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Diritto di difesa effettivo non illusorio (Corte EDU, Artico vs Italia, 1980)

13 ottobre 1980, Corte europea per i Diritti dell'Uomo

La Convenzione mira a garantire non diritti teorici o illusori, ma diritti concreti ed effettivi; ciò vale in particolare per i diritti della difesa, visto il posto preminente occupato in una società democratica dal diritto a un processo equo, da cui essi derivano.

L'articolo 6 par. 3 (c) (art. 6-3-c) parla di "assistenza" e non di "nomina": la semplice designazione di un avvocato non garantisce un'assistenza effettiva, poiché l'avvocato nominato ai fini dell'assistenza giudiziaria può morire, ammalarsi gravemente, essere impossibilitato ad agire per un periodo prolungato o sottrarsi ai suoi doveri.

Se vengono informate della situazione, le autorità devono sostituirlo o fargli adempiere i suoi obblighi.

L'adozione dell'interpretazione restrittiva del Governo italiano porterebbe a risultati irragionevoli e incompatibili sia con la formulazione del comma (c) (art. 6-3-c) sia con la struttura dell'articolo 6 (art. 6) nel suo complesso; in molti casi l'assistenza legale gratuita potrebbe rivelarsi inutile.

 

Corte Europea per i Diritti dell'Uomo

CASO DI ARTICO v. ITALIA

 (Applicazione n. 6694/74)

SENTENZA

 STRASBURGO

 13 maggio 1980

 
Nel caso Artico,

La Corte europea dei diritti dell'uomo, riunita, conformemente all'articolo 43 (art. 43) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione") e alle disposizioni pertinenti del regolamento della Corte, in una camera composta dai seguenti giudici

Sig. G. WIARDA, Presidente,

Sig. G. BALLADORE PALLIERI,

Sig. M. ZEKIA,

signora D. BINDSCHEDLER-ROBERT,

signor L. LIESCH,

signor F. GÖLCÜKLÜ,

il signor J. PINHEIRO FARINHA,

e anche il signor M.-A. EISSEN, cancelliere, e il sig. H. PETZOLD, cancelliere aggiunto,

avendo deliberato in privato il 1o febbraio e il 30 aprile 1980,

emette la seguente sentenza, adottata in quest'ultima data:

PROCEDURA

1. Il caso Artico è stato sottoposto alla Corte dalla Commissione europea dei diritti dell'uomo ("la Commissione"). La causa ha avuto origine da un ricorso contro la Repubblica italiana presentato alla Commissione il 26 aprile 1974 ai sensi dell'articolo 25 (art. 25) della Convenzione da un cittadino italiano, il signor Ettore Artico.

2. La domanda della Commissione, alla quale era allegato il rapporto previsto dall'articolo 31 (art. 31) della Convenzione, è stata depositata in cancelleria l'11 maggio 1979, nel termine di tre mesi previsto dagli articoli 32 par. 1 e 47 (art. 32-1, art. 47). La richiesta faceva riferimento agli articoli 44 e 48 (art. 44, art. 48) e alla dichiarazione della Repubblica italiana di riconoscimento della competenza obbligatoria della Corte (art. 46) (art. 46). Lo scopo della richiesta della Commissione è quello di ottenere dalla Corte una decisione in merito al fatto che i fatti del caso rivelino o meno una violazione da parte dello Stato convenuto degli obblighi di cui all'art. 6 par. 3 (c) (art. 6-3-c).

3. La Camera di sette giudici da costituire comprendeva, come membri ex officio, il signor G. Balladore Pallieri, giudice eletto di nazionalità italiana (articolo 43 della Convenzione) (art. 43), e il signor G. Wiarda, vicepresidente della Corte (articolo 21 par. 3 (b) del Regolamento della Corte). Il 17 maggio 1979, il vicepresidente ha estratto a sorte, su richiesta del presidente e in presenza del cancelliere aggiunto, i nomi degli altri cinque membri, ossia i signori M. Zekia, D. Bindschedler-Robert, L. Liesch, F. Gölcüklü e J. Pinheiro Farinha (articolo 43 in fine della Convenzione e articolo 21 par. 4 del regolamento) (art. 43).

4. Il signor Wiarda ha assunto l'incarico di presidente della Camera (articolo 21, paragrafo 5, del regolamento). Egli accertò, tramite il cancelliere aggiunto, le opinioni dell'agente del governo italiano ("il governo") e dei delegati della Commissione sulla procedura da seguire. Il 6 giugno 1979, decise che l'agente avrebbe avuto tempo fino al 7 novembre 1979 per depositare un memoriale e che i delegati avrebbero avuto il diritto di depositare un memoriale in risposta entro due mesi dalla data in cui il cancelliere avrebbe trasmesso loro il memoriale del governo.

Il testo ufficiale francese del memoriale del governo è stato ricevuto in cancelleria solo l'11 dicembre 1979. Il 17 dicembre, il segretario della Commissione informò il cancelliere che i delegati avrebbero presentato le loro osservazioni alle udienze.

5. Dopo aver consultato, tramite il cancelliere, l'agente del governo e i delegati della Commissione, il 18 dicembre il presidente dispose che le udienze si aprissero il 31 gennaio 1980.

6. Le udienze orali si tennero in pubblico nell'edificio dei diritti dell'uomo, a Strasburgo, il 31 gennaio. Immediatamente prima della loro apertura, la Camera aveva tenuto una breve riunione preparatoria; aveva autorizzato il rappresentante del governo e la persona che assisteva i delegati della Commissione ad usare la lingua italiana (articolo 27 par. 2 e 3).

Sono comparsi davanti alla Corte

- per il Governo:

M. IMPONENTE, avvocato dello Stato

(avvocato dello Stato), delegato dell'agente;

- per la Commissione:

S. TRECHSEL, delegato principale,

M. MELCHIOR, delegato,

il sig. P. SOLINAS, avvocato della ricorrente

dinanzi alla Commissione, che assiste i delegati ai sensi dell

Articolo 29 par. 1, seconda frase, del Regolamento della Corte.

La Corte ha ascoltato le arringhe degli intervenuti e le loro risposte alle sue domande. Ha chiesto loro di produrre diversi documenti; la maggior parte di questi, e alcuni altri documenti, sono stati forniti il 31 gennaio dalla Commissione e il 20 marzo dal governo.

7. L'11 febbraio 1980, il cancelliere, su istruzioni della Corte, presentò alla Commissione una richiesta scritta di ulteriori informazioni. Il segretario della Commissione rispose il 12 marzo.

