Legittimamente un rappresentante dell' organizzazione sindacale può porre in dubbio la regolarità delle condotte del datore di lavoro, conferenti all’oggetto della controversia di lavoro e riguardanti i fatti, con toni contenuti, riferendosi a fatti accaduti e stigmatizzandoli con toni conflittuali nell' ambito della vicenda sindacale: va infatti operato un bilanciamento dell'interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita (art. 21 Cost.), bilanciamento ravvisabile nella pertinenza della critica all'interesse dell'opinione pubblica alla conoscenza non del fatto oggetto di critica, ma di quella interpretazione del fatto, che costituisce, assieme alla continenza, requisito per l'esimente dell'esercizio del diritto di critica.
TRIBUNALE DI TRENTO
Sentenza 1085/24
10.12.2024 – dep. 13.12.2024
Il Tribunale, in composizione monocratica, presieduto dal Giudice dr. ROCCO VALEGGIA alla pubblica udienza del 10.12.24 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
nel procedimento penale
CONTRO
AD - nato a Trento il 14 giugno 1995, residente in Trento Vaneze via dei Falchi n. 13,
difeso di fiducia dall'avv. Nicola Canestrini del Foro di Rovereto presso il cui studio - in Rovereto corso Rosmini n.46.
IMPUTATO
in ordine al reato di cui all'art. 595 comma 3° c.p., perché, nella qualità di rappresentante sindacale della ** Trentino, a mezzo mail destinata all'indirizzo areapaghe@**.it, offendeva l'onore e il decoro di XXX - titolare dell'omonima ditta individuale - attribuendogli comportamenti scorretti nei confronti della dipendente P . In particolare, tra l'altro, nel testo della mail scriveva : ".. i richiami in servizio della lavoratrice nei modi e nei tempi così come messi in atto appaiono pretestuosi e non legati ad una reale esigenza di servizio e vistoil contesto di chiusura, .., finalizzati ad indurre la dipendente alle dimissioni" e "quanto sopra descritto ha causato una situazione di ansia e stress alla lavoratrice, tanto che la stessa ha dovuto ricorrere al proprio medico curante siain precedenza quanto nella giornata di ieri. Risulta quindi evidente che tale situazione di malattia, essendo da ciòcausata o a questi fatti riferibile, non potrà che essere ritenuta come Vostra responsabilità. Aila luce di quanto soprainvitiamo l'azienda ad una maggiore correttezza nei rapporti con la dipendente"
Nel quale è parte offesa:
XXX nato a Trento il **.1973 e residente a Trento in via **, difeso di fiducia dall'avv. MF del foro di Trento - ove elegge domicilio
Conclusioni: il Pubblico Ministero: dr.ssa ** vpo:
condanna a 6 mesi di reclusione
II difensore di parte civile: si richiama alle conclusioni scritte già depositate quindi condanna al risarcimento e nota spese.
II difensore dell'imputato: avv. Giuseppe Sambataro del Foro di Trento in sostituzione per delega orale : in via principale, assoluzione perché il fatto non sussiste. In subordine, perché non costituisce reato per mancanza dell'elemento soggettivo e per sussistenza della causa di giustificazione. Chiede anche che la Procura trasmetta gli atti per il reato di calunnia a carico dell'odierna parte civile.
Svolgimento del processo
Tratto a giudizio con decreto di citazione diretta del PM ex artt. 550 e ss. c.p.p., ritualmente notificato, per rispondere del reato a lui ascritto, l'imputato, difeso di fiducia, ed avvenuta rituale costituzione di parte civile, in assenza di questioni sul punto, assistito dal difensore munito di procura speciale chiedeva di definire il processo con rito abbreviato al quale veniva ammesso e, dopo la discussione, le parti concludevano come da verbale dell'udienza, il PM chiedendo la condanna, la parte civile associandosi alle conclusioni del PM, e depositando conclusioni scritte e nota spese, il difensore dell' imputato riportandosi alla memoria depositata in atti, evidenziandone alcuni aspetti.
