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Carenze sistematiche del sistema carcerario per malati psichiatrici impediscono MAE (CA Milano, 129/24)

22 febbraio 2024, Corte di Appello di Milano

Anche in presenza delle rassicurazioni fornite dallo Stato emittente, deve ritenersi che l'applicazione del trattamento riservato a tutti i detenuti in custodia cautelare nella Repubblica di Croazia e l'esecuzione, previo accertamento in un istituto di pena della condizione morbosa dell'imputato, della custodia cautelare in un ospedale o in una struttura sanitaria inserita nel sistema penitenziario esporrebbero comunque la persona richiesta a un rischio reale di riduzione significativa della sua aspettativa di vita e di deterioramento rapido, significativo e irrimediabile del suo stato di salute: la richiesta consenga MAE va quindi rifiutata. 


Qui questione di legittimità costituzionale della Corte di Appello di Milano (2021), cui è seguito il rinvio pregiudiziale della Corte Costituzionale alla Corte di giustizia dell'Unione europoea a Lussemburgo che ha emesso sentenza nel 2023, con successiva sentenza della Corte Costituzionale del 2023.

Corte di Appello di Milano

sezione V penale

SENTENZA

 n. 129/2019 del 22 febbraio 2024

nel procedimento per la consegna di:

1.      EDL, nato a MILANO il giorno ** 1990, in stato di libertà, assente, già presente, -  con domicilio eletto presso ** difeso di fiducia dall'avv. Nathalie D'APUZZO ed all'avv. Nicola CANESTRINI, con Studio in ROVERETO, PIAZZA PODESTÀ, 10,

Persona richiesta con il mandato d'arresto europeo del 09.09.2019 emesso dal Tribunale comunale di Zara, con identificativo della Repubblica di Croazia n. 38 Kv-eu-4/19, per il

REATO

previsto e punito dall'articolo 190, commi 2, 1 codice penale croato, commesso il 09.08.2014.

In esito all'odierna udienza camerale

Sentito il Magistrato relatore dottor Stefano Caramellino,

sentite le richieste del Procuratore Generale dott.ssa Laura Maria Lucia GAY sentita la difesa, le parti CONCLUDONO come segue:

Il Pubblico Ministero chiede: rifiuto della consegna tenuto conto che le condizioni carcerarie non soddisfano le richieste italiane relativamente alle condizioni psichiatriche; in alternativa disporre la consegna e sospenderla ai sensi dell'art. 23 Legge Mae per almeno un anno; e, in ulteriore alternativa, procedere ai sensi dell'art. 9 c.p. e 10 c.p.p. celebrando il processo in Italia.

La Difesa della persona richiesta si oppone alla consegna.

Svolgimento del processo

 I.   La persona richiesta EDL, nato a MILANO il giorno **1990, titolare del codice fiscale ** , residente in **, e dimorante al sopraindicato domicilio eletto presso la madre, ha sottoscritto le nomine delle difese di fiducia redatte esclusivamente in lingua italiana.

Gli è stata dapprima nominata il 23.10.2019 difesa d'ufficio nella persona dell'avv. ST ** . L'avv. Nathalie D' APUZZO è stata nominata di fiducia dalla persona richiesta il 04.11.2019 e ha rinunciato al mandato il 09.12.2019. È stata nuovamente nominata di fiducia il giorno 08.02.2021. L'avv. Nicola CANESTRINI è stato nominato di fiducia il 06.11.2019.

La persona richiesta non ha mai chiesto di essere ammessa al patrocinio erariale. È personalmente comparsa sia nell'audizione identificativa del 12.11.2019, sia nella prima delle udienze di trattazione del procedimento, in data 13.02.2020. Non ha mai acconsentito alla consegna e non ha rinunciato al principio di specialità.

II.  Giova alla comprensione delle questioni postesi nel procedimento ricapitolarne gli snodi in ordine cronologico.

Il 04.10.2019 la Procura Generale presso questa Corte ha ricevuto il mandato d'arresto europeo indicato nell'intestazione della presente sentenza, che il giorno 08.10.2019 alle ore 11:30 è pervenuto a questa Corte con la sua traduzione giurata in lingua italiana, con il titolo detentivo emesso nel procedimento 2 Kv-236/14 e la rispettiva traduzione giurata in lingua italiana, nonché con l'atto d'accusa del 13.08.2014, anch'esso affiancato dalla sua traduzione giurata in lingua italiana.

Il 10.10.2019 il Presidente di questa Corte ha disposto la trasmissione del fascicolo processuale alla

Procura Generale per il parere di cui all'articolo 9, comma 4 legge 69/2005. La richiesta del giorno

11.10.2019 di applicazione degli arresti domiciliari presso la residenza non è stata accolta e il 23.10.2019 il Presidente della Corte ha fissato l'udienza per l'identificazione della persona richiesta.

Memorie difensive sono state depositate il 06.11.2019, 11.11.2019, 01.02.2020, 13.03.2020, 19.03.2020; una memoria con sottoscrizioni non autenticate è stata spedita il 02.12.2019 ed è pervenuta il 05.12.2019.

La persona richiesta è comparsa personalmente, previa notificazione al domicilio eletto, all'udienza 13.02.2020, nella quale è stata adottata una statuizione interlocutoria volta a conoscere lo stato del procedimento nello Stato emittente e la possibilità della sua celebrazione in assenza dell'imputato. All'udienza del 16.06.2020, differita dal 02.04.2020, le difese hanno partecipato tramite videocollegamento ex articolo 83 decreto legge 18/2020, in presenza di eccezionali necessità di contenimento epidemico rilevanti per l'ordine pubblico e per la protezione della vita delle parti; la notificazione all'imputato assente si era perfezionata ex articolo 157, comma 8-bis c.p.p. in date 19.03.2020 e 25.05.2020, con messaggi di posta elettronica certificata del sistema delle notificazioni telematiche numeri 2446787, 2500551, 2500552. In tale udienza questa Corte ha disposto il giuramento di perita psichiatra.

