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G8 Genova, vi fu devastazione e saccheggio (Cass. 42130/12)

29 ottobre 2012, Cassazione penale

L'ordine pubblico tutelato dalla norma su devastazione e saccheggio deve essere inteso come buon assetto o regolare andamento del vivere civile, a cui corrispondono,nella collettività, l'opinione ed il senso della tranquillità e della sicurezza, suscettivi di essere direttamente ed immediatamente compromessi dai fatti esaminati dal giudice. 

L'elemento oggettivo del delitto di devastazione e saccheggio  consiste, nell'ipotesi della commissione di fatti di devastazione, in qualsiasi azione, con qualsivoglia modalità posta in essere, produttiva di rovina, distruzione o anche danneggiamento, che sia comunque complessivo, indiscriminato, vasto e profondo, di una notevole quantità di cose mobili o immobili, sì da determinare non solo un pregiudizio del patrimonio di uno o più soggetti e con esso il danno sociale conseguente alla lesione della proprietà privata, ma anche offesa e pericolo concreti per l'ordine pubblico, inteso in senso specifico come buon assetto o regolare andamento del vivere civile, cui corrispondono, nella collettività, l'opinione e in senso della tranquillità e della sicurezza.

 Devastazione che indica la rovina, il radere al suolo e quindi un danneggiamento che sia complessivo, indiscriminato, vasto e profondo, di una notevole quantità di cose mobili o immobili; il saccheggio richiede un fatto commesso da una pluralità di persone che si impossessino indiscriminatamente di una rilevante quantità di oggetti, con spirito di assoluta prepotenza e noncuranza per l'ordine costituito.

La circostanza attenuante dell'aver agito per suggestione della folla in tumulto non spetta a colui che ha provocato i disordini, che si sia predisposto per determinarli e che abbia programmato la sua partecipazione alla manifestazione di protesta in funzione appunto della commissione di atti di violenza: affinchè possa negarsi l'applicabilità della circostanza in esame, occorre escludere che gli autori dei fatti di violenza collettiva si determinarono a quelle illecite condotte soltanto perchè, trovatisi in mezzo ad una diffusa situazione di disordine, ebbero una minore resistenza psichica alle spinte criminali e si lasciarono andare ad atti di violenza nella misura in cui furono contaminati dalla "fermentazione psicologica per contagio che si sprigiona dalla folla".

L'immagine fotografica, ancor più della ripresa visiva, immortala un gesto, una posizione, un atteggiamento, ma non anche una complessiva azione, ma ciò non significa che non sia possibile ricostruire i tratti di condotta non ripresi, ove l'immagine di cui si dispone ritragga comportamenti univocamente significativi dello svolgimento dell'intera condotta. Si consideri, poi, che l'apprezzamento del significato probatorio del documento fotografico e filmico appartiene alle valutazioni proprie del giudice del merito e che in sede di legittimità può soltanto verificarsi se le inferenze probatorie siano tratte con logicità e coerenza rispetto a quel che il documento consegna nell'oggettività dell'immagine fotografica e filmica. 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

(ud. 13/07/2012) 29-10-2012, n. 42130

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BARDOVAGNI Paolo - Presidente -

Dott. ZAMPETTI Umberto - Consigliere -

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro - Consigliere -

Dott. LOCATELLI Giuseppe - Consigliere -

Dott. SANTALUCIA Giuseppe - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

1) A.C. N. IL (OMISSIS);

2) C.C. N. IL (OMISSIS);

3) C.M. N. IL (OMISSIS);

4) F.L. N. IL (OMISSIS);

5) F.A. N. IL (OMISSIS);

6) M.I. N. IL (OMISSIS);

7) P.F. N. IL (OMISSIS);

8) U.D. N. IL (OMISSIS);

9) V.A. N. IL (OMISSIS);

10) V.V. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 400/2009 CORTE APPELLO di GENOVA, del 09/10/2009;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/07/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SANTALUCIA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. P. Gaeta che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;

Udito il difensore avv.ti Gamberini, Crisci, Romeo, Tarterini, Multedo, Taddei che hanno concluso per l'accoglimento dei ricorsi.

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Genova, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di quella città in data 14 dicembre 2007, ha condannato i ricorrenti, elevando in più casi la pena irrogata in primo grado, per il delitto di devastazione e saccheggio e, in riguardo a taluno di essi, anche per qualche episodio di illegale detenzione, porto ed esplosione di bottiglie incendiare e di rapina, in riferimento agli scontri di piazza avvenuti nei giorni 20 e 21 luglio 2001 in occasione delle manifestazioni, con partecipazione di decine di migliaia di persone, per il "vertice G8" tenutosi a Genova.

Preliminarmente la Corte di appello ha precisato che gli scontri non ebbero una comune origine, che i gruppi di manifestanti agirono indipendentemente con modalità e finalità differenti, e che occorre distinguere il gruppo facente parte del cd. blocco nero da quello delle cd. tute bianche. Ha quindi dato conto della scelta di qualificazione degli atti di violenza su cose e di furto in termini di condotte di devastazione e saccheggio, individuando, al pari del Tribunale, l'elemento distintivo dalle meno gravi fattispecie criminose poste a tutela del patrimonio nella sistematicità delle condotte, nella reiterazione organizzata per il compimento di atti vasti e profondi, indiscriminatamente diretti contro tutto quel che esiste in una data porzione del territorio cittadino.

Inoltre, ha evidenziato l'ampiezza del territorio interessato - quartieri della (OMISSIS) -, l'entità e il numero dei danneggiamene perpetrati reiteratamente da gruppi di soggetti armati - di sassi, pietre, travi e tubi, bombe molotov -, il travisamento personale a cui fecero ricorso gli autori dei fatti, i continui e violenti scontri con le Forze dell'Ordine, nei cui confronti furono lanciati oggetti di ogni genere, spesso utilizzando come protezioni vere e proprie trincee costruite con gli arredi urbani. Da qui la lesione all'ordine pubblico con effetti di distruzione, rovina e desolazione di intere zone della città.

La Corte territoriale ha poi dichiarato la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, sotto il profilo delle indeterminatezza e della disparità di trattamento per eccessività di pena, della norma incriminatrice.