Motivi della decisione
L'addebito ascritto all'imputato trae origine da una querela sporta dalla odierna parte civile, in relazione al delitto p. e p. dall'art. 595, comma terzo, c.p. asseritamente perpetrato in proprio danno dall' imputato; nella predetta querela del 22-6-2021 la parte civile, titolare dell' omonima ditta individuale, esponeva che nel corso della vertenza di carattere sindacale tra la dipendente P e la sua ditta, in ordina ali' applicazione alla stessa dell' istituto della cassa integrazione e del successivo richiamo al lavoro, poi non avvenuto in data 2-4-2021 per lo stato di malattia della dipendente (poi dimessasi), ritenuto pretestuoso dai datore di lavoro, veniva inviata una pec alla ditta in data 8-4-2021, contenente le espressioni di cui al capo di imputazione, da parte dell' imputato nella sua qualità di rappresentante sindacale della ** Trentino che si era occupato della vicenda, ritenuta lesiva della reputazione della parte civile, in quanto in modo scorretto veniva individuata come diretta responsabile dell' insorgere di una malattia della propria dipendente, finalizzata alle sue dimissioni.
Tanto premesso, va rammentato in diritto che il delitto di diffamazione consiste nel fatto di chi, comunicando con più persone, offende la reputazione di una persona non presente. Secondo la S.C., sotto il profilo oggettivo, integra lesione della reputazione altrui non solo l'attribuzione di un fatto illecito, perhpé posto in essere contro il divieto imposto da norme giuridiche, assistite o meno da sitnzione, ma anche la divulgazione di comportamenti che, alla luce dei canoni etici condivisi dalla generalità dei consociati, sono suscettibili di incontrare la riprovazione della "communis opinio" (vedi Cass., Sez. 5, n. 33106 del 28/09/2020).
Il terzo comma nella norma in esame prevede l'applicazione della pena della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro quando l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità ovvero in atto pubblico. A tal fine, la circostanza aggravante di cui all'art. 595,comma terzo, c.p. è integrata nei casi in cui le affermazioni lesive dell'onore della persona siano proferite per il tramite dell'utilizzo del social network "Facebook", dovendo tale ipotesi essere ricondotta in quello dell'offesa " ...arrecata "con qualsiasi altro modo di pubblicità ipotesi essere ricondotta in quello dell'offesa " ... arrecata (..)
realizzata è potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamenteapprezzabile, di persone" (vedi Cass. Sez. 5 n. 13979 del 25/01/2021, altresì Cass. Sez. 1 n. 24431 del 28/04/2015; Cass. Sez. 5 n. 4873 del 14/11/20 I6). Tale assunto è valevole anche per le offese recate tramite utilizzo della postaelettronica certificata, pur diretta ad un unico destinatario, quando I' accesso alla casella mail sia plurimo e noto al mittente, con possibile accesso legittimo di terzi (Cass. 522/2016 e 34831/20), come nel caso in specie (segreteria e personale amministrativo della ditta), circostanza prevedibile anche sotto il profilo dell' elemento soggettivo.
Ritiene, in particolare, il Tribunale che il giudizio in ordine alla sussistenza di una eventuale penale responsabilità in capo all'imputato in relazione ai fatti di cui al capo d'imputazione non possa prescindere dall'esame in ordine alla ricorrenza, nel caso di specie, della scriminante dell'esercizio del diritto, in particolare quello di critica, in particolare sindacale.
