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Diritto al silenzio non osta all'indennizzo da ingiusta detenzione (Cass. 8616/22)

15 marzo 2022, Cassazione penale

L'esercizio del diritto al silenzio dopo il d.lgs. n. 188 del 8/11/2021 non è più elemento ostativo alla riparazione per ingiusta detenzione. 

 

Cassazione penale

Sez. 4 Num. 8616 Anno 2022 
Data Udienza: 08/02/2022 dep. 15/03/2022


sul ricorso proposto da:
RI nato il **/1995
SENTENZA
avverso l'ordinanza del 11/10/2019 della CORTE APPELLO di L'AQUILA

svolta la relazione dal Consigliere GABRIELLA CAPPELLO;
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto Giulio ROMANO, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso, con le consequenziali statuizioni.

Ritenuto in fatto

1. La Corte d'appello di L'Aquila ha rigettato una richiesta di riparazione ai sensi dell'art. 314 cod. proc. pen., presentata nell'interesse di RI, con riferimento alla detenzione da costui subita in un procedimento penale, nel quale gli era stato contestato il coinvolgimento in una rapina consumata ai danni di DMG, in concorso con DR, PM e DF.

La Corte della riparazione ha escluso il diritto, ritenendo un comportamento ostativo del richiedente e rilevando che costui, per ben due volte in sede di interrogatorio, a fronte degli elementi emersi dalle indagini, non aveva offerto oggettivi e riscontrabili elementi di contrasto alla ricostruzione dei fatti in chiave accusatoria, specificando la natura dei rapporti con i tre soggetti ripresi dalle telecamere e la disponibilità dell'autovettura usata per la rapina, risultata peraltro fittiziamente intestata a prestanome.

2. La difesa dell'interessato ha proposto ricorso, formulando un motivo unico, con il quale ha dedotto violazione di legge e contestato il valore assegnato agli elementi dai quali la Corte territoriale ha tratto la sussistenza di un comportamento ostativo da parte dell'istante. Ha, a tal fine, ritenuto inidonea la frequentazione dei soggetti che si sono resi colpevoli del reato; il possesso dell'auto usata per la rapina, ben potendo essere stata utilizzata da terzi; la sua mancata ripresa da parte delle telecamere; la possibilità per gli inquirenti di acquisire filmati registrati con altre videocamere della zona, idonee a riprendere il soggetto che guidava l'auto nell'occorso, non identificato.

3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Giulio ROMANO, ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso, con le consequenziali statuizioni.

4. Il Ministero resistente ha depositato memoria con l'Avvocatura generale dello Stato, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

1. Il ricorso va accolto nei termini che si vanno a esporre.

2. La Corte territoriale ha richiamato gli elementi posti a base della ordinanza cautelare e, segnatamente, le riprese degli occupanti dell'auto utilizzata per la rapina, esclusa la persona che si era trovata alla guida; il riconoscimento dei tre soggetti ritratti; la circostanza che costoro erano stati rintracciati presso un appartamento condiviso dall'istante; il possesso in capo a costui delle chiavi dell'auto usata per commettere la rapina, riconducibile peraltro a soggetto intestatario di oltre 150 veicoli, allo scopo di affermarne la rilevanza quale quadro indiziario che avrebbe dovuto stimolare nell'interessato un contributo chiarificatore che, invece, era mancato per ben due volte. Tale scelta, pur legittima, è stata ritenuta 'Can improvvida, siccome atta a contribuire alla applicazione e al mantenimento del titolo cautelare. Infatti, secondo i giudici della riparazione, I avrebbe potuto spiegare la natura dei suoi rapporti con i tre correi, risultati coinvolti nella rapina; chiarire che la disponibilità dell'auto usata per commettere la rapina, indiscussa alla stregua del fatto che egli era stato trovato in possesso delle relative chiavi al momento del fermo, era stata solo occasionale; e le ragioni della detenzione delle chiavi di una macchina di origine sospetta, intestata a un prestanome (essendo emerso che questi era intestatatrio di oltre 150 veicoli).

3. Il motivo è fondato.

In linea generale, va intanto ribadito che il giudice della riparazione per l'ingiusta detenzione, per stabilire se chi l'ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione ex ante - e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito - non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell'autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (cfr. sez. 4 n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, Rv. 259082).

Pertanto, in sede di verifica della sussistenza di un comportamento ostativo alla insorgenza del diritto azionata ai sensi dell'art. 314 cod. proc. pen., non viene in rilievo la valutazione del compendio probatorio ai fini della responsabilità penale, ma solo la verifica dell'esistenza di un comportamento del ricorrente che abbia contribuito a configurare, pur nell'errore dell'autorità procedente, quel grave quadro indiziante un suo coinvolgimento negli illeciti oggetto d'indagine, ribadendosi - con specifico riferimento alla rilevanza delle frequentazioni cc.dd. ambigue - che la condizione di connivenza e contiguità, pur penalmente insufficiente a fondare un'affermazione di responsabilità a titolo di partecipazione associativa, costituisce effettivamente condotta valutabile a diversi fini che ci occupano (sul punto, cfr. sez. 4 n. 8914 del 18/12/2014, dep. 2015, Rv. 262436; 45418 del 25/11/2010, Rv. 249237; 37528 del 24/6/2008, Rv. 241218; 42679 del 24/5/2007, Rv. 237898).