 

 PER QUANTO RIGUARDA I FATTI

1. Fatti particolari del caso

a) Le condanne e i ricorsi del ricorrente

8. Il signor Ettore Artico, cittadino italiano nato nel 1917, è di professione contabile.

Il 27 gennaio 1965, il signor Artico fu condannato dal giudice distrettuale di Verona (pretore) a diciotto mesi di reclusione e a una multa per truffa semplice. Un'altra condanna di undici mesi di reclusione e un'ammenda per truffa con recidiva, sostituzione di persona e emissione di assegni senza valore gli fu inflitta dallo stesso giudice il 6 ottobre 1970. Questi vari reati erano stati commessi nel maggio/giugno 1964. I ricorsi presentati dal ricorrente il 28 gennaio 1965 e l'11 dicembre 1970 furono respinti rispettivamente il 16 dicembre 1969 e il 17 aprile 1971 dal Tribunale penale di Verona, che trattò entrambe le cause in assenza del signor Artico.

L'11 ottobre e il 13 novembre 1971, il pretore emise mandati di cattura per l'esecuzione delle due sentenze di condanna. I mandati furono notificati al ricorrente il 22 dicembre 1971; egli era stato infatti arrestato l'8 dicembre in relazione ad altri reati.

9. Il 25/26 dicembre 1971, il signor Artico, che si trovava allora nel carcere di Brindisi, fece nuovamente ricorso al Tribunale penale contro entrambe le decisioni del pretore. Egli sosteneva di non essere a conoscenza delle sentenze del Tribunale penale e, di conseguenza, presentava, insieme ai ricorsi, delle domande di annullamento (ricorsi per cassazione), tra l'altro, "qualsiasi decisione data in appello" ("l'eventuale sentenza di secondo grado"). Il fatto che le cause fossero state trattate in assenza del signor Artico era l'obiettivo fondamentale di queste domande: esse contestavano in particolare la regolarità sia della procedura seguita per la notifica di vari atti sia delle dichiarazioni di irreperibilità del ricorrente (decreto di irreperibilità; articolo 170 del codice di procedura penale).

Con due ordinanze del 6 marzo 1972, la Corte penale dichiarò inammissibili i ricorsi in quanto diretti contro decisioni che erano già state oggetto di impugnazione. Contemporaneamente, la Corte penale, per motivi di giurisdizione, trasmise le domande di annullamento alla Corte di cassazione.

10. Il 10 e il 14/15 marzo il signor Artico, che si trovava allora nel carcere di Venezia, depositava presso quest'ultima Corte delle dichiarazioni in cui esponeva le sue ulteriori argomentazioni. Sebbene non fosse menzionato tra i principali motivi invocati, le dichiarazioni si concludevano con una nuova richiesta: i reati oggetto delle decisioni del pretore dovevano essere dichiarati estinti per prescrizione nel novembre/dicembre 1971, essendo trascorso a tale data il termine di legge di sette anni e sei mesi.

Nelle memorie del 3 e del 10 luglio 1973, che riguardavano solo la presunta irregolarità procedurale e non la questione della prescrizione, il pubblico ministero sostenne che le domande del signor Artico erano manifestamente infondate.

Con due ordinanze del 12 novembre 1973, la Corte di cassazione, riunita in camera di consiglio, dichiarò l'inammissibilità delle domande per mancanza di irregolarità procedurali; non affrontò invece la questione della prescrizione.

11. Nel corso del 1975, il signor Artico, facendo nuovamente leva sulla questione della prescrizione, presentò alla Corte di cassazione un ricorso (istanza di revisione) contro le decisioni del 27 gennaio 1965 e del 6 ottobre 1970 che erano state confermate dalla Corte penale il 16 dicembre 1969 e il 17 aprile 1971. Con sentenza del 5 agosto 1975, la Corte di Cassazione ritenne che i reati di truffa semplice, di simulazione e di emissione di assegni senza valore erano stati estinti per prescrizione. Di conseguenza, le sentenze del Tribunale penale di Verona furono annullate ma non, per quella del 1971, per quanto riguarda il reato di truffa reiterata.

Allo stesso tempo, la Corte dichiarò inammissibile una richiesta di liberazione provvisoria del ricorrente, in quanto non era stato dimostrato che la sua detenzione derivava dalle decisioni impugnate.

12. Il signor Artico fu tuttavia liberato il 23 agosto 1975 in virtù di una direttiva (provvedimento) emessa alla stessa data dalla procura della Repubblica di Milano. La direttiva, dopo aver richiamato la sentenza della Corte di Cassazione del 1975, rideterminava in due anni e otto mesi il periodo complessivo di reclusione da scontare per il reato di truffa reiterata e per vari altri reati; poiché il ricorrente era in carcere dall'8 dicembre 1971, il termine era già scaduto il 7 agosto 1974.

Una domanda del signor Artico di risarcimento per ingiusta detenzione fu respinta dalla Corte di Cassazione il 4 novembre 1977 perché presentata fuori tempo massimo.

Con una direttiva del procuratore della Repubblica di Ferrara del 15 marzo 1978, fu fatto un altro calcolo del periodo di detenzione che il ricorrente doveva scontare per vari reati; la detenzione che aveva subito "indebitamente" dall'8 agosto 1974 al 23 agosto 1975 fu compensata con altre pene.

b) Il gratuito patrocinio del ricorrente

13. Il signor Artico, che inizialmente era stato rappresentato da un avvocato di sua scelta, il signor Ferri, incluse nella sua dichiarazione del 10 marzo 1972 alla Corte di cassazione una richiesta di gratuito patrocinio in relazione alle domande di annullamento. Questa richiesta fu accolta l'8 agosto 1972 dal presidente della seconda sezione penale ("il presidente di sezione") che nominò allo scopo l'avvocato DR, di Roma.

14. Il 4 settembre, l'avvocato Artico scrisse al presidente della sezione e al procuratore generale presso la Corte di Cassazione ("il procuratore della Cassazione") per informarli che non aveva avuto notizie dell'avvocato DR e per chiedere che fossero prese misure per fornire un'assistenza efficace. Con lettera dell'8 settembre, il sig. DR avvisava il ricorrente che solo al suo ritorno dalle vacanze era venuto a conoscenza della nomina, dichiarava che altri impegni gli impedivano di accettarla e indicava il nome di un collega di cui raccomandava vivamente di avvalersi. Il 10 ottobre, il signor Artico chiese al signor DRa di chiedere la nomina di un sostituto secondo la procedura prevista dalla legge. In una lettera del 18 gennaio 1973 al ricorrente, l'avvocato disse che il 17 ottobre aveva presentato al presidente di sezione una richiesta formale (istanza) in tal senso, indicando in essa che per motivi di salute non era in grado di svolgere un compito che definiva molto impegnativo e grave; riteneva di aver così adempiuto ai suoi obblighi ed esprimeva il desiderio di essere lasciato in pace.