Ha, ancora, motivato sull'esclusione della circostanze attenuanti di cui all'art. 62 c.p. , nn. 1, 2 e 3, affermando che gli imputati non agirono per finalità altamente nobili o altruistiche ma, anzi, crearono gravi disordini e sovvertimento del vivere civile con l'uso della violenza; che non agirono per provocazione dell'altrui fatto ingiusto perchè diressero i loro atti violenti contro altri pubblici ufficiali rispetto a quelli che avevano commesso atti illegittimi;

che non furono indotti dalla folla in tumulto perchè, a differenza delle decine di migliaia di manifestanti pacifici, le decine di violenti, e tra questi gli attuali ricorrenti, furono autori primi dei disordini sediziosi.

Tanto premesso in via generale, la Corte territoriale ha proceduto all'esame delle singole posizioni, prendendo di volta in volta in considerazione le testimonianze, anche per il solo riconoscimento di taluno dei ricorrenti, dei rappresentanti delle Forze dell'Ordine, ma soprattutto le immagini filmate e i fotogrammi ritraenti gli scontri di piazza e i loro protagonisti.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to G., A.C. e V.A., con atti separati ma sovrapponigli, deducendo:

- difetto di motivazione in punto di affermazione di responsabilità.

La sentenza non indica i fatti specifici in forza dei quali poter affermare che A. e V. fossero al seguito del corteo del blocco nero e le immagini valorizzate per una tale conclusione rappresentano soltanto i momenti in cui i due incrociarono il passaggio del blocco nero. Certamente costoro presero parte alla protesta ma non ebbero alcun rapporto con le distruzioni sistematiche poste in essere dai militanti del blocco nero.

- Violazione di legge rispetto alla prova "per immagini". Agli atti del processo non è stato riversato l'intero materiale filmico e fotografico raccolto dagli inquirenti e che è stato collocato in un primo e autonomo fascicolo, cd. fascicolo contenitore, ma solo quello risultante dalla selezione operata dalla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero e senza il coinvolgimento delle difese.

I risultati dell'attività selettiva sono stati poi inseriti agli atti del presente procedimento al momento di formazione del fascicolo per scomposizione del primigenio fascicolo cd. contenitore, ex art. 130 disp. att. c.p.p..

Si impugna pertanto l'ordinanza del Tribunale di Genova del 20 settembre 2004, quasi integralmente recepita nella sentenza di primo grado, con la quale è stata rigettata l'eccezione difensiva relativa al mancato deposito integrale della documentazione concernente le indagini, ordinanza richiamata dalla sentenza di appello.

Sono state così sottratte al processo e alla conoscenza difensiva, con conseguente nullità d'ordine generale di cui all'art. 178 c.p.p. , comma 1, lett. c) immagini che, immortalando gli imputati in momenti diversi da quelli presi in esame dall'organo di accusa, ben possono delineare il contesto in cui sono maturate le azioni e fugare i vuoti ricostruttivi, spesso riempiti da apodittiche induzioni del decidente. In subordine si prospetta l'opportunità di sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 416 c.p.p. e art. 130 disp. att. c.p.p. , per l'eventualità che non dovesse ritenersi la sussistenza della denunciata nullità. - Difetto di motivazione rispetto ai criteri di valutazione della prova "per immagini".

La polizia giudiziaria, su delega del pubblico ministero, ha formato tre dvd e alcuni filmati con i fotogrammi selezionati tra il più ampio materiale per immagini disponibile. Nel far ciò, ovviamente, ha compiuto un'operazione non neutra ma condizionata, al pari di ogni altra operazione di montaggio, dalle conoscenze e dai fini dell'autore. I giudici del merito avrebbero dovuto imporre le regole del procedimento peritale per l'acquisizione di tale materiale informativo, con partecipazione delle difese, invece che qualificarlo come prova documentale.

E' stato poi dimostrato in dibattimento che il montaggio ha talvolta causato la perdita dei cd. meta-data, ossia di quegli elementi accessori alla ripresa delle immagini cristallizzate nei supporti - orari, date, ecc. ecc. -, spesso rilevanti ai fini dell'accertamento penale. Sotto questo aspetto si rileva che parte delle fotografie e dei filmati sono di origine e produzione anonima e che la Corte territoriale ha errato nel ritenere inapplicabile il divieto di acquisizione e utilizzazione dei documenti anonimi, affermandone l'applicabilità soltanto alle dichiarazioni anonime. Peraltro, l'impossibilità di individuare, e quindi sentire in dibattimento, l'autore del documento ha determinato un vuoto di conoscenze sulla reale portata delle condotte rappresentate nei fotogrammi.

Difetti di motivazione in ordine alle valutazione della fotografia n. 005 della cartella selezione ordinata del Dvd A. - V. acquisita informalmente dalla Digos. La foto ritrae soltanto il fatto che A. poggia un piede sulla ruota di una motocicletta, ed è frutto di opzioni preconcette e inferenze indimostrate la conclusione che ritragga invece un'azione di danneggiamento, peraltro posta a carico anche di V.. La Corte territoriale ha omesso di dare risposta a questo specifico rilievo difensivo, proposto con l'atto di appello. Ancora, in alcune immagini (rep. 120, n. 148, 13 e 120) A. è raffigurato chino su un ciclomotore Piaggio "Vespa" di colore blu, mentre ai margini del pianale del ciclomotore si intravedono un oggetto bianco e una protuberanza rossa, che la Corte territoriale ha individuato apoditticamente in una bottiglia di vino, che sarebbe stata sottratta al supermercato DixDì.

Carenza e manifesta illogicità della motivazione circa la prova per immagini per la devastazione e il saccheggio del supermercato DixDì (rep. 57D, foto 15, 148, 13, 21, 145, 146, 143, 18). In nessuna di dette immagini è raffigurato V. e del tutto priva di motivazione è la decisione di attribuirgli il coinvolgimento nei fatti sul solo dato dell'immagine che lo ritrae mentre percorre su un ciclomotore piazza Giusti.

Difetti di motivazione in punto di valutazione della immagini relative al presunto lancio di un sasso in via (OMISSIS). La sequenza filmata raffigura A. e V. in sella ad un ciclomotore e quest'ultimo con un sasso in mano, di modeste dimensioni. Ma è frutto di una indimostrata inferenza che il sasso fosse stato prelevato dalla pavimentazione stradale divelta e che servisse per essere scagliato nei confronti degli appartenenti alle Forze dell'Ordine.

