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Carta di Noto: famigerata, non vincolante e senza valore scientifico (Cass. 42984/07)

21 novembre 2007, Cassazione penale

Si può essere, invero, suggestionabili ed essere nel contempo veridici: la suggestionabilità, che è l'attitudine a lasciarsi facilmente influenzare da fatti o da altre persone, è rilevante ai fini della credibilità di una persona - e il discorso vale anche per i piccoli - quando il grado di influenzabilità individuale assume forme patologiche, come nelle personalità isteriche o immature; ma di questo bisogna dare un'adeguata e concreta riprova.

Non basta, cioè, dire che una bambina è suggestionabile perchè tutti i bambini (come bene evidenziato dal contestato inciso della sentenza) sono naturalmente, in ragione di uno sviluppo ancora in crescita, portati ad essere influenzati; e si può dire, anzi, che la suggestione (che ha un meccanismo ideativo-motorio simile all'imitazione) svolge nei confronti dei bambini, un ruolo importante e formativo nelle relazioni interpersonali.

Quando, perciò, per incrinarne la credibilità, si dice che quella piccola parte offesa era suggestionabile, si dice qualcosa di assolutamente ridondante se non si aggiunge il quando, il come e il perchè di un sicuro, quanto concreto suo condizionamento, rapportandosi a precise circostanze di fatto, o a sicure rilevanti menomazioni. Sono stati richiamati, del tutto genericamente, i condizionamenti familiari, ma nulla si dice del carattere fraudolento e invasivo di questi intrighi familiari.

La famigerata Carta di Noto ammonisce sul fatto che i bambini, quando sono interrogati, sono portati ad assecondare le aspettative degl'interroganti; e può anche essere un'affermazione genericamente valida e accettabile quando s'interroghino i bambini in un certo modo, ma questo non significa e non può significare che tutte le volte che un genitore interroghi il proprio piccolo, le di lui risposte sono solo volte a compiacerlo. Del resto tutti questi protocolli sono solo orientativi e non vincolanti impartendo solo anche autorevoli raccomandazioni e indicazioni di rilevanza solo interpretativa e operativa, e non avendo alcun valore rigorosamente scientifico (come la gran parte delle dottrine comportamentali).

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

 (ud. 04/10/2007) 21-11-2007, n. 42984

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MAIO Guido - Presidente

Dott. TARDINO Vincenzo - Consigliere

Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere

Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere

Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

1) B.R. N. IL (OMISSIS);

avverso SENTENZA del 18/01/2007 Corte Appello di Reggio Calabria;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

Udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. TARDINO VINCENZO LUIGI;

Udito il Procuratore Generale che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per la parte civile, l'avv. F che presenta la nota spese;

uditi i difensori M e V  che ribadiscono i motivi e le conclusioni del ricorso.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

B.R., con le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, e con la diminuente del rito abbreviato, era stato dal Gup del Tribunale di Palmi condannatola l'altro alla pena di anni sei di reclusione per avere costretto la nipotina di quasi cinque anni a subire, in continuazione, atti sessuali; abusando, altresì, delle di lei condizioni d'inferiorità fisica e psichica.

Contro la sentenza della Corte d'Appello di Reggio Calabria (l'8.1.2007), che ne aveva confermato la decisione e la motivazione, osservando come tutte le risultanze probatorie convergessero nella direzione accusatoria, ricorrevano per cassazione il difensore e lo stesso imputato, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione. L'illogicità del ragionamento della sentenza impugnata sarebbe evidente per il difensore solo che si consideri come la Corte, pur avendo ritenuto la bambina sostanzialmente credibile, ne avesse, poi, rilevato la suggestionabilità (al pari di ogni altro bambino di quell'età). Su questo tema s'incentra prevalentemente tutta la strategia difensiva, rilevandosi come il dubbio sull'attendibilità della persona offesa fosse stato riferibile, non già al condizionamento che la piccola avrebbe potuto subire nel suo colloquio con la psicologa, ma a quei condizionamenti praticatile dai familiari (madre, nonna, zia): dubbio che poteva essere risolto solo che il perito psicologo avesse effettuato un'indagine accurata sul grado di suggestionabilità della bambina. La sentenza, pertanto, recependo apoditticamente l'enunciato della psicologa, si sarebbe preoccupata di valutare le dichiarazioni della bambina solo sotto il profilo della sua attitudine a testimoniare, omettendo l'esame della di lei credibilità: da cui risultava inficiata dell'intera valutazione di quelle dichiarazioni (... essendo del tutto verosimile che la suggestionabilità della bambina, in uno col fatto che la stessa non era stata sentita sin dall'inizio del racconto...). Il dubbio, peraltro, s'imponeva alla luce delle numerose contraddizioni di quel racconto (... specialmente con riguardo alla mancata indicazione delle modalità delle presunte violenze e alla costante presenza di altre persone nell'appartamento dell'imputato, in quel periodo frequentato dagli operai che ne stavano curando la ristrutturazione). Nella sostanza la sentenza era incorsa nel vizio di travisamento del fatto anche perchè gli esiti degli accertamenti ginecologici avrebbero dovuto illustrare l'inattendibilità della persona offesa, visto che dagli stessi è emersa l'ipotesi di un possibile abuso digitale... La Corte di merito, poi, avrebbe disatteso l'istanza di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale sulla base di una presunta completezza ed esaustività di quella di primo grado; quando, invece, persisteva l'incertezza in ordine all'affidabilità delle dichiarazioni della bambina: anche per non essere stato accertato, nel contraddittorio delle parti, il grado di coinvolgimento emotivo della piccola parte offesa. Vi sarebbe stata, ancora, una erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 62 bis e 133 c.p.: perchè erano state riconosciute le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante della coabitazione:

aggravante che non era stata mai contestata. L'imputato, con il suo personale ricorso, rilevava come il perito ginecologico si fosse limitato ad esprimere mere possibilità e compatibilità, piuttosto che certezze probatorie; e come il perito d'ufficio, dott. C., avesse preteso ed ottenuto che l'esame del minore venisse svolto senza la presenza dei consulenti di parte. Contestava, a questo proposito, che la normativa di cui all'art. 230 c.p.p., imponesse l'obbligo al perito di dare atto nella relazione delle eventuali osservazioni e riserve formulate dai consulenti di parte, con la conseguenza che la mancata indicazione di ciò che il consulente avrebbe potuto obiettare, aveva posto il giudice dinanzi ad una visione parziale e personale dei fatti descritti in perizia.

Diritto:

- In linea generale si può dire che la sentenza impugnata abbia correttamente proceduto ad una ricostruzione puntuale e analitica della vicenda fattuale, riportando le dichiarazioni della bambina e quelle dei familiari (ai quali, per primi, la piccola aveva raccontato quelle sue particolari esperienze); evidenziando la puntuale convergenza e coerenza di tutte le testimonianze; e richiamando tutte le altre acquisizioni probatorie, per la Corte di merito sufficienti ai fini di far ritenere provato l'assunto accusatorio, del quale venivano esaustivamente espressi plausibili elementi di giudizio. I motivi del ricorso, che ricalcano sostanzialmente quelli dell'appello, insistono sulla credibilità della bambina (sotto il profilo della sua suggestionabilità in relazione ai verosimili condizionamenti ai quali sarebbe stata assoggettata dai parenti); sulla inconcludenza delle indagini peritali, che sarebbero sfociate in mere valutaziorù di risultanze compatibili e possibili, senza che si fosse pervenuti a delle certezze probatorie; sulla non corretta tenuta dell'incidente probatorio; sull'ingiustificato diniego della rinnovazione dell'istruzione dibattimentale; sulla non articolata valutazione del trattamento sanzionatorio.

- Quanto alla credibilità della bambina va, prima di tutto, segnalato l'assoluta inconcludenza della rilevazione, secondo la quale il ragionamento della sentenza impugnata sarebbe illogico per contraddittorietà: essendo stata ritenuta credibile la bambina, e nel contempo suggestionabile al pari di ogni bambino di quell'età.

Si può essere, invero, suggestionabili ed essere nel contempo veridici, specialmente quando le nostre dichiarazioni, non solo non sono apprezzabilmente contraddette, ma sono, sotto vari aspetti, riscontrate, anche dal punto di vista obiettivo, da altre fonti di prova. Anche perchè la suggestionabilità, che è l'attitudine a lasciarsi facilmente influenzare da fatti o da altre persone, potrebbe investire una qualunque persona (... perchè nessuno di noi saprebbe astrattamente dire fino a che punto potrebbe, in una qualche circostanza particolare, essere influenzato da elementi esterni). Il punto rilevante in diritto è un altro; e cioè, che la suggestionabilità è rilevante ai fini della credibilità di una persona - e il discorso vale anche per i piccoli - quando il grado di influenzabilità individuale assume forme patologiche, come nelle personalità isteriche o immature; ma di questo bisogna dare un'adeguata e concreta riprova. Non basta, cioè, dire che una bambina è suggestionabile perchè tutti i bambini (come bene evidenziato dal contestato inciso della sentenza) sono naturalmente, in ragione di uno sviluppo ancora in crescita, portati ad essere influenzati; e si può dire, anzi, che la suggestione (che ha un meccanismo ideativo-motorio simile all'imitazione) svolge nei confronti dei bambini, un ruolo importante e formativo nelle relazioni interpersonali. Quando, perciò, per incrinarne la credibilità, si dice che quella piccola parte offesa era suggestionabile, si dice qualcosa di assolutamente ridondante se non si aggiunge il quando, il come e il perchè di un sicuro, quanto concreto suo condizionamento, rapportandosi a precise circostanze di fatto, o a sicure rilevanti menomazioni. Sono stati richiamati, del tutto genericamente, i condizionamenti familiari, ma nulla si dice del carattere fraudolento e invasivo di questi intrighi familiari;

ma, soprattutto, delle motivazioni di quell'intento genericamente malevolo che avrebbe indotto i genitori a forzare il senso del racconto percepito, rappresentandolo come ingannevole per arrecare pregiudizio ad altre persone. La bambina (qualunque bambina) non poteva che comunicare quelle sue sensazioni fastidiose (...) alle persone che, più di altre le stavano vicine ed erano più affidabili, ai parenti più stretti (madre, zii, nonna): se, perciò, il suo racconto è stato snaturato ed esasperato dai parenti; e, quindi, partecipato come artificioso e tendenzioso, quale che sia la buona fede di questi genitori, bisogna offrire elementi plausibili per tacciarli, forse nella più benevola delle ipotesi, d'incolpevole plagio e sobillazione. Nulla emerge di un concreto condizionamento familiare, limitandosi la difesa a congetturare sulla possibilità che la minore poteva essere stata indotta a costruire falsi ricordi.