Dopo il deposito della perizia il 27.08.2020, nel termine prorogato con ordinanza del 21.08.2020, una memoria difensiva è stata depositata il 09.09.2020 e questa Corte all'udienza del 17.09.2020 ha sospeso "momentaneamente la consegna" (cfr. verbale di udienza), con contemporanea ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale degli articoli 18, 18-bis legge 69/2005, nella parte in cui non prevedono "quale motivo di rifiuto ragioni di salute croniche e di durata indeterminabile che comportino il rischio di conseguenze di eccezionale gravità per la persona richiesta"; ha evocato quali parametri di legittimità gli articoli 2, 3, 32, 111 Costituzione, come da successiva ordinanza correttiva di errore materiale del 03.02.2021.

La Corte Costituzionale ha chiesto una pronuncia pregiudiziale della Corte di Giustizia dell'Unione Europea sull'interpretazione dell'articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (GU 2009, L 81, pag. 24) (in prosieguo: la «decisione quadro 2002/584» ), letto alla luce degli articoli 3, 4 e 35 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Questo il tenore della questione pregiudiziale (Corte Costituzionale, ordinanza 18.11.2021, n. 216):

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Segue il tenore dispositivo della decisione resa dalla Grande Sezione il 18.04.2023 a definizione della procedura C-699/21 instaurata nei termini sopraindicati:

L'articolo 1, paragrafo 3, e l'articolo 23, paragrafo 4, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, letti alla luce dell'articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, devono essere interpretati nel senso che:

qualora sussistano valide ragioni di ritenere che la consegna di una persona ricercata, in esecuzione di un mandato d'arresto europeo, rischi di mettere manifestamente in pericolo la sua salute, l'autorità giudiziaria dell'esecuzione può, in via eccezionale, sospendere temporanea mente tale consegna;

qualora l'autorità giudiziaria dell'esecuzione chiamata a decidere sulla consegna di una persona ricercata, gravemente malata, in esecuzione di un mandato d'arresto europeo, ritenga che esistano motivi seri e comprovati di ritenere che tale consegna esporrebbe la persona in questione ad un rischio reale di riduzione significativa della sua aspettativa di vita o di deterioramento rapido, significativo e irrimediabile del suo stato di salute, essa deve sospendere tale consegna e sollecitare l'autorità giudiziaria emittente a trasmettere qualsiasi informazione relativa alle condizioni nelle quali si prevede di perseguire o di detenere detta persona, nonché alle possibilità di adeguare tali condizioni allo stato di salute della persona stessa al fine di prevenire il concretizzarsi di tale rischio;

laddove, alla luce delle informazioni fornite dall'autorità giudiziaria emittente nonché di tutte le altre informazioni a disposizione dell'autorità giudiziaria dell'esecuzione, risulti che tale rischio non può essere escluso entro un termine ragionevole, quest'ultima autorità deve rifiutare di eseguire il mandato d'arresto europeo. Per contro, qualora il rischio suddetto possa essere escluso entro un tale termine ragionevole, deve essere concordata con l'autorità giudiziaria emittente una nuova data di consegna.

Con sentenza del 17-28.07.2023, n. 177 la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale poste da questa Corte, in via generale con riferimento all'articolo 3 Costituzione, "nei sensi di cui in motivazione" con riferimento agli altri parametri evocati.

La notificazione del decreto di fissazione dell'udienza del 20.06.2023, rinviata al 31.10.2023 in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, si è perfezionata nei confronti della persona richiesta in data 06.06.2023 ex articoli 39 legge 69/2005, 157, comma 1 seconda ipotesi c.p.p. (cronologico Bag/9/18131), seguita da notificazione in data 18.07.2023 ex articoli 39 legge 69/2005, 157, comma 1 ultima ipotesi c.p.p. (68510727754-8).

Letta la memoria difensiva del 26.10.2023 e sentite le parti, questa Corte ha chiesto informazioni integrative allo Stato emittente, con espressa menzione della sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale e degli articoli 2, 16 legge 69/2005, ed ha indicato come termine il 31.01.2024 (ordinanza che fa corpo con il verbale dell'udienza del 31.10.2023). Questo l'oggetto delle informazioni integrative richieste:

1)    se all'ordinanza cautelare nei confronti del!'interessato sopra indicato, resa il 5.11.2014 con protocollo KV-236/14 (K-544/14) abbia fatto seguito l'emissione di una sentenza nei suoi confronti per gli stessi fatti di reato;

2)    a quali trattamenti e cure sarà sottoposta, se in ambiente carcerario o nel contesto di misure domiciliari o non detentive, una persona attinta da titolo detentivo e al contempo affetta da un grave quadro psicotico con dispercezioni uditive, deliri persecutori e anomalie del comportamento insorte in concomitanza a grave abuso di sostanze, con quadro psichico relazionale grave e deteriorato a causa di tratti ostili e scontrosi, con diagnosi di psicosi NAS con tratti affettivi e persecutori, in disturbo di personalità NAS, attualmente in trattamento con Risperidone 6 milligrammi e in cura presso un centro psicosociale, con un percorso di psicoterapia in corso.

Il 27.12.2023 sono pervenute informazioni dell'autorità giudiziaria emittente, veicolate dal Ministero della Giustizia (nota m_dg.DAG.22/12/2023.0257495.U e allegata nota 38 K-544/2014 del Tribunale comunale di Zara datata 13.12.2023).

La difesa ha depositato una memoria in data 08.02.2024 e ha prodotto il Rapporto della Commissione per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani o degradanti del Consiglio d'Europa al governo croato in occasione della visita in Croazia dal 19 al 29.09.2022, rapporto approvato il 23.11.2023.

