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Doppia incriminazione estradizionale e MAE al momento della decisione, non del fatto (Cass. 23940/23)

1 giugno 2023, Cassazione penale

Ai fini del riconoscimento di sentenza penale straniera richiesto nell'ambito della cooperazione giudiziaria (MAE e estradizione), per il rispetto del requisito della doppia incriminazione è sufficiente che la legge dello Stato richiesto contempli come reato il fatto per cui vi sia stata condanna all'estero al momento della decisione, e non anche al momento della sua commissione, come invece previsto allorquando dalla sentenza straniera si facciano discendere effetti penali propri dell'ordinamento italiano.

 

Corte di Cassazione

Sent. Sez. 6 Num. 23940 Anno 2023

Presidente: DI STEFANO PIERLUIGI Relatore: CALVANESE ERSILIA
Data Udienza: 31/05/2023 - deposito 1/06/2023

SENTENZA

sul ricorso proposto da
GAR, nato a Bucarest (Romania) il**/1978

avverso la sentenza del 04/04/2023 della Corte di appello di Bologna

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Tomaso Epidendio, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni del difensore, avv. AG, che ha chiesto l'accoglimento dei motivi di ricorso e, in via subordinata, di sollevare questione pregiudiziale alla Corte di giustizia sull'interpretazione dell'art. 8 della decisione quadro 2008/909.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Bologna dichiarava il riconoscimento, sulla base del decreto legislativo n. 161 del 2010, della sentenza di condanna irrevocabile emessa dalla Corte di appello di Bucarest il 25 ottobre 2021 nei confronti di ARG per il reato di traffico di influenze illecite, disponendo l'esecuzione in Italia della pena di anni tre di reclusione.

2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'interessato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di annullamento, come sintetizzati conformemente al disposto dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 8 Decisione quadro n. 909/2008, 10 d.lgs. n. 159 del 2011, 25 Cost.

La Corte di appello non ha considerato la pena edittale prevista dalla legge italiana all'epoca della commissione del reato da parte del ricorrente (26 febbraio 2013 e 4 aprile 2013), il cui massimo era pari ad anni tre di reclusione. La pena inflitta dall'autorità rumena con rito abbreviato si presenta eccentrica rispetto al nostro ordinamento, stante la necessità nel rispetto dell'art. 25 Cost. di applicare la pena vigente al momento del fatto.

La pena da riconoscere ed eseguire deve comunque rispettare i principi sanciti dall'art. 7 CEDU, richiamati dalla decisione quadro in esame.

2.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 8 Decisione quadro n. 909/2008, 10 d.lgs. n. 159 del 2011.

La Corte di appello, nel riconoscere la pena, doveva tener conto dei criteri applicati dal giudice romeno per la graduazione della pena. Invece la Corte di appello ha finito per applicare una pena che, rispetto alla cornice edittale italiana dell'epoca dei fatti, ha aggravato l'apprezzamento del fatto.

2.3. Violazione di legge in relazione agli artt. 1 d.lgs. n. 159 del 2011 e 27 Cost.

La condanna romena si basa su criteri di esemplarità incompatibili con la finalità rieducativa della pena di cui all'art. 27 Cost.

2.4. Violazione di legge in relazione all'art. 17 Decisione quadro n. 909/2008.

La Corte di appello non ha tenuto conto del periodo di privazione della libertà personale già sofferto dal ricorrente (51 giorni), indicati nella comunicazione della sentenza.

3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell'art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e succ. modd., in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.

Il difensore ha presentato conclusioni scritte, anche di replica, insistendo nel sostenere i motivi di ricorso. Quanto in particolare al primo motivo la difesa ha richiamato la sentenza della Grande Camera, Corte EDU, Scoppola c. Italia sul rito abbreviato e sulla natura sostanziale del relativo sconto di pena, e prospetta la necessità di sottoporre alla Corte di giustizia la questione dell'ambito del potere di adattamento del giudice nel riconoscimento della sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e non può essere accolto.

2. Come più volte chiarito da questa Corte, ai fini del riconoscimento di sentenza penale straniera richiesto nell'ambito della cooperazione giudiziaria, per il rispetto del requisito della doppia incriminazione è sufficiente che la legge dello Stato richiesto contempli come reato il fatto per cui vi sia stata condanna all'estero al momento della decisione, e non anche al momento della sua commissione, come invece previsto allorquando dalla sentenza straniera si facciano discendere effetti penali propri dell'ordinamento italiano (Sez. 6, n. 13571 del 30/01/2020, Rv. 278811).

Tale principio è stato più volte affermato anche con riferimento al mandato di arresto europeo, per la sussistenza del requisito della doppia punibilità di cui all'art. 7 della legge 22 aprile 2005, n. 69 (Sez. 6, n. 3178 del 26/01/2022, Rv. 282748).

