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Esame o controesame compresso? Nullità per violazione del diritto di difesa (Cass. 12991/09)

25 marzo 2009, Cassazione penale

Integra una nullità relativa l'irrituale compressione, ad opera del giudice, dei tempi di svolgimento dell'esame e del controesame di una prova testimoniale assunta in incidente probatorio, in quanto ciò determina l'indebita limitazione del contraddittorio e la violazione del diritto di difesa.

Ripetuti e pressanti inviti del giudice ad accelerare i tempi dell'esame e del controesame non sono propriamente consoni ad un sereno e funzionale esercizio della giurisdizione; integrata infatti una nullità (relativa, che va quindi dedotta immediatamente).

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

(ud. 09/01/2009) 25-03-2009, n. 12991

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPO Ernesto - Presidente

Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere

Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere

Dott. MARMO Margherita - Consigliere

Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

O.S., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza emessa il 23 aprile 2008 dalla corte d'appello di Torino;

udita nella pubblica udienza del 9 gennaio 2009 la relazione fatta dal Consigliere Dr. Amedeo Franco;

udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. MELONI Vittorio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con la sentenza in epigrafe la corte d'appello di Torino ridusse la pena ad anni 8 di reclusione e confermò nel resto la sentenza 3 ottobre 2007 del giudice del tribunale di Torino, che aveva dichiarato O.S. colpevole (in concorso con un complice giudicato separatamente) dei reati di violenza sessuale di gruppo e di sequestro di persona in danno di A.J..

L'imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) inosservanza di norma processuale stabilita a pena di inutilizzabilità. Lamenta che l'incidente probatorio si è svolto con indebita compressione del contraddittorio e con violazione dei diritti della difesa a causa della dichiarata mancanza di tempo del giudicante. Invero l'imputato, che non era presente ed era difeso da un difensore d'ufficio, non è mai stato messo in condizione di avere un confronto con l'accusatrice, che poi si è resa irreperibile, e di svolgere un serio contraddittorio. La circostanza, del resto, è stata ammessa anche dalla corte d'appello. Da ciò deriva la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese in tale sede dalla persona offesa.

2) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione relativa alle risultanze istruttorie. Lamenta in particolare che la corte d'appello non ha considerato che le amiche della persona offesa hanno dichiarato di avere concordato a tavolino una prima versione dei fatti poi superata da una diversa versione, sicchè la corte d'appello non poteva giudicare la ricchezza di dettagli come sintomo di genuinità perchè anche la prima versione sicuramente falsa era ricca di dettagli. E' poi pacifico che la persona offesa ha seguito il programma necessario per ottenere il permesso di soggiorno e poi ha fatto perdere le proprie tracce. La sentenza impugnata non ha poi adeguatamente considerato: che la visita medica non ha rilevato tracce della doppia eiaculazione e della violenza sessuale; che non vi era prova che la persona offesa si fosse lavata appena tornata a casa eliminando le tracce; che sul punto si è operata una inversione logica sul tema della prova. Osserva inoltre che era necessario che fossero sentiti i soggetti che pacificamente erano presenti nella casa al momento della presunta violenza sessuale, mentre erroneamente la corte d'appello ha ritenuto che si trattasse di una mera lacuna investigativa perchè, se anche così fosse, tale lacuna milita evidentemente a favore della richiesta declaratoria di insufficienza degli elementi a riscontro. La corte non ha nemmeno dato importanza alle numerose imprecisioni dei racconti e soprattutto alla diversa genesi della narrazione preparata dalle tre ragazze, nonchè alle diverse e certe falsità da esse riferite.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Collegio che il primo motivo sia infondato. La stessa corte d'appello, invero, da atto del fondamento, nella sostanza, delle doglianze della difesa, nel senso che effettivamente l'incidente probatorio si svolse con (quanto meno inopportuni) ripetuti e pressanti inviti del Gip ad accelerare i tempi dell'esame e del controesame. La stessa corte d'appello ha anche esattamente rilevato che tale modo di condurre l'udienza "non è propriamente consono ad un sereno e funzionale esercizio della giurisdizione¯ e che il giudice avrebbe dovuto invece rinviare la prosecuzione della prova ad altra udienza. Tuttavia, osserva il Collegio che, contrariamente a quanto ritiene il ricorrente, tale modo di procedere non ha comportato la inutilizzabilità della prova, ma semmai ha potuto dar luogo ad una nullità, che non può però qualificarsi assoluta ed insanabile ai sensi dell'art. 179 cod. proc. pen..