Ragioni di fatto e di diritto

I.  Si ritiene la propria competenza territoriale ex articolo 5, comma 2 legge 69/2005, poiché la persona arrestata ha in questo Distretto la propria residenza in **, e la propria dimora in Milano.

II.    La persona attinta dal mandato d'arresto europeo non è protetta da alcuna immunità, ai sensi dell'articolo 17, comma 3 legge 69/2005.

III.   È pregiudiziale osservare che ai sensi dell'articolo 28 decreto legislativo 10/2021 la disciplina che trova applicazione è quella dettata non dall'odierno testo novellato della legge 69/2005, bensì il complesso di norme che lo disciplinavano prima dell'entrata in vigore dello stesso decreto legislativo 10/2021. Il mandato di arresto europeo per il quale di procede è infatti pervenuto a questa Corte prima del 20.02.2021, segnatamente il giorno 08.10.2019.

IV.   Avuto riguardo alle informazioni di cui all'articolo 6, comma 1 legge 69/2005, si tratta di mandato d'arresto europeo processuale, poiché il titolo detentivo è dato da un mandato d'arresto, emesso il giorno 05.11.2014 dal collegio del Tribunale comunale di Zara (lettera C). La persona richiesta è di nazionalità italiana (lettera A). L'unico reato a cui si riferisce il mandato d'arresto europeo è delineato, quanto alla sua natura e qualificazione giuridica, nei termini indicati nell'intestazione della presente sentenza (lettera D).

Il tempo, il luogo, il grado di partecipazione della persona richiesta e le circostanze del commesso reato sono descritte nel mandato d'arresto europeo (lettera E), come indicato qui di seguito:

in data 9 agosto 2014 verso le 02,30 a Novalja, sulla spiaggia Zrce, davanti al club Papaya, allo scopo di appropriarsi indebitamente dei beni materiali e contrariamente alle disposizioni di cui all'art. 3 della Legge sulla prevenzione dell'uso di droghe ("Gazzetta ufficiale" n. 107/01, 87/02, 163/03,141/04 e 40/07) senza autorizzazioni di un ente competente, con lo scopo della vendita della droga sul mercato illegale, dopo di che sul luogo non identificato ha acquistato una quantità più 2 grande di droga MDMA, cosiddetta crystal e con la vendita della stessa sul territorio della Repubblica di Croazia ha già realizzato un guadagno di 1.900,00 kune e 270,00 EUR, avendo inoltre con sé altri 6,9 grammi di droga MDMA divisi in 22 sacchetti piccoli in PVC ognuno di una quantità pari ai O,1 fino a O,4 grammi, di cui alcuni pacchetti teneva in mano e all'arrivo degli ufficiali di polizia ha cercato di buttarli e scappare, ma è stato preso dagli stessi, inoltre, nell'appartamento affittato n. 415 nel paesino Gajac A 2-4 che usa, dentro un zaino nella scatola in alluminio teneva altri 12,53 grammi di droga MDMA in un involucro in PVC ed altri 0,5 grammi di droga MDMA in un sacchetto in PVC, poi una quantità più grande di sacchetti piccoli in con il sistema di chiusura e le scatole in metallo previste per il confezionamento della droga nonché la bilancia digitale di marca Dipse XS-50 per misurare il peso delle singole porzioni della droga evidenziata nell'elenco delle droghe, sostanze psicotrope ed erbe di cui si possono produrre la droga nonché sostanze che possono essere utilizzate per la preparazione delle droghe ("Gazzetta ufficiale" n. 50/09, 2/10e19/11). Quindi, ha acquistato, venduto e posseduto le sostanze che per legge sono considerate droghe, e che erano destinate alla vendita illegale.

La pena edittale prevista nello Stato Emittente oscilla tra uno e dodici anni di reclusione (lettera F). Il corso del tempo non ha mutato la natura processuale e non esecutiva del mandato d'arresto europeo,

né ha fatto venire meno la sua attualità. Da ultimo l'autorità giudiziaria emittente ha informato che il suo provvedimento con repertorio n. Kv-236/14 (K-544/14) è relativo al reato in relazione al quale è stato emesso il mandato d'arresto europeo e che nell'ambito dello stesso procedimento penale "non è stata emessa alcuna sentenza. Al contrario, è stato presentato un atto di accusa. L'atto di accusa è stato confermato e si riferisce al reato previsto di cui all'art. 190, comma 2, CP/11, per il quale è prescritta una pena di reclusione che va da 1 (un) anno a 12 (dodici) anni. In tale procedimento (repertorio n K-544114) è stato emanato il decreto repertorio n. Kv-236/14, con il quale all'imputato è stata disposta la custodia cautelare. Pertanto, il suddetto decreto si riferisce a quel procedimento penale e a quel reato. Tuttavia, tale procedimento è ancora in corso e non potrà essere concluso finché non sarà assicurata la presenza dell'imputato nel procedimento. A tal fine", l'autorità giudiziaria emittente ha emesso nei confronti dell'imputato il mandato d'arresto europeo (Kv-eu 4/19) per il quale si procede.

È inoltre pervenuta copia del provvedimento restrittivo della libertà personale, ai sensi dell'articolo 6, comma 3 legge 69/2005 nel testo applicabile ratione temporis. Da essa e dall'atto di accusa sono evincibili tutte le informazioni di cui all'articolo 6, comma 4 stessa legge.

V.   Il fatto al quale si riferisce il titolo detentivo oggetto del mandato d'arresto europeo è previsto come reato anche nell'ordinamento italiano, ai sensi dell'articolo 73, commi 1 e 5 d.P.R. 309/1990; è punito nello Stato emittente con pena o misura di sicurezza detentiva non inferiore, nel suo massimo edittale, a 12 mesi. Ricorre pertanto la doppia incriminazione ex articolo 7 legge 69/2005.

