Il carattere pedopornografico del "materiale prodotto" non presuppone necessariamente un'interazione consapevole fra l'autore della condotta e il minore presentato, ben potendo essere individuato nella rappresentazione di movimenti in cui i minori assumono posizioni che si concretizzano in atteggiamenti lascivi ed eroticamente eccitanti, seppur assunti involontariamente ed inconsapevolmente
Corte di Cassazione
sez. III Penale, sentenza 13 dicembre 2018 – 31 gennaio 2019, n. 4872
Presidente Liberati – Relatore Corbetta
Ritenuto in fatto
1. Con l'impugnata sentenza, in parziale riforma della decisione resa all'esito del giudizio abbreviato dal g.i.p. del Tribunale di Ascoli Piceno e appellata dall'imputato e dal Procuratore Generale, la Corte d'appello di Ancona rideterminava in mesi tre e giorni dieci di reclusione e 2.000 Euro di multa la pena inflitta a Lu. Sz., nel resto confermando la pronuncia di primo grado che aveva affermato la penale responsabilità dell'imputato in relazione al delitto di cui agli artt. 81 cpv., 600 quater cod. pen., per aver effettuato, presso la spiaggia libera di San Benedetto del Tronto, con il proprio cellulare, scatti fotografici che ritraevano minori nudi sulla riva, conservando tali immagini nella memoria della sim del proprio telefono cellulare.
2. Avverso l'indicata sentenza, l'imputato, per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo si eccepisce violazione dell'art. 606, comma 1, lett. c) ed e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 438 ss., 603, 599, 360, 192 cod. proc. pen. e 111 Cost. Assume il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe disposto la rinnovazione d'ufficio dell'istruttoria dibattimentale mediante l'acquisizione di una versione stampata delle immagini indicate nella relazione della polizia di Stato di San Benedetto del 10/01/2012, senza il rispetto delle forme previste dall'art. 599, comma 3, cod. proc. pen. Peraltro, l'ordinanza con cui la Corte ha rigettato l'eccezione difensiva sarebbe errata, perché gli accertamenti irripetibili non sarebbero stati comunicati né all'imputato, né al difensore; l'attività di estrapolazione non risulterebbe essere stata effettuata dai documenti in atti; nessuna notizia di detta attività sarebbe stata comunicata alla difesa; non sarebbe possibile accertare la validità delle operazioni compiute, con conseguente violazione dei diritti di difesa. Infine, aggiunge il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe fatto malgoverno dei principi di cui all'art. 192 cod. proc. pen., in quanto, rendendosi conto che dagli atti non emergeva la prova della penale responsabilità dell'imputato, avrebbe compiuto un'indebita integrazione istruttoria, mentre sarebbe dovuta pervenire a un giudizio assolutorio.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e) cod. proc. pen. in relazione all'art. 521 cod. proc. pen. Ad avviso del ricorrente, mentre i fatti contestati si riferiscono agli scatti effettuati il 15 agosto 2011, le fotografie di cui la Corte territoriale ha disposto e ottenuto l'estrapolazione si riferirebbero ad altro materiale, in relazione al quale l'imputato è stato condannato, in violazione dell'art. 521 cod. proc. pen. Sotto altro profilo, il ricorrente contesta il carattere pedopomografico delle fotografie, che ritraggono i bambini nudi o seminudi sulla spiaggia in posizioni del tutto spontanee.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), d) ed e) cod. proc. pen. in relazione all'art. 89 cod. pen. Assume il ricorrente che la Corte territoriale, per un verso, avrebbe dovuto dichiarare la nullità della perizia, perché fondata su colloqui avvenuti senza la presenza del difensore e senza che questi ne fosse informato, e, per altro verso, avrebbe acriticamente recepito le conclusioni in ordine alla piena capacità di intendere e di volere dell'imputato, nonostante il perito abbia riscontrato delle gravi sindromi di carattere psichico, tali da integrare, quantomeno, il vizio parziale di mente.
2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), ed e) cod. proc. pen. in relazione all'art. 62 bis cod. pen. Il ricorrente si duole della mancata applicazione delle circostanze attenutati generiche, che avrebbero dovuto essere riconosciute in considerazione della ritenute problematiche di disagio e di disturbo psichico di cui soffre l'imputato, che hanno condotto a una mitigazione della pena.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile perché reitera le medesime doglianze già dedotte in entrambi i gradi del giudizio di merito e che sono state sempre state disattese, sia in primo che in secondo grado, con motivazione adeguata, immune da vizi logici e aderente alle emergenze processuali.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Invero, come ritenuto dalla Corte, il materiale acquisito corrisponde alla copia stampata dei documenti già in atti costituenti, peraltro, corpo del reato e oggetto degli accertamenti disposti ex art. 360 cod. proc. pen., descritti nell'annotazione di polizia con l'indicazione del contenuto di ogni cartella. In altri termini, la Corte territoriale non si è accontentata delle descrizioni delle fotografie effettuate dagli operanti, ma ha correttamente voluto visionare direttamente le fotografie, che, come detto, rappresentato corpo del reato e che, in quanto tale, ai sensi dell'art. 431, comma 1, lett. h) cod. proc. pen., deve essere allegato al fascicolo per il dibattimento.