Il 30 gennaio 1973 il ricorrente scrisse al presidente di sezione e al procuratore della Cassazione chiedendo la sostituzione del signor DR  e allegando copia della lettera di quest'ultimo a lui indirizzata il 18 gennaio. La cancelleria della Corte di Cassazione rispose, a quanto pare, il 26 febbraio con una nota in cui si affermava che l'avvocato DR continuava ad agire in quanto un avvocato nominato per il gratuito patrocinio non aveva per legge il diritto di rifiutare l'incarico. Il 6 marzo, l'avvocato Artico - che si riferiva come in occasioni successive a vari testi di legge - inviava al procuratore della Cassazione un esposto chiedendo, oltre alla sostituzione dell'avvocato DR, l'irrogazione nei suoi confronti di sanzioni penali e disciplinari; nessun seguito sembra essere stato dato a questo esposto, di cui una copia era stata inviata al presidente di sezione. Il 12 marzo, il ricorrente scrisse al Presidente anziano della Corte di Cassazione, tra l'altro, per richiamare la sua attenzione sulla mancanza di assistenza legale e per chiedere il suo intervento. Con un telegramma del 4 maggio la cancelleria avvisò il ricorrente che il signor DR non era stato sostituito e che le domande di archiviazione erano ancora presso il pubblico ministero. Tre giorni dopo (.) scrisse nuovamente al procuratore della Cassazione per lamentare, tra l'altro, l'assenza di un sostituto e, il 6 giugno, la cancelleria inviò al ricorrente un telegramma di tenore analogo al precedente. Con lettera del 19 giugno al procuratore della Cassazione, di cui una copia fu inviata al presidente di sezione, il signor Artico sottolineò le gravi conseguenze della situazione per la difesa e chiese nuovamente la nomina di un altro avvocato.

15. Con notifica del 25 settembre, la cancelleria della Corte di cassazione informò l'avvocato DR che la causa sarebbe stata discussa il 12 novembre 1973. Il 5 ottobre, la cancelleria inviò al signor Artico, in risposta al suo telegramma, un telegramma che lo avvisava della data dell'udienza e che l'avvocato non era stato sostituito. Lettere del 6 ottobre del ricorrente al presidente di sezione e al procuratore della Cassazione, che facevano riferimento a diverse comunicazioni precedenti di natura analoga, lamentavano l'atteggiamento del signor DR e l'inerzia delle autorità e contenevano un'ulteriore richiesta di sostituzione. Il 2 novembre, il signor Artico presentò al presidente di sezione, con copia al procuratore della Cassazione, l'ultima di tali richieste, denunciando una violazione dei diritti della difesa e chiedendo un rinvio dell'udienza; tuttavia, tale richiesta non giunse alla Corte di cassazione fino al 20 dicembre mentre essa aveva già dichiarato inammissibili le domande di archiviazione il 12 novembre (cfr. il precedente paragrafo 10).

2. Disposizioni pertinenti del diritto interno

(a) Domande di annullamento presentate alla Corte di Cassazione

16. Ai sensi dell'articolo 524 del codice di procedura penale:

"Il ricorso per l'annullamento può essere presentato alla Corte di Cassazione per i seguenti motivi:

1) inosservanza o errata applicazione della legge penale...;

2) esercizio da parte di un giudice di un potere riservato dalla legge agli organi legislativi o amministrativi o non concesso alle autorità dello Stato;

3) inosservanza delle norme del presente codice nei casi in cui è previsto che l'inosservanza comporti nullità, inammissibilità o preclusione.

...

La domanda è inammissibile se presentata per motivi non previsti dalla legge o manifestamente infondati."

17. L'articolo 531 prevede quanto segue:

"Quando un motivo per il quale il ricorso sarebbe irricevibile è dedotto da una parte o è sollevato d'ufficio, la questione è decisa in via preliminare dalla Corte di cassazione in camera di consiglio ...

...

In tutti i casi summenzionati, la Corte si pronuncia sulla questione, tenuto conto delle memorie scritte del pubblico ministero, senza l'intervento degli avvocati della difesa.

Tuttavia, nei casi previsti dall'ultimo comma dell'articolo 524, la memoria del pubblico ministero è depositata nella cancelleria della Corte e l'avviso di tale deposito è dato immediatamente all'avvocato del ricorrente. Quest'ultimo ha il diritto di presentare, entro quindici giorni dalla notifica, al presidente della sezione adita una richiesta scritta affinché la domanda sia esaminata in pubblica udienza. Se tale richiesta viene presentata, la Corte si riunisce in seduta pubblica.

Se il richiedente non ha nominato un avvocato, la suddetta comunicazione viene consegnata all'avvocato ufficialmente nominato a tal fine dal Presidente."

b) Assistenza legale gratuita

18. Il gratuito patrocinio è regolato, tra l'altro, dalle disposizioni del Regio Decreto (Regio Decreto) n. 3282 del 30 dicembre 1923.

In materia penale, il gratuito patrocinio è concesso di diritto a chiunque si trovi in "stato di povertà" ("stato di povertà"; articolo 15), espressione che va interpretata nel senso di incapacità di sostenere le spese (articolo 16). La decisione di concedere il gratuito patrocinio è presa dal presidente del tribunale (articolo 15; vedi anche l'articolo 3 del regio decreto n. 602 del 28 maggio 1931). Una volta concesso, è l'autorità giudiziaria adita che nomina l'avvocato che agirà per l'interessato (articolo 29 del decreto del 1923). L'autorità giudiziaria o il presidente del tribunale possono far designare un avvocato sostituto o di propria iniziativa, quando vi siano gravi motivi, o se l'avvocato originario "dimostra di avere dei motivi legittimi che lo obbligano ad astenersi, o che gli danno diritto ad essere dispensato, dall'agire" (articolo 32). Allo stesso modo, l'articolo 128 del codice di procedura penale prevede che un avvocato nominato ufficialmente può essere sostituito "per un giustificato motivo".

L'articolo 5 del Regio Decreto n. 602 del 28 maggio 1931 stabilisce che il difensore che si trovi nell'impossibilità di agire deve fornire una dichiarazione scritta dei motivi; anche dopo tale dichiarazione e fino a quando non sia stato sostituito, l'avvocato deve adempiere agli obblighi del suo ufficio.

Una parte assistita perde il beneficio del patrocinio se incarica un avvocato di sua scelta (articolo 128 del codice di procedura penale).

In generale, il gratuito patrocinio è sotto il controllo delle autorità giudiziarie; esse possono prendere le misure necessarie per garantire la buona esecuzione del caso di una persona assistita e, fatta salva l'azione di risarcimento di quest'ultima, possono chiedere l'imposizione di sanzioni disciplinari agli avvocati che trascurano i loro doveri (articolo 4 del decreto del 1923).

c) Procedura in caso di prescrizione

19. In virtù dell'articolo 152 del codice di procedura penale, il giudice è tenuto, in qualsiasi fase del procedimento, a prendere atto d'ufficio dell'estinzione di un reato; la prescrizione legale ha effetto di diritto, anche quando l'impugnazione è altrimenti inammissibile.