Il reato stesso è altresì punito nello Stato emittente con pena o misura di sicurezza privativa della libertà personale per durata il cui massimo edittale non è inferiore a 3 anni e rientra nel catalogo di cui all'articolo 2 (2) decisione quadro 2002/584/GAI, richiamata dall'odierno articolo 8, comma 1 legge 69/2005, con particolare riferimento al suo alinea quinto, "traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope". Si tratta comunque della categoria di reati prevista, nel testo vigente ratione temporis della legge 69/2005, dal suo articolo 8, comma 1 lettera E. La persona richiesta è cittadina italiana ma non risulta che ignorasse incolpevolmente la previsione normativa dello Stato emittente, quindi ricorrono tutti i presupposti ai sensi dell'articolo 8 legge 69/2005.

VI.   Con riferimento ai presupposti della consegna, sussiste un mandato d'arresto interno emesso da un'autorità giudiziaria dello Stato emittente ex articolo 1, comma 3 legge 69/2005 e sussistono gravi indizi di colpevolezza ai sensi dell'articolo 17, comma 4 legge 69/2005 nel testo applicabile ratione temporis, posto che lo Stato di emissione ha specificato nel mandato le fonti di prova, attraverso la puntuale allegazione delle evidenze fattuali a carico della persona di cui ha chiesto la consegna (cfr. Cass. 10/06/2009, n. 26698).

Nella motivazione dell'ordinanza cautelare croata si legge infatti quanto segue:

"all'imputato stesso sono stati sequestrati determinati oggetti, per i quali gli sono stati rilasciati i certificati di sequestro provvisorio di oggetti dalla Questura di Lidko-Senjska n. 879822, 879823, 879824 e 879825 più precisamente 14 sacchi contenenti sostanza bianca polverosa di origine sconosciuta, una piccola scatola in metallo nera con il coperchio con logo a forma di un teschio umano, 47 sacchi in PVC con il sistema di chiusura con il logo a forma di una corona, 119 sacchi in PVC con il sistema di chiusura con il logo a forma di corona, 1 sacco in PVC trasparente con il sistema di chiusura con il logo a/orma di un mela rossa nella quale si trovano 50 sacchi in PVC con il sistema di chiusura con il logo a/orma di una corona, un sacco in PVC con il sistema di chiusura piena di sostanza bianca polverosa di un contenuto sconosciuto di un peso di O,5 grammi, la bilancia digitale di color grigio di marca "Dipse" xs-50 sulla quale sono stati trovati i segni di una sostanza bianca polverosa di origine sconosciuta, un involucro in PVC trasparente dentro il quale si trova matteria bianca sospettosa in cristalli, di un aspetto e odore particolare per la droga tipo MDMA cosiddetta "Crystal" di un peso totale di 12,53 grammi, 2 banconote di 100 EUR, 1 banconota di 50 EUR, 1 banconota di 20 EUR, 3 banconote di 200 kune. All'imputato sono stati sequestrati 22 piccoli sacchi in PVC con chiusura lampo con il logo a forma di una corona e un teschio, piene di una sostanza polverosa - cristallina di color bianco, banconote di cui una di 200 kune, dieci da 100 kune, una di 50 kune, due di venti kune e una di dieci kune, una scatola in metallo e un sacco in PVC vuoto con la chiusura lampo ed il logo a/orma di una corona, tutto in base al certificato di sequestro provvisorio di oggetti della Questura di Lidko-Senjska n. 879819, 879818, 879821 che l'imputato ha rifiutato di firmare. In base al verbale sulle ricerche preliminari di 22 sacchi in PVC contenenti sostanze polverose cristalline di color bianco grigio, il risultato delle ricerche effettuate conferma che esista sospetto fondato che si tratti di droga tipo MDMA".

Non si configura alcun motivo di rifiuto dell'esecuzione del mandato d'arresto europeo, né obbligatorio, né facoltativo, ai sensi degli articoli 18, 18-bis legge 69/2005 nel testo applicabile ratione temporis.

In particolare, con riferimento al motivo di cui all'articolo 18 lettera I legge 69/2005 vigente al tempo di arrivo del mandato d'arresto europeo, la formulazione della disposizione indica la non imputabilità della persona richiesta non come autonoma ipotesi legale di rifiuto obbligatorio, bensì come uno dei presupposti, alternativi tra loro, che devono ricorrere in congiunzione con l'età minore di 18 anni, affinché sia integrata la seconda ipotesi di rifiuto obbligatorio ivi disciplinata.

Sotto altro profilo, con riferimento al motivo di cui all'articolo 18 lettera N legge 69/2005 vigente al tempo di arrivo del mandato d'arresto europeo, è sufficiente osservare che i fatti descritti nel mandato d'arresto europeo sono qualificabili come delitto comune (non politico) commesso da cittadino italiano all'estero: di conseguenza, ove qualificabile ex articolo 73, comma 1 d.P.R. 309/1990 il delitto è procedibile in Italia ex articolo 9, primo comma c.p., ma non è estinto per prescrizione, dimodoché per tale ragione esula il motivo di rifiuto in esame; ove invece riqualificabile ex articolo 73, comma 5 d.P.R. 309/1990 il delitto non sarebbe procedibile in Italia, ai sensi dell'articolo 9 capoverso c.p., in assenza di richiesta in tal senso del Ministro della Giustizia, dimodoché la sua estinzione per prescrizione non sarebbe da sola sufficiente a integrare gli estremi del motivo di rifiuto obbligatorio in esame. Né può affermarsi sulla base degli atti del fascicolo la giurisdizione italiana ai sensi dell'articolo 7, numero 5 c.p., poiché non risultano contestati dalla pubblica accusa gli elementi fattuali necessari a integrare l'ipotesi della transnazionalità del traffico di sostanze stupefacenti.