Infine, non è dato ravvisare alcuna violazione dell'art. 521 cod. proc. pen. in quanto la condanna si riferisce proprio al fatto di essersi consapevolmente procurato le fotografie dei quattro bambini nudi indicati nell'imputazione e descritte dalla Corte territoriale a p. 5.
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
3.1. E' pacifico che l'imputato abbia realizzato delle fotografie ritraenti quattro bambini nudi che si trovavano in spiaggia, uno dei quali stava facendo pipi in un punto più isolato della battigia, tanto che la baby sitter di una delle minori si era accorta che l'imputato stava, appunto, fotografando la bambina con un telefono cellulare.
3.2. In punto di diritto, deve rilevarsi che la nuova e più rigorosa formulazione dell'art. 600 ter, ultimo comma, cod. pen., ai sensi dell'art. 2, comma 4, cod. pen. non può trovare applicazione nella fattispecie in esame, perché il fatto è stato commesso il 15 agosto 2011 e, quindi, prima dell'entrata in vigore della L. n. 172 del 2012.
Ciò posto, come chiarito da questa Corte per i fatti commessi prima della nova formulazione dell'art. 600 ter, ultimo comma, cod. pen., da parte della L. n. 172 del 2012, il delitto di pornografia minorile è configurabile esclusivamente nel caso in cui il "materiale pornografico", oggetto materiale della condotta criminosa prevista dall'art. 600 ter cod. pen., ritragga o rappresenti visivamente un minore degli anni diciotto implicato o coinvolto in una condotta sessualmente esplicita, quale può essere anche la semplice esibizione lasciva dei genitali o della regione pubica (Sez. 3, n. 10981 del 04/03/2010 - dep. 22/03/2010, Khan, Rv. 246351).
Di recente, si è ulteriormente precisato che il carattere pedopornografico del "materiale prodotto" non presuppone necessariamente un'interazione consapevole fra l'autore della condotta e il minore presentato, ben potendo essere individuato nella rappresentazione di movimenti in cui i minori assumono posizioni che si concretizzano in atteggiamenti lascivi ed eroticamente eccitanti, seppur assunti involontariamente ed inconsapevolmente (Sez. 3, n. 42964 del 10/06/2015 - dep. 26/10/2015, B, Rv. 265157: in applicazione del principio, la Corte ha ritenuto corretta la condanna dell'imputato che aveva ripreso, con una telecamera nascosta, immagini sessualmente allusive di minori intenti a cambiarsi e a farsi la doccia nello spogliatoio).
3.3. Nel caso in esame la Corte ha fatto buon governo dei principi ora evocati, trattandosi di foto di minorenni ritratti nudi - chi mentre faceva la doccia, chi nell'atto del gioco, chi mentre stava facendo pipi - e quindi in posizioni che si concretizzano in atteggiamenti lascivi ed eroticamente eccitanti, seppur assunti involontariamente ed inconsapevolmente dai minori medesimi.
4. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
In primo luogo va osservato che la presenza del difensore non è affatto richiesta per l'assistenza dell'imputato durante il colloqui con il perito, operando la garanzia prevista dall'art. 228, comma 3, cod. proc. pen. (a tenore del quale le notizie acquisite dall'imputato possono essere utilizzate solo ai fini dell'accertamento peritale), ed essendo prevista la possibilità per l'imputato di nominare un consulente tecnico; in ogni caso, eventuali nullità devono essere dedotte al momento del deposito della perizia o dell'esame del perito, ciò che non è avvenuto.
In secondo luogo, le censure dedotte dal ricorrente si palesano generiche, non confrontandosi con le argomentazioni addotte dalla Corte territoriale, la quale, con valutazione fattuale logicamente motivata, ha stimato condivisibili le conclusioni dei perito, che, nel contraddittorio tra le parti (ampiamente riportato nella sentenza di primo grado: p. 21 e p. 22), aveva tenuto conto anche delle valutazioni diagnostiche dei medici di San Benedetto del Tronto, escludendo che il riscontrato disturbo di personalità abbia inciso sulla capacità di intendere e di volere dell'imputato, che, al momento del fatto, era vigile e presente, come integre erano le sua capacità di cognizione, decisione e giudizio, tanto che l'imputato medesimo aveva cercato di nascondere il fatto temendo di essere stato scoperto, a dimostrazione della piena consapevolezza di quanto aveva compiuto.
5. Il quarto motivo è manifestamente infondato.
5.1. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (ex multis, cfr. Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017 - dep. 22/09/2017, Pettinelli, Rv. 271269, la quale ha ritenuto sufficiente, ai fini dell'esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell'imputato; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016 - dep. 29/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014 - dep. 03/07/2014, Lule, Rv. 259899).
5.2. Nel caso in esame, la Corte territoriale ha correttamente applicato il principio ora richiamato, correttamente evidenziando, quale causa ostativa al riconoscimento delle circostanze attenuanti in esame, i numerosi precedenti penali specifici, così apprezzando la negativa personalità dell'imputato come elemento prevalente rispetto agli altri, tra cui il disagio psichico di cui soffre lo Sz., elemento che, peraltro, è stato valutato ai sensi dell'art. 133 cod. pen. e ha condotto alla determinazione di una pena in misura prossima al minimo edittale.
5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.