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Condanna richiede indizi, non congetture (Cass. 48962/17)

21 settembre 2017, Cassazione penale

E' solo appartente una motivazione fondata su elementi indiziari dei quali sfugge la precisione, rinvenendosi plurime affermazioni di fatti non inverosimili, probabili, non significativi ai quali si attribuisce enfasi, dai plurimi significati quindi meritevoli di una convincente interpretazione di significato univoco.

Vi è l'obbligo per il giudice di merito di indicare, con adeguata e logica motivazione, le prove sulle quali, in materia di concorso di persone nel reato, ha fondato il libero convincimento dell'esistenza di un consapevole e volontario contributo, morale o materiale, dato dall'agente alla realizzazione del reato.

In difetto della prova diretta di un elemento costitutivo del reato, l'obbligo di motivazione si fa più stringente, al punto da  richiedere un rigoroso accertamento di un quadro indiziario dal quale si possa desumere, al di là di ogni ragionevole dubbio, la responsabilità penale dell'imputato. Nell'ampia categoria degli indizi, a fianco di quelli che sono dotati di forza indiziante, e quindi argomentativa, implicita, è possibile annoverarne degli altri, che di per sè non hanno alcuna capacità indiziante, ma che acquistano tale capacità in forza di dimostrazione, come effetto dell'argomentazione del giudice, contenuta nella motivazione del provvedimento.

 

 Cassazione penale

sez. IV, sentenza 48962/17

Data Udienza: 21/09/2017  

Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da: BM  nato il avverso la sentenza de111/11/2016 della CORTE APPELLO di TRENTO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Cons. Eugenia SERRAO udito il Procuratore generale, in persona della dott.ssa GIUSEPPINA CASELLA che ha concluso per il rigetto   

RITENUTO IN FATTO  

 1. La Corte di Appello di Trento, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa a seguito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Rovereto nei confronti di B. M. (e di coimputato non ricorrente) per il reato previsto dagli artt.110 cod. pen. e 73, commi 4 e 6 d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 in relazione a detenzione di kg.2,036 di sostanza stupefacente del tipo hashish commesso in Rovereto il 1 ottobre 2015.

 Avverso tale sentenza ricorre M. B. deducendo vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all'art.110 cod. pen. per avere i giudici di merito affermato che l'imputato fosse consapevole del contenuto dello zainetto appartenente a persona presente come trasportato nell'autovettura condotta dal B.. Tale affermazione si fonda su una motivazione che omette di valutare le dichiarazioni di entrambi i trasportati sull'autovettura, che hanno scagionato il  B.; l'affermazione secondo la quale il  B. fosse consapevole che l'autovettura inseguitrice, in borghese, fosse della Polizia contrasta con la logica di scappare difronte ad una situazione ritenuta pericolosa; è illogico desumere dalla sussistenza di precedenti penali la consapevolezza che l'auto inseguitrice fosse della Polizia e contraddittorio affermare che, in un primo tempo, l'imputato si fosse dato alla fuga per poi arrendersi una volta fermato. La consapevolezza della presenza dell'hashish sull'autovettura è stata, altresì illogicamente, desunta dal posizionamento dello zainetto sotto il sedile del conducente e dal fatto che il  B. fosse consumatore di hashish privo di redditi, pur trattandosi di persona che aveva svolto attività lavorativa ed era supportata economicamente dalla convivente con reddito stabile. La motivazione è carente in relazione alla dichiarazione del  B. di non conoscere il D. (proprietario dello zainetto) ed all'assenza di contatti telefonici tra i due, nonché in merito all'affermazione per cui l'imputato fosse legato da leale amicizia al Ban. (coimputato). La scelta dell'imputato di seguire un percorso più lungo e vicino alla stazione, dunque con maggiore rischio di controlli da parte della Polizia, avrebbe dovuto indurre i giudici a ritenere che egli non fosse stato informato della presenza dello stupefacente; nella sentenza si è, invece, svolto l'opposto ragionamento per cui i trasportati non avrebbero corso il rischio che il conducente, ignaro del trasporto illecito, assumesse comportamenti non consoni alla situazione. L'inattendibilità del testimone Keita è stata fondata su dati contrastanti rispetto alle risultanze processuali, escludendo contatti telefonici con l'imputato nonostante dai tabulati agli atti emergesse il contrario. Con un secondo motivo deduce illogicità della motivazione e violazione di legge in relazione all'art.62 bis cod. pen. per avere i giudici di merito riservato analogo trattamento all'imputato ed al coimputato Ban. nonostante il primo fosse gravato solo da un precedente non specifico ed avesse fissa dimora e stabile condizione reddituale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. In linea di principio, per quanto concerne il vizio di motivazione, la Corte di Cassazione ha più volte affermato che il giudice del gravame di merito non è tenuto ad esaminare espressamente ogni elemento istruttorio acquisito nel corso del processo, né a fornire espressa spiegazione in merito al valore probatorio di tutte le emergenze istruttorie, laddove dall'esame di alcune prove a sostegno della decisione possa implicitamente desumersi l'irrilevanza o l'inattendibilità delle prove contrarie, essendo necessario e sufficiente che spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dalle quali si dovranno ritenere implicitamente disattese le opposte deduzioni difensive ancorché non apertamente confutate. In altre parole, non rappresenta vizio censurabile l'omesso esame critico di ogni questione sottoposta all'attenzione del giudice di merito qualora dal complessivo contesto argomentativo sia desumibile che alcune questioni siano state implicitamente rigettate o ritenute non decisive, essendo a tal fine sufficiente che la pronuncia enunci con adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono ritenuti determinanti per la formazione del convincimento del giudice (Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 25498801; Sez.6, n.49970 del 19/10/2012, Muià, Rv.25410701; Sez.4, n.34747 del 17/05/2012, Parisi, Rv.25351201; Sez.4, n.45126 del 6/11/2008, Ghisellini,Rv.24190701).