La questione di legittimità costituzionale posta da questa Corte è stata rigettata, pertanto il motivo di rifiuto della consegna proposto con l'ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale è estraneo al diritto vigente e non può in alcun modo essere preso in considerazione, in quanto espressivo di uno standard di tutela meramente nazionale, non trasponibile alla cooperazione europea (Corte Cost. 177/2023, paragrafo 5.6).

VII. I. Ai sensi dell'articolo 2, comma 3 legge 69/2005 nel testo applicabile in virtù della citata norma di diritto intertemporale, non consta che nei confronti dello Stato emittente il Consiglio dell'Unione europea abbia sospeso l'attuazione del meccanismo del mandato di arresto europeo per grave e persistente violazione dei princìpi sanciti all'articolo 6, paragrafo 1, del trattato sull'Unione europea ai sensi del punto (1O) dei consideranda del preambolo della decisione quadro.

A mente dell'articolo 2, comma 1 lettera A legge 69/2005 applicabile ratione temporis, "in conformità a quanto stabilito dall'articolo 6, paragrafi 1 e 2, del Trattato sull'Unione europea e dal punto (12) dei consideranda del preambolo della decisione quadro, l'Italia darà esecuzione al mandato d'arresto europeo nel rispetto dei seguenti diritti e princìpi stabiliti dai trattati internazionali e dalla Costituzione: a) i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848 ...".

Le difese inerenti alle condizioni detentive dello Stato emittente si pongono in relazione a tale previsione legale, a sua volta destinata a recepire nell'ordinamento interno, come parametro di giudizio, i diritti fondamentali per come interpretati dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti umani. Lo Stato d'esecuzione ha d'altronde il dovere, non solo verso l'Unione Europea ai sensi degli articoli 1, 4 Carta dei diritti fondamentali, ma anche verso gli ulteriori Stati aderenti alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti umani ai sensi del suo articolo 3, di garantire che la persona destinataria dal mandato d'arresto europeo non sarà soggetta né a tortura, né a trattamenti inumani, né a trattamenti degradanti, poiché tali divieti hanno natura assoluta su base internazional-pubblicistica (Corte di Giustizia dell'Unione Europea, decisioni C-220/18 PPU ML (168), C-128/18 Dumitru-Tudor Dorobantu (169), C 220/18 PPU, ECLI:EU:C:2018:589), né alla lesione di altri diritti fondamentali, quale il diritto alla vita.

Al rigetto della consegna può, peraltro, farsi luogo solo nella compresenza di due presupposti: l'esistenza di comprovate criticità nel sistema penitenziario dello Stato emittente, che diano luogo a un rischio reale di trattamenti inumani o degradanti o grave pregiudizio di altri diritti fondamentali; l'esistenza di una comprovata potenziale incidenza di tali criticità sulla situazione della persona richiesta, in concreto (Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Grande Sezione, 5 aprile 2016, cause riunite C-404/15 e C-659/15, Pal Aranyosi e Robert Caldararu). Tale duplice valutazione va svolta tenendo conto che in linea di principio è dovere dell'autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione, ai sensi dell'articolo I decisione quadro 2002/584/GAI, dare esecuzione a qualunque mandato d'arresto europeo sulla base del principio di mutuo riconoscimento ove ricorrano i presupposti delineati nella stessa decisione quadro; tale generale principio è fondamentale per la realizzazione di un comune spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia ex articolo 3 Trattato sull'Unione Europea; dimodoché l'interpretazione delle pertinenti norme non può avere per effetto la sistematica creazione in via pretoria di aree di sostanziale impunità all'interno delle Frontiere dell'Unione Europea, tantomeno su base nazionale.

A fronte dell'allegazione di legittime preoccupazioni di possibili violazioni di diritti fondamentali, l'autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione ha tra l'altro i compiti, non alternativi bensì cumulativi, sia di apprezzare la fondatezza dei timori sui rischi di privazione dell'interessato dei diritti fondamentali, sia di cooperare lealmente ex articolo 4 (3) del Trattato dell'Unione Europea con le autorità dello Stato emittente (Corte di Giustizia dell'Unione Europea, decisione C-158/21 Puig Gordi e altri, ECLI:EU:C:2023:57), al fine di stabilire se siano applicabili altri strumenti di cooperazione  giudiziaria  in materia penale, alternativi  al mandato  di arresto europeo (Commissione Europea, Manuale sull'emissione ed esecuzione di un mandato d'arresto europeo, 17.11.2023, C(2023) 7782 finale, capitoli 4.4., 5.7, 5.8).

VII.2.   Nella specie, nessuno strumento alternativo di cooperazione giudiziaria in materia penale risulta applicabile.

Come chiarito dalla recente risposta dell'autorità giudiziaria emittente, essa ha già fatto ricorso all'ordine europeo d'indagine nella misura che era necessaria all'ottenimento di fonti di prova. L'affermazione trova un esplicito riscontro negli atti di questa procedura, presenti nel fascicolo in quanto già ritenuti ostensibili (ordinanza del 15.06.2022 del Presidente di Sezione pro tempore, in accoglimento della richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano nel suo procedimento AGI OEI 187/2022). Conseguentemente, il persistere del mandato d'arresto europeo anche dopo l'esecuzione dell'ordine europeo d'indagine e dopo la formulazione espressa di una richiesta d'informazioni integrative mostra la persistente necessità per la procedura penale croata della presenza sul territorio croato dell'imputato, anche all'esito dell'ottenimento delle fonti di prova alle quali era inteso l'ordine europeo d'indagine.

D'altronde, l'autorità giudiziaria emittente ha chiarito che la celebrazione del processo penale presuppone la presenza dell'imputato, sottintendendo che il mandato d'arresto europeo è lo strumento essenziale a garantire tale presenza. Infatti, l'articolo 402 del codice di procedura penale croato prevede che se l'imputato ingiustificatamente non compare al processo dopo averne ricevuto regolare notificazione, il presidente del collegio ordina che sia portato davanti alla Corte con la forza, se del caso previa sospensione del processo sino all'udienza successiva, se del caso a spese dell'imputato. Il processo in assenza è consentito solo nel caso in cui ricorrano ragioni particolarmente importanti per celebrare il processo e se allo stesso tempo ricorre una delle seguenti condizioni alternative: o non è possibile celebrare il processo in uno Stato estero, o l'estradizione non è possibile, oppure l'imputato si è dato alla fuga (memoria [della difesa] 13.03.2021, confermata dal testo del codice di procedura penale croato tradotto in lingua inglese, reperibile in https: //rai-see.org/php_sets/uploads/ 2015/08/ Croatia_Criminal_proc _code_am2009_en.pdf).

Sotto altro profilo, non è ragionevolmente possibile prospettare che le esigenze cautelari per come ravvisate dall'autorità giudiziaria emittente e l'esigenza di procurare la comparizione dell'imputato davanti al competente tribunale di tale Stato Membro possano essere soddisfatte con misura meno afflittiva. Se è vero che in Italia la persona richiesta è stata sottoposta per altro delitto agli arresti domiciliari presso una comunità (ordinanza del Tribunale di Sorveglianza del 13- 19.11.2018), poi ha visto accolta la sua reiterata istanza di affidamento in prova al servizio sociale ex articolo 47 legge 354/1975 (ordinanza del Tribunale di Sorveglianza del 23.05.2019), è del pari vero che ben altra è stata la sua condotta nello Stato emittente in relazione alle misure applicategli per il delitto oggetto del mandato di arresto europeo. Infatti, la misura cautelare della custodia in carcere, all'esecuzione della quale è inteso il mandato d'arresto europeo, non è la prima applicata dallo Stato emittente all'imputato. Egli era originariamente sottoposto all'obbligo di dimora in NOVALJA, al divieto di espatrio eseguito mediante sequestro temporaneo del passaporto e all'obbligo di presentazione alla Stazione di polizia di NOVALJA (cfr. atto d'accusa del 13.08.2014). Ha incontestatamente violato tali misure, dimodoché nell'ordinanza custodiale a suo carico è già stato espresso che "l'imputato ha trasgredito alle prescrizioni inerenti alla misura cautelare" originariamente impostagli ... perché l'imputato ovviamente è in fuga ed ha lasciato il territorio della Repubblica di Croazia evitando in tal modo la sua partecipazione alla procedura penale". Nell'adempimento dell'obbligo di leale cooperazione, non si ravvisa dunque nel caso di specie alcuno spazio logico per proporre all'autorità giudiziaria emittente una cooperazione su altre basi, ivi inclusa la decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio, del 23 ottobre 2009, sull'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni sulle "misure alternative alla detenzione cautelare", attuata in Italia con l'emissione del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 36, recante disposizioni per conformare il diritto interno a tale decisione.

VII.3.  All'esito del contraddittorio delle parti processuali, della sospensione della consegna disposta il 17.09.2020 e dell'interlocuzione esplicita con l'autorità giudiziaria emittente decisa con ordinanza del 31.10.2013, con indicazione di un preciso termine finale (31.01.2024) per la ricezione delle informazioni richieste, il lungo tempo trascorso dall'instaurazione della presente procedura comporta l'impossibilità di dilazionarne ulteriormente la definizione. Va precisato che la comunicazione a Eurojust è stata omessa perché in assenza di misure cautelari disposte in Italia essa è esclusa dall'articolo 17 legge 69/2005 applicabile ratione temporis.

Non allora resta che apprezzare nel merito la fondatezza dei timori sui rischi di privazione dell'interessato dei diritti fondamentali, secondo le coordinate interpretative delineate dalle sentenze sopra richiamate: si tratta in sostanza di valutare se la consegna alla Repubblica di Croazia comporterebbe l'esposizione della persona richiesta a un rischio reale di riduzione significativa della sua aspettativa di vita o di deterioramento rapido, significativo e irrimediabile del suo stato di salute (Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Grande Sezione, 5 aprile 2016, cause riunite C- 404/15 e C-659/15, Pal Aranyosi e Robert Caldararu, Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Grande Sezione, 18 aprile 2023, causa C-699/21 EDL specificamente riferita all'interessato, Corte Cost. 177/2023, paragrafo 5.5.3).

Preliminarmente, è appena il caso di ricordare sulla base dell'esperita perizia e della documentazione medica aggiornata depositata dalla difesa il 26.10.2023 che, come espresso nell'ordinanza interlocutoria rivolta allo Stato Membro emittente, la persona richiesta è tuttora "affetta da un grave quadro psicotico con dispercezioni uditive, deliri persecutori e anomalie del comportamento insorte in concomitanza a grave abuso di sostanze, con quadro psichico relazionale grave e deteriorato a causa di tratti ostili e scontrosi, con diagnosi di psicosi non altrimenti specificata con tratti affettivi e persecutori, in disturbo di personalità non altrimenti specificato, attualmente in trattamento con Risperidone 6 milligrammi e in cura presso un centro psicosociale, con un percorso di psicoterapia in corso".

Il tenore della risposta dello Stato emittente non può che essere riportato testualmente: "La seconda domanda della Corte di Appello si riferiva alle condizioni in cui si troverebbe l'imputato EDL nel caso in cui fosse privato della libertà nella Repubblica di Croazia. Nel carcere di Zara, EDL riceverebbe lo stesso trattamento riservato a tutti gli altri detenuti in custodia cautelare nella Repubblica di Croazia. Nel caso in cui abbia realmente problemi di salute, se la sua situazione di salute lo richiedesse, secondo la valutazione del medico, la sua privazione della libertà potrebbe avvenire in un ospedale o in una struttura sanitaria inserita nel sistema penitenziario."

La seconda domanda della Corte di Appello si riferiva alle condizioni in cui si troverebbe l'imputato EDL nel caso in cui fosse privato della libertà nella Repubblica di Croazia. Nel carcere di Zara, EDL riceverebbe lo stesso trattamento riservato a tutti gli altri detenuti in custodia cautelare nella Repubblica di Croazia. Nel caso in cui abbia realmente problemi di salute, se la sua situazione di salute lo richiedesse, secondo la valutazione del medico, la sua privazione della libertà potrebbe avvenire in un ospedale o in una struttura sanitaria inserita nel sistema penitenziario.

Occorre dunque valutare se il trattamento riservato a tutti i detenuti in custodia cautelare nella Repubblica di Croazia e l'esecuzione della custodia cautelare in un ospedale o in una struttura sanitaria inserita nel sistema penitenziario croato comportino l'esposizione della persona richiesta a un rischio reale di riduzione significativa della sua aspettativa di vita o di deterioramento rapido, significativo e irrimediabile del suo stato di salute.

I passaggi del Rapporto del CPT (CPT/Inf (2023) 30, d'ora innanzi Rapporto) prodotto dalla difesa, che vengono in rilievo per tale valutazione in relazione alla peculiare condizione di malattia della persona richiesta, sono quelli inerenti ai servizi sanitari interni ed esterni agli istituti penitenziari (paragrafi da 53 a 66, da 112 a 217). In estrema sintesi e fermo restando il rinvio alla lettura integrale ai paragrafi or ora citati, risultano provate criticità sistemiche marcate su aspetti che sarebbero specificamente destinati a generare seri rischi per la salute dell'imputato. Né tali criticità risultano smentite o superate sulla base della Risposta del governo croato al Rapporto (CPT/Inf (2023) 31, d'ora innanzi, Risposta).

VIl.4. In primo luogo, non può che sorgere intensa preoccupazione a fronte del fatto che nelle carceri visitate dal CPT nel 2022 non esistevano indicazioni cliniche sui protocolli per la prevenzione dei suicidi, non perché non se ne fossero mai verificati negli anni recenti, bensì perché tali incidenti erano "rari" negli istituti visitati. Dalla stessa Risposta croata si evince che 19 sono stati i tentativi di suicidio nel 2019, 13 nel 2017, un dato intermedio negli anni 2018, 2020; nel 2018 tre suicidi si sono consumati (pagina 21). La gravità di un'occorrenza come quella suicidaria ha indotto il CPT a raccomandare di considerare la possibilità di adottare protocolli specifici e linee guida cliniche sulla prevenzione del suicidio nelle carceri (paragrafo 57). La Risposta mostra che tale invito è stato fatto proprio dal governo croato, in termini programmatici, ma non emerge dagli atti del procedimento che la casa circondariale di Zara, nella quale l'imputato sarebbe detenuto se consegnato, abbia adottato un protocollo di prevenzione dei suicidi.

Il dato è particolarmente rilevante perché, oltre a quanto affermato nella perizia circa l'elevato rischio di suicidio in caso di scompenso susseguente all'interruzione del percorso terapeutico in atto presso la residenza con la propria famiglia, l'imputato risulta essersi recato in pronto soccorso già prima dell'inizio della presente procedura, dichiarando intenzioni suicide e mostrando in tale occasione ideazione "di stampo delirante". L'episodio è stato diagnosticato come "schizofrenico acuto" (certificato di pronto soccorso 2013380826 depositato il 06.11.2023). Le risultanze peritali, con l'aggiornamento clinico depositato il 26.10.2023 dalla difesa offrono ragione di ritenere che simile episodio si ripeterebbe in una condizione di radicale disconnessione dai percorsi terapeutici in essere. Nel caso di consegna, dunque, l'imputato sarebbe esposto a un rischio reale di diminuzione della sua aspettativa di vita.

In secondo luogo, in via concorrente, del tutto comprensibilmente lo Stato emittente ha precisato che la valutazione peritale svolta in questo procedimento non consente di dare per accertato nel Suo ordinamento che la persona richiesta "abbia realmente problemi di salute". Ciò comporta però la necessità di una rivalutazione del suo stato di salute a cura delle autorità dello Stato emittente Stesso. A tale proposito, è doveroso rilevare che il Rapporto ha ravvisato un disallineamento tra il fatto che il Ministero della salute è ora responsabile del controllo della qualità dell'assistenza sanitaria nelle carceri e il fatto che non esiste ancora un piano per trasferire la responsabilità dell'assistenza sanitaria nelle carceri al Ministero della salute. Ha evidenziato altresì una situazione normativa e regolamentare ancora non ben definita in ordine ai requisiti tecnici del personale necessario per le strutture sanitarie interne alle carceri in tutto lo Stato, al fine di garantire ai detenuti personale munito di accreditamento da parte del Ministero della salute (paragrafo 53). Il punto risulta trattato nella Risposta nella sezione di competenza del Ministero della Giustizia croato (pagine 20, 21). La Risposta chiarisce che l'attività legislativa è stata completata, ma che il Ministero della Giustizia non ha ancora potuto completare l'attività regolamentare, in attesa del parere obbligatorio del Ministero della Salute previsto dalla legge primaria.

