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Cannabis light con principio attivo superiore al consentito (Cass. 52003/128)

16 novembre 2018, Cassazione penale

La sostanza con un principio attivo del 7% e quindi da considerarsi a tutti gli effetti come sostanza stupefacente mentre non opera la esenzione di responsabilità (quindi anche di quella penale) prevista dalla normativa sulla coltivazione della cd. cannabis light in caso di superamento della percentuale del 6% in quanto riferita testualmente al solo agricoltore che abbia impiantato una coltivazione di canapa e solo qualora lo stesso abbia rispettato le prescrizioni della relativa legge.

La esenzione di responsabilità prevista dall'agricoltore di cannabis cd. light non si estende a tutta la filiera di coloro che acquistano e rivendono al minuto le sostanze con principio attivo superiore al 6%: ciò perché tale interpretazione non è supportata da alcun dato di fatto testuale e si contrappone contenutisticamente ad una normativa di favore che, al di là della denominazione della legge in questione ("Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa") è espressamente ed esclusivamente riferita, come si è detto, al solo agricoltore.

Aggiornamento: le Sezioni Unite, con sentenza depositata in data 10 luglio 2019, hanno deciso che il commercio di resina e infiorescenze di cannabis "light" è reato, salvo che non ci sia effetto drogante (SSUU, 30475/19).

 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

(ud. 10/10/2018) 16-11-2018, n. 52003

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente -

Dott. GIANESINI Maurizio - rel. Consigliere -

Dott. TRONCI Andrea - Consigliere -

Dott. AGLIASTRO Mirella - Consigliere -

Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M.P., nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza del 19/04/2018 del TRIB. LIBERTA' di LODI;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIANESINI MAURIZIO;

sentite le conclusioni del P.G. Dott. ANIELLO ROBERTO;

Il Proc. Gen. conclude per l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Il Difensore di M.P. ha proposto ricorso per Cassazione contro l'ordinanza con la quale il Tribunale di LODI, in sede di riesame, ha rigettato la richiesta di riesame proposta contro il decreto con il quale il Pubblico ministero aveva convalidato il sequestro probatorio eseguito dalla Guardia di Finanza "di diverse scatole, bustine ed ampolle contenenti numerose confezioni di infiorescenze di canapa".

2. Il ricorrente ha dedotto due motivi di ricorso, per violazione di legge penale sostanziale e vizi di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b, c, ed e.

2.1 Con entrambi i motivi, il ricorrente ha dedotto la mera apparenza della motivazione resa dal Pubblico ministero in sede di convalida del sequestro dato che si faceva un generico rinvio al verbale di sequestro redatto dalla Polizia giudiziaria.

2.2 Nel caso in esame, poi, difettava il requisito del "Fumus commissi delicti" dato che il superamento della soglia di THC fissata nella misura percentuale dello 0.6% non integra la violazione di alcuna norma penale una volta che siano state rispettate le prescrizioni imposte dalla L. n. 242 del 2016, specie in tema di coltivazione che si basi su semi certificati e tale principio era sicuramente applicabile non solo al coltivatore ma anche agli aventi causa dallo stesso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto proposto per motivi manifestamente infondati, con le conseguenze di cui all'art. 616 cod. proc. pen. in tema di condanna alle spese del procedimento e alla sanzione pecuniaria.

2. Sul primo dei temi critici sottoposti alla attenzione della Corte, quello della motivazione del provvedimento del Pubblico ministero che ha convalidato il sequestro disposto ad iniziativa della Polizia giudiziaria, va rilevato come la decisione impugnata, per un verso, abbia affermato che il decreto di convalida aveva richiamato per intero il verbale di sequestro redatto dalla polizia giudiziaria, anche sul punto specifico della necessità a fine di indagine di apprendere quanto materialmente sequestrato e, per l'altro e conseguentemente, abbia fatto corretta applicazione dei principi di diritto pronunciati sul punto in questione e che affermano come il decreto del P.M. di convalida del sequestro probatorio possa essere sorretto da una motivazione enunciata mediante formule estremamente sintetiche o prestampate, quando, avuto anche riguardo agli atti processuali ivi richiamati, siano adeguatamente esplicitate le ragioni probatorie del vincolo di temporanea indisponibilità delle cose sequestrate (così, da ultimo, Cass. Sez. 3, 24/6/2014 n. 29990, Lombardi, Rv 259949); l'accertata presenza poi, sulla confezione acquistata dalla polizia giudiziaria, di un principio attivo del 7% rendeva evidentemente necessaria il vincolo reale delle infiorescenze di canapa commercializzate dalla "MM" per i relativi accertamenti.

3. Sul tema specifico della esistenza del "fumus" del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, poi, va ribadito che si tratta di sostanza con un principio attivo del 7% e quindi da considerarsi a tutti gli effetti come sostanza stupefacente mentre non opera la esenzione di responsabilità (quindi anche di quella penale) prevista dalla L. n. 242 del 2016, art. 4, commi 5 e 7 in caso di superamento della percentuale del 6% in quanto riferita testualmente al solo agricoltore che abbia impiantato una coltivazione di canapa e solo qualora lo stesso abbia rispettato le prescrizioni della relativa legge.

3.1 La pretesa del ricorrente per la quale tale esenzione di responsabilità si estenderebbe a tutta la filiera di coloro che acquistano e rivendono al minuto le sostanze con principio attivo superiore al 6% non è supportata da alcun dato di fatto testuale e si contrappone contenutisticamente ad una normativa di favore che, al di là della denominazione della legge in questione ("Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa) è espressamente ed esclusivamente riferita, come si è detto, al solo agricoltore.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2018