Il governo ha ammesso che nella fattispecie la Corte di cassazione avrebbe dovuto sollevare essa stessa tale questione nelle sue decisioni sulle domande di archiviazione.

PROCEDIMENTO DINANZI ALLA COMMISSIONE

20. Nel suo ricorso del 26 aprile 1974 alla Commissione, il signor Artico ha denunciato violazioni di:

- Articolo 5 par. 1 (art. 5-1) della Convenzione, a causa della detenzione illegale;

- dell'articolo 6 par. 3 (c) (art. 6-3-c), per il fatto di non essere stato assistito da un avvocato davanti alla Corte di cassazione nel procedimento conclusosi il 12 novembre 1973.

21. Il 1° marzo 1977, la Commissione dichiarò irricevibili, per mancato esaurimento dei ricorsi interni, le denunce relative alla presunta illegittimità della detenzione, ma accolse il ricorso nella misura in cui riguardava l'assenza di assistenza legale.

Nel suo rapporto dell'8 marzo 1979, la Commissione espresse il parere unanime che vi fosse stata una violazione dell'articolo 6 par. 3 (c) (art. 6-3-c).

OSSERVAZIONI FINALI PRESENTATE ALLA CORTE

22. Alle udienze del 31 gennaio 1980, il governo ha mantenuto la seguente osservazione fatta nel suo memoriale:

"Si chiede alla Corte di dichiarare irricevibile o infondata la domanda presentata dal signor Ettore Artico contro il governo italiano".

Il delegato principale della Commissione, da parte sua, ha invitato la Corte

- "a respingere per i motivi addotti, ma soprattutto per motivi di estoppel, le eccezioni preliminari sollevate dal governo italiano";

- "per quanto riguarda il merito, a decidere se la Convenzione è stata violata e, in caso affermativo, ad accordare al ricorrente una giusta soddisfazione per un importo che sarà determinato dalla Corte".

 PER QUANTO RIGUARDA LA LEGGE

I. I MOTIVI PRELIMINARI DEL GOVERNO

23. Il Governo ha contestato la ricevibilità del ricorso per i seguenti tre motivi.

In primo luogo, ratione temporis: la dichiarazione fatta dall'Italia ai sensi dell'articolo 25 (art. 25) era espressamente formulata per applicarsi solo al periodo successivo al 31 luglio 1973 (Annuario della Convenzione, vol. 16, p. 10), mentre i fatti contestati si sono verificati in un momento che non poteva essere successivo al 3 e al 10 luglio 1973, date in cui sono state depositate le memorie del pubblico ministero (si veda il precedente paragrafo 10).

In secondo luogo, i rimedi interni non erano stati esauriti (art. 26) poiché il ricorrente non aveva denunciato il comportamento dell'avvocato Della Rocca né all'Ordine degli avvocati, né avviando un'azione civile per il risarcimento dei danni o un procedimento penale per inadempimento degli obblighi professionali da parte dell'avvocato ("patrocinio infedele"; articolo 380 del codice penale italiano).

In terzo luogo, se si cercasse - erroneamente, secondo il Governo - di imputare allo Stato la responsabilità della mancanza di assistenza legale, un'eventuale "decisione definitiva" della Corte di Cassazione che rifiutasse la nomina di un altro avvocato non potrebbe che essere stata presa prima del 3 e 10 luglio 1973. C'era dunque un intervallo di più di sei mesi tra questa decisione e il rinvio della questione alla Commissione - 26 aprile o 12 luglio 1974 -, per cui la conclusione è che il signor Artico non aveva rispettato il termine di sei mesi previsto dall'articolo 26 (art. 26) della Convenzione.

24. La Corte è competente a prendere conoscenza di motivi preliminari di questo tipo nella misura in cui lo Stato convenuto può averli sollevati per primo dinanzi alla Commissione nella misura in cui il loro carattere e le circostanze lo permettevano (sentenza De Wilde, Ooms e Versyp del 18 giugno 1971, serie A n. 12, pp. 29-31, par. 47-55).

25. Questa condizione non è soddisfatta nel caso del secondo motivo del governo. Nulla impediva di includerlo nelle osservazioni scritte o orali presentate alla Commissione, eppure è stato presentato per la prima volta nel memoriale del governo del dicembre 1979 alla Corte. Certo, il governo aveva già invocato la regola dell'esaurimento delle vie di ricorso interne davanti alla Commissione nel luglio 1976 e nel febbraio 1977, ma lo aveva fatto su basi totalmente diverse e solo in relazione alle denunce ai sensi dell'articolo 5 (art. 5), denunce che peraltro erano state respinte da questa istituzione il 1° marzo 1977 ai sensi dell'articolo 27 par. 3 (art. 27-3) (si vedano i paragrafi 20 e 21 supra; l'appendice II del rapporto, sezione "Presentazione delle parti", paragrafi 1 e 2 b., e sezione "La legge", paragrafo 1).

26. Esattamente lo stesso non si può dire delle eccezioni di irricevibilità ratione temporis e per inosservanza del termine, poiché esse sono state apparentemente sollevate dal Governo all'udienza dell'8 dicembre 1978 davanti alla Commissione. I motivi non sono stati accolti dalla Commissione che, in mancanza di unanimità tra i suoi membri, ha ritenuto che l'articolo 29 (art. 29) non fosse applicabile nel caso di specie. In effetti, i paragrafi 5 e 6 del rapporto della Commissione non contengono dettagli sufficienti per determinare se gli argomenti allora avanzati dal Governo fossero sostanzialmente identici a quelli attuali; tuttavia, si può presumere che sia così, dato che i delegati della Commissione non hanno dato alcuna indicazione contraria.

27. D'altra parte, i delegati hanno fatto notare che l'udienza dell'8 dicembre 1978 riguardava il merito della domanda e non la sua ammissibilità sulla quale la Commissione si era pronunciata più di ventuno mesi prima, ossia il 1° marzo 1977. Su questa base, essi sostenevano l'esistenza di un estoppel anche per questi due motivi.

La Corte osserva che la struttura del meccanismo di tutela istituito dalle Sezioni III e IV della Convenzione ha lo scopo di garantire la logica e l'ordine del procedimento. La funzione di vaglio che gli articoli 26 e 27 (art. 26, art. 27) assegnano alla Commissione è il primo dei suoi compiti (già citata sentenza del 18 giugno 1971, p. 30, par. 51). Certo, l'articolo 29 (art. 29), in vigore dal 21 settembre 1970, prevede un controllo a posteriori dell'ammissibilità, ma subordina il rigetto "a posteriori" di una domanda al voto unanime della Commissione. La severità di questa condizione, che si discosta dal principio della decisione a maggioranza di cui all'articolo 34 (art. 34), dimostra che lo spirito della Convenzione richiede che gli Stati convenuti sollevino normalmente le loro obiezioni preliminari nella fase dell'esame iniziale dell'ammissibilità, pena l'esclusione.

