La misura cautelare degli arresti domiciliari non rientra nell'ambito applicativo del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 36, recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio, del 23 ottobre 2009 sul reciproco riconoscimento delle decisioni sulle "misure alternative alla detenzione cautelare" in quanto tale decreto legislativo si riferisce esclusivamente alle misure cautelari non detentive.
(si veda, contra, Nicola Canestrini, Misure cautelari europee: non solo mandato di arresto europeo, in Giurisprudenza Penale, 2/2021; si veda, contra, anche Cassazione penale sez. IV, 20 ottobre 2021, n. 37739 ).
Corte di Cassazione
sez. VI penale, ud. 19 dicembre 2023 (deposito 22 gennaio 2024), n. 2764
Presidente De Amicis – Relatore Di Geronimo
Ritenuto in fatto
1. Il ricorrente ha impugnato l'ordinanza con la quale il Tribunale di Roma, pronunciando in sede di appello cautelare, confermava il rigetto della richiesta di modifica del luogo di esecuzione degli arresti domiciliari, con la quale l'indagato chiedeva di potersi trasferire dalla comunità (omissis) alla propria abitazione sita in Spagna, paese di residenza del predetto.
2. Avverso tale ordinanza, il ricorrente ha formulato un unico motivo di ricorso, con il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in ordine alla ritenuta attualità delle esigenze cautelari ed alla inidoneità della sottoposizione agli arresti domiciliari all'estero.
Il ricorrente premette che, nel caso di specie, dovrebbe trovare applicazione la disciplina introdotta dal d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 36, relativo al reciproco riconoscimento delle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare, in base al quale il cittadino di uno Stato comunitario ha diritto di essere sottoposto nel proprio paese di origine alla misura diversa dalla detenzione (a supporto di tale assunto, si richiama il precedente offerto da Sez. 4, n. 37739 del 15/9/2021, Garcia, Rv. 281950).
Partendo dall'assunto secondo cui la richiesta verterebbe esclusivamente sulla modifica del luogo ove rimanere in regime di arresti domiciliari, sostiene la difesa che a nulla rileverebbe il rientro dell'imputato presso la propria abitazione sita in Spagna. Invero, il Tribunale avrebbe erroneamente valorizzato il fatto che il trasporto dello stupefacente avrebbe avuto inizio in Granada, posto che l'abitazione dell'imputato non si trova in tale città, bensì a notevole distanza e precisamente nella località di (omissis).
Infine, si contesta l'assenza di motivazione in ordine all'attualità delle esigenze cautelari, anche in considerazione della relazione a firma del responsabile della Comunità ove l'imputato è attualmente ristretto, nella quale si attesta una prognosi favorevole in ordine all'astensione dalla reiterazione di condotte delittuose.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
2. La decisione pone una questione preliminare, concernente l'individuazione dell'ambito di applicabilità del d.lgs. n. 36 del 2016, dovendosi verificare se la disciplina concernente il reciproco riconoscimento delle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare sia applicabile anche agli arresti domiciliari.
Sul tema si registra un contrasto in giurisprudenza: infatti, secondo l'orientamento maggioritario la misura cautelare degli arresti domiciliari può trovare esecuzione nello Stato membro dell'Unione europea di residenza dell'interessato, in quanto tale misura rientra nell'ambito di applicazione della decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio, del 23 ottobre 2009, sull'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni sulle "misure alternative alla detenzione cautelare" e del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 36, recante disposizioni per conformare il diritto interno a tale decisione, trattandosi di misura che, imponendo l'obbligo di rimanere in un luogo determinato, rientra nelle ipotesi di cui all'art. 4, lett. c) (del predetto decreto legislativo (Sez. 4, n. 37739 del 15/9/2021, Garcia, Rv. 281950-01; Sez. I, n. 8864 del 3/2/2022, Pocev, Rv. 282756).
