di V.R. ;
la causa era istruita con il deposito della documentazione ritenuta opportuna dalle parti, l’escussione dei testi e l’espletamento di consulenza tecnica e il Tribunale di Foggia, con sentenza del 10 luglio 2015, pronunziando sulla domanda proposta da Ca.Gi. , nelle more deceduto e rappresentato dalla moglie C.M.T. , in proprio e quale genitore dei minori C. , A. , G. e S.P.V. , dichiarava la responsabilità esclusiva di T.A. , conducente dell’autovettura Mercedes, di proprietà di T.G. . Provvedeva a liquidare il danno subito da Ca.Gi. , dall’autovettura Volvo, quello lamentato da G.A. e quello causato al veicolo Fiat Doblò, oltre a quello in favore degli eredi di V.R. , rigettando le domande riconvenzionali proposte dai T. e ogni altra domanda azionata;
avverso tale decisione proponeva appello, con ricorso del 4 settembre 2015, Unipol Sai Assicurazioni chiedendo di chiamare in causa l’Inail o comunque di ordinare, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., l’esibizione del prospetto analitico delle voci di danno indennizzate a G. e nel merito, di dichiarare cessata la materia del contendere, per sopravvenuta carenza di interesse nei confronti degli eredi di V.R. e accertare una colpa concorrente dei vari protagonisti. Con riferimento alla posizione di G.A. , chiedeva di determinare la condanna dell’assicuratore all’eventuale importo che dovesse risultare dopo aver detratto, dal danno già determinato, nella misura pari alla quota di responsabilità di T. , l’intero importo percepito dal G. , da parte dell’Inail, pari ad Euro 189.950,08;
si costituiva G.A. chiedendo il rigetto della impugnazione e spiegando appello incidentale per la condanna di Unipol Sai al pagamento di ulteriori danni patrimoniali, non patrimoniali e spese mediche. Si costituiva Grafiche Sales S.r.l. chiedendo il rigetto dell’appello e, in via subordinata, di essere manlevata da Milano Assicurazioni S.p.A. Si costituivano T.G. , e T.U. , nonché S.M.R. spiegando appello incidentale per la declaratoria di concorso dei conducenti delle vetture coinvolte, con la condanna di Direct Line Insurance. F.V. , in proprio e quale esercente la potestà sul minore K. , spiegava appello incidentale per la dichiarazione di responsabilità concorrente. C.M.T. si costituiva in proprio e quale genitore dei minori S.P.V. e A.G. , chiedendo il rigetto del gravame e si costituiva la compagnia Direct Line chiedendo il rigetto dell’appello principale e di quelli incidentali;
la Corte d’Appello di Bari, con sentenza del 20 marzo 2018, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava cessata la materia del contendere tra Unipol Sai e gli eredi di T. e V., rigettava gli altri motivi di appello principale proposti da Unipol Sai Assicurazioni S.p.A. e gli appelli incidentali, con esclusione di quello proposto da G.A. e T.G. , limitatamente al rimborso delle spese mediche;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Unipol Sai Assicurazioni S.p.A. affidandosi ad un motivo. Le parti intimate non svolgono attività processuale in questa sede.