È vero che il motivo che spinge a sollevare un'obiezione preliminare viene talvolta alla luce solo dopo la decisione che accoglie la domanda: ad esempio, un rovesciamento della giurisprudenza interna può rivelare l'esistenza di un rimedio fino ad allora sconosciuto (sentenza del 18 giugno 1971, già citata, pp. 24-25, par. 37, pp. 31-32, par. 56-57, e pp. 33-35, par. 61-62) o un ricorrente può formulare un nuovo reclamo la cui ammissibilità il governo convenuto non ha ancora avuto modo di contestare (sentenza Delcourt del 17 gennaio 1970, serie A n. 11, p. 8, par. 15, e pp. 19-20, par. 39-40; sentenza Schiesser del 4 dicembre 1979, serie A n. 34, p. 10, par. 20-21, e pp. 16-17, par. 39-41). In questi casi, le circostanze non consentono di invocare motivi di irricevibilità in una data anteriore; inoltre, nonostante l'apparente genericità della formulazione dell'articolo 29 (art. 29), lo Stato convenuto ha diritto per analogia al beneficio delle disposizioni che disciplinano la fase iniziale del procedimento, ossia di ottenere dalla Commissione, in una decisione complementare, una pronuncia a maggioranza (art. 34) (art. 34). 34) sulle questioni di competenza o di ammissibilità sottoposte alla Commissione dallo Stato non appena esso sia stato indotto a farlo dal cambiamento della situazione giuridica (sentenza Schiesser citata, p. 17, par. 41).

Tuttavia, il presente caso non fornisce un esempio di una situazione di questo tipo. Nulla impediva al governo di invitare la Commissione, prima del 1° marzo 1977, a respingere la domanda ratione temporis o per mancato rispetto del termine di sei mesi. Tuttavia, il governo ha inutilmente rimandato questo fino all'8 dicembre 1978, con la conseguenza che il loro motivo avrebbe potuto avere successo solo in caso di voto all'unanimità (articolo 29) (art. 29). Il Governo ha così perso il vantaggio di una decisione a maggioranza (articolo 34) (art. 34) e non si può ritenere che lo abbia recuperato ricorrendo alla Corte (articolo 20 par. 1 del regolamento della Corte); ritenere il contrario porterebbe a un risultato incompatibile con la struttura della Convenzione e con una buona amministrazione della giustizia.

28. La Corte dichiara pertanto che il Governo è esonerato dal sollevare ciascuna delle obiezioni preliminari sulle quali cerca di fare affidamento.

II. LA PRESUNTA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 6 PAR. 3 (c) (art. 6-3-c)

A. Questioni di prova

29. Per stabilire i fatti, la Commissione ha dovuto basarsi principalmente sulle affermazioni del Sig. Artico e sui documenti da lui prodotti: il Governo, pur non contestando espressamente questi diversi dati, aveva sostenuto che su di lui gravava l'onere della prova; quando la Commissione aveva chiesto al Governo alcuni dettagli sullo svolgimento dei procedimenti del 1972 e del 1973 dinanzi alla Corte di cassazione, la risposta era stata che la cancelleria di tale Corte non poteva fornirli perché, dopo che le domande di archiviazione erano state dichiarate irricevibili, i fascicoli erano stati restituiti ai tribunali da cui provenivano (cfr. paragrafi 12 e 13 del rapporto).

Un approccio simile è stato adottato dal governo davanti alla Corte. Essi hanno espresso dubbi sull'autenticità di diversi documenti prodotti dal ricorrente e sull'esistenza stessa della lettera che il signor Della Rocca avrebbe inviato il 17 ottobre 1972 al presidente della seconda sezione penale della Corte di cassazione (vedi paragrafo 14). Hanno inoltre sottolineato che era estremamente difficile ricostruire un quadro dettagliato dei rapporti del signor Artico con la legge nel suo paese.

30. La Corte rinvia su questo punto alla sua sentenza Irlanda c. Regno Unito del 18 gennaio 1978: "nel caso che le viene sottoposto, la Corte esamina tutto il materiale che le viene sottoposto, sia che provenga dalla Commissione, dalle parti o da altre fonti"; se necessario, la Corte "ottiene materiale proprio motu" e "non si baserà sul concetto che l'onere della prova è a carico dell'uno o dell'altro dei due governi interessati" (Serie A n. 25, p. 64, par. 160). Mutatis mutandis, queste osservazioni valgono altrettanto o ancora di più per un caso derivante da una domanda presentata ai sensi dell'articolo 25 (art. 25), poiché né il singolo ricorrente né la Commissione hanno lo status di parte davanti alla Corte (sentenza Lawless del 14 novembre 1960, serie A n. 1, pagg. 11, 14 e 15-16; articolo 1 del regolamento della Corte).

Nel presente procedimento, il signor Artico ha fornito prove prima facie sufficienti. I documenti di cui ha fornito copia alla Commissione includevano telegrammi dalla cancelleria della Corte di Cassazione e molti dei documenti erano passati per le mani delle autorità carcerarie che ne tenevano traccia nei loro archivi (registri delle carceri di Brindisi, Milano e Venezia). Il governo non può quindi limitarsi a formulare riserve su questi materiali. Di nuovo, la Corte rifiuta di credere che le difficoltà amministrative o pratiche invocate dal governo siano insormontabili in una società moderna. Inoltre, la Corte ricorda che gli Stati contraenti hanno il dovere di cooperare con le istituzioni della Convenzione per giungere alla verità (sentenza citata del 18 gennaio 1978, p. 60, par. 148 in fine, e p. 65, par. 161 in fine). Di conseguenza, la Corte considera i fatti riassunti ai paragrafi 8-15 come accertati e li prenderà come base per il suo esame del merito del caso.

B. Questioni di merito

31. Il ricorrente ha denunciato una violazione dell'articolo 6 par. 3 (c) (art. 6-3-c) della Convenzione, che recita:

"Ogni persona accusata di un reato ha i seguenti diritti minimi:

...

(c) di difendersi di persona o mediante un'assistenza legale di sua scelta o, se non ha mezzi sufficienti per pagare l'assistenza legale, di riceverla gratuitamente quando lo esigono gli interessi della giustizia;

..."

Questa tesi è stata accettata all'unanimità nella sostanza dalla Commissione, ma contestata dal governo.

32. Il paragrafo 3 dell'articolo 6 (art. 6-3) contiene un'enumerazione di applicazioni specifiche del principio generale enunciato nel paragrafo 1 dell'articolo (art. 6-1). I vari diritti di cui compare un elenco non esaustivo nel paragrafo 3 riflettono alcuni degli aspetti della nozione di processo equo nei procedimenti penali (si veda il paragrafo 87 del rapporto della Commissione; sentenza Deweer del 27 febbraio 1980, serie A n. 35, p. 30, par. 56). Quando si verifica il rispetto del paragrafo 3, il suo scopo fondamentale non deve essere dimenticato né deve essere separato dalle sue radici.