Ma questo modo congetturale di adombrare la rispettabilità delle persone dei genitori e parenti, che è ormai una forma consueta di demonizzazione delle dichiarazioni di quei familiari in queste dolorose vicende, sarebbe solo un disdicevole espediente dialettico, di nessuna utilità probatoria, se non si esemplificano le circostanze e le ragioni che possono avere indotto quelle persone ad operazioni tanto riprovevoli. Certo, non si può negare che vi possa essere una qualche enfatizzazione nella tematica degli abusi sessuali contro i minori, a volte esaltata da una politica televisiva mediocre, irresponsabile e deliberatamente erotizzante per motivi commerciali; e che, per questo molti genitori vedono pericoli anche dove non ci sono, ossessionati come sono da una giornalismo scandalistico e sempre pronto a sbattere il mostro in prima pagina; e che può succedere che qualche genitore si ecciti ad oltranza nella tutela dei propri figli contro le insidie di una pedofilia sempre più presente e invadente; o che nelle audizioni protette si possa qualche volta saltare le righe, facendo ai bambini una qualche domanda suggestiva: ma tutto questo non ha nulla a che vedere con una sistematica, quanto aprioristica demolizione e denigrazione delle fonti accusatorie, e in specie delle dichiarazioni dei parenti, che vengono spesso svilite, e il più delle volte, con proposizioni meramente enunciative intrise di luoghi comuni e di stravaganti pregiudizi.

E' certamente conosciuta la famigerata Carta di Noto che, tra l'altro, ammonisce sul fatto che i bambini, quando sono interrogati, sono portati ad assecondare le aspettative degl'interroganti; e può anche essere un'affermazione genericamente valida e accettabile quando s'interroghino i bambini in un certo modo (...); ma questo non significa e non può significare che tutte le volte che un genitore interroghi il proprio piccolo, le di lui risposte sono solo volte a compiacerlo. Del resto tutti questi protocolli sono solo orientativi e non vincolanti impartendo solo anche autorevoli raccomandazioni e indicazioni di rilevanza solo interpretativa e operativa, e non avendo alcun valore rigorosamente scientifico (come la gran parte delle dottrine comportamentali): appunto perchè fondati su un corpo d'ipotesi, più o meno accreditate e su dati di osservazione e di teorie non del tutto pacifiche.

Quando, perciò, si parla di genitori cospiratori bisogna anche fare riferimento al cd. movente: perchè i fenomeni mentali non possono mancare di connessione causale con qualcosa che ci ha spinti in una certa direzione (nè più nè meno di quanto accade nei fenomeni fisici). La discontinuità non esiste nella vita mentale regolare; e se i genitori ..., si pensa si siano comportati in un certo modo, è d'uopo, quando si coinvolgono responsabilità giuridiche, dimostrare perchè e come avessero fatto ad influenzare la bambina. Sul punto va aggiunta una qualche altra osservazione, e cioè: che, generalmente, le dichiarazioni dei genitori con riferimento alle informazioni avute dai figli sugli abusi subiti...sono inquadrate come testimonianze de relato e, per l'effetto, valevoli solo come indizi; ma di testimoni de relato il legislatore parla a proposito della testimonianza indiretta, art. 195 c.p.p.): assumendo come indiretta la dichiarazione di quel testimone che si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone. Un modo come un altro di dire che sono testimoni de relato quelli che, nella loro deposizione, fanno riferimento a fatti che non erano stati direttamente percepiti e ai riferimenti di altre persone - ovviamente diverse dalle parti offese -. Questo non può significare altro che, ai fini della qualificazione della testimonianza indiretta, è essenziale la relazione d'immediatezza o meno con la fonte diretta, ovvero con la conoscenza dei fatti. Nel caso di specie i genitori non si sono riferiti alla conoscenza che essi avevano avuto dei fatti di causa tramite altre persone, ma ad una loro cognizione diretta, per essere stati diretti e immediati depositali delle confidenze dei figli. Si può discuterete si è discusso, del valore che possono avere quelle confidenze dei bambini ai loro genitori, ma sulle dichiarazioni dei genitori in ordine a quanto da loro percepito, vi è anche una personale responsabilizzazione del testimone e una presunzione di veridicità correlata all'obbligo di dire la verità ex art. 198...Quanto alla c.d. attendibilità dei bambini e della piccola parte offesa di questo processo, ha ribadito, più specificatamente, che quello che più conta nella disamina di quelle dichiarazioni è l'ancoraggio radicale ad una realtà fattuale, nella cui evocazione, non emergano stridenti contraddizioni. La Corte territoriale, a questo proposito, esemplifica nel dettaglio le dichiarazioni della bambina, che sono sconvolgenti nella loro descrizione minuziosamente particolareggiata, dove si coglie pure qualche sbavatura (che non può essere che il frutto di un automatismo ricettivo di un giudizio morale adulto, come quando la bambina racconta che le avevano fatto fare cose scostumate), concludendo per un assunto di colpevolezza, prevalentemente sulla base di quelle dichiarazioni (che sono state valutate credibili, perchè spontanee, ragionevoli nella struttura logica complessiva dell'intera dichiarazione, specifiche con l'indicazione di dettagli non attribuibili alla conoscenza, all'esperienza o alla cultura della bambina; perchè spontaneamente ripetute a più persone in contesti diversi e negli stessi termini narrativi); ma suffragando l'impianto accusatorio anche alla stregua di elementi oggettivi, la perizia ginecologica, che aveva relazionato come i segni riscontrati sulla bambina fossero compatibili con una penetrazione digitale, ma anche con una penetrazione peniena parziale. Sono state dette e si possono dire molte cose sulla credibilità dei bambini, ma i punti insuperabili del ragionamento probatorio non possono prescindere dalla considerazione essenziale e fondamentale che quello che più conta è che quelle dichiarazioni riguardino cose e persone realmente esistenti, rispetto alle quali, per la specificità dei dettagli e dei racconti, sia verosimile, al di là di ogni ragionevole dubbio, che quei piccoli potessero avere avuto un impatto con un'esperienza per loro inusitata, fastidiosa e molto spesso traumatica. Ed è insignificante, a questo punto, discettare della loro inattendibilità solo perchè le loro versioni non sono tutte omogenee, ma in parte discordanti rispetto a quelle che forniscono successivamente: perchè la più consolidata letteratura psichiatrico- infantile è unanime nello stabilire che la variabile del racconto di un vissuto dipende dalla storia personale dei singoli bambini, e dalla modificabilità dei fattori che possono modulare il loro interesse e la loro attenzione in un certo momento. Il loro ricordo, la loro memoria non sono il più delle volte nitidi e persistenti, ma la spiegazione del meccanismo evocativo costituisce senza dubbio uno dei problemi più complessi della psicologia, e non soltanto di quella infantile. Quello che si può dire con certezza è che gli studiosi collegano all'attenzione, al c.d. concetto di focalizzazione di un interesse la conservazione del ricordo, e quindi la memoria; ma alla dinamica del processo attentivo concorrono diversi fattori, tra cui l'intensità, la tipologia dello stimolo, lo stato d'animo del momento e i fattori personali nei bambini è normale una memoria breve e non protratta a causa della loro labilità attentiva, che non consente, a differenza degli adulti, la concentrazione. Ma quello su cui vi è la più assoluta consonanza negli studiosi che contano in quella letteratura specialistica (Bettelheim, Freud Anna, Piaget, Winnicott) è che per il bambino, per il quale non valgono le categorie conoscitive degli adulti, il gioco è una forma di comunicazione che ne facilita la crescita, e che la loro area di gioco - che non è la realtà psichica interna - raccoglie solo oggetti e fenomeni del mondo esterno, che possono essere manipolati, ma non inventati così che il bambino, non necessariamente, ma solitamente parla di certe cose, quando i grandi e l'educazione (che lottano contro l'indole del bambino) interferiscono nel suo gioco. Si vuole semplicemente dire che, nel pensiero degli studiosi che abbiamo richiamati, non è agevole pensare a quei piccoli come a persone capaci di sofisticate bugie e fantasticherie - perchè la regola è che un bambino di quell'età è strutturalmente incapace di occultare o di riprodurre falsamente i fatti di quelle sue prime esperienze, anche se può succedere, quando non vi siano particolari disturbi del comportamento e della personalità, che accedano alla cosiddetta magia affabulatoria; ma questa loro inconsapevole effusione è ostentata senza malizia, e le loro bugie sono, allora, grossolane, trasparenti, ma soprattutto fuggevoli e agevolmente smascherabili.

Certo non è facile per il giudice di merito muoversi in queste vicende, al quale, tuttavia molto opportunamente e, comunque, per scelta legislativa (art. 192 c.p.p., comma 1), è stata espressamente delegata la valutazione della prova; ovvero un giudizio di valore circostanziato sul fatto, che non ha uno spessore solo tecnico, ma anche umano, culturale, ed entro certi limiti etico (non nel senso delle intenzioni, della disposizione interiore e della morale di quel giudice, ma nel senso dei valori effettivamente realizzati nella storia di quel popolo, nel cui nome amministra giustizia). Tutto questo porta a considerare l'infungibilità del ragionamento probatorio, come il solo espediente capace di dare certezze giuridiche in una dimensione relativistica e squisitamente logica, la proposizione illogica, che è quella che comporta uno dei vizi della motivazione, è infatti quella connotata dalla disposizione a non pensare e ragionare secondo una connessione intrinseca tra le parti del discorso, ovvero nell'ambito di un concetto valido d'inferenza).

Il discorso giuridico è, infatti, solo interdipendente dalla premessa di un fatto; e l'argomentazione giuridica è valida se è correttamente dedotta dalle premesse; ed è corretta se le premesse sono vere, ovvero se derivano da fatti e non da assiomi: la bambina ha, cioè, detto certe cose sull'imputato: se la bambina non è una mitomane, una menomata, o un soggetto particolarmente suggestionabile rispetto agli altri bambini (... ma bisognerebbe dire perchè...), e le cose sono rispondenti ad un principio di realtà e di verità; e se ancora il di lei racconto ha un qualche apprezzabile riscontro oggettivo: le conclusioni sono per un assunto accusatorio verosimilmente fondato. Ma questo lo può, e lo deve dire - come ha fatto nel caso di specie - il giudice di merito. Va, perciò, riaffermata l'essenziale peculiarità della valutazione fattuale, ovvero di merito, nel concetto più generale di attendibilità:

perchè attinente ad una riconsiderazione del modo di essere delle persone (...); e cioè, all'esame delle parti (...che deve avvenire nella sede naturale della dialettica dibattimentale (art. 503 c.p.p.): dal cui approccio personale e immediato il giudice desume elementi diretti per percepire la veridicità del teste, la spontaneità e genuinità delle sue dichiarazioni, ma anche le incoerenze, le anomalie, le stranezze e tutti i segnali di possibili turbative ... In questo ordine d'idee questo Collegio, ribadendo i limiti cognitivi del controllo di legittimità - che non può comportare alcuna riconsiderazione radicale delle risultanze acquisite e neppure un giudizio di adeguatezza sulla rilevanza delle fonti di prova, che è nelle attribuzioni del giudice di merito -:

osserva come, nel caso in esame, le scelte compiute dal giudice di merito siano state coerenti e logiche in relazione ad un'esaustiva analisi delle risultanze probatorie rilevanti.

- Sugli altri motivi va osservato:

a) L'imputato aveva sostenuto che lui e la bambina non avrebbero potuto trovarsi mai soli nell'appartamento, perchè la casa era assiduamente frequentata dagli operai impegnati ad un lavoro di ristrutturazione dello stesso: che avevano dichiarato di non aver mai visto la bambina nell'appartamento. Ma su questa contestazione, solo in punto di fatto, la Corte ha fornito una risposta adeguata, esponendo come anche la bambina non aveva mai parlato della presenza di operai, riferendo che i familiari stavano nell'appartamento di sotto; ricavando i giudici da questo la ragionevole presunzione che l'imputato si approfittava della piccola, quando nell'appartamento non c'era nessuno e nelle ore e nei giorni in cui gli operai avevano finito il lavoro ed erano andati via; non trascurando, peraltro, di aggiungere che la piccola aveva parlato di un episodio di abuso anche nella casa di campagna dell'imputato. Nella sostanza, le modalità con cui era nata l'inchiesta (... la denunzia era stata partorita in maniera quasi travagliata e dopo che la bambina fece la sua prima confessione alla madre, e poi alla nonna, alla zia - moglie dell'imputato e poi ad un'altra zia); le cadenze che la stessa aveva avute, il racconto preciso, coerente e costante della bambina, l'episodio del frantoio, gli esiti delle perizie (psicologica e ginecologica), l'assenza di qualsiasi motivo di astio tra le due famiglie: avevano persuaso la Corte di merito a ritenere asseverate le accuse rigettando l'appello. b) Quanto al fatto che le indagini peritali fossero sfociate in un giudizio di compatibilità, piuttosto che in un enunciato di certezza, questo Collegio fa osservare: che il giudizio di certezza non scaturisce ex se dagli esiti di una periziarne può solo offrire elementi utili e anche definitivi ..., ma dalla valutazione unitaria delle risultanze processuali nel contesto di un giudizio probatorio complessivo; dalla scelta nel superamento del dubbio, e cioè dalla decisione del giudice. c) Quanto alla mancata rinnovazione del dibattimento: che, come correttamente evidenziato nel testo della sentenza impugnata. l'esplicito dettato normativo e la costante lettura della giurisprudenza di legittimità siano nel senso che l'istituto di cui all'art. 603 c.p.p. abbia carattere eccezionale; potendo il giudice accedere alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale solo nel caso in cui avesse ritenuto l'impossibilità di decidere allo stato degli atti e avesse, comunque, considerato quell'adempimento assolutamente necessario. Nel caso in esame la Corte territoriale aveva puntualmente argomentato che l'attività istruttoria espletata doveva dirsi esaustiva; che le indagini mediche erano contrassegnate da una corretta metodologia, da cui erano emersi dati concludenti in senso accusatorio; che il racconto della bambina era stato circostanziato, particolareggiato, costantemente reiterato e, comunque, ritenuto e dimostrato come attendibile sufficiente. d) Il trattamento sanzionatorio è stato legittimamente determinato stilizzando i criteri normativi di cui all'art. 133 c.p. rapportando la pena alla gravità del fatto, all'età della piccola, al rapporto di parentela e alla reiterazione della condotta; riconoscendo le circostanze attenuanti generiche equivalenti.

- L'ultimo motivo riguarda l'anomalia della perizia psicologica (...per il mancato esame in ordine al grado di suggestionabilità della bambina anche perchè i periti si sarebbero astenuti dal porre domande che avrebbero potuto far risaltare gli effetti della suggestione), e la tenuta irregolare dell'audizione protetta nell'intercorso incidente probatorio per non essere stato consentito al consulente di parte di assistere all'esame. Quest'ultimo punto, che astrattamente obiettivizza un motivo nuovo, non solo non è stato mai oggetto di doglianza nel primo atto difensivo e, comunque, prima che fosse stato pronunciato il provvedimento previsto dall'art. 424 c.p.p. (con conseguente preclusione), ma è stato oggetto di una specifica rinuncia. Così si legge a pag. 10 del ricorso: "Peraltro, che l'accertamento peritale non avesse consentito di accertare, nel contraddittorio delle parti, quale fosse stato il grado di coinvolgimento emotivo della piccola, derivava anche dalla negata presenza all'esame del consulente di par te...Non s'intende qui proporrete si è inteso proporre in appello un problema di nullità dell'accertamento". Ma su questo motivo, che presenta profili interessanti, questo Collegio considera necessaria una qualche riflessione:

1. La legge espressamente vieta domande artificiose e tendenziose in ogni caso di testimonianza, e non si vede perchè i periti avrebbero dovuto violarla, imbarazzando una bambina di quasi cinque anni ponendole domande capziose...; anche perchè la suggestionabilità è un modo di essere delle persone, e anche delle bambine; e non è meccanicamente collegata ai discorsi che si possono fare... Peraltro, non esiste e non può esistere nessuno accertamento specialistico che possa fornire un responso ponderale sul grado di suggestionabilità di una persona e, nel caso di specie, di una bambina in età prescolare, e per la ragione semplicissima che la suggestionabilità non è, di per sè, una malattia, ma una manifestazione dell'affettività condizionabile da una molteplicità di fattori; e quindi una variabile soggettiva indeterminabile. Si può solo dire (e il consulente lo ha detto) se, per una rimarchevole patologia della personalità del soggetto e, comunque, per una sua grave situazione nevrotica, lo stesso sia con certezza più o meno impressionabile.

Sul punto la perizia psicologica è oltremodo esauriente: non solo non ha rilevato alcuna presenza di disturbi della sfera cognitivo- affettiva, ma ha affermato l'assoluta coerenza per la quantità di dettagli e temporalità e di tutta una serie di cose.

2. Dal testo della sentenza impugnata risulta che erano state espletate, con la formula dell'incidente probatorio, una perizia ginecologica e una perizia psicologica. La difesa dell'imputato recrimina che l'esame psicologico della minore si era svolto in assenza del consulente di parte, al quale non era stato consentito di assistere, in violazione dell'art. 230 c.p.p.. Sul punto è stata già fornita una risposta; ma sulla materia relativa all'esame della capacità a testimoniare e dell'attendibilità dei testi e, soprattutto, dei testi parti offese in età prescolare, vi è una commistione d'istituti, che vale la pena di rivisitare, perchè notevole è la confusione che, assai spesso, come nel caso di specie, rende poco comprensibili, non solo le richieste delle parti, ma anche la lettura della stesse sentenze. Non c'è dubbio che il problema di fondo della tematica processuale dei delitti sessuali riguarda l'attendibilità del teste parte offesa, ma questo concetto non è un omologo della capacità di testimoniare. Il legislatore non ha affatto inteso esigere, tra gli altri requisiti, l'attendibilità del teste (che nella sua caratterizzazione semantica vorrebbe riferirsi ad una persona di sperimentata affidabilità, degna di fede, credibile per definizione), al quale è solo imposto l'obbligo di dire la verità (art. 198 c.p.p.). Questo discorso sui testimoni, vale ovviamente anche per il teste-parte offesa, che è un testimone della cui affidabilità non si possono avere incertezze solo perchè è il solo testimone nella circostanza nella quale ha patito una violenza (e il cui interesse a denunciare il fatto non è solo una questione di civile partecipazione, ma di necessità personale legata ad un accadimento che ha lasciato tracce dolorose nella sua personalità fisica e morale). Allora, fermo restando il principio di una generale capacità delle persone a testimoniare e di una generale presunzione di veridicità dei testimoni (...avendo questi l'obbligo di rispondere secondo verità alle domande che sono loro rivolte, art.l98, l, c.p.p.), può succedere che le dichiarazioni di un qualunque testimone capace, e anche della parte offesa, possono rivelarsi apparentemente e sintomaticamente non veridiche per un complesso di ragioni (...): quando, nel quadro complessivo delle risultanze processuali, quelle dichiarazioni non possono dirsi vere senza infirmare nel contempo tutte le altre prove. Se questo succede, e può succedere, allora il giudice ha l'obbligo di spiegare perchè certe dichiarazioni, nonostante provengano da un soggetto capace, non siano credibili. Quando, perciò, nel giudice permangono forti dubbi e riserve sulla capacità a testimoniare dei testi, e dei testi - parti offese, e il giudice, al fine di valutare le dichiarazioni del testimone, ritiene necessario verificare l'idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza, può ordinare, anche d'ufficio (art. 190 c.p.p., comma 2), gli accertamenti opportuni con i mezzi consentiti dalla legge, e può disporre anche una perizia psicologica, per la quale varranno i criteri normativi di cui agli artt. 220 e ss. c.p.p.. Le parti potranno nominare un consulente tecnico, che potrà presentare al giudice richieste, osservazioni e riserve; partecipare alle operazioni peritali, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve, delle quali deve darsi atto nella relazione (artt. 227 e 230 c.p.p.). Si può, allora dire che, in generale, per valutare la idoneità fisica e mentale a rendere testimonianza, il giudice, se lo ritiene necessario, potrà disporre una perizia anche psicologica, alle cui operazioni potranno partecipare i consulenti di parte, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve, delle quali dovrà darsi atto nella relazione del perito. Non risulta, però, l'obbligo di farli presenziare, ma solo quello di mettere a verbale le loro eventuali proposte e osservazioni. In questa prima accezione di perizia psicologica strumentale per accertare la capacità di testimoniare non è, pertanto, prevista alcuna sanzione per la mancata presenza dei consulenti alle operazioni peritali; e, comunque, un'eventuale nullità relativa può interessare solo la mancata verbalizzazione per l'ipotesi che sia stata fatta rituale e tempestiva richiesta di proposte e osservazioni, ma la stessa potrà essere eccepita nei tempi e con le modalità di cui agli artt. 181 e ss. c.p.p.. E' una proposizione ormai consolidata che, per i minori e per i minori in età prescolare, l'idea di fondo della giurisprudenza di merito e di legittimità, è nel senso che le dichiarazioni di questi bambini possono costituire una fonte di prova; esprimendosi, però prudentemente per una valorizzazione indiziaria delle dichiarazioni delle parti offese minori degli anni quattordici, che avrebbero, però, bisogno di un qualche riscontro (...in questo scontando il ritardo di una crescita culturale, che, sia pure con qualche riserva, è da tempo avviata a superare i forti pregiudizi sulle verità dei bambini; trascurando il dato importante che in tema di violenza sessuale di bambini e, quindi, di fatti di costrizione a compiere e subire atti sessuali con violenza o minaccia, o abuso di autorità; o, tra l'altro, approfittando della loro condizione d'incapacità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto, si disegna un panorama ambientale focalizzato su aspetti riservati, privati, in un ambito di complessa affettività: da cui un'inconsueta analisi di comportamenti soprattutto psicologici e di problemi processuali singolari, specie sotto il profilo di una disagevole investigazione, considerando che le fonti di prova sono prevalentemente correlate alle dichiarazioni della parte offesa.

Evidente, perciò, un certo impegno dei giudici di merito, che comporta un'indagine probatoria più estesa e più in profondità rispetto alle normali tecniche di valutazione; ma anche dei giudici della cassazione - che, ai sensi dell'art. 546 c.p.p., lett. e), dovendosi esprimere anche sulla enunciazione delle ragioni per le quali non siano state ritenute eventualmente attendibili le prove contrarie, dovranno calarsi nella disamina di una realtà fattuale, che non è propria del loro punto tipico di osservazione). Questo Collegio condivide, perciò, la necessarietà di una rigorosa circospezione nell'acquisizione della prova riguardante le dichiarazioni di minori e di bambini; ma è anche, altrettanto attento a recepire le aperture della dottrina specialistica psichiatrica e psicoanalitica: che c'informa come la cosiddetta pseudologia (la tendenza, cioè, alla inventiva e alla trasposizione fantastica con una certa sistematicità e abitudine), non si manifesta nei bambini con una durevole persistenza, per il motivo che per i bambini la bugia, come le fantasie, sono solo un gioco effimero; un disagevole ricordo, una piccola millanteria, una fantasia su cui magari si crede con tenacia, ma che svanisce presto con l'affievolimento dell'impulso intenso che li ha stimolati; e per la ragione semplicissima che essendo in fase di crescita e di formazione della struttura della loro personalità, sono naturalmente incapaci di perduranti distorsioni mitomaniacali. Quando, perciò, come nel caso in esame, non vi è un rimarchevole contrasto sui fatti centrali di maggiore disvalore penale; quando il racconto è coerente con la progressività della produzione narrativa non rigidamente strutturata, con la specificità di certi dettagli bene coordinati, con un discreto livello di coerenza interna; senza discordanze di rilievo tra le singole parti del discorso, e con l'inclusione di particolari originali nei fatti riferiti, certamente non attribuibili alla conoscenza e all'esperienza di quelle piccole creature; quando quelle dichiarazioni sono, come si suoi dire aliunde riscontrate, allora bisogna convenire che da quelle dichiarazioni si ricava qualcosa di più di un principio di prova.

3. Ad ogni buon conto, in relazione all'istruzione dibattimentale l'art. 498 c.p.p., comma 4 prevede particolari disposizioni per l'esame testimoniale del minorenne; esame, che è condotto dal presidente (su domande e contestazioni proposte dalle parti), che può avvalersi dell'ausilio di un familiare del minore o di un esperto in psicologia infantile. Quelle della normativa di cui all'art. 498 c.p.p. sono norme prudenziali di routine in relazione all'audizione dei minorenni (...), salvo la possibilità di accedere, se necessario, o su richiesta delle partitile modalità di cui all'art. 398 c.p.p., comma 5 bis. E cioè, nel caso previsto dagli artt. 600, 600 bis e ter, 601, 602, 609 bis, 609 ter, 609 quater e 609 octies c.p., ove tra le persone interessate all'assunzione della prova vi siano minori di anni sedici, il giudice dispone la c.d. audizione protetta; stabilendo il luogo, il tempo e le modalità particolari, quando le esigenze del minore lo rendono necessario ed opportuno (...l'udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale, e anche presso l'abitazione del minorenne... le dichiarazioni testimoniali debbono essere documentate integralmente e, solo per il caso d'indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia, ovvero della consulenza tecnica): si tratta, cioè, non di perizia o consulenza psicologica, ma di perizia o consulenza tecnica mirata alla tecnologia della riproduzione fonografica o audiovisiva.