Difetti di motivazione in punto di valutazione delle immagini relativi a via (OMISSIS). La sequenza, composta dai reperti 41, 151, 181, raffigura A. e V. che transitano a bordo di un ciclomotore sullo sfondo del luogo degli scontri e si trovano vicino ad una moltitudine di persone pacifiche che osservano il luogo degli scontri.

Difetti di motivazione e violazione di legge in punto di affermazione di responsabilità per il reato di devastazione o saccheggio.

- Violazione di legge e difetto di motivazione per la mancata concessione dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p. , n. 3, perchè non si è dimostrato che i ricorrenti siano stati i promotori dei delitti di devastazione e saccheggio.

Difetto di motivazione in punto di aumento della pena, perchè il riferimento generico alla gravità dei fatti da luogo ad una motivazione soltanto apparente. Ha proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to Mazzali, C.M., deducendo:

- violazione di legge penale e difetto di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del delitto di devastazione o saccheggio. Nella situazione in cui maturarono i fatti oggetto del processo non fu messo in pericolo l'ordine pubblico, come si può riscontrare dalla visione dei filmati degli avvenimenti, perchè le Forze dell'Ordine erano in numero pari se non superiore ai manifestanti, con mezzi meccanici altrettanto numerosi. Inoltre, la sentenza impugnata attribuisce all'imputata una sorta di responsabilità collettiva o di manifestazione, per il solo fatto di aver partecipato ad un corteo, con attribuzione alla stessa di tutto quello che è avvenuto durante la manifestazione, seppure da lei non commesso, nemmeno in forma concorsuale.

- Violazione di legge penale e difetto di motivazione in riferimento ai capi 19, 20 e 21 della rubrica (detenzione illegale, porto illegale e esplosione di bottiglie incendiare). La sentenza impugnata non contiene motivazione in relazione all'affermazione di responsabilità per i reati appena indicati; manca del tutto la prova della condotta materiale attribuibile alla ricorrente.

- Difetti di motivazione in ordine alla determinazione della pena. La pena irrogata, discostandosi dal minimo edittale, è clamorosamente elevata rispetto ai fatti, specie se si considera che la ricorrente è soggetto incensurato.

Ha proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to M., P. F., deducendo:

- violazione di legge e difetto di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità per il reato di devastazione o saccheggio. La commissione dei fatti di cui all'imputazione non mise in pericolo l'ordine pubblico, perchè le Forze dell'Ordine conservarono sempre la possibilità di intervento. Nessun elemento è indicato in sentenza per sostenere l'affermazione circa la messa in pericolo dell'ordine pubblico e per dare conto del compimento di danneggiamenti complessivi, indiscriminati, vasti e profondi di notevole quantità,che danno corpo ai fatti di devastazione.

- Violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento alla determinazione del trattamento sanzionatorio. La Corte territoriale non ha dato conto dell'uso dei criteri normativi che vincolano la discrezionalità giudiziale nella irrogazione della pena. La quantità di pena è eccessiva sia rispetto ai fatti che alla personalità dell'imputato, le circostanze attenuanti generiche avrebbero dovuto essere poste in prevalenza sulle aggravanti contestate.

Hanno proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to C., M.I. e F.A., deducendo:

- violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla qualificazione dei fatti in termini di devastazione e saccheggio. La Corte territoriale ha errato nel valutare singoli episodi di danneggiamento e di furto come fatti di devastazione e saccheggio.

Non v'è poi prova che i due ricorrenti abbiano preso parte alle condotte di danneggiamento, di furto, e di violenza. Si prospetta comunque la questione di legittimità costituzionale dell'art. 419 c.p. per violazione degli artt. 2, 3, 18 e 24 Cost. , sì come già illustrata nei motivi di appello.

- Violazione di legge e difetto di motivazione in punto di responsabilità dei ricorrenti. La Corte territoriale ha operato delle inferenze arbitrarie dalle immagini acquisite in atti, desumendo in maniera apodittica comportamenti criminosi ivi non rappresentati, peraltro operando secondo un criterio non usato per la valutazione di altre posizioni processuali.

- Violazione di legge e difetto di motivazione in riferimento alla determinazione della pena. La Corte territoriale, nel l'irroga re una pena maggiore di quella inflitta in primo grado, non ha tenuto conto della personalità degli imputati, del loro stato di incensuratezza.

Ha proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to G., F.L., deducendo:

- mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla condanna per i reati di detenzione, porto ed esposizione di bottiglie incendiarie. La Corte territoriale, ribaltando la decisione di primo grado, ha condannato il ricorrente per i capi 35, 36 e 37 della rubrica senza farsi carico di confutare specificamente le argomentazioni poste dal giudice di primo grado a fondamento della decisione assolutoria. Nè può dirsi che questo dovere di motivazione rafforzata sia stato adempiuto descrivendo la condotta in termini di partecipazione concorsuale. Tale ricostruzione si fonda su un mero sospetto, senza alcun riscontro probatorio. Non si nega che il ricorrente sia stato presente sui luoghi in cui furono consumati gravi fatti di danneggiamento, ma egli tenne una presenza meramente passiva. E non v'è prova che avesse concertato con i detentori degli ordigni alcuna collaborazione al fine di incendiare gli esercizi commerciali.

- Manifesta illogicità ed omissione della motivazione in ordine all'accertamento del delitto di devastazione e saccheggio. Il numero modesto di fatti di danneggiamento avrebbe dovuto imporre una puntuale motivazione circa i caratteri della sistematicità delle condotte e della vastità e profondità dei danneggiamenti, che integrano la fattispecie di devastazione e saccheggio. Il ricorrente è certo autore di fatti delittuosi, anche gravi, ma questi sono circoscritti nel tempo e nei luoghi di commissione e non v'è prova del previo accordo con l'altra persona, il P., che ebbe a commettere una pluralità di fatti di danneggiamento. Inoltre, non v'è certezza dell'identificazione del ricorrente nel soggetto che prese parte agli episodi di danneggiamento del 21 luglio 2001 (in particolare, danneggiamenti alla Atos Itafinco e alla Cisalpina Tours). Non v'è stato infatti alcun riconoscimento diretto per quanto attiene a questi episodi, e l'identificazione è affidata soltanto alla comparazione fisiognomica che, però, non ha avuto ad oggetto fotogrammi inerenti alle azioni delittuose in questione.