33. Come la Commissione ha osservato ai paragrafi 87-89 del suo rapporto, il sottoparagrafo (c) (art. 6-3-c) garantisce il diritto ad una difesa adeguata sia di persona che tramite un avvocato, diritto rafforzato dall'obbligo dello Stato di fornire assistenza legale gratuita in determinati casi.

Il signor Artico sosteneva di essere vittima di una violazione di questo obbligo. Il governo, d'altra parte, considerava l'obbligo come soddisfatto dalla nomina di un avvocato per l'assistenza legale, sostenendo che ciò che è accaduto in seguito non era in alcun modo di competenza della Repubblica italiana. Secondo loro, l'avvocato DR  pur avendo rifiutato di assumere l'incarico affidatogli l'8 agosto 1972 dal presidente della seconda sezione penale della Corte di cassazione, ha continuato fino alla fine e "a tutti gli effetti" ad essere l'avvocato del ricorrente. Secondo il governo, il signor Artico si lamentava insomma della mancata nomina di un sostituto, ma ciò equivaleva a rivendicare un diritto che non era garantito.

La Corte ricorda che la Convenzione mira a garantire non diritti teorici o illusori, ma diritti concreti ed effettivi; ciò vale in particolare per i diritti della difesa, visto il posto preminente occupato in una società democratica dal diritto a un processo equo, da cui essi derivano (cfr. sentenza Airey del 9 ottobre 1979, serie A n. 32, pp. 12-13, par. 24, e il precedente paragrafo 32). Come correttamente sottolineato dai delegati della Commissione, l'articolo 6 par. 3 (c) (art. 6-3-c) parla di "assistenza" e non di "nomina". Anche in questo caso, la semplice designazione non garantisce un'assistenza effettiva, poiché l'avvocato nominato ai fini dell'assistenza giudiziaria può morire, ammalarsi gravemente, essere impossibilitato ad agire per un periodo prolungato o sottrarsi ai suoi doveri. Se vengono informate della situazione, le autorità devono sostituirlo o fargli adempiere i suoi obblighi. L'adozione dell'interpretazione restrittiva del Governo porterebbe a risultati irragionevoli e incompatibili sia con la formulazione del comma (c) (art. 6-3-c) sia con la struttura dell'articolo 6 (art. 6) nel suo complesso; in molti casi l'assistenza legale gratuita potrebbe rivelarsi inutile.

Nel caso in questione, il signor Artico non ha beneficiato dei servizi dell'avvocato DR in nessun momento. Fin dall'inizio, l'avvocato ha dichiarato di non essere in grado di agire. Ha invocato prima l'esistenza di altri impegni e poi il suo stato di salute (vedere il paragrafo 14). La Corte non è chiamata a indagare sulla pertinenza di queste spiegazioni. Essa constata, come ha fatto la Commissione (si veda il paragrafo 98 del rapporto), che il ricorrente non ha ricevuto un'assistenza effettiva dinanzi alla Corte di cassazione; per quanto lo riguarda, la suddetta decisione dell'8 agosto 1972 è rimasta lettera morta.

34. Il sottoparagrafo (c) dell'articolo 6 par. 3 (art. 6-3-c) fa tuttavia dipendere il diritto che esso sancisce da due condizioni. Mentre qui non c'è stata alcuna discussione sulla prima condizione - che la persona accusata di un reato non abbia mezzi sufficienti -, il Governo ha negato che la seconda condizione fosse soddisfatta: a loro avviso, gli "interessi della giustizia" non richiedevano che al signor Artico fosse fornita assistenza legale gratuita. L'oggetto del procedimento di Cassazione era, secondo il Governo, cristallizzato dai motivi addotti a sostegno delle domande di annullamento, motivi che erano stati depositati dal ricorrente nel dicembre 1971 con l'assistenza di un avvocato di sua scelta, il signor Ferri. Tuttavia, prosegue il governo, i motivi riguardavano una questione - la regolarità della citazione a comparire in tribunale - che era della massima semplicità, tanto che il pubblico ministero dichiarò nel luglio 1973 che le domande erano manifestamente infondate (vedere i paragrafi 9-10 supra); quindi, un avvocato non avrebbe avuto che un ruolo "modesto", limitato a ricevere la notifica che la Corte di cassazione avrebbe deciso in camera di consiglio (vedere il paragrafo 17 supra).

Secondo i delegati della Commissione, questa opinione contrastava con quella del presidente della seconda sezione penale della Corte di cassazione. All'8 agosto 1972, quando questo giudice concesse l'assistenza giudiziaria che era stata richiesta il 10 marzo, erano trascorsi diversi mesi dal deposito delle istanze di annullamento e delle motivazioni; inoltre, il signor Artico aveva inviato alla cancelleria, il 10 e il 14/15 marzo, delle dichiarazioni che egli stesso aveva redatto e che esponevano le sue ulteriori argomentazioni (vedi sopra, paragrafi 9-10). Ciononostante, il Presidente giunse alla conclusione che esisteva una reale necessità di nominare un avvocato per l'assistenza legale. I delegati dubitano che il governo possa sostenere il contrario in questo momento.

La Corte ricorda che, salvo alcune eccezioni non pertinenti al caso di specie, chiunque si trovi in stato di indigenza ha diritto, secondo la legge italiana, al gratuito patrocinio in materia penale (articolo 15 del regio decreto n. 3282 del 30 dicembre 1923; cfr. anche l'articolo 125 del codice di procedura penale).

In ogni caso, qui gli interessi della giustizia richiedevano la prestazione di un'assistenza effettiva. Questo sarebbe stato, secondo l'avvocato DR un compito molto impegnativo e oneroso (vedere il paragrafo 14). In ogni caso, la procedura scritta, che è di primaria importanza davanti alla Corte di Cassazione italiana, non era stata conclusa l'8 agosto 1972.

Un avvocato qualificato sarebbe stato in grado di chiarire i motivi addotti dal signor Artico e, in particolare, di dare il necessario risalto alla questione cruciale della prescrizione che era stata appena sfiorata nelle dichiarazioni "voluminose e verbose" del 14/15 marzo 1972 (si veda il precedente paragrafo 10 e il resoconto integrale dell'udienza del 31 gennaio 1980). Inoltre, solo un avvocato avrebbe potuto contrastare le arringhe del pubblico ministero, inducendo la Corte di cassazione a tenere un'udienza pubblica dedicata, tra l'altro, a una discussione approfondita della questione (si veda il precedente paragrafo 17).

35. Il Governo ha obiettato che si trattava di una pura congettura. A loro avviso, perché vi sia una violazione dell'articolo 6 par. 3 (c) (art. 6-3-c), la mancanza di assistenza deve aver effettivamente pregiudicato la persona accusata di un reato.