D'altra parte, la Corte di Giustizia (sentenza Grande Sezione, 3 maggio 2007, C-303/05) e la Corte EDU (decisioni 6/06/1976, X c. Paesi Bassi; 6/03/1991, Polley c. Belgio, 18/01/1996, Bakhtiar c. Svizzera) hanno affermato che la collaborazione giudiziaria rispettivamente nella forma tanto del mandato di arresto europeo quanto dell'estradizione si pongono al di fuori del perimento del principio di legalità di cui all'art. 7 della CEDU, in quanto l'arresto e la consegna, azioni in cui si traduce l'esecuzione di tali procedure, non hanno carattere "punitivo". Il giudice incaricato di dar corso alla collaborazione giudiziaria deve infatti verificare che sussistano tutti gli elementi necessari al fine di consegnare una persona che si trova nell'ambito della sua giurisdizione, senza addentrarsi nel merito del procedimento penale, tranne che agli effetti della procedura stessa, astenendosi dal valutare le prove e dal pronunciare un qualsiasi giudizio di colpevolezza.

Quindi quel che rileva è la compatibilità (come nel caso in esame) della durata e della natura della pena applicate con la sentenza di condanna con quelle previste in Italia per reati simili (art. 10, comma 5, d.lgs. n. 161 del 2011) al momento della decisione.

3. Infondati sono anche il secondo e il terzo motivo.

 3.1. In ordine al secondo motivo va rilevato che la ipotesi di cui all'art. 10, comma 5, d.lgs. n. 161 del 2011 è l'unico caso di adattamento della pena consentito al giudice dello Stato di esecuzione, che consente di contenere la pena in una cornice compatibile con il sistema sanzionatorio italiano.

La Corte di giustizia (sentenza 15 aprile 2021, C-221/19) ha al riguardo affermato che le disposizioni dell'art. 8, paragrafi 2 e 4, della decisione quadro 2008/909 - che prevedono il potere di adattamento della pena "soltanto se la sua durata è incompatibile con la legislazione dello Stato di esecuzione e quando essa è superiore alla pena massima prevista dalla legislazione di detto Stato per reati simili" e che "la durata della pena in tal modo adattata non può essere inferiore a quella della pena massima prevista per reati simili dalla legislazione dello Stato di esecuzione" e che "la pena adattata non può essere più grave della pena imposta nello Stato di emissione in termini di natura o di durata" - stabiliscono "requisiti rigorosi per l'adattamento, da parte dell'autorità competente dello Stato membro di esecuzione, della pena irrogata nello Stato membro di emissione, i quali costituiscono le uniche eccezioni all'obbligo di principio, che grava su detta autorità in forza dell'articolo 8, paragrafo 1, di tale decisione quadro, di riconoscere la sentenza che le è stata trasmessa e di adottare immediatamente tutti i provvedimenti necessari all'esecuzione della pena la cui durata e la cui natura corrispondono a quelle previste nella sentenza emessa nello Stato membro di emissione".

Nello stesso senso aveva concluso la Corte di giustizia con una precedente pronuncia (sentenza 11 marzo 2020, C-314/18), affermando che l'art. 8 della decisione quadro 2008/909 prevede "condizioni restrittive per l'adattamento, da parte dell'autorità competente dello Stato membro di esecuzione, della pena pronunciata nello Stato membro di emissione, le quali costituiscono le uniche eccezioni all'obbligo di principio, gravante su detta autorità in forza dell'articolo 8, paragrafo 1, di tale decisione quadro, di riconoscere la sentenza che le è stata trasmessa e di eseguire la pena la cui durata e natura corrispondano a quelle previste nella sentenza pronunciata nello Stato membro di emissione" ed escludendo la prospettiva evocata del giudice olandese di poter ampliare la facoltà di adattamento (soluzione che non poteva essere accolta "a meno di non voler privare tale disposizione e, in particolare, il principio del riconoscimento della sentenza e dell'esecuzione della pena, sancito al suo paragrafo 1, di qualsiasi effetto utile").

3.2. Il terzo motivo non si riferisce ad alcuna ipotesi di rifiuto del riconoscimento e la questione è comunque risolta dalle osservazioni sopra esposte.

4. L'ultimo motivo non determina l'annullamento della sentenza impugnata.

 L'art. 16 d. Igs. n. 161 del 2010 stabilisce che l'esecuzione della pena conseguente al riconoscimento avviene secondo la legge italiana. In particolare, spetta alla Procura generale competente l'emissione dell'ordine di esecuzione, secondo le regole ordinarie, quindi anche computando non solo la pena già espiata nello Stato di emissione ma anche il periodo di custodia cautelare già sofferto in Italia sine titulo (come nella specie per la pregressa procedura di consegna conclusa con il rifiuto).

5. Conclusivamente il ricorso va rigettato con le conseguenze di legge in tema di spese.

La Cancelleria provvederà alle comunicazioni previste dall'art. 22, comma 5 I. n. 69 del 2005, richiamato dall'art. 12, comma 10, d.lgs. n. 161 del 2010.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22 comma 5, I. n. 69 del 2005.

Così deciso il 31/6s/2023