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Estradizione convenzionale respinta se fatti incerti (Cass. 49940/18)

2 ottobre 2018, Cassazione penale

Quando la convenzione applicabile non prevede la valutazione da parte dello Stato italiano dei gravi indizi di colpevolezza, l'autorità giudiziaria italiana non può limitarsi ad un controllo meramente formale della documentazione allegata, ma deve compiere una sommaria delibazione diretta a verificare, sulla base degli atti prodotti, l'esistenza di elementi a carico dell'estradando, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente  restando in ogni caso inibita la rivalutazione del materiale probatorio che ha fondato la decisione emessa dall'autorità giudiziaria straniera.

L'incertezza sull'oggetto del procedimento penale a carico dell'estradando, e in assenza di riferimenti tratti dalla documentazione estradizionale che facciano comprendere quali siano gli elementi a carico dell'estradando, la richiesta di estradizione va respinta.

 

Cassazione Penale

Sezione VI

Num. 49940 Anno 2018

Presidente: FIDELBO GIORGIO Relatore: CALVANESE ERSILIAData Udienza: 02/10/2018

la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da CU, nato in Israele il 05/05/1956 avverso la sentenza del 20/06/2018 della Corte di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese; udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata; udito il difensore, avv. CS, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone raccoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Milano dichiarava la sussistenza delle condizioni per l'estradizione di U.C., richiesta dal Governo della Repubblica Moldava al fine del suo perseguimento per il reato di "organizzazione, semina e coltivazione di sostanze contenenti droga, nonché la conservazione di narcotici, azioni commesse da un'organizzazione criminale, in onerose proporzioni, con scopo di alienazione". La Corte di appello dava atto che la Corte di Chisinau aveva emesso nei confronti del Cnaan un mandato di arresto per il reato di "produzione e alienazione di sostanze stupefacenti nell'ambito di un 'organizzazione internazionale dedita al narcotraffico" e che dalla documentazione trasmessa era emerso che in una camera di albergo occupata dal C. a Chisinau, a seguito di perquisizione dell'8 luglio 2016, erano stati rinvenuti diversi pacchetti di sostanza, che dalle analisi risultavano essere cocaina e marijuana, con principio attivo pari rispettivamente a grammi 0,610 e 0,265; che nella stessa giornata era stata effettuata una perquisizione in due serre presso l'abitazione di tale AAM e dei suoi complici, dove erano state rinvenute 375 piante di canapa verde; che per tali fatti il C. era stato messo sotto accusa per il reato previsto dagli artt. 42, commi 2 e 3, 46, 217, comma 4, lett. b) e d) del codice penale moldavo "per aver organizzato la semina e la coltivazione di sostanze contenenti droga, nonché la conservazione di narcotici, azioni commesse da un 'organizzazione criminale, in onerose proporzioni, con scopo di alienazione".

La Corte di appello riteneva accertato che lo Stato richiedente avesse evocato espressamente le ragioni in relazione alle quali la autorità nazionale aveva ritenuto fondata la messa sotto accusa dell'estradando, essendo demandato a tale autorità in ogni caso ogni valutazione sulla fondatezza degli elementi di accusa, sui quali l'autorità giudiziaria italiana doveva esercitare soltanto un mero controllo formale.

La Corte territoriale affermava poi che i fatti oggetto della domanda estradizionale erano pacificamente previsti come reato dalla legge italiana e che non vi fossero ragioni ostative alla richiesta consegna.

2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'interessato, a mezzo del suo difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Artt. 706 e 606, connma 1, lett. e), cod. proc. pen.; insussistenza dei gravi indizi in ordine alle condotte in contestazione e vizio di motivazione.