Violazione di legge e difetto di motivazione in punto di mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 3 (l'aver agito per suggestione di una folla in tumulto). La Corte territoriale ha errato nell'lndividuare nel ricorrente uno dei promotori dell'attività criminosa, a cui dunque è impossibile riconoscere l'attenuante, perchè anzi vi è prova che nella giornata del 20 luglio egli faceva parte del corteo delle cd. tute bianche.

Solo per la successiva giornata gli è contestato di essersi immesso nei manifestanti del cd. blocco nero, quando ormai i disordini erano dilagati e il livello di violenza si era innalzato.

Difetto di motivazione in punto di aumento della pena. Manca la motivazione circa l'uso dei criteri normativi di commisurazione della pena, che è stata elevata rispetto a quella irrogata in primo grado senza considerazione personalizzata della gravità delle condotte.

Violazione di legge processuale, nullità della richiesta di rinvio a giudizio e degli atti derivati per mancato deposito della documentazione relativa alle indagini espletate. Agli atti del processo non è stato riversato l'intero materiale filmico e fotografico raccolto dagli inquirenti, e che è stato collocato in un primo e autonomo fascicolo, cd. fascicolo contenitore, ma solo quello risultante dalla selezione operata dalla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero e senza il coinvolgimento delle difese.

I risultati dell'attività selettiva sono stati poi inseriti agli atti del presente procedimento al momento di formazione del fascicolo per scomposizione del primigenio fascicolo cd. contenitore, ex art. 130 disp. att. c.p.p.. Si impugna pertanto l'ordinanza del Tribunale di Genova del 20 settembre 2004, quasi integralmente recepita nella sentenza di primo grado, con la quale è stata rigettata l'eccezione difensiva relativa al mancato deposito integrale della documentazione concernente le indagini, ordinanza richiamata dalla sentenza di appello. Sono state così sottratte al processo e alla conoscenza difensiva, con conseguente nullità d'ordine generale di cui all'art. 178 c.p.p. , comma 1, lett. c) immagini che, immortalando l'imputato in momenti diversi da quelli presi in esame dall'organo di accusa, ben possono delineare il contesto in cui sono maturate le sue azioni e fugare i vuoti ricostruttivi, spesso riempiti da apodittiche induzioni del decidente. In subordine si prospetta l'opportunità di sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 416 c.p.p. e art. 130 disp. att. c.p.p. , per l'eventualità che non dovesse ritenersi la sussistenza della denunciata nullità.

Ha proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to R., D. U., e C.C. in proprio, deducendo con separati ma sovrapponibili atti:

- violazione di legge e difetto di motivazione in punto di affermazione di responsabilità per il delitto di devastazione e saccheggio. La Corte territoriale ha tratto inferenze arbitrarie, di coinvolgimento dei ricorrenti nei plurimi fatti di danneggiamento contestati, dall'esame di alcuni fotogrammi che, però, consegnano immagini di comportamenti del tutto equivoci (trovarsi dietro una barricata munito di pietre o di bottiglie non significa che si partecipi al danneggiamento dell'arredo urbano; il mero transito dal luogo ove avvengono fatti di danneggiamento non è di per sè reato;

essere in possesso di generi alimentari sottratti ad un supermercato non significa aver preso parte alla devastazione dell'esercizio commerciale, semmai può dare prova del reato di concorso in furto).

Per quanto specificamente attiene alla posizione di U., l'unico fotogramma che lo ritrae "in azione", nell'atto di brandire una tavola da skate davanti ad una postazione bancomat, non da prova che sia stata propria detta azione a danneggiare la postazione, ben potendo essere stata danneggiata in precedenza da altri, o dopo da altri ancora.

Questa considerazione apre ad una critica complessiva dell'acquisizione della "prova per immagini", costituita da sequenze filmate e fotografiche che il pubblico ministero ha selezionato senza la partecipazione difensiva all'interno di un più ampio materiale filmico e fotografico, immettendo negli atti processuali uno strumento ricostruttivo parziale. Quel che è più importante evidenziare è che si tratta di materiale avente fonte anonima. Non è stato dunque possibile sottoporre ad esame il suo autore, e la difesa non ha potuto evidenziare altri elementi, l'immediatamente prima e dopo" di quanto rappresentato nelle fotografie, che certo avrebbero potuto far emergere la reale consistenza delle condotte.

Non v'è poi prova alcuna dell'asserita partecipazione concorsuale ai fatti di devastazione e saccheggio e le condanne sono fondate sul fatto esclusivo della mera presenza sui luoghi in cui sono avvenuti i fatti di danneggiamento. E' poi errata la qualificazione giuridica dei fatti in termini di devastazione e saccheggio, non avendo la Corte territoriale dato conto della sussistenza degli elementi, essenziali all'integrazione della fattispecie, del danneggiamento complessivo, indiscriminato, vasto e profondo di una notevole quantità di cose mobili e immobili e della lesione dell'ordine pubblico.

- Violazione di legge e difetto di motivazione in punto di mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p. , n. 3 (l'aver agito per suggestione di una folla in tumulto). La Corte territoriale ha errato nell'individuare nei ricorrenti due dei promotori dell'attività criminosa, a cui dunque è impossibile riconoscere l'attenuante.

- Violazione di legge in punto di circostanze attenuanti generiche e criteri normativi di commisurazione della pena e difetto di motivazione in punto di aumento della pena. Manca la motivazione circa l'uso dei criteri normativi di commisurazione della pena. Essa è stata elevata rispetto a quella irrogata in primo grado senza considerazione personalizzata della gravità delle condotte. La Corte ha inoltre errato nel non applicare le circostanze attenuanti generiche nella loro piena estensione.

Successivamente, con atto del giugno scorso, il difensore ricorrente per U.D. ha depositato memoria per ribadire l'assenza di prova circa il coinvolgimento del ricorrente nei plurimi atti di danneggiamento ascritti e circa la sussistenza dei requisiti necessari all'integrazione della fattispecie criminosa di devastazione e saccheggio.

