Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Cittadino extracomunitario e consegna nel procedimento MAE (Cass. 6899/22)

24 febbraio 2022, Cassazione penale

Tag

Il cittadino di un Paese terzo è formalmente escluso dalla garanzia prevista dall'art. 18-bis, comma 2, della legge n. 69 del 2005 per i soli cittadini italiani o di altro Stato membro dell'Unione europea legittimamente ed effettivamente residenti o dimoranti nel territorio da almeno cinque anni: non vi è quindi  lesione del diritto alla vita privata e familiare conseguente all'obbligo di consegna di un cittadino di Paese terzo che si trovi stabilmente sul territorio nazionale, se lo stabile radicamento in Italia del ricorrente è provato solo dal 2019.

 

Corte di Cassazione

Sez. 6 penale

Num. 6899 Anno 2022
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: DE AMICIS GAETANO
Data Udienza: 24/02/2022

SENTENZA
sul ricorso proposto da
FN, nato il */1984 in Pakistan
avverso la sentenza emessa il 10/01/2022 dalla Corte di appello di Venezia;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del Consigliere Gaetano De Amicis;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Tomaso Epidendio, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
letta la memoria e la documentazione allegata inviata dall'Avv. MM, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 10 gennaio 2022 la Corte di appello di Venezia ha disposto la consegna all'Autorità giudiziaria greca del cittadino pakistano FN in relazione ad un mandato di arresto europeo esecutivo emesso il 5 novembre 2021 dalla Procura generale della Corte di appello di Eubea sulla base della sentenza n. 14 del 28 gennaio 2016 della Corte di appello di Eubea, non impugnata e divenuta irrevocabile in data 11 maggio 2016, che lo condannava alla pena di anni otto di reclusione ed euro cinquemila di multa per il reato di detenzione e vendita di
sostanze stupefacenti del tipo cannabis (grammi 4,1 lordi) commesso il 26 settembre 2013 nella città di Aliveri, in provincia di Eubea.

2. Avverso la su indicata decisione ha proposto ricorso per cassazione ildifensore, deducendo con un primo motivo la violazione degli artt. 18-ter e 6, commi 1-bis e 2, della legge 22 aprile 2005, n. 69, per essere stata la richiesta di consegna avanzata sulla base di una sentenza emessa in absentia, di cui
l'interessato non ha mai ricevuto alcuna comunicazione ai fini della volontà di non procedere alla sua ulteriore impugnazione.
Si assume, inoltre, l'ingiustificata esclusione del residente extracomunitario dalla previsione contenuta nell'art. 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI, in violazione dei principi stabiliti dagli artt. 3 e 27 Cost. e dagliartt. 8 CEDU e 7 della Carta dei diritti fondamentali, richiamando in tal senso precedenti decisioni sia della Corte di cassazione che della Corte  costituzionale (nn. 261 e 217 del 18 novembre 2021) per sottolineare il risalente radicamento del ricorrente nel territorio italiano, ove egli stabilmente risiede e regolarmente lavora da molti anni.

2.1. Con un secondo motivo si censura la violazione dell'art. 18, comma 1, lett. b), legge cit. e degli artt. 2 e 3 CEDU, per avere la Corte d'appello erroneamente ritenuto esaustive le informazioni trasmesse dalle Autorità greche in merito ai profili di criticità delle condizioni carcerarie nello Stato richiedente e al
trattamento che vi sarebbe stato riservato al ricorrente, senza svolgere una reale indagine sullo stato di sovraffollamento delle strutture penitenziarie e sull'adozione di adeguate misure di prevenzione dal contagio epidemiologico del virus "Covid-
19".

3. Con requisitoria trasmessa alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 7 febbraio 2022 il Procuratore generale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

4. Con memoria trasmessa alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 15 febbraio 2022 il difensore, Avv. MM, segnala le gravi condizioni sanitarie in cui versa il Faraz, che, a seguito di un gesto autolesionistico verificatosi la sera del 5 febbraio 2022 all'interno di un locale ove prestava la sua attività lavorativa, è stato soccorso e trasportato nell'Ospedale di Verona, dove
attualmente si trova ricoverato in terapia intensiva per avere subito un intervento.

