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Passeggero senza cintura, conducente ubriaco e drogato: condannato (Cass. 9760/21)

11 marzo 2021, Cassazoine penale

Il conducente è tenuto a controllare, prima di iniziare o proseguire la marcia, che questa avvenga in conformità delle normali regole di prudenza e di sicurezza, esigendo che il passeggero indossi la cintura di sicurezza fino a rifiutarne, in caso di sua renitenza, il trasporto o ad omettere l'intrapresa della marcia.

 Corte di Cassazione

sez. IV Penale, sentenza 9 febbraio – 11 marzo 2021, n. 9760
Presidente Menichetti – Relatore Ranaldi

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. La Corte di appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza di primo grado, emessa con rito abbreviato, ha ridotto la pena nei confronti di An. Pa. - mediante riconoscimento in suo favore dell'attenuante di cui all'art. 589-bis, comma 7, cod. pen. - e, per il resto, ha confermato la declaratoria di responsabilità del medesimo in ordine al reato di omicidio stradale di cui all'art. 589-bis cod. pen., per avere cagionato, alla guida della propria autovettura ed in stato di ebbrezza alcolica nonché di alterazione psicofisica derivante dal pregresso uso di cocaina, la morte di VM, trasportata sul sedile anteriore destro (fatto del 5.8.2018).

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, lamentando, con unico motivo, vizio di motivazione in relazione alla erronea valutazione del nesso causale. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe trascurato di considerare come concausa dell'evento morte la circostanza che la vittima non indossasse la cintura di sicurezza, con conseguente erronea applicazione dei criteri di cui all'art. 133, comma 1, cod. pen. in punto di determinazione della pena.

3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

4. Il difensore dell'imputato ha ritualmente depositato una memoria scritta con la quale insiste per l'annullamento della sentenza impugnata.

5. Il difensore delle parti civili costituite (De Pa. Ma. Ro., Fr. Ma. e Vo. Pi.) ha ritualmente depositato conclusioni scritte con le quali chiede il rigetto del ricorso e la condanna alle spese in favore delle parti civili.

Il ricorso è inammissibile, in quanto generico, reiterativo di doglianze già correttamente disattese in sede di merito e comunque manifestamente infondato.

La Corte territoriale, infatti, ha puntualmente richiamato le plurime violazioni di regole cautelari e specifiche, pacificamente verificatisi e non contestate, commesse dall'imputato, eziologicamente decisive nel determinismo causale del sinistro e dell'evento letale (guida in stato di ebbrezza e di alterazione da sostanze stupefacenti, velocità elevata).

E' stato, inoltre, mosso all'imputato l'ulteriore rimprovero dell'omesso uso delle cinture di sicurezza da parte della passeggera poi deceduta, giacché, a parte la violazione dell'art. 172 cod. strada riferibile alla stessa, la Corte territoriale ha valorizzato il principio secondo cui il conducente è tenuto a controllare, prima di iniziare o proseguire la marcia, che questa avvenga in conformità delle normali regole di prudenza e di sicurezza, esigendo che il passeggero indossi la cintura di sicurezza fino a rifiutarne, in caso di sua renitenza, il trasporto o ad omettere l'intrapresa della marcia (Sez. 4, n. 9311 del 29/01/2003, Rv. 224320).

Con una motivazione, pertanto, puntuale e priva di incongruenze o illogicità, la sentenza impugnata ha riconosciuto nella quantificazione della pena la determinante rilevanza causale, rispetto al sinistro mortale, del comportamento colposo dell'imputato, nonostante sia stata pure riconosciuta la sussistenza di una condotta omissiva imprudente della passeggera - sottrattasi all'utilizzo delle cinture di sicurezza -tale da giustificare l'applicazione dell'attenuante prevista dal settimo comma dell'art. 589 bis, cod. pen., che prevede una diminuzione di pena nel caso in cui l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole.

Tale previsione normativa è nel solco delineato dall'art. 41 cod. pen. e colloca esattamente il fattore esterno considerato, l'omesso utilizzo delle cinture di sicurezza da parte della vittima, sul piano della gravità della condotta e fuori dall'ambito della responsabilità. La norma, in altri termini, per quanto attiene al comportamento della persona offesa, fa riferimento a quelle condotte esse stesse colpose, oppure anomale rispetto all'ordinario svolgersi degli eventi, che possono quindi correttamente refluire sul grado di colpevolezza dell'agente ma non escludere o interrompere il nesso di causa (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 32877 del 10/11/2020, Rv. 280162).

7. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.

L'imputato va anche condannato a rifondere le spese del grado sostenute dalle parti civili costituite.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili De Pa. Ma. Ro., Fr. Ma. e Vo. Pi. che liquida in complessivi Euro 4.200,00 oltre accessori di legge.