Non è configurabile il delitto di calunnia allorché la falsa accusa abbia ad oggetto fattispecie integranti reati procedibili a querela e questa non sia presentata ovvero sia invalida atteso che, in siffatta ipotesi, la condotta risulta di per sé inidonea a determinare l’avvio di un procedimento penale. In tali ipotesi, infatti, l’esercizio dell’azione penale è paralizzato dal difetto di una condizione di procedibilità e tale difetto, essendo evidente, esclude immediatamente la possibilità di un seguito alla notizia di reato.
Sul piano sistematico l’istituto della querela, intesa come condizione di procedibilità per l’esercizio dell’azione penale, ha una valenza autonoma e distinta da quella della querela di falso, intesa, quest’ultima, come strumento volto a porre in discussione la portata attestativa del contenuto di documenti pubblici o di scritture private.
Al disconoscimento di scrittura privata non è attribuibile il valore della querela ai fini della procedibilità del reato di falso in scrittura privata, essendo diversa la funzione della condizione di procedibilità di cui all’art. 120 c.p., rispetto all’effetto che la legge fa discendere, nell’ambito del giudizio civile, al mancato riconoscimento della sottoscrizione della scrittura privata.
Corte di Cassazione
sez. VI Penale
sentenza 13 febbraio – 27 giugno 2019, n. 28231
Presidente Di Stefano – Relatore Silvestri
Ritenuto in fatto
1. La Corte di appello di Bologna, previo riconoscimento delle sospensione condizionale della pena, ha confermato la sentenza con cui C.M.T. è stato ritenuto colpevole del reato di calunnia.
L’imputato avrebbe falsamente incolpato, nell’atto di opposizione ad un decreto ingiuntivo, il legale rappresentante della società Fast Financial Italia s.p.a., ed il personale dipendente della stessa, del reato di falso in scrittura privata; costoro avrebbero contraffatto la firma del ricorrente apposta su un contratto, nonché la firma di traenza di questi su un assegno bancario.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato articolando due motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge in relazione all’art. 368 c.p., e violazione di legge processuale in relazione all’art. 331 c.p.p..
La falsa incolpazione avrebbe avuto ad oggetto il reato di falsità in scrittura privata, che, tuttavia, ai fini della procedibilità, richiedeva la querela; il ricorrente, nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo, avrebbe solo disconosciuto la propria sottoscrizione del contratto e dell’assegno bancario ma non avrebbe proposto querela rispetto al reato presupposto della calunnia.
Ne deriverebbe l’improcedibilità dell’ipotizzato reato presupposto e, dunque, l’inconfigurabilità del delitto di querela.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta vizio di motivazione e violazione di legge processuale; la sentenza impugnata si limiterebbe a recepire quella di primo grado senza alcun contributo valutativo autonomo in ordine alla sussistenza della fattispecie di reato contestata.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
2. Nel caso di specie, non è in contestazione che nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo l’odierno imputato disconobbe la sottoscrizione apposta sul contratto e sull’assegno bancario, prospettando il reato di falsità in scrittura privata, reato depenalizzato ai sensi del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, art. 1, comma 1, ma, all’epoca dei fatti, perseguibile a querela di parte.
Non ignora il Collegio il principio secondo cui rileva, ai fini della configurabilità dell’elemento materiale del delitto di calunnia, quale "denunzia", anche il disconoscimento di scrittura privata nel procedimento civile, ai sensi dell’art. 214 c.p.c., quando la parte non si limiti ad esercitare tale potere in termini espliciti e formali, al fine di sottrarsi agli effetti pregiudizievoli derivanti dal riconoscimento anche tacito della scrittura prodotta, ma aggiunge incolpazioni esplicite o implicite di un reato contro la fede pubblica, tali da essere idonee ad attivare un procedimento penale nei confronti di un soggetto individuabile in base al contesto dell’atto (In tal senso, Sez. 6, n. 7643 del 22/10/2009, Tessitore, Rv. 226166).
Tuttavia tale principio attiene ai casi, diversi da quello in esame, in cui la denuncia abbia ad oggetto un reato - presupposto alla calunnia - perseguibile d’ufficio e non anche quando il reato presupposto sia a procedibilità condizionata, come appunto nel caso del reato di falso in scrittura privata.