Le pronunce favorevoli a tale soluzione, prendono le mosse da un'interpretazione estensiva dell'espressione "detenzione cautelare" utilizzata dalla decisione quadro 2009/829/GAI, alla luce degli obiettivi da essa perseguiti, ed in particolare di quello espresso nel Considerando n. 5, secondo cui: «Per quanto concerne la detenzione di persone sottoposte a procedimento penale, esiste il rischio di una disparità di trattamento tra coloro che risiedono e coloro che non risiedono nello Stato del processo: la persona non residente nello Stato del processo corre il rischio di essere posta in custodia cautelare in attesa di processo, laddove un residente non lo sarebbe. In uno spazio comune europeo di giustizia senza frontiere interne è necessario adottare idonee misure affinché una persona sottoposta a procedimento penale non residente nello Stato del processo non riceva un trattamento diverso da quello riservato alla persona sottoposta a procedimento penale ivi residente».
Quindi si afferma che, limitando la nozione di "detenzione cautelare" alla sola custodia in carcere, escludendo quindi gli arresti domiciliari (riconducibili, conseguentemente, alle «misure alternative alla detenzione cautelare» disciplinate dalla norme attuative della decisione quadro), si garantisce il rispetto dell'obiettivo prefissatosi dall'Unione con la decisione quadro, evitando la discriminazione basata sulla residenza che si realizzerebbe, invece, ove si ritenesse che non sia mai possibile disporre la misura degli arresti domiciliari nei confronti del residente in uno Stato diverso dell'Unione, privo di indirizzo sul territorio italiano, trattandosi di "detenzione cautelare".
Applicando tale principio, ne conseguirebbe che il giudice nazionale, in sede di scelta della misura cautelare da applicare, non può negare una misura alternativa alla detenzione carceraria - ivi compresa quella degli arresti domiciliari - sul mero presupposto dell'assenza di un indirizzo di esecuzione sul territorio nazionale, perchè la disponibilità di un indirizzo presso altro Stato dell'Unione, in cui l'interessato sia radicato, equivale alla disponibilità di un indirizzo in Italia.
Solo nel caso in cui lo Stato ove è radicato l'interessato rifiuti la sorveglianza sull'esecuzione della misura, per uno dei motivi di cui all'art. 15 della Decisione Quadro 2009/829/GAI, il giudice italiano potrà ritenere l'interessato privo di indirizzo per l'esecuzione di una misura alternativa alla detenzione, disponendo di conseguenza.
2.1 Secondo l'orientamento minoritario, invece, la misura cautelare degli arresti domiciliari non rientra nell'ambito applicativo del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 36, recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio, del 23 ottobre 2009, in quanto tale decreto legislativo si riferisce esclusivamente alle misure cautelari non detentive (Sez. 3, n. 26010 del 29/4/2021, Syski, Rv. 281937).
A tale conclusione, la Terza sezione è giunta valorizzando il dato letterale dell'art. 4 del d.lgs. n. 36 del 2016, che delinea l'ambito applicativo del decreto il quale «... si applica si applica alle seguenti misure cautelari: a) obbligo di comunicare ogni cambiamento di residenza, in particolare al fine di assicurare la ricezione della citazione a comparire a un'audizione o in giudizio nel corso del procedimento penale; b) divieto di frequentare determinati luoghi, posti o zone del territorio dello Stato di emissione o dello Stato di esecuzione; c) obbligo di rimanere in un luogo determinato, eventualmente in ore stabilite; d) restrizioni del diritto di lasciare il territorio dello Stato; e) obbligo di presentarsi nelle ore fissate alla autorità indicata nel provvedimento impositivo; f) obbligo di evitare contatti con determinate persone che possono essere a qualunque titolo coinvolte nel reato per il quale si procede; g) divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali».
In particolare, l'art. 4, lett. c), d.lgs. n. 36 del 2016, nel contemplare l'obbligo di rimanere in un luogo determinato, si riferirebbe chiaramente all'obbligo di dimora, che prevede anche la possibilità di imporre l'obbligo di non allontanarsi dal domicilio in determinate ore del giorno.
3. Quest'ultima soluzione, sia pur allo stato minoritaria, deve ritenersi preferibile, per una pluralità di ragioni desumibili sia dall'assetto codicistico, che dal coordinamento tra il d.lgs. n. 36 del 2016 con la disciplina in tema di mandato di arresto europeo.