 2.1. Tale principio deve essere integrato con l'obbligo per il giudice di merito di indicare, con adeguata e logica motivazione, le prove sulle quali, in materia di concorso di persone nel reato, ha fondato il libero convincimento dell'esistenza di un consapevole e volontario contributo, morale o materiale, dato dall'agente alla realizzazione del reato (Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, Andreotti, Rv.22610101 per il concorso morale; Sez. 2, n. 48029 del 20/10/2016, Siesto, Rv.26817701; Sez. 2, n. 4228 del 17/01/1984, Genesio, Rv. 164086019.

2.2. A ciò si aggiunga che, in difetto della prova diretta di un elemento costitutivo del reato, l'obbligo di motivazione si fa più stringente, al punto da non richiedere un rigoroso accertamento di un quadro indiziario dal quale si possa desumere, al di là di ogni ragionevole dubbio, la responsabilità penale dell'imputato. Si ricorda, infatti, che nell'ampia categoria degli indizi, a fianco di quelli che sono dotati di forza indiziante, e quindi argomentativa, implicita, è possibile annoverarne degli altri, che di per sè non hanno alcuna capacità indiziante, ma che acquistano tale capacità in forza di dimostrazione, come effetto dell'argomentazione del giudice, contenuta nella motivazione del provvedimento (Sez. 1, n. 3150 del 05/03/1991, Calò, Rv. 18697301).

 Valutando la sentenza impugnata alla luce dei predetti principi, ne emerge una motivazione carente e non satisfattiva. I giudici di merito hanno ritenuto che l'imputato fosse consapevole del trasporto dello stupefacente perché aveva tentato di seminare un'autovettura civile con a bordo agenti in borghese sul presupposto che fosse «evidente che gli inseguitoria appartenessero, con tutta probabilità, alle forze dell'ordine». La circostanza che lo zainetto nel quale il trasportato D. aveva lo stupefacente fosse nascosto sotto il sedile del conducente è stata indicata quale indizio di «un'esigenza di occultamento che non poteva non essere stata colta e condivisa dal guidatore». Il fatto che l'imputato fosse consumatore di hashish rendeva «verosimile» che cooperasse con altri in attività connesse alla detenzione e allo spaccio. I numerosi contatti telefonici tra l'imputato ed il Ban., pregiudicato per violazione della legge in materia di stupefacenti, sono stati ritenuti ingiustificati e tali da «far ragionevolmente ipotizzare che il passaggio in stazione per prelevare D. fosse stato programmato in anticipo». L'amicizia tra l'imputato ed il Ban. rendeva «improbabile» che quest'ultimo non l'avesse preavvisato del contenuto dello zainetto.

 3.1. Si tratta di motivazione fondata su elementi indiziari dei quali sfugge la precisione, rinvenendosi plurime affermazioni di fatti non inverosimili, probabili, non significativi ai quali si attribuisce enfasi, dai plurimi significati quindi meritevoli di una convincente interpretazione di significato univoco.

 3.2. A ciò si aggiunga il dedotto travisamento del fatto concernente i contatti telefonici dell'imputato con un soggetto rimasto estraneo all'indagine e, tuttavia, menzionato nella sentenza come probabile destinatario dello stupefacente, tale K., al quale la difesa riferisce l'utenza n.37******2 per ribadire l'attendibilità delle sue dichiarazioni. Deduzione che merita di essere approfondita perché contrastante frontalmente con quanto indicato a pag.12 della sentenza circa l'assenza di contatti telefonici tra l'imputato ed il K. in orario antecedente le ore 13 del giorno 1 ottobre 2015.

 Si ritiene, pertanto, necessario che il giudice di merito fornisca precisa e adeguata analisi del complessivo quadro indiziario alla luce delle specifiche e certosine argomentazioni difensive in merito all'elemento soggettivo del reato. La sentenza impugnata deve essere annullata per carenza di motivazione, restando assorbito il secondo motivo di ricorso, con rinvio alla Corte di Appello di Trento - Sezione di Bolzano, per nuovo esame.

 P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Trento Sezione Distaccata di Bolzano.  

 

Così deciso il 21 settembre 2017

Il Presidente Rocco Marco Blaiotta e estensore Eugenia Serrao