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Consulente tecnico e diritto di critica (Cass. 9071/08)

28 febbraio 2008, Cassazione penale

In tema di delitti contro l'onore, perchè possa ricorrere la scriminante prevista dall'art. 598 c.p., è necessario che le espressioni ingiuriose concernano, in modo diretto e immediato, l'oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata, sicchè deve ritenersi invalicabile il vincolo della rilevanza dell'offesa in ordine all'oggetto della contesa.

Le offese contenute negli scritti, anzichè riguardare direttamente l'operato del consulente tecnico, erano trasmodate nel puro dileggio e nell'addebito di comportamenti integranti, al limite, estremi di reato (mala fede, volontà di occultamento, atteggiamento pregiudizievolmente ostile verso una parte, occultamento doloso di fatti rilevanti, favoritismi nell'espletamento dell'incarico). Invettive, dunque, evidentemente non funzionali a rimarcare quelle che, secondo quanto si torna a sottolineare in questa sede, erano le manchevolezze addebitate al consulente, ossia la macroscopica durata delle operazioni peritali, l'incompletezza sui punti decisivi della causa, la maggiorazione della parcella per presunto incarico collegiale.

 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

(ud. 07/02/2008) 28-02-2008, n. 9071

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NARDI Domenico - Presidente

Dott. CALABRESE Renato Luigi - Consigliere

Dott. AMATO Alfonso - Consigliere

Dott. SANDRELLI Gian Giacomo - Consigliere

Dott. DIDONE Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

1) N.P. N. IL (OMISSIS);

avverso SENTENZA del 15/05/2006 CORTE APPELLO DI PALERMO;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in Pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. CALABRESE RENATO LUIGI;

udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MURA Antonello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per la parte civile, l'avv. ACL;

udito il difensore avv. DG.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

OSSERVA

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte palermitana, in parziale riforma della pronuncia di condanna di primo grado, ha rilevato l'intervenuta prescrizione del reato di diffamazione ascritto a N.P., confermando le statuizioni civili.

All'imputato si addebitava di avere, con un ricorso indirizzato sia al Presidente che al giudice istruttore del Tribunale di Napoli, offeso la reputazione di R.V. affermando, tra l'altro, che costui nella depositata consulenza tecnica di ufficio "ha fornito al giudice riferimenti assolutamente inesistenti ... ha nascosto notizie utili alla decisione ... ha stravolto i fatti storici".

Ricorre per Cassazione il difensore del N. deducendo violazione di legge e vizi della motivazione in relazione agli artt. 598, 599, 595 e 51 c.p..

Resiste la parte civile con memoria difensiva.

Il ricorso non merita accoglimento.

Sono coperte da immunità giudiziale ex art. 598 c.p. anche le offese contenute negli scritti presentati al Presidente del tribunale, nella funzione di presidente del comitato per la tenuta dell'Albo dei Consulenti Tecnici. Tale comitato è difatti un organo pubblico rivestito di giurisdizione disciplinare e nel relativo procedimento l'autore dello scritto, su impulso del quale esso si instaura, è da considerarsi sicuramente come parte diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale.

Sicchè l'esimente in questione poteva in astratto essere invocata dall'imputato sia in riferimento al ricorso presentato al giudice istruttore della causa civile che a quello inviato al Presidente del tribunale, nella indicata qualità.

In concreto, tuttavia, non ricorrono le condizioni per la sua applicabilità.

E' ormai principio acquisito in giurisprudenza che, in tema di delitti contro l'onore, perchè possa ricorrere la scriminante prevista dall'art. 598 c.p., è necessario che le espressioni ingiuriose concernano, in modo diretto e immediato, l'oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata, sicchè deve ritenersi invalicabile il vincolo della rilevanza dell'offesa in ordine all'oggetto della contesa.

Ed è altrettanto certo che l'accertare il nesso fra le offese e l'oggetto della contesa dipende da un giudizio di mero fatto, incensurabile dalla Corte di Cassazione, quando sia sorretto da adeguata motivazione.

E tale è indubbiamente la motivazione esibita dal provvedimento impugnato, il quale ha rilevato che le offese contenute negli scritti, anzichè riguardare direttamente l'operato del consulente tecnico, erano trasmodate nel puro dileggio e nell'addebito di comportamenti integranti, al limite, estremi di reato (mala fede, volontà di occultamento, atteggiamento pregiudizievolmente ostile verso una parte, occultamento doloso di fatti rilevanti, favoritismi nell'espletamento dell'incarico). Invettive, dunque, evidentemente non funzionali a rimarcare quelle che, secondo quanto si torna a sottolineare in questa sede, erano le manchevolezze addebitate al consulente, ossia la macroscopica durata delle operazioni peritali, l'incompletezza sui punti decisivi della causa, la maggiorazione della parcella per presunto incarico collegiale.

Sterile è anche l'insistenza sul rilievo che il consulente non aveva risposto ai quesiti integrativi affidatigli in corso di causa (ciò che aveva determinato la necessità di nomina di altro C.T.U. e l'annullamento con rinvio da parte della cassazione dell'ordinanza di liquidazione delle spese a favore del R., a ragione dell'omessa valutazione, sotto il profilo qualitativo, della completezza e del pregio della prestazione fornita).

Adeguata è stata la risposta offerta dal giudice "a quo", il quale ha sottolineato che l'omissione suddetta non era stata neppure menzionata negli scritti offensivi di cui trattasi, risultando oggetto di specifiche contestazioni soltanto le conclusioni riportate nella relazione peritale afferenti agli originari quesiti posti.

Privo di consistenza è pure il richiamo all'esimente del diritto di critica, posto che l'esercizio di tale diritto, come correttamente si adduce dalla Corte territoriale, esige il requisito della continenza, nel caso concreto abbondantemente superato, per quanto si è detto.

Quanto, infine, all'attenuante della provocazione, si tratta di questione non devoluta all'esame del giudice d'appello e pertanto con prospettabile per la prima volta in questa sede.

Il ricorso va pertanto respinto, con le conseguenti statuizioni ex art. 616 c.p.p. come indicate in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del procedimento e alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, liquidate in complessivi Euro 1015,50 di cui Euro 1000,00 per onorari, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2008.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2008