Ai medesimi fini, inoltre, il giudice deve esaminare tutti gli elementi probatori utilizzabili nella fase delle indagini, purchè la loro utilizzabilità non sia stata espressamente esclusa in dibattimento (cfr. sez. 4 n. 19180 del 18/2/2016, Rv. 266808) e apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, e incensurabile in sede di legittimità (cfr. sez. 4 n. 27458 del 5/2/2019, Hosni Hachemi Ben Hassen, Rv. 276458).

Quanto alla natura del comportamento ostativo, lo stesso può essere integrato anche dalla condotta di chi, nei reati contestati in concorso, abbia tenuto, pur consapevole dell'attività criminale altrui, comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità (cfr. sez. 4 n. 45418 del 25/11/2010, Rv. 249237; n. 37528 del 24/6/2008, Rv. 241218).

4. Nel caso all'esame, la Corte della riparazione ha proceduto al confronto tra il quadro indiziario emerso a carico dell'istante e la sua possibilità di fornire alle indagini spunti di verifica idonei a modificare la sua posizione rispetto ai fatti accertati. È la stessa difesa, del resto, a fornire risposta di tale concreta possibilità, allorché ha elencato, alle pagg. 2 e 3 del ricorso, le linee difensive che avrebbero consentito di accertare che la disponibilità dell'auto non era esclusiva e che anche altri soggetti gravitavano attorno agli autori del reato.

Tuttavia, i giudici della riparazione non hanno condotto una compiuta verifica ai sensi dell'art. 314, c. 1, cod. proc. pen., avendo omesso di confrontare gli elementi valorizzati in sede cautelare con quelli rimasti accertati in sede di merito. La Corte territoriale, infatti, ha motivato il rigetto dell'istanza alla stregua del solo silenzio serbato dal R nel corso di ben due interrogatori, ritenendone la capacità esplicativa di fatti emersi dalle indagini e il conseguente ostacolo all'accertamento dei fatti. Tuttavia, ha omesso di indicare quali comportamenti del R, diversi dal silenzio, pur penalmente neutri e definitivamente accertati all'esito del giudizio di cognizione, siano etiologicamente collegati alla applicazione della misura e al suo mantenimento0.

5. Tale incedere argomentativo non può più essere condiviso. La decisione impugnata, in realtà, appare coerente con l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, anche di recente ribadito, a lungo oggetto di interventi con i quali si è tentato di calibrare di volta in volta il rilievo accordato al silenzio ai fini della verifica della condizione ostativa di cui all'art. 314, c. 1 ultima parte, cit.

La giurisprudenza, infatti, ha avvertito la necessità di conciliare il diritto al silenzio e l'esercizio di facoltà riconosciute all'indagato/imputato con la incidenza che tale comportamento possa assumere in termini di condotta gravemente imprudente/negligente da parte di chi, pur a conoscenza di fatti potenzialmente idonei a neutralizzare la portata del quadro indiziario posto a fondamento del titolo cautelare, scelga di esercitare le facoltà di legge, ostacolando l'accertamento dei fatti e contribuendo, in tal modo, a ingenerare la falsa apparenza di un reato (cfr., sulla rilevanza del silenzio serbato dall'interessato e sui limiti di essa, sez. 4, n. 47047 del 18/11/2008, Marzola e altro, Rv. 242759; n. 4159 del 9/12/2008, dep. 2009, Lafranceschina, Rv. 242760; n. 7269 del 17/11/2011, dep. 2012, Berdicchia, Rv. 251928; sez. 3 n. 29967 del 20/4/2014, Bertuccini, Rv. 259941; sez. 4, n. 25252 del 20/5/2016, Ministero Economia Finanze e altro, Rv. 267393; sez. 3, n. 51084 del 11/7/2017, Pedetta, Rv. 271419).

Tuttavia, tale orientamento deve ritenersi oggi superato dall'intervento del legislatore di cui al d.lgs. n. 188 del 8/11/2021, in vigore dal 14 dicembre 2021. L'art. 4 di detto decreto, infatti, ha introdotto, tra le altre modifiche al codice di procedura penale, anche quella che riguarda l'art. 314, aggiungendo al comma 1 dell'articolo il seguente periodo: «L'esercizio da parte dell'imputato della facoltà di cui all'articolo 64, comma 3, lettera b) , non incide sul diritto alla riparazione di cui al primo periodo.» (cfr. art. 4, c. 1, lett. b, d. Igs. n. 188 del 2021).

È chiara l'opzione del legislatore: si è in tal modo inteso adeguare la normativa nazionale alle disposizioni della Direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimento penali, con specifico riferimento, per quanto di rilievo nel caso all'esame, alla emanazione di norme comuni sulla protezione dei diritti procedurali di indagati e imputati (cfr. considerato n. 10 e n. 24 della Direttiva).

6. Pertanto, l'ordinanza impugnata deve essere annullata, sebbene con rinvio per un nuovo giudizio alla Corte d'appello di L'Aquila, in relazione alla necessaria verifica di elementi, rimasti eventualmente accertati all'esito del verdetto assolutorio, dai quali possa ricavarsi un comportamento dell'interessato, diverso dal silenzio serbato su circostanze ritenute rilevanti per neutralizzare la portata accusatoria degli elementi raccolti nel corso delle indagini, idoneo a comportare la condizione ostativa di cui all'art. 314, c. 1, come modificato dal d.lgs. n. 188 del 2021. Deve disporsi l'oscuramento dei dati personali.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di L'Aquila, cui demanda anche la regolamentazione tra le parti delle spese di questo giudizio.
Deciso il 8 febbraio 2022.
Il Consigliere estensore
Gabriella Cappello

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