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Guerra non impedisce estradizione in Ucraina (Cass. 36440/24)

30 settembre 2024, Cassazione penale

È vero che l'Ucraina ha subito anche in territori non direttamente interessati dai combattimenti di terra, bombardamenti e attacchi missilistici da parte delle forze armate della Federazione Russa: si tratta, però, di circostanze che riguardano la situazione generale esistente nello Stato richiedente l'estradizione che non paiono incidere sulla posizione dell'odierno ricorrente, in ragione delle garanzie che l'autorità giudiziaria di quello Stato richiedente ha fornito circa il trattamento detentivo individualizzante che sarà assicurato all'estradando in un istituto di pena che attualmente si trova in una zona non direttamente interessata dagli eventi bellici.

 

Corte di Cassazione

sezione VI

sentenza Num. 36440 Anno 2024

Presidente: APRILE ERCOLE Relatore: PACILLI GIUSEPPINA ANNA ROSARIA

Data Udienza: 01/07/2024 - 30/09/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da MD, nato in Ucraina il **/1970 avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Genova il 23/4/2024

Visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Giuseppina Anna Rosaria Pacilli;

letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Marco Patarnello, che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso; 

letta la memoria depositata dall'Avv. LM, difensore del ricorrente, che ha chiesto di accogliere il ricorso 

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 23 aprile 2024 la Corte di appello di Genova ha dichiarato sussistenti le condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione proposta nei confronti di ** perché colpito da provvedimento di arresto provvisorio a fini estradizionali, emesso il 24 aprile 2023 dalla Corte distrettuale * di * - Ucraina per il reato di violazione delle norme di sicurezza stradale o delle operazioni di trasporto da parte di persone alla guida di veicoli, in caso di morte della vittima, commesso il 30 dicembre 2021.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di DM, che ha dedotto i motivi di seguito indicati.

2.1. Con il primo motivo ha dedotto la violazione degli artt. 705, comma 2, lett. a) e c), e 698 cod. proc. pen. nonché contraddittorietà della motivazione, avendo la Corte d'appello erroneamente ritenuto assenti le cause ostative alla consegna. Laddove il ricorrente fosse consegnato alle Autorità dello Stato dell'Ucraina, in ogni caso, verrebbe esposto a gravi rischi per la propria vita o incolumità nonché a trattamenti atti a configurare una violazione dei diritti fondamentali della persona. Le rassicurazioni, rese dallo Stato richiedente, circa la collocazione del carcere e le relative condizioni, peraltro assolutamente difformi nella descrizione rispetto alle relazioni delle Organizzazioni internazionali di riferimento e, soprattutto, alla relazione dell'ultima visita da parte di inviati del Consiglio d'Europa, non garantirebbero il rispetto dei diritti del detenuto, alla luce comunque dell'ingravescenza del conflitto in corso e della progressiva e costante avanzata russa, idonea a determinare il concreto rischio dell'evanescenza di qualsiasi rassicurazione dello Stato richiedente. Una volta comparso davanti al giudice interno, il ricorrente potrebbe essere sottoposto a una misura meno afflittiva e si troverebbe in stato di libertà in un Paese massacrato dalla guerra, con il rischio concreto di essere arruolato e inviato al combattimento. La Corte di appello avrebbe trascurato, inoltre, che, già da poco dopo l'inizio della fase acuta del conflitto, è entrato in vigore in Ucraina, contestualmente alla cosiddetta legge marziale, un divieto di espatrio per gli uomini di età compresa fra i 18 e i 60 anni, con l'evidente finalità di una coscrizione.

2.2. Con il secondo motivo ha dedotto la violazione dell'art. 705 lett. b) cod. proc. pen., non emergendo dai documenti trasmessi la notifica al difensore del ricorrente dell'atto restrittivo della libertà personale, in palese violazione del diritto di difesa. 

CONSIDERATO IN DIRITTO 

1. Il ricorso deve essere rigettato, perché i motivi, in esso articolati, non sono fondati. 

2.  Quanto al primo motivo deve rilevarsi che la Corte di appello, dopo aver premesso che la Corte europea dei diritti dell'uomo — nei procedimenti relativi a denunce contro lo Stato richiedente da parte di condannati e detenuti per violazioni dei diritti garantiti dagli artt. 2 e 3 della Convenzione in considerazione delle condizioni pericolose della loro detenzione a causa del conflitto in corso — a seguito delle informazioni fornite dallo Stato ucraino non ha adottato misure provvisorie ai sensi dell'art. 39 del Regolamento, ritenendo la situazione delle istituzioni sotto controllo, atteso l'impegno volto a garantire i diritti umani fondamentali e la sicurezza dei detenuti, ha aggiunto che il Ministro della giustizia ucraina aveva approvato un elenco di istituti di custodia cautelare destinati alle persone consegnate all'Ucraina nell'ambito di un procedimento estradizionale, indicando in quali tra detti istituti, situato nella parte occidentale del Paese, lontano dalla zona dei combattimenti, sarebbe stato ristretto l'estradando in caso di consegna, specificando le condizioni detentive applicate in tale istituto nel rispetto degli standard richiesti dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e della Cassazione (spazi, regime carcerario, condizioni igienico sanitarie, accesso alla difesa); misure analoghe saranno applicate nel caso di esecuzione delle pene, qualora l'estradando venisse condannato.