Ha proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to M., V.V., deducendo:

- violazione di legge e difetto di motivazione relativamente all'affermazione di responsabilità per il reato di devastazione o saccheggio in luogo di quello di danneggiamento. Non possono essere qualificati come reato di devastazione plurimi e sistematici atti di danneggiamento, perchè il nostro ordinamento prevede il reato continuato di danneggiamento plurimo, da applicarsi pur quando i fatti siano commessi in una zona densamente abitata e frequentata. La Corte territoriale non ha poi motivato sulla concreta messa in pericolo dell'ordine pubblico, elemento essenziale per l'integrazione della fattispecie. Nel caso di specie, invero, l'ordine pubblico non è stato messo in pericolo, perchè le Forze dell'Ordine erano presenti in modo massiccio sul territorio, con supremazia di uomini e mezzi sui manifestanti.

- Violazione di legge in relazione all'affermazione dell'esistenza del concorso di persone nel reato. La sentenza impugnata, in assenza di prova della preordinazione, ha attribuito la responsabilità per tutte le condotte criminose a tutti gli imputati del gruppo delle tute nere, creando una sorta di responsabilità collettiva, il ricorrente, presente in pochi degli episodi descritti nelle imputazioni, è stato ritenuto responsabile a titolo di concorso, senza l'individuazione del comportamento causalmente rilevante rispetto all'evento.

- Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione ai capi 19, 20 e 21: per i reati di detenzione, porto ed esplosione di bottiglie "molotov" manca la motivazione di come si sia giunti ad affermare la partecipazione concorsuale del ricorrente.

- Violazione d legge e difetto di motivazione per quanto concerne il trattamento sanzionatorio, perchè la Corte territoriale avrebbe dovuto contenere la pena in misura minore e più congrua, così da renderla proporzionata ai fatti concretamente accertati.

Motivi della decisione

A.C., V.A., F.L., U. D. e C.C. hanno lamentato la mancata concessione della circostanza attenuante dell'essere il fatto commesso per la suggestione derivante da una folla in tumulto, che è stata negata sul presupposto che i ricorrenti, facendosi scudo della folla calma e ordinata, iniziarono i tumulti o proseguirono nella condotta violenta e quindi furono autori primi dei disordini sediziosi.

Sul punto i ricorsi sono fondati e la sentenza deve essere, per questa parte, annullata, ai fini di un nuovo esame ad opera del giudice del merito, secondo i criteri interpretativi che ora si indicano.

Il difetto di motivazione della sentenza è conseguenza del fatto che la Corte territoriale (fl. 23 della sentenza impugnata) non si è fatta carico di valutare se, quali e quanti tra i ricorrenti, al di là della partecipazione ai fatti di devastazione e saccheggio, preordinarono la manifestazione agli atti di violenza, non potendosi desumere dalla loro partecipazione ai delitti il ruolo di protagonisti delle condotte violente.

La circostanza attenuante non spetta a colui che abbia provocato i disordini, che si sia predisposto per determinarli e che abbia programmato la sua partecipazione alla manifestazione di protesta in funzione appunto della commissione di atti di violenza.

La prova di questa attività di vera e propria promozione non può però trarsi soltanto dal fatto che i ricorrenti confluirono a Genova, in occasione del vertice "G8", con l'intenzione di concorrere alle manifestazioni di protesta, perchè essa non rivela, ancora e di per sè, che costoro presero parte ad un gruppo costituitosi al fine precipuo di spingere ad atteggiamenti violenti.

In buona sostanza e per dirla in negativo, affinchè possa negarsi l'applicabilità della circostanza in esame, occorre escludere che gli autori dei fatti di violenza collettiva si determinarono a quelle illecite condotte soltanto perchè, trovatisi in mezzo ad una diffusa situazione di disordine, ebbero una minore resistenza psichica alle spinte criminali e si lasciarono andare ad atti di violenza nella misura in cui furono contaminati dalla "fermentazione psicologica per contagio che si sprigiona dalla folla" Sez. 3, n, 2715 del 13/10/1965 - dep. 13/11/1965, Matera, Rv. 99947.

C.M., F.L., P.F. e V. V. sono imputati anche dei reati di detenzione, porto ed esplosione di bottiglie incendiarie. Ad eccezione di F. P., i menzionati ricorrenti hanno lamentato l'assenza di prova in ordine all'affermazione di responsabilità per queste imputazioni e F.L. ha censurato in aggiunta il fatto che la Corte territoriale, condannando in riforma della sentenza di assoluzione di primo grado, non abbia confutato specificamente le argomentazioni svolte nella sentenza oggetto di riforma.

I motivi dei ricorsi sono infondati per le ragioni di seguito esposte.

Per C.M., la sentenza (fl. 25, 28) ha precisato: che questa fu "a diretto contatto con gli ordigni incendiari ... preparati, davanti a tutti, da due black block immediatamente prima dell'assalto"; che quando le bombe furono fatte esplodere la C. aveva "nella mano sinistra un guanto ignifugo"; che "nessun altro motivo di era per indossare questo tipo di guanto, se non per avere contatto diretto della mano con la bottiglia incendiaria, dato che - come è noto - prima del lancio è necessario accendere lo stoppino legato al collo della bottiglia ...".

Per V.V., la sentenza (fl. 31, 34, 36) ha messo in evidenza: che un'immagine fotografica lo ritrae con in mano una bottiglia incendiaria nell'atto di dare fuoco ad un copertone; che, ancora, è ritratto con dei guanti di protezione ed è ritratto nell'azione di versare "da una bottiglia che contiene evidentemente liquido incendiario il medesimo sul copertone di cui si è detto";

che "prese parte all'incendio di più auto".

Per F.L., la sentenza (fl. 136, 137), facendosi carico di confutare, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, le argomentazioni assolutorie, ha sottolineato che non possono residuare dubbi sul fatto che la bottiglia che il ricorrente teneva in mano fosse incendiaria, dal momento che aveva una mano protetta da un guanto ignifugo - chiara precauzione per non essere raggiunto dal fuoco -, evidentemente perchè la bottiglia conteneva liquido infiammabile. La sentenza ha poi preso in esame il particolare dell'assenza nella bottiglia di uno stoppino di accensione, ed ha concluso che non è un dato di rilievo, dal momento che, agendo immediatamente dopo il P., al F. era sufficiente lanciare la sua bottiglia, pur priva di stoppino, perchè prendesse fuoco alimentandosi con le fiamme di quello già provocato dal P..