3.1. Prendendo le mosse dalla normativa codicistica, è dirimente evidenziare come l'art. 284, comma 5, cod. proc. pen. preveda l'equiparazione degli arresti domiciliari alla custodia in carcere, in tal modo sottolineando la sostanziale equiparazione delle due misure che, peraltro, si evince anche dall'identica disciplina sanzionatoria applicabile nel caso di evasione, secondo quanto previsto dall'art. 385, comma terzo, cod. pen.
Nel nostro ordinamento, pertanto, le due misure cautelari in questione divergono essenzialmente per il diverso luogo ove si attua la restrizione della libertà personale, salvo restando che gli effetti sono i medesimi.
In mancanza di una previsione normativa che preveda espressamente l'applicazione del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 36, anche alla misura degli arresti domiciliari, deve ritenersi prevalente l'equiparazione tra tale misura e la custodia in carcere stabilita in via generale dal codice di rito.
In tal senso depone anche l'interpretazione letterale e sistematica della previsione contenuta all'art. 4, lett. c), del d.lgs. n. 36 del 2016, lì dove fa riferimento alle misure alternative alla detenzione comportanti l'obbligo di rimanere in un luogo determinato, eventualmente in ore stabilite.
La norma sopra richiamata, infatti, appare pienamente compatibile con altra misura cautelare e, precisamente, con l'obbligo di dimora, rispetto al quale può essere previsto anche l'obbligo aggiuntivo di non allontanarsi dall'abitazione in determinate ore del giorno.
A ben vedere, la previsione sopra richiamata è perfettamente collimante con la disciplina dell'obbligo di dimora dettata dall'art. 283 cod. proc. pen., piuttosto che con quella prevista in riferimento agli arresti domiciliari dall'art. 284 cod. proc. pen. Quest'ultima norma, infatti, non contempla l'obbligo di permanere in un "luogo determinato", bensì impone la permanenza nell'abitazione, termine con il quale si fa riferimento ad una nozione ben più ristretta e delimitata rispetto a quella di "luogo determinato", di norma coincidente con l'ambito del territorio comunale.
In buona sostanza, deve ritenersi che così come il codice di rito distingue l'obbligo di dimora dagli arresti domiciliari, prevedendo per il primo l'obbligo di permanenza in un ambito territoriale esteso (Comune o, al più, specifica frazione), analoga nozione sia stata recepita anche nel d.lgs. n. 36 del 2016, lì dove non menziona l'obbligo di permanenza nell'abitazione, bensì in un "luogo determinato", in tal modo utilizzando una nozione perfettamente riconducibile alla previsione di cui all'art. 283 cod. proc. pen., piuttosto che a quella disciplinante gli arresti domiciliari.
3.2. Analoghe considerazioni, peraltro, valgono anche in relazione alla previsione contenuta nella decisione quadro 2009/829/GAI, lì dove all'art. 8, lett. c), indica tra le misure contemplate l'obbligo di rimanere in un luogo determinato, eventualmente in ore stabilite. Vi è, pertanto, una piena coincidenza tra la decisione quadro e la normativa nazionale di recepimento, senza che in nessuna di esse sia contenuto alcun riferimento, neppure implicito o indiretto, all'intenzione di ricomprendere nella misura dell'obbligo di rimanere in un luogo determinato, anche gli arresti domiciliari.
3.3. Peraltro, anche a voler valorizzare una interpretazione sistematica della normativa, appare evidente che la misura degli arresti domiciliari risulterebbe eccentrica rispetto alle restanti misure cautelari sicuramente contemplate nella decisione quadro e nel d.lgs. n. 36 del 2016.
Le misure cautelari indicate dall'art. 8 della decisione quadro e dall'art. 4 del d.lgs. n. 36 del 2016, sono tutte omogenee tra di loro, riguardando: a) obbligo di comunicare ogni cambiamento di residenza, in particolare al fine di assicurare la ricezione della citazione a comparire a un'audizione o in giudizio nel corso del procedimento penale; b) divieto di frequentare determinati luoghi, posti o zone del territorio dello Stato di emissione o dello Stato di esecuzione; c) obbligo di rimanere in un luogo determinato, eventualmente in ore stabilite; d) restrizioni del diritto di lasciare il territorio dello Stato; e) obbligo di presentarsi nelle ore fissate alla autorità indicata nel provvedimento impositivo; f) obbligo di evitare contatti con determinate persone che possono essere a qualunque titolo coinvolte nel reato per il quale si procede; g) divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali.