Considerato

che:
con il ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, l’omessa valutazione di prove documentali rilevanti e decisive, nonché la violazione del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 142, dell’art. 1916 c.c., dell’art. 24 Cost. e della L. Inail n. 1124 del 1965. In particolare, secondo la Corte d’Appello la compagnia si era limitata a depositare una lettera raccomandata del 2 luglio 2015 con la quale Inail avrebbe richiesto all’assicuratore il rimborso della somma di Euro 189.950, a titolo di rivalsa per le prestazioni erogate in favore di G. , rilevando, però, che in atti, vi era solo tale richiesta dell’Inail e non anche la prova che la Navale, ora Unipol, avesse corrisposto l’importo, nè che tale importo fosse stato effettivamente percepito da G. . Tale affermazione sarebbe errata sotto due profili. Da un punto di vista giuridico, la surrogazione legale prescinderebbe dall’avvenuto pagamento dell’indennità da parte dell’assicuratore sociale e dalla corresponsione in favore di Inail delle corrispondenti somme da parte dall’assicuratore del responsabile. Questo in quanto G. avrebbe perso la legittimazione ad agire per la parte di risarcimento già coperta dall’indennità versata dall’Inail in relazione alla quale tale istituto avrebbe dichiarato di volersi surrogare. In secondo luogo, erroneamente la Corte territoriale di Bari avrebbe richiamato solo la comunicazione del 2 luglio 2015, quando, invece, in grado di appello, la compagnia avrebbe depositato anche la successiva missiva del 20 ottobre 2015, corredata di allegati relativi alla specifica dei singoli oneri. Documentazione depositata, sia in via telematica, che all’udienza del 18 maggio 2016. Adempimenti espletati anche davanti al giudice di primo grado, al quale era stato richiesto di chiamare in causa l’Inail. Pertanto, sarebbe pacifica la cessione, da parte di G. ad Inail, dei propri diritti, con conseguente fondatezza della eccezione di carenza di legittimazione attiva formulata da Unipol Sai. Sotto il profilo documentale, la lettera del 20 ottobre 2015 conteneva una comunicazione con la quale Inail dichiarava di avere erogato l’importo di Euro 206.161, come da prospetto analitico e, pertanto, agiva a titolo di rivalsa per l’erogazione delle prestazioni corrisposte all’infortunato. Tale documento, che dimostrerebbe che Inail aveva effettivamente pagato a G. somme superiori a quelle oggetto di condanna, sarebbe stato trascurato dal giudice di appello. Sotto tale profilo la dichiarazione di G. , secondo il quale tali somme non sarebbero state effettivamente corrisposte, non potrebbe inficiare la dichiarazione proveniente dall’Inail, trattandosi di documento che fa fede fino a querela di falso;
il ricorso è fondato. Il ricorrente ha dedotto il mancato esame della documentazione prodotta in appello attestante l’erogazione di somme a titolo di indennità da parte dell’Inail. Al riguardo va precisato, con specifico riferimento al secondo profilo oggetto di motivazione della Corte territoriale riferita al quinto motivo di appello (mancanza di prova del pagamento delle somme da parte di Unipol ed in favore di Inail) che tale ulteriore elemento non è richiesto nell’ipotesi di eccezione di difetto di legittimazione attiva del danneggiato. Trova, infatti, applicazione il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. SU 22 maggio 2018 n. 12566 e successive applicazioni: Cass. 27 maggio 2019 n. 14362 e Cass. 20 giugno 2019 n. 16580);
le Sezioni Unite hanno avuto modo di puntualizzare che, dall’ammontare del risarcimento dovuto dal responsabile del sinistro, va detratto quanto corrisposto al danneggiato allo stesso titolo da parte dell’ente gestore di assicurazione sociale, trattandosi di prestazione economica a contenuto indennitario erogata in funzione di copertura del pregiudizio occorso (nella specie, la pensione di inabilità e l’indennità di accompagnamento) che soddisfa, neutralizzandola in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo al quale sia addebitabile il sinistro, salvo il diritto del danneggiato di agire nei confronti del danneggiante per ottenere l’eventuale differenza tra il danno subito e quello indennizzato (con particolare riferimento alle prestazioni previdenziali e indennitarie erogate dall’Inail, Cass., Sez. Un., 22/5/2018, n. 12566 citata);
a tale stregua, le somme che il danneggiato si sia visto liquidare dall’ente gestore di assicurazione sociale a titolo di rendita per l’invalidità civile vanno detratte dall’ammontare dovuto, allo stesso titolo, dal responsabile civile al predetto danneggiato, giacché quest’ultimo diversamente conseguirebbe un importo maggiore di quello cui ha diritto (Cass., Sez. Un., 22/5/2018, n. 12566). Le prestazioni previdenziali o indennitarie dell’assicuratore sociale assumono infatti carattere di mera anticipazione rispetto all’assolvimento dell’obbligo a carico del responsabile. Al danneggiato non è consentito reclamare un risarcimento superiore al danno effettivamente sofferto, bensì se del caso agire nei confronti del terzo responsabile del danno per ottenere la differenza tra il danno subito e quello indennizzato, allo stesso titolo, dall’assicuratore sociale;
il danneggiato (G. ) perde quindi la legittimazione all’azione risarcitoria per la quota corrispondente all’indennizzo assicurativo riscosso o riconosciuto in suo favore, mentre conserva il diritto ad ottenere il residuo risarcimento nei confronti del responsabile, ove il danno sia solo in parte coperto dalla detta prestazione;
si è al riguardo ulteriormente precisato che l’assicuratore il quale abbia pagato l’indennità può surrogarsi nei diritti dell’assicurato verso il terzo danneggiante ex art. 1916 c.c. (che trova applicazione anche in favore degli enti esercenti le assicurazioni sociali in caso di assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e contro le disgrazie accidentali), in quanto la surrogazione comporta -per effetto del pagamento dell’indennità- una sostituzione personale ope legis di detto assicuratore all’assicurato-danneggiato nei diritti di quest’ultimo verso il terzo responsabile del danno. Si è altresì posto in rilievo come (nel riprodurre le previsioni contenute nella L. n. 990 del 1969, n. 990, abrogato art. 28, sull’assicurazione obbligatoria della r.c.a.) il D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 142 (c.d. Codice delle assicurazioni private) stabilisca d’altro canto che ove il danneggiato sia assistito da assicurazione sociale l’ente gestore ha diritto di ottenere direttamente dall’impresa di assicurazione il rimborso delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato ai sensi delle leggi e dei regolamenti che disciplinano detta assicurazione;
si è quindi sottolineato che l’art. 1916 c.c. e l’art. 142 Cod. ass. regolano rapporti intersoggettivi diversi, rispettivamente nei confronti del terzo responsabile e del suo assicuratore, e tuttavia contrassegnati da un elemento comune, la successione nel credito risarcitorio dell’assicurato danneggiato, che attribuisce all’ente gestore dell’assicurazione sociale che abbia indennizzato la vittima la pretesa nei confronti dei distinti soggetti obbligati, al fine di ottenere il rimborso tanto dei ratei già versati quanto del valore capitalizzato delle prestazioni future;
più recentemente questa Corte, con la citata decisione n. 16580 del 2019 ha ribadito che, all’esito del pagamento da parte dell’assicuratore sociale dell’indennità, il danneggiato perde la legittimazione all’azione risarcitoria per la quota corrispondente all’indennizzo riscosso e ciò impedisce il cumulo tra somme già riscosse ed il rischio di duplicazioni risarcitorie;
ne consegue che il ricorso per cassazione deve essere accolto; la sentenza va cassata con rinvio, trovando applicazione il principio secondo cui la surrogazione impedisce che il danneggiato possa cumulare, per lo stesso danno, la somma già riscossa a titolo di rendita assicurativa con l’intero importo del risarcimento del danno dovutogli dal terzo, e di conseguire così due volte la riparazione del medesimo pregiudizio subito (Cass., Sez. Un., 22/5/2018, n. 12566 e n. 12567). Conseguentemente, le somme attribuite al G. dall’assicuratore sociale a titolo di indennità per l’invalidità civile permanente devono essere detratte dall’ammontare del danno riconosciuto in favore di quest’ultimo e posto a carico del danneggiante e del suo assicuratore per la r.c.a;

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione.