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Rifiuto dell'estradizione di stato UE, ne bis in idem? (Cass. 9068/23)

31 gennaio 2023, Cassazione penale

Non ha valenza ostativa ai fini del principio del ne bis in idem la una decisione di altro swtato membor UE (Ungheria) di non concedere l'estradizione del ricorrente. La procedura sull'estradizione non è infatti un procedimento sul merito delle accuse mosse all'estradando, avendo soltanto la finalità di consentire, attraverso la consegna della persona ricercata, allo Stato richiedente di realizzare la pretesa punitiva nei suoi confronti. Tale procedura ha infatti lo scopo di verificare se sussistono le condizioni - di norma previste dalle convenzioni o da accordi internazionali, per la cooperazione. Il principio del ne bis in idem presuppone invece l'esercizio della "azione penale" a livello nazionale in ordine a determinati fatti illeciti: senza esame nel merito, è irrilevante una decisione di archiviazione.

 

Corte di Cassazione

Sez. VI penale Num. 9068 Anno 2023

Data Udienza: 31/01/2023

Presidente: DI STEFANO PIERLUIGI

Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da

KZ, nato in Ungheria il **/1975

avverso la sentenza del 08/09/2022 della Corte di appello di Venezia

visti gli atti, il provvedimento denunziato e iii ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Raffaele Gargiulo,  che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Venezia dichiarava la sussistenza delle condizioni per l'estradizione a fini processuali verso gli Stati Uniti d'America di ZK, ricercato da tale Stato per i reati di associazione per delinquere, frode bancaria, riciclaggio, falsificazione e uso di passaporto falso, viaggi per agevolare imprese di racket, commessi dal novembre 2010 all'aprile 2013.

2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'interessato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Violazione di legge in relazione al divieto del ne bis in idem e agli artt. 649, 705 e 707 cod. proc. pen., art. VI del Trattato bilaterale di estradizione, art. 54 della Convenzione di Schengen e 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La Corte di appello, con motivazione carente ed errata, non ha ritenuto ostativo il rifiuto della estradizione già espresso dalle autorità ungheresi sui medesimi fatti. Tale decisione determinava l'applicazione del divieto del ne bis in idem, sancito dalle fonti internazionali sopra indicate (cfr. la ampia nozione di "sentenza", recepita dalla Corte di giustizia nei casi Zupanijski e Koslowski) con riferimento ad ogni procedimento "definito" nel merito con una decisione giudiziaria (ciò che conta è che la stessa sia adottata da un organo che partecipi all'amministrazione della giustizia).

2.2. Violazione di legge in relazione al divieto del ne bis in idem e agli artt. VI del Trattato bilaterale di estradizione, art. 54 della Convenzione di Schengen e 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La Corte di appello non ha ritenuto ostativa anche l'archiviazione disposta dalle autorità magiare in relazione alle medesime accuse mosse al ricorrente, sull'erroneo presupposto che si trattasse di decisione di tipo procedurale. Al contrario l'autorità ungherese si è pronunciata sul merito delle accuse, ritenendo non presenti prove tali da far proseguire il procedimento (per un caso analogo su cui si è pronunciata la Suprema corte, cfr. Cass. n. 27384 del 2022).

2.3. Violazione di legge in relazione agli artt. 705, 698 cod. proc. pen. e 3 CEDU e al pericolo di trattamento degradante ed inumano derivante dalle condizioni carcerarie statunitensi. La Corte di appello ha omesso di pronunciarsi sulla questione posta dalla difesa in ordine alle condizioni carcerarie dello Stato richiedente, nonostante la produzione di recenti documenti di associazioni governative riconosciute che davano atto di gravi criticità del sistema carcerario americano, sia per sovraffollamento sia per scarse condizioni igieniche. La Corte di appello avrebbe dovuto condurre un'indagine mirata per verificare il trattamento carcerario riservato al ricorrente.

3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell'art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e succ. modd., in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.

2. Va dato atto preliminarmente della comunicazione pervenuta alla Cancelleria di questa Corte da parte del Commissariato di Polizia di Jesolo dell'evasione dell'estradando dal luogo degli arresti domiciliari in data 9 gennaio 2023 e delle ricerche svolte per il suo rintraccio, allo stato con esito negativo. Non essendo emersa nel frattempo la notizia certa dell'allontanamento della persona di cui è richiesta l'estradizione dal territorio italiano (Sez. 6, n. 8601 del 08/02/2022, Rv. 282912), può essere regolarmente trattata la procedura estradizione.