Si tratta, pertanto, di misure cautelari che si connotano tutte per imporre limitazioni alla libertà personale, ma non certo la privazione della stessa che, invece, costituisce il fondamento della misura degli arresti domiciliari ed è la ragione di fondo per cui tale misura viene equiparata alla custodia cautelare in carcere.
3.4. L'ultimo argomento di ordine sistematico, che depone a favore della tesi secondo cui gli arresti domiciliari non rientrano tra le misure eseguibili all'estero, deve essere desunto dal complessivo assetto della disciplina della restrizione delle libertà personali in ambito comunitario, per come prevista nella normativa sul mandato di arresto europeo.
In base alla l. 22 aprile 2005, n. 69, infatti, i rapporti di consegna, attivi e passivi, tra autorità giudiziarie europee si attuano mediante il ricorso al mandato di arresto europeo.
In particolare, nel caso di procedura attiva di consegna richiesta dall'autorità italiana, l'art. 28 l. 22 aprile 2005, n. 69 stabilisce espressamente l'applicabilità del mandato di arresto europeo non solo nel caso in cui il giudice italiano abbia disposto la custodia in carcere, ma anche qualora la misura da eseguire sia quella degli arresti domiciliari.
Ritenere che il d.lgs. n. 36 del 2016 si applichi anche agli arresti domiciliari determinerebbe una palese incongruenza ed una sovrapposizione con la disciplina in tema di procedura attiva di consegna mediante mandato di arresto europeo.
Infatti, se all'esito dell'applicazione della misura degli arresti domiciliari nei confronti di un cittadino di uno Stato europeo residente all'estero fosse consentita l'esecuzione della misura nello Stato di residenza, non avrebbe ragione d'essere l'espressa previsione, per tale ipotesi, della procedura attiva di consegna.
In buona sostanza, la normativa in tema di mandato di arresto e quella sul riconoscimento delle ordinanze in materia cautelare richiedono necessariamente un coordinamento, per evitare indebite sovrapposizioni, che può essere raggiunto esclusivamente ritenendo che il mandato di arresto si applica nei casi in cui il destinatario della misura della custodia cautelare o degli arresti domiciliari risieda all'estero e, per essere sottoposto alla misura, se ne renda necessaria la consegna allo Stato di emissione del provvedimento restrittivo.
Per tutte le restanti misure cautelari contemplate dal d.lgs. n. 36 del 2016, invece, l'esecuzione non richiede la consegna allo Stato di emissione della misura, potendo procedersi all'esecuzione all'estero.
L'interpretazione proposta determina, pertanto, una piena complementarità tra la disciplina sul mandato di arresto e quella in tema di riconoscimento delle misure cautelari da eseguirsi all'estero, evitando indebite sovrapposizioni.
A riprova di ciò, va segnalato come questa Corte ha precisato che in caso di richiesta di mandato di arresto europeo per l'esecuzione della misura degli arresti domiciliari, il giudice, prima di emettere il provvedimento, deve verificare se nello Stato richiesto è prevista la misura domiciliare tra gli strumenti cautelari, al fine di evitare che, nelle more della consegna, lo Stato richiesto applichi all'interessato una misura maggiormente afflittiva di quella da eseguire in Italia (Sez. 3, n. 35879 del 28/6/2016, Castillo, Rv. 267524). Tale affermazione dimostra ulteriormente come, nel caso in cui la misura da eseguire sia quella degli arresti domiciliari, è esclusa la permanenza all'estero del soggetto richiesto in consegna, tant'è che la verifica in ordine all'esistenza della misura degli arresti domiciliari nella normativa estera è finalizzata esclusivamente a prevenire la sottoposizione, nelle more della procedura di consegna, ad una misura più gravosa.