La Corte di appello avrebbe fatto applicazione di principi oramai superati in tema di valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, contraddicendo anche le precedenti decisioni assunte nel procedimento da altro diverso collegio in ordine alla necessità di acquisire documentazione integrativa sugli specifici elementi indiziari e di rinviare l'udienza a tal fine.Risulterebbe apodittica l'affermazione secondo cui lo Stato richiedente avrebbe evocato le ragioni per la messa sotto accusa dell'estradando, in quanto sarebbe stata inviata ad integrazione della domanda estradizionale solo un mero elenco di elementi già ritenuti insufficienti dalla Corte di appello - in ordine sia al coinvolgimento del ricorrente nella coltivazione della canapa (come rilevato dalla stessa Corte di appello nell'ordinanza del primo marzo 2018) e alla qualità delle piante rinvenute (difetterebbe l'accertamento del THC) sia alla droga reperita presso l'hotel (posto che si trattava di sostanza ben al di sotto della quantità massima detenibile e nella specie destinata ad uso personale e per la quale il ricorrente era stato arrestato e poi scarcerato dalle autorità moldave) - e comunque inattendibili (il ricorrente non sarebbe disoccupato, ma uno stilista da 25 anni nel settore).

2.2. Violazione di legge, in relazione all'art. 13, secondo comma, cod. pen. e vizio di motivazione in ordine al requisito della doppia incriminabilità; mancata traduzione della richiesta estradizionale. La Corte di appello non avrebbe avuto neppure chiaro il reato oggetto della domanda estradizionale - considerato che quest'ultima non è stata tradotta -: avrebbe ritenuto da un lato che al ricorrente era stato contestato il reato di "produzione e alienazione di sostanze stupefacenti nell'ambito di un'organizzazione internazionale dedita al narcotraffico" (pur mancando negli atti a carico del ricorrente la contestazione di una "organizzazione internazionale dedita al narcotraffico"), e dall'altro avrebbe precisato che il reato contestato è quello previsto dal codice moldavo di "organizzazione della semina e della coltivazione di sostanze contenenti droga, nonché della conservazione di narcotici, azioni commesse da un'organizzazione criminale, in onerose proporzioni, con scopo di alienazione". Risulterebbe assente il riferimento alle dosi ricavabili dalla droga trovata nella stanza di albergo e alla percentuale di THC presente nelle piante di canapa, in funzione della verifica della doppia incriminabilità, e comunque non sarebbe specificato se l'associazione criminale sia riferita anche alla sostanza rinvenuta in albergo (il cui quantitativo era compatibile con il dedotto uso personale). 2.3. Art. 705, comma 2, lett. c), in relazione all'art. 698 cod. proc. pen.; art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.; vizio di motivazione in ordine alla violazione di diritti fondamentali, in ragione della sottoposizione dell'estradando a trattamenti inumani, crudeli e degradanti e ad atti che configurano violazione di diritti fondamentali. Con formula di stile, la Corte di appello avrebbe motivato in ordine al rispetto, nello Stato richiedente, dei diritti fondamentali della persona.La difesa aveva nelle memorie più volte rappresentato le condizioni critiche delle carceri in Moldavia, come denunciate da un rapporto degli USA del 2017 (sovraffollamento e altre condizioni carenti di trattamento carcerario) e oggetto, per quanto riguarda il carcere di Chisinau, di tre pronunce di condanna della Corte EDU. Alla difesa in Moldavia inoltre era stato negato ogni accesso agli atti, pur in presenza di misure cautelari personali (come risulta dallo stesso mandato di arresto), in violazione del diritto dell'accusato di essere informato degli elementi a carico.

3. In data 27 luglio 2018, il difensore del ricorrente, nella pendenza del ricorso, ha presentato richiesta di sostituzione della misura cautelare carceraria con quella degli arresti domiciliari. In vista dell'udienza camerale, il difensore ha depositato una memoria difensiva, corredata dalla traduzione del Rapporto stilato nel 2017 dal Governo degli Stato Uniti sulla violazione dei diritti fondamentali in Moldavia e da una recente risoluzione adottata dal Parlamento europeo, nella quale si darebbe atto della crisi dello Stato di diritto in tale Stato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e merita quindi accoglimento.