5. In ordine all'ultimo motivo di ricorso (erroneamente rubricato con il n. 2), la censura ivi aspecificamente prospettata non si confronta con l'esito degli di chirurgia plastica alla schiena, a causa delle ustioni procuratesi, che coprono quasi 1'80% della superficie corporea.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e genericità delle doglianze ivi enunciate, che omettono di confrontarsi criticamente con gli argomenti esposti nella sentenza impugnata, là dove, menzionando le dichiarazioni rese dallo stesso ricorrente all'udienza di convalida del 15 dicembre 2021 e le risultanze offerte dal contenuto del m.a.e. (ove si dà atto che il Fè stato tempestivamente citato nelle forme di legge non solo tramite affissione dell'avviso alla porta della sua abitazione, ma anche con notifica effettuata presso lo studio del difensore dove aveva eletto domicilio), ha posto in rilievo la dirimente circostanza di fatto che il ricorrente non solo era a conoscenza del processo, ma aveva anche intrattenuto rapporti effettivi e non formali con il suo difensore, giungendo in Italia prima ancora che venisse fissata l'udienza per la decisione.

Sul punto, dunque, la sentenza impugnata ha correttamente applicato la disposizione di cui all'art. 18-ter, comma 2, della legge n. 69 del 2005, così come introdotta dall'art. 16 d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, secondo cui "la corte di appello può, comunque, dar luogo alla consegna se risulta provato con certezza che l'interessato era a conoscenza del processo o che si è volontariamente sottratto alla conoscenza del processo".

2. Analoghe considerazioni devono svolgersi in relazione al profilo di doglianza attinente alla evocata lesione del diritto alla vita privata e familiare conseguente all'obbligo di consegna di un cittadino di Paese terzo che si trovi stabilmente sul territorio nazionale, avendo la sentenza impugnata motivatamente escluso la circostanza dello stabile radicamento in Italia del ricorrente (cittadino di un Paese terzo e, come tale, formalmente escluso dalla garanzia prevista dall'art. 18-bis, comma 2, della legge n. 69 del 2005 per i soli cittadini italiani o di altro Stato
membro dell'Unione europea legittimamente ed effettivamente residenti o dimoranti nel territorio da almeno cinque anni,) per l'arco temporale minimo ivi stabilito in favore degli stessi cittadini di Stati membri dell'Unione europea.

Al riguardo, infatti, la Corte distrettuale ha posto in evidenza il fatto che il ricorrente ha documentato la sua presenza in Italia, quale titolare di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, unicamente dalla metà del 2019.

3.  In ordine all'ultimo motivo di ricorso (erroneamente rubricato con il n. 2),la censura ivi aspecificamente prospettata non si confronta con l'esito degli accertamenti specifici e individualizzanti dalla Corte di appello richiesti alle Autorità dello Stato di emissione riguardo alle condizioni della sistemazione detentiva che il ricorrente riceverebbe una volta consegnato al Paese richiedente e, segnatamente, in ordine alla recente istituzione di una struttura carceraria (non oggetto dei rapporti informativi del C.P.T. citati dalla difesa) priva di problemi igienico-manutentivi e rispettosa delle garanzie convenzionali previste nell'art. 3 CEDU e nell'art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, con il
logico corollario della motivata esclusione del rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti.

4. Per quel che attiene, infine, alle condizioni sanitarie in cui attualmente versa il F, secondo quanto segnalato nella richiamata memoria difensiva, deve rilevarsi come le stesse non sono annoverate dall'art. 18 legge cit. fra le cause di rifiuto della consegna, ma attengono alla fase esecutiva della stessa e possono
essere fatte valere mediante istanza alla Corte d'appello, ai sensi dell'art. 23, comma 3, della medesima legge, in quanto costituiscono una condizione personale soggetta a modificazione, anche repentina, nel corso del tempo e, pertanto, non utilmente rappresentabile nelle fasi procedimentali anteriori all'esecuzione del provvedimento di consegna (da ultimo, v. Sez. 6, n. 7489 del 15/02/2017, Yassir, Rv. 269110).

Né vi è prova che le richiamate condizioni di salute integrino, allo stato, la presenza di gravi patologie di carattere cronico e potenzialmente irreversibili, tali da esporre il ricorrente al pericolo di subire un grave pregiudizio alla sua salute,
secondo le argomentazioni sviluppate dalla Corte costituzionale nella ordinanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia n. 216 del 18 novembre 2021.

5. Sulla base delle su esposte considerazioni s'impone, conclusivamente, la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la conseguenziale statuizione di condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di euro tremila.

La Cancelleria curerà l'espletamento degli incombenti di cui all'art. 22, comma 5, della legge n. 69 del 2005.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.


Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, della legge n. 69 del 2005.
Così deciso il 24 febbraio 2022

Il Consigliere estensore
Gaetano De Amicis

Il Presidente
Giorgio Fidelbo