3. Va inoltre rilevato che entrambi i difensori di fiducia del ricorrente hanno fatto pervenire il 16 dicembre 2022 atto di rinuncia al mandato. Deve essere richiamata la pacifica giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nel giudizio di cassazione, la rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia, al quale sia già stato notificato l'avviso di udienza, non ha effetto con riferimento a tale udienza, che può essere ritualmente celebrata, essendo il difensore rinunciante ancora onerato della difesa dell'imputato fino alla eventuale nomina di un difensore di ufficio; ne consegue che l'assenza del difensore di fiducia all'udienza non comporta l'obbligo di nominarne uno d'ufficio al ricorrente, né costituisce condizione ostativa alla regolare celebrazione del processo di legittimità (tra tante Sez. 3, n. 31952 del 20/09/2016, dep. 2017, Rv. 2:70633).

4. Ciò premesso deve ritenersi manifestamente infondato il primo motivo.

4.1. Non ha valenza ostativa ai fini del principio del ne bis in idem la decisione ungherese di non concedere l'estradizione del ricorrente. La procedura sull'estradizione non è infatti un procedimento sul merito delle accuse mosse all'estradando, avendo soltanto la finalità di consentire, attraverso la consegna della persona ricercata, allo Stato richiedente di realizzare la pretesa punitiva nei suoi confronti. Tale procedura ha infatti lo scopo di verificare se sussistono le condizioni - di norma previste dalle convenzioni o da accordi internazionali, per la cooperazione. Il principio del ne bis in idem presuppone invece l'esercizio della "azione penale" a livello nazionale in ordine a determinati fatti illeciti.

4.2. Né poteva ritenersi rilevante ai fini del suddetto principio la decisione ungherese di archiviare il procedimento nei confronti del ricorrente. Come ha più volte affermato la Corte di giustizia, per determinare se una decisione costituisca una "decisione che giudica definitivamente una persona", ai sensi dell'articolo 54 CAAS, occorre accertarsi che tale decisione sia stata pronunciata a seguito di un esame condotto nel merito della causa (v., in tal senso, sentenze del 10 marzo 2005, Miraglia, C-469/03, punto 30, e del 5 giugno 2014, M, C-398/12, punto 28).

La Corte di giustizia ha anche chiarito (Grande Sezione, 29 giugno 2016, C- 486/14) in tema di ne bis in idem che non ha valenza ostativa una decisione assunta dal pubblico ministero di non proseguire l'azione penale quando non sia stata condotta un'istruzione approfondita al fine di raccogliere ed esaminare elementi di prova e ciò in quanto si tratta di decisione che non è stata preceduta da un esame svolto "nel merito" (nella specie, la mancata audizione della vittima e di un eventuale testimone, per la Corte, costituivano indizi dell'assenza di un'istruzione siffatta).

Secondo tale arresto, l'applicazione dell'art. 54 della CAAS.; in tal caso avrebbe l'effetto di rendere più difficile, o di ostacolare, ogni concreta possibilità di sanzionare negli Stati membri interessati il comportamento illecito addebitato all'accusato. Da un lato, la detta decisione di chiudere la causa è stata adottata dalle autorità giudiziarie di uno Stato membro senza alcuna valutazione del comportamento illecito addebitato all'accusato. Dall'altro, l'apertura di un procedimento penale in un altro Stato membro per gli stessi fatti risulterebbe compromessa. Tale conseguenza, secondo la Corte, verrebbe palesemente a contrastare con la finalità stessa dell'articolo 3, paragrafo 2„ TUE (in tal senso, anche la sentenza del 10 marzo 2005, Miraglia, C-469/03, punti 33 et 34).

Pertanto, deve ritenersi corretta la conclusione che la Corte di appello ha tratto con riferimento al provvedimento di archiviazione emesso dalla Procura ungherese, basato essenzialmente sulla impossibilità realistica di disporre delle prove e quindi di poter perseguire con successo il ricorrente.

5. Quanto infine al trattamento carcerario, la Corte di appello ha esaminato la documentazione allegata ritenendola o non pertinente (in quanto relativa all'epoca della pandemia Covid e attualmente superata) o significativa (le fonti più recenti davano atto di un miglioramento del trattamento). Quindi le critiche appaiono aspecifiche sul punto.

6. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp att, cod. proc. pen. Così deciso il 31/91j2023.