La Corte sottolinea, in compagnia dei delegati della Commissione, che qui il Governo chiede l'impossibile, poiché non si può provare al di là di ogni dubbio che un sostituto del signor DR avrebbe invocato la prescrizione e avrebbe convinto la Corte di Cassazione quando il ricorrente non è riuscito a farlo. Tuttavia, appare plausibile, nelle particolari circostanze, che ciò sarebbe accaduto. Soprattutto, non c'è nulla nell'art. 6 par. 3 (c) (art. 6-3-c) che indichi che tale prova sia necessaria; un'interpretazione che introducesse questo requisito nel comma lo priverebbe in larga misura della sua sostanza. Più in generale, l'esistenza di una violazione è concepibile anche in assenza di pregiudizio (si veda la sentenza Marckx del 13 giugno 1979, Serie A n. 31, p. 13, par. 27); il pregiudizio è rilevante solo nel contesto dell'articolo 50 (art. 50).

36. Il Governo ha rimproverato all'avvocato Artico di non aver fatto ricorso ai servizi del collega di cui l'avvocato DR ha parlato molto bene (v. paragrafo 14 supra) e di non essere riuscito a indurre la Corte di cassazione a prendere atto della questione della prescrizione, presumibilmente perché non l'ha fatta valere né abbastanza presto, cioè a partire dal dicembre 1971, né con sufficiente enfasi e persistenza.

La seconda critica equivale a dire che gli interessi della giustizia non richiedevano la presenza di un avvocato, questione sulla quale la Corte si è già pronunciata (vedere il precedente paragrafo 34); in realtà conferma semmai che la sua presenza era indispensabile. Anche la prima critica non può essere esaminata, poiché il ricorrente avrebbe perso il beneficio dell'assistenza legale gratuita se avesse seguito il consiglio dell'avvocato DR (si veda il paragrafo 18).

In realtà, il signor Artico ha tentato ostinatamente di rettificare la situazione: ha moltiplicato i suoi reclami e le sue rimostranze sia presso il suo avvocato d'ufficio - al punto da importunarlo e addirittura esasperarlo - sia presso la Corte di Cassazione (cfr. paragrafi 14-15). Certo, uno Stato non può essere ritenuto responsabile di ogni mancanza da parte di un avvocato nominato ai fini del patrocinio a spese dello Stato, ma, nelle particolari circostanze, spettava alle autorità italiane competenti prendere provvedimenti per garantire al ricorrente il godimento effettivo del diritto di cui avevano riconosciuto la titolarità. Le autorità potevano seguire due strade: o sostituire il signor DR o, se del caso, indurlo ad adempiere ai suoi obblighi (cfr. paragrafo 33). Esse scelsero una terza via - rimanere passive -, mentre il rispetto della Convenzione richiedeva un'azione positiva da parte loro (si veda la citata sentenza Airey, p. 14, par. 25 in fine).

37. La Corte conclude quindi che vi è stata una violazione dei requisiti dell'articolo 6 par. 3 (c) (art. 6-3-c).

38. Inizialmente, il ricorrente ha presentato un'ulteriore domanda basata sulla lettera b) dell'articolo 6 par. 3 (art. 6-3-b); egli invocava tale comma (b), e il comma (c), in combinato disposto con gli articoli 13, 14, 17 e 18 (art. 13, art. 14, art. 17, art. 18) (decisione di ammissibilità del 1° marzo 1977, sezioni "Reclami" e "Presentazione delle parti"). Alla luce della conclusione che appare nel paragrafo precedente, la Corte non ritiene di doversi pronunciare su questioni alle quali il governo o la Commissione non hanno fatto riferimento durante il procedimento dinanzi ad essa.

III. L'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 50 (art. 50)

39. Per conto del signor Artico, il signor Solinas ha chiesto il pagamento

- degli onorari professionali per i servizi resi davanti alla Commissione e al Tribunale;

- di somme giuste per la detenzione illegale che si presume derivi dalla violazione dell'articolo 6 par. 3 (c) (art. 6-3-c) e del danno non patrimoniale.

I delegati della Commissione, da parte loro, hanno invitato la Corte a concedere al ricorrente, ai sensi dell'articolo 50 (art. 50), una soddisfazione per un importo che sarà determinato dalla Corte.

Dopo aver ascoltato anche le osservazioni del Governo, la Corte ritiene che la questione sia pronta per la decisione (articolo 50 par. 3, prima frase, del Regolamento della Corte).

A. Onorari professionali

40. In una nota del 27 febbraio 1980, il signor Solinas ha indicato che i suoi onorari ammontano a 2.573.000 lire da cui vanno detratte le somme già ricevute dal Consiglio d'Europa, ossia 6.949,43 FF secondo un sunto che il segretario della Commissione ha fornito alla cancelleria il 12 marzo in risposta a una domanda della Corte.

Da questi due documenti e dal paragrafo 4 della relazione risulta che il ricorrente ha beneficiato dell'assistenza legale gratuita - dinanzi alla Commissione e poi, dopo il rinvio della causa alla Corte, nei suoi rapporti con i delegati - per tutto il periodo successivo alla decisione di ammissibilità del 1° marzo 1977. Egli non ha sostenuto di aver pagato o di essere tenuto a pagare al sig. Solinas, che non agiva per lui prima di tale data, onorari supplementari di cui potrebbe chiedere il rimborso. Ne consegue che, a questo proposito, il signor Artico non ha sostenuto alcuna spesa e non ha subito alcun danno risarcibile ai sensi dell'articolo 50 (art. 50). La Corte rimanda su questo punto alla sua sentenza Luedicke, Belkacem e Koç del 10 marzo 1980 (serie A n. 36, p. 8, par. 15).

B. "Detenzione illegale" e danno non patrimoniale

41. Basandosi su varie direttive (provvedimenti) relative al concorso (unificazione) o al cumulo delle pene (si veda il precedente paragrafo 12 e il resoconto integrale dell'udienza del 31 gennaio 1980), il signor Artico affermava che sarebbe stato liberato il 7 agosto 1974, anziché il 23 agosto 1975, se il 12 novembre 1973 la Corte di cassazione avesse dichiarato la prescrizione del procedimento. Egli sosteneva che i dodici mesi e sedici giorni che aveva trascorso indebitamente in carcere (indebita carcerazione) erano la "conseguenza diretta e immediata della violazione del diritto di difesa".

42. Il Governo ha espresso riserve sull'esistenza stessa di qualsiasi privazione anomala della libertà, sostenendo che le opinioni divergenti espresse dalle autorità che a loro volta hanno esaminato la questione, compresa la Corte di cassazione nel 1975 (cfr. paragrafo 11 in fine sopra), e la straordinaria profusione (straordinaria prolificità) delle condanne penali del ricorrente dimostravano l'enorme difficoltà (difficoltà enorme) di ripercorrere il suo curriculum vitae.