La motivazione del provvedimento impugnato appare dunque confacente, avendo i giudici di merito, valorizzando le informazioni specifiche e individuali inviate dall'autorità giudiziaria ucraina, evidenziato che, in caso di estradizione, il ricorrente - che risponde di un reato comune, senza alcun riflesso di natura politica - sarà destinato ad un istituto che si trova in una regione attualmente non direttamente interessata dai combattimenti tra le forze armate ucraine e quelle russe, in condizioni generali più che adeguate e compatibili con i diritti fondamentali della persona.

A fronte di tali affermazioni, basate sulle approfondite informazioni acquisite, ivi comprese le rassicurazioni fornite circa la collocazione dell'istituto di pena, ove il ricorrente verrebbe condotto, le doglianze del ricorrente appaiono generiche e meramente ripetitive di quelle disattese dal giudice genovese.

È vero che l'Ucraina ha subito anche in territori non direttamente interessati dai combattimenti di terra, bombardamenti e attacchi missilistici da parte delle forze armate della Federazione Russa.

Si tratta, però, di circostanze che riguardano la situazione generale esistente nello Stato richiedente l'estradizione che non paiono incidere sulla posizione dell'odierno ricorrente, in ragione delle garanzie che l'autorità giudiziaria di quello Stato richiedente ha fornito circa il trattamento detentivo individualizzante che sarà assicurato all'estradando in un istituto di pena che attualmente si trova in una zona non direttamente interessata dagli eventi bellici.

 3. Anche le altre doglianze sollevate nel primo motivo del ricorso non colgono nel segno. Deve rilevarsi, infatti, che il paventato pericolo che l'estradando sia sottoposto al divieto di lasciare il Paese è del tutto eventuale, perché, in applicazione della misura inflittagli, egli andrà in un istituto di detenzione e non sarà libero.  

Deve aggiungersi che il pericolo, pure denunciato nel ricorso, di applicazione nei confronti del ricorrente della legge marziale militare, attualmente vigente in Ucraina, nonché della disciplina che prevede in quel Paese forme di mobilitazione e reclutamento forzato per soddisfare le esigenze delle forze armate e delle strutture logistiche e di sostegno non è stato dedotto in appello e, pertanto, non può essere proposto per la prima volta in questa sede. Peraltro, siffatto pericolo è stato prospettato in termini generici, non essendo stato allegati elementi oggettivi, precisi e aggiornati idonei a fondare il timore che l'estradizione in Ucraina potrebbe preludere a una sua sottoposizione alla legge marziale.

4. Anche il secondo motivo del ricorso non è fondato. La Corte di appello - quanto alla questione dell'effettivo esercizio del diritto di difesa nel procedimento in corso nello Stato richiedente - ha affermato che nel provvedimento, emesso dal giudice inquirente il 24 aprile 2023, di applicazione della misura cautelare in carcere nei confronti del ricorrente e nelle ulteriori informazioni, trasmesse, a seguito di richiesta della stessa Corte, dal Procuratore generale ucraino con nota del 4 marzo 2024 era stato specificato che, qualora la misura cautelare della custodia in carcere sia emessa in assenza dell'indagato/imputato, allontanatosi volontariamente dal territorio nazionale, come nel caso in esame, il giudice inquirente, entro 48 ore dalla consegna, valuta con la partecipazione dell'indagato e del suo difensore se applicare la custodia cautelare in carcere o una misura più lieve.

Pertanto, la procedura e, quindi, il carattere di provvisorietà del provvedimento del 24 aprile 2023 escludono che si possa ravvisare nel caso in esame la violazione del principio di difesa.

La Corte di appello ha poi aggiunto che nell'allegato alla richiesta di estradizione agli atti è stato assicurato che, nonostante il conflitto bellico in atto, i trattati internazionali sui diritti umani sono pienamente rispettati nei territori dell'ucraina, non occupati dalla Federazione russa, e che le restrizioni, dovute alla legge marziale, riguardano casi eccezionali e in nessuna ipotesi possono limitare gli elementi fondamentali insiti nel diritto al giusto processo di cui all'art. 6 CEDU, tra cui il diritto di difesa e assistenza legale, la presunzione di innocenza, il diritto al silenzio, il principio del ne bis in idem.

Tali rassicurazioni  sono state ribadite nella nota relativa alle ulteriori informazioni fornite il 4 marzo 2024, a seguito di richiesta, in cui si è precisato che al ricorrente sarà garantito il diritto ad un processo equo e pubblico entro un ragionevole periodo di tempo da un Tribunale indipendente e imparziale e una difesa legale con il patrocinio di un avvocato difensore. La Corte ha aggiunto che — a fronte di queste rassicurazioni — l'estradando non aveva allegato atti o fatti specifici, che consentivano di pervenire a una diversa conclusione.  

5. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato e ciò comporta, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria curerà gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. cpp.  

P.Q.M.  

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 1°luglio 2024 - deposito 30 settembre 2024