Deve allora concludersi che la sentenza ha dato adeguata motivazione dei giudizi di responsabilità, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti.

Essa ha però errato - ed il rilievo è svolto nell'esercizio dei poteri officiosi di questa Corte nell'ambito della previsione di cui all'art. 129 c.p.p. , comma 1 - nel ritenere che il reato di illegale detenzione delle bottiglie incendiarie possa, nei casi di specie, concorrere con quello di porto illegale. Non risulta, infatti, che il materiale incendiario fu detenuto, per un apprezzabile e consistente lasso temporale, ancor prima di essere portato in quei luoghi ove fu poi utilizzato per le opere di devastazione, ed anzi v'è prova che le bottiglie incendiarie furono confezionate sui luoghi per essere immediatamente utilizzate. S

i ha allora che la condotta di detenzione ebbe inizio nello stesso momento della condotta di porto; pertanto, il suo disvalore fu assorbito in quello della condotta a cui è stata strumentale, e ciò secondo l'orientamento da tempo espresso da questa Corte, per cui "in tema di reati concernenti le armi, il delitto di porto illegale comprende ed assorbe per continenza quello di detenzione, escludendo il concorso materiale di tali reati, solo quando l'azione del detenere l'arma inizi contestualmente a quella di portare la medesima in luogo pubblico e vi sia la prova che l'arma non sia stata in precedenza detenuta" Sez. 1, n. 7759 del 11/06/1996 - dep. 07/08/1996, Zavettieri, Rv. 205532.

Le stesse argomentazioni valgono in riguardo alla posizione di P.F., non ricorrente per la parte relativa alla condanna per tali reati. E' appena il caso di evidenziare che la sentenza (fl. 115, 117, 118) ha dato atto che le immagini lo ritraggono mentre si riforniva di bottiglie da una campana per la raccolta differenziata dei rifiuti;ancora, mentre, con altro soggetto, stava preparando una bottiglia incendiaria e poi mentre lanciava un oggetto all'interno di Area Banca; infine, lo ritraggono con due bottiglie incendiare in mano e mentre ha in una mano una bottiglia incendiaria e nell'altra un accendino. Inoltre, la sentenza ha fatto richiamo alla deposizione testimoniale di M. B. che ha riferito di aver seguito il P., che era sempre in possesso di bottiglie incendiarie che prelevava dal suo zaino e poi lanciava; di averlo ritratto in numerosi episodi, sia quando lanciava le bottiglie incendiarie all'interno di banche ed esercizi commerciali, sia quando lanciava le bottiglie all'interno di autovetture.

L'esercizio di poteri officiosi rende irrilevante il fatto che P.F. - il cui ricorso non è comunque inammissibile - non abbia impugnato la parte della sentenza relativa alla condanna per i reati di illegale detenzione e porto di bottiglie incendiarie.

Valga il riferimento al principio di diritto espresso dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui "allorchè non tutti i motivi di ricorso per cassazione siano inammissibili, sono rilevabili di ufficio le questioni inerenti all'applicazione della declaratoria delle cause di non punibilità di cui all'art. 129, comma primo, cod. proc. pen. che non comportino la necessità di accertamenti in fatto o di valutazioni di merito incompatibili con i limiti del giudizio di legittimità. Sez. U, n. 8413 del 20/12/2007 - dep. 26/02/2008, Cassa, Rv. 238467.

Va dunque annullata senza rinvio la condanna emessa per il reato di illegale detenzione e deve essere eliminata la porzione di pena inflitta per l'indicato reato, pari ad un anno di reclusione per P.F. e a mesi nove di reclusione per M. C., F.L. e V.V..

Nel resto, i ricorsi sono infondati per le ragioni di seguito esposte.

Per ragioni d'ordine e di economia espositiva si affrontano cumulativamente le questioni che hanno formato oggetto delle doglianze di più ricorsi, in modo da evitare la ripetizione di argomenti già svolti.

I ricorrenti A.C., V.A., L. F., U.D. (..) .Fi.Lu., U.D., C.C. e V. V. hanno posto la questione della asserita erronea qualificazione di singoli atti di danneggiamene e di furto in termini del più grave reato di devastazione e saccheggio, e della incostituzionalità, per genericità descrittiva, della norma che incrimina la devastazione e il saccheggio. Hanno inoltre lamentato l'assenza di prova sulla partecipazione concorsuale ai fatti e hanno quindi denunciato che la responsabilità è stata affermata come fosse una sorta di responsabilità collettiva o di manifestazione.

I motivi sino infondati nei termini che ora si illustrano.

Le condotte tipiche del reato di cui all'art. 419 c.p. non sono meglio descritte dalla norma che si limita ad incriminare, appunto, la devastazione e il saccheggio.

La tecnica di normazione utilizzata non è di per sè causa di inaccettabile genericità descrittiva, perchè la giurisprudenza costituzionale ha da tempo chiarito che l'uso di espressioni sommarie, di vocaboli polisensi, ovvero di clausole generali o concetti "elastici" non viola il parametro costituzione di determinatezza quando al giudice sia comunque consentito, attraverso la complessiva descrizione del fatto e avuto riguardo alle finalità dell'incriminazione e al più ampio contesto ordinamentale in cui essa si colloca, di stabilire il significato dell'elemento che isolatamente considerato non sia specifico, e al destinatario della norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del valore precettivo - Corte cost, sent. n. 327 del 2008; sent. n. 5 del 2004; sent. n. 34 del 1995).

Si consideri allora la sedes materiae della norma incriminatrice, collocata nell'ambito dei reati contro l'ordine pubblico, per cogliere il senso di orientamento interpretativo dell'oggetto giuridico.