Deve, infine, segnalarsi come anche la dottrina che si è occupata della questione è tendenzialmente propensa a ritenere che il d.lgs. n. 36 del 2016 svolge una funzione complementare al mandato di arresto europeo, cui è rimessa la disciplina in tema di provvedimenti restrittivi, anche cautelari, della libertà personale. La complementarità con la l. 22 aprile 2005, n. 69 emerge in più punti della decisione quadro 2009/829/GAI, a cominciare dalla possibilità di ricorrere al mandato di arresto per garantire «il regolare corso della giustizia e, in particolare, la comparizione dell'interessato in giudizio» (si veda il considerando n. 12); la prevalenza del mandato di arresto è ribadita anche nel successivo considerando n. 13 e, nell'art. 15, par. 1, lett. h), ai fini del rifiuto di riconoscimento.
4. A fronte degli argomenti logico-sistematici sopra indicati, si ritiene che l'obiezione posta a fondamento dell'orientamento contrario sia recessiva.
I sostenitori della tesi secondo cui anche la misura degli arresti domiciliari sarebbe eseguibile all'estero fondano tale assunto sul ritenuto rischio di disparità di trattamento, tra cittadini italiani e di altri Stati europei, nel caso in cui a questi ultimi potrebbero essere negati gli arresti domiciliari in considerazione dell'indisponibilità di un'abitazione.
Si tratta, invero, di un'eventualità che non dipende da una carenza normativa, bensì da specifiche condizioni di fatto che, a ben vedere, possono configurarsi anche nei confronti del cittadino italiano.
L'indisponibilità di un luogo idoneo ove rimanere in regime di arresti domiciliari è un fattore ostativo che vale per chiunque, a prescindere dalla sua nazionalità e residenza.
Potrebbe obiettarsi che il cittadino di altro Stato residente all'estero ben difficilmente avrà la disponibilità di un'abitazione in Italia, il che giustificherebbe l'interpretazione estensiva del d.lgs. n. 36 del 2016.
In tema di scelta della misura idonea a soddisfare le ritenute esigenze cautelari, è legittima l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nel caso in cui il giudice ritenga che la pericolosità del soggetto da sottoporre a cautela possa essere neutralizzata attraverso l'applicazione degli arresti domiciliari, ma il predetto soggetto non disponga di un domicilio all'uopo idoneo (Sez. 2, n. 3429 del 20/12/2012, dep. 2013, Di Mattia, Rv. 254777).
Si è anche affermato che ai fini della sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, è onere dell'interessato privo di un'abitazione (nella specie, perché senza fissa dimora nel territorio dello Stato), fornire tutte le indicazioni necessarie circa la concreta disponibilità di uno dei luoghi di esecuzione indicati dall'art. 284, comma 1, cod. proc. pen., con la conseguenza che, in mancanza di queste, il tribunale del riesame, in quanto sprovvisto di poteri istruttori, può legittimamente rigettare la richiesta di applicazione della forma di cautela meno afflittiva pur in presenza di una prognosi di condanna a pena non superiore tre anni di reclusione (Sez. 3, n. 41074 del 30/9/2015, Rv. 265048).
Le richiamate pronunce dimostrano come l'assenza di una abitazione ove rimanere agli arresti domiciliari è una questione che può sorgere nell'ambito delle dinamiche cautelari a prescindere da quella che è la condizione particolare dello straniero e che, conseguentemente, va risolta individuando un luogo alternativo idoneo, ovvero valutando una diversa modulazione della misura cautelare applicabile.
A fronte della difficoltà pratica di reperire da un alloggio, tuttavia, il rimedio non può essere individuato nell'estensione di un istituto (la sottoposizione all'estero di misure non detentive) dettato con riguardo a misure cautelari diverse dagli arresti domiciliari, omettendo di considerare come per le misure restrittive della libertà personale l'ordinamento preveda espressamente il ricorso alla disciplina del mandato di arresto europeo.
5. In conclusione, deve affermarsi il principio per cui la misura cautelare degli arresti domiciliari non rientra nell'ambito applicativo del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 36, recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio, del 23 ottobre 2009, in quanto tale decreto legislativo si riferisce esclusivamente alle misure cautelari non detentive.
Ne consegue l'infondatezza del ricorso, posto che viene meno il presupposto stesso per invocare la sottoposizione agli arresti domiciliari presso la residenza in Spagna del ricorrente.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.