4. Nel corso delle indagini preliminari il P.M. e la persona sottoposta alle indagini possono chiedere al giudice che si proceda con incidente probatorio: quando vi è fondato motivo di ritenere che un teste non possa essere esaminato in dibattimento per infermità o altro grave impedimento; quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza o minaccia, promessa di denaro o altra utilità affinchè non deponga o deponga il falso...; al confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al P.M. hanno reso dichiarazioni discordanti (in relazione ai primi due casi); quando una perizia o un esperimento giudiziale riguardano una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto ad una modificazione non evitabile; quando una ricognizione non è rinviabile al dibattimento per ragioni di urgenza; quando si tratti dell'assunzione testimoniale di persone minori degli anni sedici (in questo caso senza le precedenti limitazioni). Con l'ordinanza che accoglie la richiesta il giudice stabilisce l'oggetto della prova nei limiti della richiesta e delle deduzioni, ovvero in base al devolutum; le persone interessate all'assunzione della prova e individuate sulla base delle richieste e delle deduzioni; la data dell'udienza (non è prevista la notifica dell'avviso d'udienza ad altre persone al di fuori della persona sottoposta alle indagini, alla persona offesa, al p.m. e ai difensori). Quando, per l'assunzione della provavano interessati minori di anni sedici (nei casi previsti dall'art. 5 bis c.p.p.) il giudicate, se le esigenze del minore lo rendono necessario od opportuno, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere ad incidente probatorio (...). Nel caso in cui si proceda per alcuno dei delitti indicati all'art. 609 decies c.p., commessi in danno di minorenni l'assistenza affettiva e psicologica della persona offesa minorenne è assicurata, in ogni stato e grado del procedimento, dalla presenza dei genitori, o di altre persone idonee indicate dal minorenne e ammesse dall'autorità giudiziaria. Si può, pertanto, dire che, in relazione all'incidente probatorio ex art. 398 c.p.p., è prevista, senza limiti, l'assunzione testimoniale della persona minore di anni sedici (art. 392 c.p.p., comma 1 bis), ed eventualmente può essere disposta anche una perizia quando la persona...si trovi in uno stato soggetto a modificazione non evitabile (ovvero si sia in presenza di una condizione che configuri la necessità di accertamenti tecnici non ripetibili - di cui al combinato disposto dell'art. 392 c.p.p., comma 1, lett. f) e art. 360 cpv. c.p.p. -; ma anche in questo caso valgono le valutazioni precedenti circa la non obbligatorietà della presenza dei consulenti tecnici di parte, che possono partecipare alle operazioni nei limiti di cui all'art. 230 c.p.p. (come sopra analizzato). Bisogna anche dire che del mezzo istruttorio di cui all'incidente probatorio, si fa un uso spropositato, così da essere diventato di routine il consueto ricorso alla perizia: trascurando l'eccezionalità di questo adempimento, previsto solo in caso di accertamento tecnico irripetibile; e non riflettendo sufficientemente sullo spirito del nuovo processo (rivitalizzato dalla normativa costituzionale di cui all'art. 111), che rimetterebbe alla sede naturale della piena verifica dibattimentale tutte le questioni che coinvolgono comprensibili aspettative probatorie. Del resto si coglie facilmente il dato empirico che molti frequenti errori d'interpretazione nella testimonianza dei bambini dipendono da un certo sconvolgimento per l'impatto emozionale legato all'appassionata, urgente ed emergente aspettativa spettacolare e mediatica, che suole scatenare condizioni (questi sì) di particolare suggestionabilità: da cui possono derivare, in perfetta buona fede, mutamenti nell'esposizione dei bambini(anche per le sollecitate ripetute elaborazioni del loro racconto). La dottrina psichiatrica e psicoanalitica più recente, sulle orme di Ribot, Brody, Binsswanger ed Ebbinghaus, ammonisce come nell'ambito della testimonianza, specialmente dei bambinaia scena osservata dai testi, specialmente se piccole creature, si carica assai spesso, per i riflessi sociali e giudiziari e per la febbrile attenzione dei mass-media, di risonanze emotive (la frequente imposta riattualizzazione di esperienze fastidiose possono portare nei bambini sollecitazioni narcisistiche e complessi di colpa traumatizzanti): che, se da una parte facilitano il ricordo accentuando l'intenzione di ricordare, dall'altra influenzano le modalità della percezione e della evocazione. Ecco perchè, sulla preliminare considerazione che l'incidente probatorio ha il solo scopo di anticipare, con le garanzie dell'istruttoria dibattimentale, acquisizione di una prova, e specificamente l'assunzione della testimonianza di un minore (...), bisogna ribadire come, in via generale, questo mezzo istruttorio non abbia la funzione di cristallizzare e consacrare nel novero di non previste prove legali, e con effetti privilegiati e quasi preclusivi, la prova acquisita...

5. Da questo necessario excursus, sollecitato dalle esigenze difensive e dalla particolarità delle contestazioni mosse, bisogna concludere approdando ad un concetto più volte scandito dalla giurisprudenza di legittimità; e, cioè, all'infungibilità del ragionamento probatorio: che ha, nei margini di una corretta, prudente e giustificata discrezionalità, una connotazione di compiutezza. Ecco perchè non esiste nel nostro codice, contrassegnato dall'idea dell'autosufficienza del ragionamento probatorio, uno spazio per un vero e proprio diritto alla perizia tecnica (non includendo il diritto alla prova, sotto il profilo dell'esigenza di difendersi provando, il ricorso ad un mezzo tecnico, la cui ammissibilità dipende dalla presupposta e giustificata indispensabilità): appunto perchè il ricorso alla perizia, nell'accezione di un'assoluta necessarietà di acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche o scientifiche, ha solo un valore strumentale e meramente sussidiario e residuale. Non esiste nella concezione del nostro legislatore l'idea del miracolo tecnologico quale ultimo e magico supporto di una decisione tormentata e impossibile: perchè, alla base di certe scelte tecniche c'è sempre l'uomo-giudice, che ha solo il bisogno, eventualmente, d'integrare certe sue conoscenze tecniche per decidere, ma per decidere con la sua testa: ovvero, nel quadro di una sua infungibile giustificazione logica si vuole dire, con riguardo anche alla perizia psicologica, alla quale si è tentati di ricorrere molto spesso, e soprattutto per asseverare l'attendibilità di certi testimoni, che il principio generale perentoriamente desumibile dalle indicazioni sistematiche del nostro ordinamento, e della legge processuale penale, è: che non ci sono deroghe al libero convincimento del giudice nell'ambito di un rigoroso riscontro della logicità della sentenza (che si esprime nella discrezionalità argomentata della motivazione); che eventuali eccezioni di supporto tecnico e tecnologico, ma ab externo della motivazione e, in ogni caso, non condizionanti la decisione stessa, sono consentite solo se il giudice ne apprezzi l'assoluta necessarietà, ovvero la funzionale imprescindibilità, ai soli fini strumentali d'integrare le sue conoscenze. L'ultimo inciso è che da tutta la normativa processuale, da tutti i principi ordinamentali e da tutta una analisi composita del nostro diritto: emerge come la valutazione delle prove sia tra le attribuzioni più rilevanti del giudice, che ne è per legge il garante (specialmente nei processi dove sono interessati minorenni e bambini in età prescolare): e che deve condurre e padroneggiare la prova con la sua prudenza e la sua competenza; mediando, ma non delegando l'acquisizione e la valutazione della stessa ad altre persone più o meno specializzate ed esperte, il cui intervento controllato ha e deve avere solo un carattere meramente strumentale.

Tanto argomentato, il ricorso va rigettato, perchè infondato, e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, alle quali liquida per ciascuna, Euro 1.500,00, oltre le spese e gli accessori di legge.

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, e alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, alle quali liquida, per ciascuna, Euro 1.500,00 oltre alle spese e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2007.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2007