Nel caso di specie, dunque, difetta la condizione di procedibilità del reato di falsità in scrittura privata e la calunnia non può essere configurata.
Il delitto di calunnia non sussiste infatti se il reato oggetto della falsa incolpazione sia punibile a querela, richiesta o istanza e questa manchi, nonché in ogni altro caso in cui la falsa incolpazione sfocerebbe in una declaratoria di improcedibilità, come nel caso di mancanza di autorizzazione a procedere o là dove operi l’effetto preclusivo derivante dalla decisione irrevocabile di un precedente giudizio sugli stessi fatti (Sez. 2, n. 15559 del 24/11/2005 (dep. 04/05/2006), Spadaro, Rv. 234340).
Quanto al difetto della querela, la giurisprudenza di legittimità opera un fondamentale distinguo, a secondo che lo stesso sia idoneo o meno a precludere in astratto la possibilità di inizio di un procedimento penale.
Non è, infatti, configurabile il delitto di calunnia allorché, come nel caso di specie, la falsa accusa abbia ad oggetto fattispecie integranti reati procedibili a querela e questa non sia presentata (Sez. 6, n. 18116 del 05/05/2011, D’Angelo; Sez. 6, n. 35800 del 29/03/2007, Acefalo, Rv. 237421) ovvero sia invalida atteso che, in siffatta ipotesi, la condotta risulta di per sé inidonea a determinare l’avvio di un procedimento penale (Sez. 6, n. 335 del 29/11/2017, Pagnoni, Rv. 272156, fattispecie relativa a querela priva di autenticazione della sottoscrizione). In tali ipotesi, infatti, l’esercizio dell’azione penale è paralizzato dal difetto di una condizione di procedibilità e tale difetto, essendo evidente, esclude immediatamente la possibilità di un seguito alla notizia di reato (Sez. 6, n. 18359 del 17/02/2003, Parise, Rv. 225222).
3. In tale contesto, non assume rilievo il richiamo contenuto nella sentenza di primo grado alla circostanza che nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo l’imputato sporse "querela di falso".
È necessario premettere che sul piano sistematico l’istituto della querela, intesa come condizione di procedibilità per l’esercizio dell’azione penale, ha una valenza autonoma e distinta da quella della querela di falso, intesa, quest’ultima, come strumento volto a porre in discussione la portata attestativa del contenuto di documenti pubblici o di scritture private.
Ai sensi dell’art. 2702 c.c., la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza della dichiarazione da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la sottoscrizione è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta, ai sensi dell’art. 215 c.p.c..
Si è chiarito che il valore di prova legale della scrittura privata riconosciuta, o da considerarsi tale, è limitato alla sola provenienza della dichiarazione dal sottoscrittore e non si estende al contenuto della medesima, sicché la querela di falso è esperibile unicamente nei casi di falsità materiale al fine di rompere il collegamento, quanto alla provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione e non anche nei casi di falsità ideologica, per impugnare la veridicità di quanto dichiarato, al qual fine può farsi invece ricorso alle normali azioni atte a rilevare il contrasto tra volontà e dichiarazione (Sez. 1, n. 8766 del 10/04/2018, Rv. 648145).
Dunque, anche nel caso in cui nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opponente, così come assunto dal Tribunale, avesse formulato querela di falso, questa non avrebbe potuto riguardare la sottoscrizione di quel contratto e di quel titolo, ma al più, la provenienza delle dichiarazioni contenute in quella scrittura da colui che appariva come sottoscrittore della stessa.
Rispetto alla sottoscrizione di quei documenti, l’opponente - odierno imputato- non poteva che procedere ad un disconoscimento della scrittura privata al fine di impedire che la stessa fosse considerata legalmente riconosciuta ai sensi dell’art. 215 c.p.c..
E tuttavia, al disconoscimento di scrittura privata non è attribuibile il valore della querela ai fini della procedibilità del reato di falso in scrittura privata, essendo diversa la funzione della condizione di procedibilità di cui all’art. 120 c.p., rispetto all’effetto che la legge fa discendere, nell’ambito del giudizio civile, al mancato riconoscimento della sottoscrizione della scrittura privata.
Ne deriva che in mancanza della condizione di procedibilità del reato presupposto, la calunnia non sussiste e la sentenza deve essere annullata senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.