Sul punto giova rammentare che tale diritto, che consiste in una forma di manifestazione del pensiero sancito e tutelato dall'art. 21 Cost., consente, ai sensi dell'art. 51 c.p., di escludere la punibilità dell'imputato in quei casi incui il linguaggio utilizzato sia qualificabile come corretto, ostandovi, al contrario, l'adozione di frasi pretestuosamente denigratorie (cfr. ad es. Cass. Sez. 5 n. 19381 del 20/04/2005), secondo cui "in tema di diffamazione a mezzo della stampa, il limite della continenza deve ritenersi superato quando le espressioni adottate risultino pretestuosamente denigratorie e sovrabbondanti rispetto al fine della cronaca del fatto e della sua critica: neconsegue che la verifica circa l'adeguatezza del linguaggio alle esigenze del diritto del giornalista alla cronaca e alla critica impone innanzitutto l'accertamento della verità del fatto riportato e la proporzionalità dei termini adoperati per rapporto all'esigenza di evidenziare la gravità dell'accaduto quando questo presenti oggettivi profili di interesse pubblico. - Alla luce del principio la Corte ha ritenuto di annullare la pronunzia di appello che aveva considerato diffamatoria l'espressione "frottole" attribuita dal giornalista alle dichiarazioni rese da una teste di accusa in un processo-. Le espressioni utilizzate per criticare il comportamento di terze persone non possono in ogni caso integrare l'utilizzo di argumenta ad hominem per gettare discredito sul soggetto colpito dalle affermazioni mediante l'evocazione di una sua presunta indegnità o inadeguatezza personale piuttosto che criticarne i programmi e le azioni (cfr. Cass. Sez. 5 n. 29433 del 16/05/2007). In particolare, in ipotesi di diffamazione operata attraverso l'utilizzo di."social network", nella valutazione del requisito della continenza, ai fini del legittimo esercizio del diritto di critica, si deve tener conto non solo del tenore del linguaggio utilizzato ma anche dell'eccentricità delle modalità di eserciziodella critica, restando fermo il limite del rispetto dei valori fondamentali, che devono ritenersi sempre superati quando la persona offesa, oltre che al ludibrio della sua immagine, sia esposta al pubblico disprezzo (cfr. Cass. Sez. 5 n. 8898 del 18/01/2021).
Con particolare riferimento poi alla critica politica, che può manifestarsi anche in maniera estemporanea, nonessendo necessario che si esprima nelle sedi istituzionali o mediatiche più appropriate (cfr. Cass. Sez. 5 n. 19509 del 04/05/2006), ricorre l'esimente anche in caso di "diffusione, con mezzo di pubblicità, di giudizi negativi circa condotte biasimevoli poste in essere da amministratori pubblici, purché la critica prenda spunto da una notizia vera, si connoti di pubblico interesse e non trascenda in un attacco personale" (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto scriminata la condotta degli imputati, che avevano aspramente criticato su "Facebook" il presidente di un ente pubblico regionale per aver "chiesto personalmente voti" nella pubblica via in un giorno di silenzio elettorale e peravere, nell'esercizio delle funzioni, "affidato incarichi legali esterni" ad "alcuni avvocati di stretta conoscenza", circostanze risultate vere - cfr. Cass. Sez. V n. 4530 del 10/11/2022). Sul punto vedi anche la recentissima Cass., sez. V, 4-6-2024, n. 33994, sul limite della finalità della lesione gratuita della reputazione altrui e della giustificazionedella rilevanza del tema sociale trattato, non essendo sufficiente il riferimento al dibattito pubblico coinvolgente persone con funzioni pubbliche.
In ogni caso la Suprema Corte, vedi Cass., Sez. V, sentenza n. 15060 del 13 aprile 2011, ha statuito che illimite della continenza nel diritto di critica è superato in presenza di espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato. Pertanto, il contesto nel quale la condotta si colloca può essere valutato ai limitati fini del giudizio di stretta riferibilità delle espressioni potenzialmente diffamatorie al comportamento del soggetto passivo oggetto di critica, ma non può in alcun modo scriminare l'uso di espressioni che si risolvano nella denigrazione della persona di quest'ultimo in quanto tale (in applicazione del principio di cui in massima la Cassazione a ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha escluso la scriminante del diritto di critica nei confronti degli imputati che avevano affisso nelle bacheche aziendali e diffuso con volantini un comunicato in cui contestando la posizione dissenziente di un iscritto alla C.G.I.L. lo si definiva 'notoriamente imbecille').