Pur non emergendo un'ipotesi d'inadempimento degli organi esecutivi rispetto all'attività legislativa svolta, a livello sistemico la criticità risulta tuttora obiettivamente irrisolta. Essa certamente dà luogo a un rischio reale che l'imputato, affetto da gravi patologie psichiatriche per quanto consta dagli atti di questo procedimento, debba essere rivalutato nella sua situazione morbosa da personale sanitario penitenziario non ancora accreditato secondo requisiti concertati con il Ministero della salute croato. Il rischio non è di poco conto in vista della tutela dell'aspettativa di vita e dello stato di salute dell'imputato. Tanto più che la grave compromissione neurologica e psichica di quest'ultimo è stata affermata da perizia svolta previo giuramento nel contraddittorio delle parti, sulla procedura e sul contenuto della quale anche la Procura Generale non ha svolto eccezioni di sorta e che nella sua struttura argomentativa ed espositiva si presenta solida e rigorosa.

In terzo luogo, quandanche i problemi di salute dell'imputato fossero tempestivamente riconosciuti dal personale sanitario penitenziario ed egli fosse avviato a un ospedale penitenziario, vi è ragione di ritenere che ivi si riproporrebbe il problema dell'accreditamento della struttura stessa presso il Ministero della salute per avere lo status giuridico di struttura sanitaria (Rapporto, paragrafo 112). Il tema non è stato trattato nella Risposta governativa croata (pagine 42, 49).

La garanzia sistemica di qualificazione della struttura sanitaria penitenziaria costituisce un prerequisito difficilmente rinunciabile, non eludibile in vista di una valutazione rivolta ad escludere rischi reali per la salute dell'imputato in caso di consegna.

In quarto luogo, un ospedale penitenziario visitato dal CPT nel 2022 ha presentato, per ammissione delle stesse autorità dello Stato emittente, locali bisognosi di ammodernamento e ristrutturazione per conformarsi agli standard obbligatori del servizio sanitario, in particolare con insufficienza numerica di docce (Rapporto, paragrafo 117).

Se è pur vero che non vi è certezza che l'ospedale penitenziario visitato dal CPT sarebbe la struttura di destinazione finale dell'imputato, in quanto tale ospedale penitenziario si trova a Zagabria quindi lontano da Zara, è del pari vero che le informazioni pervenute non forniscono alcuna garanzia circa la collocazione e l'identità della struttura sanitaria penitenziaria alla quale sarebbe avviato l'imputato dopo l'accertamento, di esito ancora necessariamente incerto, delle sue patologie ad opera del sistema penitenziario croato.

In quinto luogo, il numero degli psichiatri nell'ospedale penitenziario è risultato largamente carente rispetto all'organico, con l'effetto che il turno diurno e quello notturno si equivalevano in punto di forza lavoro, con conseguente impossibilità sostanziale di fornire un contributo terapeutico propulsivo come dovrebbe avvenire durante il giorno (Rapporto, paragrafo 119). Un concorso bandito per la copertura delle vacanze, peraltro solo parziale rispetto a quanto auspicato dal CPT, non ha avuto aspiranti e la leva economica non risulta attivata in attualità, in presenza di una mera proposta di legge in tal senso (Risposta, p.45). Il problema della carenza del personale risulta concettualmente sommitale, poiché con le risorse esistenti non appare ragionevolmente concepibile attuare il generale ripensamento dei servizi psichiatrici penitenziari spiegato e auspicato dal CPT (Rapporto, paragrafi 120, 121).

Nuovamente si tratta di una carenza sistemica specificamente inerente alla situazione morbosa dell'imputato, che come ricordato dalla perizia necessita di un costante monitoraggio nella propria responsività ai percorsi terapeutici.

Le ragioni che precedono risultano, tanto individualmente quanto nel loro complesso, assorbenti e determinano l'impossibilità di fare luogo alla consegna.

Restano dunque assorbiti profili che la Risposta governativa croata ha mostrato essere più controversi, in ordine a quanto segue: denunce di schiaffi, pugni e colpi di manganello che in ospedali penitenziari il personale di custodia, ivi presente stabilmente e non solo su chiamata dei sanitari, avrebbe inflitto a detenuti durante i loro episodi di crisi psichiatrica (Rapporto, paragrafo 114); sporcizia e presenza di materassi laceri nelle camere di pernottamento di pazienti con disturbi psichiatrici (Rapporto, paragrafo 115); denunce di schiaffi, spinte e manipolazioni brusche di pazienti nel KBC di Rijeka e di urla contro i pazienti nel KBC di Ugljan (Rapporto, paragrafo 139), uso frequente e prolungato di mezzi di contenzione su pazienti psichiatrici nei KBC di Split e Rijeka (Rapporto, paragrafo 141).

In conclusione, anche in presenza delle rassicurazioni fornite dallo Stato emittente, deve ritenersi che l'applicazione del trattamento riservato a tutti i detenuti in custodia cautelare nella Repubblica di Croazia e l'esecuzione, previo accertamento in un istituto di pena della condizione morbosa dell'imputato, della custodia cautelare in un ospedale o in una struttura sanitaria inserita nel sistema penitenziario esporrebbero comunque la persona richiesta a un rischio reale di riduzione significativa della sua aspettativa di vita e di deterioramento rapido, significativo e irrimediabile del suo stato di salute.

Ai sensi degli articoli 1, 2 legge 69/2005, interpretati alla luce dell'articolo 1 (3) decisione quadro 2002/584/GAI, la consegna dell'imputato va dunque negata.

PER QUESTI MOTIVI

Visti gli articoli 1, 2 legge 69/2005, 28 d.lgs. 10/2021,

rigetta la richiesta di esecuzione del mandato d'arresto europeo del 09.09.2019 emesso dal Tribunale comunale di Zara, con identificativo della Repubblica di Croazia n. 38 Kv-eu-4/19, nei confronti di E DL.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza, ivi inclusa la comunicazione al Ministero della Giustizia della presente sentenza.

Lettura della motivazione contestuale in udienza ai sensi dell'art. 17, comma 6 legge 69/2005. Milano, 22.02.2024.