2. In primo luogo, effettivamente non è chiaro nella sentenza impugnata quale sia il "fatto" per il quale è domandata l'estradizione del ricorrente, essendosi limitata la Corte di appello a riprodurre l'imputazione formulata dalle autorità moldave, senza specificare quale sia in concreto la condotta, oggetto del procedimento penale. Dalla descrizione delle circostanze fattuali tratte dalla documentazione estradizionale si fa riferimento soltanto agli esiti di due perquisizioni condotte nella stessa giornata, che avevano portato al rinvenimento sia di una piantagione rinvenuta nella casa di tale Abbirim e dei suoi "complici" sia di sostanza stupefacente nella stanza di albergo occupata dal ricorrente. In tale prospettiva, appare del tutto carente la verifica della doppia incriminabilità, affidata ad un laconico e apodittico giudizio di pacifica corrispondenza del fatto a fattispecie penali previste dall'ordinamento italiano. Quanto in particolare, alle sostanze stupefacenti reperite nella stanza di albergo, appare tra l'altro evidente che si trattava di quantitativi del tutto compatibili con un uso personale.

3. Relativamente alla verifica del materiale indiziario posto a fondamento del titolo estradizionale, va rammentato il principio, orami consolidato in tema di estradizione processuale, secondo cui quando la convenzione applicabile non prevede (come nella specie) la valutazione da parte dello Stato italiano dei gravi indizi di colpevolezza, l'autorità giudiziaria italiana non può limitarsi ad un controllo meramente formale della documentazione allegata, ma deve compiere una sommaria delibazione diretta a verificare, sulla base degli atti prodotti, l'esistenza di elementi a carico dell'estradando, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente (tra le tante, Sez. 6, n. 43170 del 17/07/2014, Malatto, Rv. 260042), restando in ogni caso inibita la rivalutazione del materiale probatorio che ha fondato la decisione emessa dall'autorità giudiziaria straniera. Anche sotto tale profilo, la sentenza impugnata appare gravemente carente, posto che, oltre all'incertezza sull'oggetto del procedimento penale a carico del ricorrente, dai pochi riferimenti tratti dalla documentazione estradizionale non è dato comprendere quali siano gli elementi a carico dell'estradando. In particolare, non è assolutamente evidenziato quale sia il collegamento tra la piantagione e il gruppo organizzato, da un lato, e il ricorrente, dall'altro.

4. Le indicate carenze impongono l'annullamento della sentenza impugnata.

Il Collegio ritiene di dover pronunciare l'annullamento senza rinvio, in quanto le lacune del ragionamento della Corte di appello rivelano l'insormontabile difficoltà ed impossibilità di superare il vaglio di legittimità della domanda estradizionale. Come in premessa evidenziato, la Corte di appello aveva nel corso del procedimento estradizionale avanzato alle autorità moldave richiesta di elementi integrativi per colmare le suddette carenze, non ottenendo tuttavia alcun idoneo riscontro.

D'altra parte, dalla lettura del titolo estradizionale emerge che non vi siano altri elementi indiziari a carico del ricorrente oltre a quelli già esposti dalla sentenza impugnata, avendo la stessa Corte di Chisinau, che ne ha ordinato l'arresto preventivo, ammesso che non erano note tutte le circostanze del fatto, compresi i nominativi di coloro che avevano fatto parte dell'organizzazione criminale, circostanze invece conosciute in quel momento "esclusivamente" dal solo ricorrente.

L'arresto del ricorrente appare pertanto non sostenuto da un valido compendio indiziario.

E' appena il caso di evidenziare che di recente la Grande Camera della Corte EDU (sentenza, 5 luglio 2016, Buzadji c. Moldavia) ha stigmatizzato il ricorso da parte dei giudici moldavi a motivazioni stereotipate e astratte per giustificare la detenzione preventiva.

5. All'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata consegue, ai sensi degli artt. 704, comma 4 e 706, connma 2, cod. proc. pen., la revoca della misura cautelare applicata nei confronti del ricorrente e l'immediata sua scarcerazione, se non detenuto per altra causa. La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata. Revoca la misura cautelare disposta dalla Corte di appello di Milano con ordinanza del 3 novembre 2017 e ordina l'immediata scarcerazione di Cnaan Uzi se non detenuto per altra causa. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui agli artt. 626 cod. proc. pen. e 203 disp. att. cod. proc.