Conseguentemente, deve concordarsi con quanto rilevato dalla sentenza impugnata, ossia che al termine della udienza del 30.12.2005 la difesa, pur dichiarando di avere altre domande (peraltro non meglio specificate) da rivolgere alla teste, non solo non formulò espressa eccezione di nullità dell'incidente probatorio, ma neppure chiese fissarsi altra udienza per la prosecuzione della prova, nè comunque dedusse violazioni del diritto di difesa. Ne deriva che deve effettivamente ritenersi tardiva l'eccezione di nullità sollevata dalla difesa solo in apertura del dibattimento all'udienza del 18.4.2007, dal momento che, non trattandosi appunto di una nullità assoluta ed insanabile, la stessa avrebbe dovuto essere eccepita, a norma dell'art. 182 c.p.p., comma 2, subito dopo il compimento dell'atto (cioè in chiusura dell'udienza del 30.12.2005 ovvero con memoria difensiva depositata nei giorni immediatamente successivi) o al più all'udienza preliminare del 19.10.2006.

Il secondo motivo, in realtà, si risolve in una censura in punto di fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali riservata al giudice del merito e non consentita in questa sede di legittimità, ed è comunque infondato perchè la corte d'appello ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione, estesa a tutti gli elementi forniti dal processo, sulle ragioni per le quali ha ritenuto credibili le dichiarazioni accusatorie della parte offesa e quindi provata la responsabilità dell'imputato, nonchè sulle ragioni per le quali dovevano invece essere disattese le censure sollevate dall'imputato con l'atto di appello, ed in parte riproposte con il ricorso per cassazione.

In particolare, la corte d'appello ha osservato:

- che il racconto della parte offesa era sostanzialmente e complessivamente credibile, perchè articolato e circostanziato, ricco di riferimenti spaziotemporali, con uno sviluppo logicamente coerente ed incompatibile con una ricostruzione a tavolino, finalizzata ad imbastire una falsa denunzia;

- che era inverosimile la tesi di una denuncia strumentale all'ottenimento del permesso di soggiorno, perchè la J. aveva regolarmente seguito il necessario programma di recupero e non risultava che si fosse in seguito resa irreperibile; perchè una denuncia calunniosa o una falsa testimonianza sarebbero state al contrario ostative all'ottenimento del permesso; perchè era comunque inverosimile che la donna avesse architettato una storia così complicata ed articolata e simulato false prove materiali e stati d'animo, coinvolgendo una fitta serie di personaggi ed a danno di un soggetto altamente pericoloso, appartenente alla criminalità organizzata nigeriana;

- che le contraddizioni nei racconti delle tre amiche ed alcune accertate falsità e reticenze riguardavano aspetti marginali, erano state ammesse dalle testi ed erano comunque spiegabili con la preoccupazione di non coinvolgere altre persone e di tacere particolari negativi del proprio passato, nonchè con il timore di possibili ritorsioni e con la loro condizione di marginalità;

- che l'assenza di segni esteriori della violenza ed il mancato reperimento dei liquidi seminali non erano incompatibili con il racconto della donna, perchè non vi era stata particolare brutalità e perchè i liquidi erano stati eliminati dal lavaggio;

- che doveva ritenersi provato che la J. si fosse effettivamente fatta una doccia quando tornò a casa, sia perchè ciò era stato in sostanza confermato anche da Ju. e non smentito da L., sia perchè la dichiarazione sul punto della ragazza era credibile anche perchè corrispondente a quanto normalmente si verifica, specie dopo una violenza sessuale;

- che la mancata individuazione e il mancato interrogatorio dei soggetti che si trovavano in casa al momento della violenza costituiva una lacuna investigativa, che però aveva un valore neutro, e non poteva essere considerato un elemento idoneo a smentire o a mettere in discussione la credibilità delle dichiarazioni della parte offesa.

In conclusione, la motivazione della sentenza impugnata in riferimento alla responsabilità dell'imputato non può ritenersi nè carente nè manifestamente illogica.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 9 gennaio 2009.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2009