L'ordine pubblico tutelato dalla norma su devastazione e saccheggio deve essere inteso, secondo risalente e costante orientamento interpretativo di questa Corte, come "buon assetto o regolare andamento del vivere civile, a cui corrispondono,nella collettività, l'opinione ed il senso della tranquillità e della sicurezza, suscettivi di essere direttamente ed immediatamente compromessi da fatti come quelli considerati sotto il titolo quinto del libro secondo del codice penale" Sez. 1, n. 4135 del 25/01/1973 - dep. 21/05/1973, Azzaretto, Rv. 124142.

In questi termini esso fornisce lo strumento per selezionare, tra i più svariati comportamenti di violenza sulle cose e di ruberia, quelli che meritano una qualificazione di particolare gravità.

La giurisprudenza di questa Corte si è attenuta in modo concorde a questo indirizzo, statuendo che "integra il reato di devastazione, e non quello di danneggiamento, in quanto lede l'ordine pubblico inteso come forma di civile e corretta convivenza, la condotta tenuta da un numeroso gruppo di persone che, in occasione di una partita di calcio, tentino di forzare lo schieramento di polizia, al fine di entrare nello stadio pur essendo sprovviste del biglietto e, dopo la morte accidentale di uno spettatore, avvenuta nei disordini seguitine, si scatenino in una inconsulta reazione, aggredendo violentemente le forze dell'ordine, distruggendo o danneggiando vari impianti e strutture dello stadio e mettendo fuori uso gli altoparlanti e le apparecchiature di ripresa a circuito chiuso" Sez. 1, n. 25104 del 16/04/2004 - dep. 03/06/2004, P.M. in proc. Marzano ed altri, Rv. 228133. E, ancora, chiarendo che "l'elemento oggettivo del delitto di cui all'art. 419 c.p. consiste, nell'ipotesi della commissione di fatti di devastazione, in qualsiasi azione, con qualsivoglia modalità posta in essere, produttiva di rovina, distruzione o anche danneggiamento, che sia comunque complessivo, indiscriminato, vasto e profondo, di una notevole quantità di cose mobili o immobili, sì da determinare non solo un pregiudizio del patrimonio di uno o più soggetti e con esso il danno sociale conseguente alla lesione della proprietà privata, ma anche offesa e pericolo concreti per l'ordine pubblico, inteso in senso specifico come buon assetto o regolare andamento del vivere civile, cui corrispondono, nella collettività, l'opinione e in senso della tranquillità e della sicurezza" Sez. 1, n. 16553 del 01/04/2010 - dep. 29/04/2010, Orfano e altro, Rv. 246941 e Sez. 1, n. 22633 del 01/04/2010 - dep. 14/06/2010, Della Malva, Rv. 247418. L'attenzione riposta sull'oggetto giuridico in funzione interpretativa della fattispecie porta a valorizzare la carica semantica dei termini devastazione e saccheggio: l'uno, che indica la rovina, il radere al suolo e quindi un danneggiamento che sia complessivo, indiscriminato, vasto e profondo, di una notevole quantità di cose mobili o immobili Sez. 1, n. 22633 del 01/04/2010 - dep. 14/06/2010, Della Malva; l'altro, che richiede un fatto commesso da una pluralità di persone che si impossessino indiscriminatamente di una rilevante quantità di oggetti, con spirito di assoluta prepotenza e noncuranza per l'ordine costituito Sez. 1, n. 13466 del 18/04/1980 - dep. 17/12/1980, Bolzani, Rv. 147090.

Tanto premesso, non si ravvisa alcun errore di qualificazione, dal momento che la sentenza impugnata (fl. 2 e ss. e poi nell'esame delle singole posizioni processuali) ha ben spiegato in cosa sia consistita l'azione distruttiva e la depredazione di beni, arredi pubblici, generi alimentari, a nulla rilevando in senso contrario la presenza - sui luoghi delle devastazioni e delle depredazioni - delle Forze dell'Ordine che, come implicitamente attestato in sentenza, non evitò la messa in pericolo dell'ordine pubblico. Nè, per le ragioni sino ad ora svolte, può dirsi non manifestamente infondata la questione di costituzionalità prospettata nei ricorsi per contrasto della norma incriminatrice con il principio di determinatezza della fattispecie penale e quindi con l'art. 25 Cost..

Quanto poi alla lamentata assenza di prova di partecipazione concorsuale dei singoli ricorrenti, si rileva che la sentenza impugnata ha bene operato, dal momento che non ha addebitato ai singoli, per i quali ha pronunciato condanna, condotte da altri poste in essere al di fuori di un legame di tipo concorsuale, ma ha di volta in volta illustrato i dati probatori che confermano la commissione ad opera di ciascuno dei ricorrenti di fatti di devastazione o di saccheggio.

L'intera opera devastatrice e di saccheggio è stata la risultante delle condotte di più persone, prolungate in più giorni, ma ciascuna di loro compì i vari fatti di devastazione e di saccheggio ben consapevole di innestare quel tratto di propria condotta in un più ampio contesto, in cui necessariamente si coloriva di una specifica idoneità lesiva per il bene dell'ordine pubblico.

La norma non richiede come elemento costitutivo della fattispecie la pluralità dei soggetti agenti, sì che non può escludersi l'eventualità di una realizzazione monosoggettiva; e però, l'indicazione tipizzante di "fatti di devastazione o di saccheggio" sta a significare che le condotte punibili sono, nella generalità dei casi rilevanti, tasselli - fatti - consapevolmente inseriti in un quadro di devastazione e di saccheggio, voluto paritariamente da tutti coloro che quelle condotte realizzano.

Alcuni ricorrenti lamentano l'inidoneità probatoria delle immagini, perchè esse non rappresentano la partecipazione ai fatti di devastazione e saccheggio e immortalano atteggiamenti che, isolati da un contesto di sequenze temporalmente collegate, nulla dicono sulla responsabilità dei soggetti ivi raffigurati.

I ricorsi di A.C. e V.A. hanno specificato le immagini di cui contestano la capacità rappresentativa dei fatti, che invece la sentenza impugnata ha considerato provati tramite quelle immagini; M.I. e F.A., del pari, hanno contestato le arbitrarie inferenze tratte dalle immagini acquisite, che hanno condotto ad attestare il compimento di comportamenti criminosi invero mai tenuti. Critiche di pari contenuto sono state avanzate anche da U.D. e C. C..

