In tema di reati sessuali, il bacio sulla guancia, in quanto atto non direttamente indirizzato a zone chiaramente definibili come erogene, configura violenza sessuale, nella forma consumata e non tentata, allorquando, in base ad una valutazione complessiva della condotta che tenga conto del contesto ambientale e sociale in cui l'azione è stata realizzata, del rapporto intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante, possa ritenersi che abbia inciso sulla libertà sessuale della vittima.
Corte di Cassazione
sez. III Penale, sentenza 2 dicembre 2020 – 17 febbraio 2021, n. 6158
Presidente Lapalorcia – Relatore Noviello
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 19 marzo 2019, la corte di Appello di Torino confermava la sentenza del 19 settembre 2017 del tribunale di Torino con cui Sa. Br. era stato condannato in relazione ai reati di cui all'art. 609 bis cod. pen.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso mediante il proprio difensore Sa. Br. deducendo quattro motivi di impugnazione.
3. Con il primo motivo deduce il vizio ex art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. La condotta del ricorrente non avrebbe alcuna rilevanza penale essendosi limitato ad effettuare un semplice gesto di cortesia con un bacio sulla guancia della costituita parte civile. Che peraltro non avrebbe palesato al riguardo alcun fastidio. Ed invero, mentre rientrerebbe nella categoria degli atti sessuali il bacio sulla bocca, in quanto inerente una zona erogena, tale non sarebbe quello dato sulla guancia. La p.o. avrebbe frainteso a posteriori il senso del citato gesto. Ed invero, successivamente al primo bacio nel contesto della realizzazione di lavori di sistemazione della copertura dei sedili dell'auto dell'imputato commissionata alla parte civile, la stessa si introdusse nel veicolo per sistemare la gomma piuma, di difficile collocazione. In quel frangente l'imputato tentò di aiutarla venendo occasionalmente in contatto con il seno della p.o., senza alcuna volontà in tal senso. Ma solo con l'intenzione di fornire un ausilio nella sistemazione del rivestimento. Da qui l'assenza del dolo del reato.
4. Con il secondo motivo ha rappresentato i vizi di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza della continuazione interna in rapporto al reato ex art. 609 bis cod. pen. Si sostiene la distinzione delle due condotte considerate nel giudizio di condanna, rappresentandosi come la prima non possa che ridursi ad un innocente bacio. Sarebbe quindi manifestamente illogica la motivazione con cui si sarebbe ricavata la valenza erotica del bacio, considerando anche i complimenti con cui esso si accompagnò e il successivo palpeggiamento. Ed invero a tali conclusioni si sarebbe potuto giungere solo se il palpeggiamento fosse stato compiuto nello stesso giorno.
5. Con il terzo motivo si contesta la mancata concessione delle attenuanti generiche, ribadendosi la levità del fatto e l'assenza di precedenti penali, tali da giustificare la concessione delle attenuanti citate, anche prevalenti sulla contestata recidiva.
6. Con il quarto motivo si richiede comunque la riduzione della ena.
7. Infine a conclusione del ricorso il ricorrente ha avanzato istanza di sospensione, in pendenza del ricorso, dell'eventuale esecuzione della condanna civile potendone derivare un danno grave.
8. Note conclusive sono state depositate dal ricorrente il 2 dicembre 2020 con le quali ha chiesto l'assoluzione, l'annullamento della sentenza impugnata ed in ulteriore subordine la riduzione della pena irrogata con la concessione delle attenuanti generiche.
9. La parte civile ha presentato memoria ex art. 121 cod. proc. pen. rappresentando la palese infondatezza dei motivi di ricorso e chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del medesimo.
Considerato in diritto
1. I primi due motivi devono essere congiuntamente esaminati, attenendo alla ricostruzione del fatto e alla relativa valutazione alla luce della nozione di atti sessuali. A fronte della ricostruzione operata dai giudici di merito, coerente e scevra da incongruenze, come tale immune da vizi, il ricorrente propone una sua personale descrizione degli avvenimenti, peraltro parziale (trascurando nel corso del primo motivo la circostanza dei complimenti pronunziati in occasione del bacio e la modalità repentina e subdola del gesto) oltre che confutata puntualmente dalla corte (quanto alla dinamica del contatto con il seno della donna, incompatibile con gesti inavvertiti e casuali).
Tuttavia, come noto, in sede di legittimità l'epilogo decisorio non può essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507).
Consegue, sotto tale aspetto, l'inammissibilità della censura.
Che ricorre peraltro anche in ordine alla contestata qualificazione del bacio in termini di atto sessuale penalmente rilevante, elaborata in tal senso dalla corte attraverso una complessiva valorizzazione del gesto in rapporto sia alle modalità repentine e subdole della sua commissione che ai complimenti rivolti alla donna.
Cosicché, in tale contesto, già idoneo per giustificare una lettura tutt'altro che "innocente" dell'azione, appare coerente anche il richiamo al palpeggiamento del giorno successivo, siccome in linea con la rilevata valenza sessuale delle condotte dispiegate nei confronti della p.o.
Tale impostazione risulta conforme a quanto rilevato da questa Suprema Corte, secondo la quale in tema di reati sessuali, il bacio sulla guancia, in quanto atto non direttamente indirizzato a zone chiaramente definibili come erogene, configura violenza sessuale, nella forma consumata e non tentata, allorquando, in base ad una valutazione complessiva della condotta che tenga conto del contesto ambientale e sociale in cui l'azione è stata realizzata, del rapporto intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante, possa ritenersi che abbia inciso sulla libertà sessuale della vittima (cfr. Sez. 3 - n. 43423 del 18/09/2019 Ud. Rv. 277179 - 01 P).
2. Inammissibile è anche il terzo motivo, siccome non specifico in relazione alla asserzione della ritenuta levità del fatto, come tale non meglio illustrata, e in ordine al richiamo alla incensuratezza del ricorrente, dato irrilevante di per sé, per scelta legislativa, quanto alla valutazione delle attenuanti generiche. Va aggiunto che a fronte dell'affermato dispiacere che avrebbe nutrito a fronte della vicenda l'imputato, la corte ha congruamente rilevato come tale dato non emerga, tantomeno dalla condotta difensiva, né sia rinvenibile in assenza di iniziative risarcitone, cosicché risulta adeguato il diniego delle attenuanti generiche sulla base della rilevata assenza di elementi positivi. Tanto in conformità dell'indirizzo giurisprudenziale secondo il quale in tema di determinazione del trattamento sanzionatorio, nel caso in cui la richiesta dell'imputato di riconoscimento delle attenuanti generiche non specifica le circostanze di fatto che fondano l'istanza, l'onere di motivazione del diniego dell'attenuante è soddisfatto con il mero richiamo da parte del giudice alla assenza di elementi positivi che possono giustificare la concessione del beneficio (Sez. 3 - , Sentenza n. 54179 del 17/07/2018 (dep. 04/12/2018) Rv. 275440 -01 D.)
3. Eguali considerazioni di carenza di specificità, devono formularsi rispetto al quarto motivo, consistito nella mera richiesta di una pena più mite.
4. Quanto alla istanza di sospensione della esecuzione delle statuizioni civili l'intervenuta presente decisione, facendo cessare la pendenza del ricorso quale requisito richiesto ex art. 612 cod. proc. pen., rende irrilevante l'istanza.
5. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Si condanna altresì l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla corte di appello di Torino con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Condanna inoltre l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla corte di appello di Torino con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.