Non è consentito il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduce la violazione di norme costituzionali, poichè l'inosservanza di disposizioni della Costituzione non è prevista tra i casi di ricorso dall'art. 606 c.p.p. e può soltanto costituire fondamento di questione di legittimità costituzionale, nel caso di specie non proposta; la presunta violazione di disposizioni della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali è proponibile in ricorso unicamente a sostegno di una questione di costituzionalità di una norma interna, poichè le norme della Convenzione EDU, così come interpretate dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, rivestono il rango di fonti interposte integratrici del precetto di cui all'art. 117 Cost., comma 1, (sempre che siano conformi alla Costituzione e siano compatibili con la tutela degli interessi costituzionalmente protetti).
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
(ud. 13/12/2019) 21-04-2020, n. 12623
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMMINO Matilde - Presidente -
Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere -
Dott. BELTRANI Sergio - rel. Consigliere -
Dott. PAZIENZA Vittorio - Consigliere -
Dott. PERROTTI Massimo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
L.G. nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza emessa in data 30/09/2019 dal TRIBUNALE di CATANIA sez. riesame misure coercitive.
Udita la relazione svolta dal Consigliere BELTRANI SERGIO;
lette le conclusioni del PG TOCCI STEFANO, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Catania ha confermato l'ordinanza con la quale il G.I.P. del medesimo Tribunale, in data 10 settembre 2019, aveva disposto applicarsi nei confronti di L.G. la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di rapina aggravata ai danni di un locale della catena commerciale (OMISSIS).
Contro tale provvedimento, l'indagato ha proposto, tempestivamente e ritualmente, ricorso per cassazione deducendo, in due motivi, plurime violazioni di legge (Costituzione, Convenzione EDU, c.p.p.) e vizi di motivazioni, per asserita carenza del necessario quadro indiziario, mancata considerazione degli elementi a sè favorevoli, assenza di esigenze cautelari e scelta della misura, conclusivamente chiedendo l'annullamento del provvedimento impugnato.
All'odierna udienza camerale, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito; all'esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, ed il collegio, riunito in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.
Motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile perchè proposto per motivi in parte non consentiti, in parte manifestamente infondati.
1. Questa Corte (Sez. 2, Sentenza n. 677 del 10/10/2014, dep. 12/01/2015, Rv. 261551) ha già chiarito che non è consentito il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduce la violazione di norme costituzionali, poichè l'inosservanza di disposizioni della Costituzione non è prevista tra i casi di ricorso dall'art. 606 c.p.p. e può soltanto costituire fondamento di questione di legittimità costituzionale, nel caso di specie non proposta.
1.1. Analoga sorte incontra la censura riguardante la presunta violazione di disposizioni della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, a sua volta proponibile in ricorso unicamente a sostegno di una questione di costituzionalità di una norma interna, poichè le norme della Convenzione EDU, così come interpretate dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, rivestono il rango di fonti interposte integratrici del precetto di cui all'art. 117 Cost., comma 1, (sempre che siano conformi alla Costituzione e siano compatibili con la tutela degli interessi costituzionalmente protetti).
Ma ancora una volta siffatta questione di legittimità costituzionale non risulta proposta in ricorso.
2. Nel resto, i motivi che riguardano i gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato oggetto di cautela, la valutazione inerente alle esigenze cautelari e la scelta della misura, sono:
- privi della necessaria specificità, nella parte in. cui reiterano, più o meno pedissequamente,. censure già dedotte dinanzi al Tribunale del riesame e già non accolte (Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22 febbraio - 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno - 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133);
- non consentiti, nella parte in cui sollecitano una diversa "lettura" delle risultanze indiziarie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti degli elementi probatori valorizzati;
- manifestamente infondati.
2.1. Il Tribunale (dettagliatamente a partire da f. 1 dell'ordinanza impugnata, con diffuse argomentazioni che appare inutile ritrascrivere) ha incensurabilmente valorizzato, ad integrazione del necessario quadro indiziario in ordine all'imputazione provvisoria oggetto di cautela, un composito quadro di elementi (essenzialmente, dichiarazioni dei c.c. operanti, che nell'immediatezza avevano inseguito i quattro rapinatori, il riferimento ad un particolare modo di camminare del rapinatore dileguatosi e dell'indagato, i plurimi contatti telefonici accertati tra l'indagato ed i tre rapinatori già identificati, ed il rinvenimento, in disponibilità dell'indagato, di banconote e monetine compatibili con la "pezzatura" del denaro asportato dai rapinatori presso l'esercizio commerciale rapinato, disponibilità della quale l'indagato non ha fornito valida giustificazione).
2.2. I predetti elementi integrano certamente il necessario quadro indiziario con riferimento al ritenuto concorso nella contestata rapina.
2.3. Il Tribunale ha, inoltre, enucleato dalla condotta accertata le ritenute esigenze cautelari, ed in particolare il pericolo attuale e concreto di recidiva (desunto dalle specifiche modalità del fatto, particolarmente grave, e dai plurimi precedenti penali, sia pur non definitivi), per neutralizzare il quale la misura applicata è stata correttamente ritenuta necessaria.
2.4. A fronte di ciò, il ricorrente, in concreto, si limita a riproporre la propria diversa "lettura" delle risultanze acquisite (già concordemente valorizzate dal GIP e dal Tribunale), fondata su mere ed indimostrate congetture, o comunque in prevalenza su affermazioni meramente assertive, senza documentare nei modi di rito effettivi e decisivi travisamenti degli elementi valorizzati dal Tribunale.
3. La declaratoria d'inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè - apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa d'inammissibilità per colpa (Corte Cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto dell'entità di detta colpa, desumibile dal tenore della rilevata causa d'inammissibilità - della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
3.1. La cancelleria provvederà agli adempimenti previsti dall'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, disp. att. c.p.p., comma 1-ter.
Sentenza con motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2020