Le doglianze hanno carica suggestiva ma sono infondate.

La sentenza impugnata ha preso in esame le singole posizioni processuali e per ciascuna ha tenuto conto delle riprese fotografiche e filmate ed ha tratto, con criteri logici e con motivazione congrua, la conclusione della partecipazione dei ricorrenti ai fatti di devastazione e saccheggio.

E' pur vero che l'immagine fotografica, ancor più della ripresa visiva, immortala un gesto, una posizione, un atteggiamento, ma non anche una complessiva azione, ma ciò non significa che non sia possibile ricostruire i tratti di condotta non ripresi, ove l'immagine di cui si dispone ritragga comportamenti univocamente significativi dello svolgimento dell'intera condotta. Si consideri, poi, che l'apprezzamento del significato probatorio del documento fotografico e filmico appartiene alle valutazioni proprie del giudice del merito e che in sede di legittimità può soltanto verificarsi se le inferenze probatorie siano tratte con logicità e coerenza rispetto a quel che il documento consegna nell'oggettività dell'immagine fotografica e filmica. Altro ovviamente sarebbe se la sentenza desse atto di un'immagine invero non esistente agli atti o negasse l'esistenza di un'immagine invero acquisita o, nell'utilizzarla in senso probatorio, ne alterasse il contenuto oggettivo. In tali casi si avrebbe un travisamento della prova, che estenderebbe i confini del sindacato di legittimità oltre il controllo dell'adeguatezza logica dell'inferenza del significato probatorio.

Tutti i motivi di ricorso che hanno ad oggetto la prova per immagini non adducono travisamenti delle immagini ma si dolgono dell'arbitrarietà delle inferenze tratte dalla sentenza. Sono critiche - si ribadisce - infondate, dal momento che nessuna illogicità, meno che mai manifesta, si apprezza nella considerazione probatoria dei documenti fotografici e filmici, sì come giustificata nella trattazione delle singole posizioni processuali dei ricorrenti.

I ricorsi di A.C. e V.A.hanno lamentato il difetto di motivazione in punto di partecipazione ai fatti di devastazione e saccheggio. La sentenza impugnata (fl. 67) ha offerto adeguata e congrua motivazione in ordine alla responsabilità per gli indicati fatti: A. era travisato da un chefir ed era armato di coltello a serramanico; V. indossava un giubbotto antiproiettile, cingeva in vita una catena, ed era armato di manganello. Ha quindi tratto la logica deduzione che altro sarebbe stato l'abbigliamento se non avessero preso parte alle azioni violente dei cd. black block. La deduzione è poi stata arricchita (fl. 68 ss. della sentenza) dalla valutazione critica dei vari documenti fotografici, che hanno completato il compendio probatorio, congruamente valutato come già detto, in ordine ai reati di devastazione e saccheggio.

(..)  hanno lamentato un difetto di motivazione in ordine alla determinazione della pena.

Tutti i motivi appena richiamati sono infondati.

La sentenza ha dato adeguata motivazione delle scelte sanzionatorie.

In ordine alla posizione di C.M., (fl. 30) ha aumentato la pena irrogata in primo grado in considerazione delle ampie, preordinate e organizzate devastazioni, proporzionando quindi il trattamento sanzionatorio, con pena base fissata in misura inferiore alla media edittale, alla gravità dei fatti ed alla personalità dell'autrice, sì come esternata nella commissione dei predetti. In ordine alla posizione di V.V. e A. F., la sentenza (fl. 37; fl. 43, 44) ha dato sufficiente giustificazione della scelta di non accordare prevalenza alle già concesse attenuanti generiche sulle contestate aggravanti e ha rideterminato la pena, con un aumento rispetto a quella inflitta in primo grado, fissando una misura di pena base comunque più vicina al minimo edittale. Per la posizione di M.I., la sentenza (fi. 49) ha dato adeguata motivazione della scelta di aumentare la pena, comunque contenuta in misura più vicina al minimo edittale; in riferimento alla posizione di C.C., (fl. 55) ha giustificato, in modo adeguato, l'aumento di pena per commisurare il trattamento sanzionatorio alla gravità dei fatti, di cui ha prima dato compiuta illustrazione; in ordine alla posizione di D. U., (fl. 63) ha giustificato l'aumento di pena, rilevando che i fatti imputati si pongono "nell'ambito del reato commesso, verso i vertici di una ipotetica scala di gravità e disvalore sociale". Per quel che attiene alle posizioni di A.C. e A. V., la sentenza (fl. 73,74) ha giustificato sì l'aumento di pena con un sintetico rinvio al giudizio di gravità dei fatti, ma ciò ha affermato immediatamente dopo aver compiutamente illustrato i dati probatori a sostegno delle accuse, sì che quel giudizio di gravità è tutt'altro che generico e vago. Per quel che concerne la posizione di P.F., la sentenza (fl. 120) ha indicato le ragioni per discostarsi in modo sensibile dal minimo edittale, aggiungendo che la ricostruzione probatoria ha illustrato in termini di maggiore gravità i fatti commessi dal predetto; in merito alla posizione di F.L., la sentenza (fl. 135) ha dato sufficiente giustificazione della scelta di non accordare prevalenza alle già concesse attenuanti generiche sulle contestate aggravanti;

ha quindi (fl. 137) adeguatamente spiegato le ragioni dell'aumento, sia pure modesto, della pena irrogata in primo grado, avendo riguardo a condotte la cui gravità ha fatto apprezzare nell'esame dei relativi fondamenti probatori.

Va infine precisato che la condanna alle spese del procedimento deve essere pronunciata soltanto nei confronti di M.I. e F.A., i cui ricorsi sono stati dichiarati integralmente infondati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di A.C., V.A., F.L., U.D. e C. C. limitatamente al diniego dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p. , n. 3 e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Genova per un nuovo esame sul punto.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di C.M., F.L., P.F. e V. V. limitatamente al reato di detenzione di bottiglie incendiarie, perchè assorbito nel reato di porto delle stesse;

elimina la relativa pena di anni uno di reclusione per P. F. e mesi nove di reclusione ciascuno per C.M., F.L. e V.V..

Rigetta nel resto i ricorsi dei predetti.

Rigetta i ricorsi di M.I. e F.A., che condanna al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2012