Infine, con riguardo al diritto di critica sindacale, tale diritto può essere evocato come scriminante ex art. 51 c.p. anche in presenza di toni più aspri, con un giudizio di veridicità relativo ai fatti trattati nei limiti dell' opinione manifestata, sempre con il limite che non trasmodi nell' aggressione personale, ma sia funzionale alla rappresentanzadei lavoratori coinvolti. Sul punto, oltre alla giurisprudenza richiamata nella memoria difensiva, si veda da ultimoCass. sez. V, 13/10/2023, n. 45626, secondo la quale non costituisce il reato di diffamazione in virtù della causa di giustificazione dell'esercizio del diritto di critica il volantino sindacale caratterizza'to da coloriture ed iperboli, toniaspri o polemici, linguaggio figurato o gergale, senza 6he risulti superato il requisito della continenza per il solofatto dell'utilizzo di !termini che, pur avendo accezioni offensive, hanno però anche significati di mero giudizio critico negativo di cui deve tenersi conto anche alla luce del complessivo contesto in cui i termini vengono utilizzati, tenuto conto che (Cass. pen., Sez. V, 16/11/2023, n. 14342) l'esimente dell'esercizio del diritto di critica sindacale non sussiste quando le affermazioni di censura non sono volte a stigmatizzare, seppur con toni aspri ma conferenti all'oggetto della controversia, un fatto vero, e l'espressione utilizzata consista non già in un dissenso motivato, manifestato in termini misurati e necessari, ma in un attaccopersonale, con espressioni direttamente calibrate a ledere la dignità morale, professionale ed intellettuale dell'avversario e del contraddittore.
Ciò premesso, tenuto conto che le espressioni usate sono contenute in una mail inviata dall' imputato alla ditta di parte civile, riguardante la vertenza sindacale in corso e la posizione della dipendente P, con profili di critica sindacale pur aspra sulle vicende trattate, va pronunciata assoluzione dell'imputato con la formula perché il fatto non costituisce reato, ritenendo la ricorrenza della scriminante di cui all'articolo 51 cod. pen., considerati i toni contenuti adoperati dall' imputato.
Secondo quanto sopra evidenziato infatti ai fini della configurabilità dell'esimente dell'esercizio del diritto dicritica politica, è necessario che l'elaborazione critica non sia avulsa da un nucleo di verità e non trascenda in attacchi personali finalizzati ad aggredire la sfera morale altrui, ma una forma espositiva corretta della critica rivolta - funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell'altrui reputazione - non vieta l'utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, siano insostituibili nella manifestazione del pensiero critico, in quanto non hanno adeguati equivalenti (Cass. Sez. 5, n. 31669 del 14/04/2015; Sez. 5, n. 11950 del 08/02/2005), di modo che l' attribuzione ad un soggetto di un epiteto che appaia infamante costituisce un attacco alla persona, in quanto tale inammissibile e costituente reato, dovendosi però contemporaneamente ammettere che il ricorso ad aggettivi o frasi anche aspri, ma atti a rispecchiare la assoluta gravità oggettiva della situazione in ipotesi verificata, che, come già sottolineato, non si risolve sempre e comunque in un argumentum ad hominem, in ragione della possibile funzionalità alla economia del concetto espresso, non sproporzionato rispetto a quanto si era inteso rappresentare in relazione ad una situazione che, evidentemente, si prestava ad essere oggetto di una qualche critica presentando, comunque, degli aspetti suscettibili di essere ritenuti gravi.
Ritiene pertanto il Tribunale che l'imputato debba essere assolto dagli addebiti ascrittigli perché, sulla base delle anzidette motivazioni, deve essere esclusa - in ragione della ricorrenza della citata scriminante - valenza diffamatoria (in quanto la PEC veniva inviata non personalmente alla parte offesa, ma all' indirizzo della ditta e quindi non escludendo la comunicazione a più persone, visto l'accesso di più soggetti) nei confronti della parte civile delle espressioni contenute nelle espressioni adoperate dall' imputato, considerato che quale rappresentante dell' organizzazione sindacale poneva in dubbio la regolarità delle condotte del datore di lavoro, conferenti all’oggetto della controversia di lavoro e riguardanti i fatti, con toni contenuti, riferendosi a fatti accaduti e stigmatizzandoli con toni conflittuali nell' ambito della vicenda sindacale, operandosi un bilanciamento dell'interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazionedel pensiero, costituzionalmente garantita (art. 21 Cost.), bilanciamento ravvisabile nella pertinenza della crIitica all'interesse dell'opinione pubblica alla conoscenza non del fatto oggetto di critica, ma di quella interpretazione del fatto, che costituisce, assieme alla continenza, requisito per l'esimente dell'esercizio del diritto di critica, dovendosipertanto pronunciare sentenza di assoluzione in favore dell'imputato.
P.Q.M.
visti gli artt. 442, 530 cpp.
Assolve AD dal reato ascrittogli perché il fatto non costituisce reato.
Trento, 10-12-2024 (dep. 13.12.2024)