Le prove documentali lasciano tuttavia l'impressione che il signor Artico sarebbe stato effettivamente liberato già il 7 agosto 1974 se la Corte di Cassazione avesse ritenuto, nelle sue sentenze sulle domande di annullamento, che la prescrizione fosse applicabile. In effetti, le prospettive di una tale decisione sarebbero state maggiori se il ricorrente avesse potuto beneficiare di un'assistenza legale effettiva. Su questo punto, la Corte rimanda ai precedenti paragrafi 30, 34 e 35 e concorda con l'opinione dei delegati della Commissione; essa ricorda inoltre che in certi casi la perdita di reali opportunità giustifica la concessione di una giusta soddisfazione (si veda la sentenza König del 10 marzo 1980, serie A n. 36, p. 17, par. 19).

43. Tuttavia, il pregiudizio che il ricorrente sostiene di aver subito a causa della sua detenzione illegale non è che una conseguenza ipotetica e, al massimo, indiretta della violazione dell'articolo 6 par. 3 (c) (art. 6-3-c); la causa "diretta e immediata" di tale pregiudizio è in realtà da ricercare in un'ingerenza nella sua libertà fisica.

A questo proposito, non va dimenticato che il 1° marzo 1977 la Commissione ha dichiarato inammissibile, per mancato esaurimento dei ricorsi interni, il reclamo relativo alla presunta violazione dell'articolo 5 (art. 5); essa ha ritenuto che, dopo la sentenza d'appello del 5 agosto 1975, il signor Artico avrebbe dovuto chiedere il risarcimento ai tribunali del suo paese in forza o dell'articolo 571 del codice di procedura penale o dell'articolo 5 par. 5 (art. 5-5) della Convenzione (si veda il precedente paragrafo 21 e l'appendice II del rapporto).

44. A quel punto il ricorrente ha presentato una domanda di risarcimento, ma essa è stata respinta dalla Corte di cassazione il 4 novembre 1977 poiché il termine legale di diciotto mesi era scaduto il 5 febbraio (si veda il precedente paragrafo 12 e il resoconto integrale dell'udienza del 31 gennaio 1980).

Il governo ha sottolineato che questa sentenza è definitiva e non è oggetto di alcun reclamo da parte del ricorrente (decisione irrevocabile, definitiva, non impugnata); ha sostenuto che solo per questo motivo la questione del risarcimento per detenzione illegale è chiusa.

La Corte non è convinta di questo argomento. Certo, il signor Artico ha omesso di ricorrere in tempo utile ai mezzi di ricorso previsti dal diritto italiano, ma ciò non obbliga la Corte a respingere le sue attuali pretese (vedere la sentenza De Wilde, Ooms e Versyp del 10 marzo 1972, serie A n. 14, pp. 7-10, par. 14-16 e 20, e la citata sentenza König, pp. 14-15, par. 15); inoltre, tali pretese hanno una base giuridica diversa, ossia le conseguenze della mancanza di un'assistenza legale effettiva.

45. Nondimeno, occorre ricordare che il procuratore di Ferrara ha compensato con condanne successive l'anno e i sedici giorni di detenzione in questione (si veda il precedente paragrafo 12). Il ricorrente ha sostenuto che il beneficio pratico di questa misura era limitato a sedici giorni, sostenendo che gli sarebbe stato comunque concesso un anno di remissione di pena (indulto) in ragione del decreto presidenziale n. 413 del 4 agosto 1978 (Gazzetta Ufficiale, 1978, pp. 5557-5560). In realtà, il provvedimento della procura di Ferrara è precedente al decreto, essendo stato emanato il 15 marzo 1978. A quella data, il signor Artico doveva ancora scontare un "saldo passivo" di un anno, dieci mesi e ventuno giorni dopo la compensazione. Così, gli ha conferito un vantaggio tangibile, senza pregiudicare il vantaggio che avrebbe potuto trarre in seguito dal suddetto decreto. Anche se la compensazione non gli ha procurato una riparazione completa (restitutio in integrum), essa ha compensato in larga misura il danno subito (vedere la sentenza Ringeisen del 22 giugno 1972, serie A n. 15, p. 10, par. 26; la sentenza Neumeister del 7 maggio 1974, serie A n. 17, pp. 18-19, par. 40-41; la sentenza Engel e altri del 23 novembre 1976, serie A n. 22, pp. 68-69, par. 10).

46. Per quanto riguarda la natura del danno residuo, la Corte osserva che il signor Artico non ha stabilito, e neppure addotto, alcun danno patrimoniale. D'altra parte, l'ulteriore periodo di detenzione che potrebbe essere stato determinato - indirettamente - dall'assenza di un'effettiva assistenza legale (si vedano i paragrafi 42 e 43 sopra) gli ha indubbiamente causato un danno non patrimoniale.

47. A questo va aggiunto il danno non patrimoniale derivante direttamente dalla violazione dell'art. 6 par. 3 (c) (art. 6-3-c), rispetto al quale la compensazione del suddetto periodo con condanne successive non ha chiaramente alcuna rilevanza: per più di un anno il ricorrente è rimasto senza un avvocato, se non nominalmente, nonostante le sue pressanti e ripetute lamentele e rimostranze (si vedano i paragrafi 13-15 sopra). Con ogni probabilità gli è rimasta una penosa sensazione di isolamento, confusione e abbandono. In particolare, quando il pubblico ministero presentò il 3 e il 10 luglio 1973 che le domande di annullamento dovevano essere respinte in camera di consiglio, il signor Artico deve essersi sentito indifeso poiché solo un avvocato avrebbe potuto controbattere a tale presentazione chiedendo un'udienza pubblica in presenza delle parti (vedere i paragrafi 10 e 17 supra).

48. Nessuno dei suddetti elementi di danno si presta a un processo di calcolo. Prendendoli insieme in via equitativa, come richiesto dall'articolo 50 (art. 50), la Corte ritiene che al signor Artico debba essere riconosciuta una soddisfazione valutata in tre milioni (3.000.000) di lire.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE ALL'UNANIMITÀ

1. Dichiara che il Governo è dispensato dal contestare l'ammissibilità del ricorso;

 

2. Dichiara che c'è stata una violazione dell'articolo 6 par. 3 (c) (art. 6-3-c);

 

3. Dichiara che la Repubblica italiana deve pagare al ricorrente un risarcimento di Lire 3.000.000 per il danno non patrimoniale;

 

4. Rigetta il resto della domanda di giusta soddisfazione.

 

Fatto in inglese e in francese, facendo fede il testo francese, al Palazzo dei Diritti dell'Uomo, Strasburgo, il tredici maggio millenovecentoottanta.

 

Per il Presidente

Leon LIESCH

Il giudice

 

Marc-André EISSEN

Cancelliere