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Vilipendio e libertà dell'arte: nazione, inno di Mameli e limiti dell'espressione artistica

11 giugno 2013, Nicola Canestrini

L'ARTE È LIBERA E DEVE MANTENERSI LIBERA, FINO A QUANDO SI ADEGUA A DETERMINATE CONVENZIONI.

Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda nel Terzo Reich, Cancelliere, 28.03.1937

Art. 33 Costituzione repubblicana
L'arte e la scienza sono libere (..)

Art. 21 Costituzione repubblicana
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione (..)

1- Sull'opera d'arte quale espressione (più elevata) delle forme del pensiero: artt. 21 e 33 Costituzione

Il nostro ordinamento ha uno dei propri capisaldi nel principio della libera manifestazione del pensiero, "pietra angolare del sistema democratico" (Corte Costituzionale 19.02.1965, n.9; 17.4.1969, n.84) ), "fondamento della democrazia" (Corte cost. n. 172 del 1972), "il più alto, forse dei diritti fondamentali" (Corte cost. n. 138 del 1985); trattandosi, nel caso che interessa, di opera artistica, chiave ermeneutica fondamentale dovrebbe essere quanto affermato dalla corte Costituzionale con sentenza 59/1960, laddove considera le creazioni artistiche tra le più elevate forme di pensiero .

Si pone evidentemente il problema di raccordo con i reati cd. di opinione, ed in particolare quelli di vilipendio: viene in esame, per il caso che interessa, il delitto di cui all'art. 291 c.p., rubricato "vilipendio alla nazione", che dopo la legge di modifica al codice penale in materia di reati di opinione del febbraio 2006, punisce con la multa da euro 1.000 a euro 5.000 (cfr. infra) chiunque pubblicamente vilipende la nazione italiana.

Con il termine "vilipendio", si intende, nell'accezione comune e, altresì, in quella tecnico-giuridica, ostentazione di disprezzo, manifestazione di biasimo, espressione di apprezzamenti negativi implicanti disdegno e disistima generalizzati, svilimento della istituzione in sè e per sé, offesa grossolana e brutale: il "vilipendio" punibile è quello e solo quello gratuitamente offensivo, fine a se stesso.

In ciò sta - ad avviso di chi scrive - l'unico profilo che consente di evitare una censura di illegittimità costituzionale dei reati di vilipendio: l'espressione del pensiero, per quanto giudicata scrurrile, debosciata, anticonformista, inadeguata o scostante, sarà punibile solo quando non trovi giustificazione in diritti fondamentali o nella loro ratio .

La libertà di espressione è definita un diritto al contempo individuale e sociale: diritto fondamentale del singolo "perché - secondo la celebre definizione di Esposito - l'uomo possa unirsi all'altro uomo nel pensiero e col pensiero" (La libertà di manifestazione del pensiero nell'ordinamento italiano, Milano, 1958), ma anche diritto sociale, vale a dire pretesa di un comportamento attivo dello Stato, affinché, attraverso la formazione di un'opinione pubblica consapevole, sia garantita "l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese" (art. 3/2, Cost.).

Dal messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica del 23 luglio 2002:

" (..) Il diritto di manifestare il proprio pensiero trova infatti il suo primo compiuto riconoscimento nello Stato liberale ed è ad esso tanto connaturato da divenirne il simbolo: l'abolizione della censura preventiva e l'affermazione della libertà di stampa rappresentano infatti conquiste tra le più significative del periodo liberale e lasciti fondamentali per gli ordinamenti democratici del XX secolo. Il pensiero liberale riconosce che la libera circolazione delle idee è indispensabile per la formazione di un'opinione pubblica consapevole; tuttavia, il ristretto numero delle élites intellettuali, la tendenziale coincidenza tra operatori e destinatari delle informazioni ed i costi relativamente bassi della stampa consentono al legislatore ottocentesco di lasciare che le opinioni politiche (almeno quelle non considerate sovversive) si divulghino spontaneamente e di non intervenire nella disciplina della concorrenza tra i mezzi di comunicazione. Con l'evoluzione della forma di Stato in senso democratico non si assiste ad un ribaltamento dei principi e dei valori del modello liberale, ma ad un processo di espansione e di rielaborazione della libertà di espressione, per coniugarla con i nuovi fini che l'ordinamento si pone. La classica concezione della libertà di manifestazione del pensiero come diritto fondamentale dell'individuo, come libertà da difendere contro indebite interferenze dei pubblici poteri, permane e si rafforza nelle Costituzioni democratiche del Novecento all'interno delle quali si afferma il principio generale che i limiti alla libertà di espressione debbono essere rigorosamente preordinati alla tutela di altri beni costituzionalmente protetti. Accanto alla visione individualista emerge, quindi, anche la dimensione partecipativa e democratica della libertà di espressione e la necessità di un processo continuo di informazione e formazione dell'opinione pubblica, con l'intera cittadinanza. (..)".

Anche sul piano internazionale la concreta possibilità delle diverse idee di esprimersi (e circolare) diviene un indice fondamentale per misurare il grado di democraticità di un sistema politico (cfr. l'art. 10 Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo del 4 novembre 1950.

La stessa Corte Europea dei diritti dell'uomo ha definito la libertà d'espressione quale fondamento della società democratica (cfr. Kokkinakis v. Greece of 25 May 1993, Series A no. 260-A, p. 17, para. 31).

Nella decisione Otto-Preminger-Institut v. Austria, (13470/87) del 20 settembre 1994, avente ad oggetto una opera artistica giudicata "blasfema" (Herabwürdigung religiöser Lehren) dal Landesgericht di Innsbruck dopo una denuncia delle autorità cattoliche, la Corte europea ha stabilito al par. 49 quanto segue:

As the Court has consistently held, freedom of expression constitutes one of the essential foundations of a democratic society, one of the basic conditions for its progress and for the development of everyone. Subject to paragraph 2 of Article 10 (art. 10-2), it is applicable not only to "information" or "ideas" that are favourably received or regarded as inoffensive or as a matter of indifference, but also to those that shock, offend or disturb the State or any sector of the population. Such are the demands of that pluralism, tolerance and broadmindedness without which there is no "democratic society" (see, particularly, the Handyside v. the United Kingdom judgment of 7 December 1976, Series A no. 24, p. 23, para. 49).

La libertà di espressione del pensiero implica dunque che vi sia spazio per esprimere e divulgare idee nuove e anticonformiste, e che non siano represse le opinioni che pure urtano o inquietano (cfr., ancora, Corte europea dei diritti dell'uomo, 8 luglio 1986, Lingens c. Austria, A-103; 23 settembre 1994 Jersild c. Danimarca, A-298),

Ciò non può non valere anche per le opere artistiche, protette sia dall'articolo 21 che dall'articolo 33 della Costituzione, considerate dalla stessa Corte costituzionale "tra le più elevate forme di pensiero" (sentenza 59/1960 cit.): l'articolo 33 della Costituzione eleva, a detta di autorevoli commentatori, l'arte a "materia privilegiata", sottratta anche al limite del buon costume (Commentario alla Costituzione, sub art. 33, vol. I, Utet 2006, 679ss.).

Dal Manifesto del'Observatoire de la liberté d'expression dans la création (marzo 2003 )

(..) L'opera d'arte è da considerarsi sempre nell'ordine della rappresentazione. Essa impone dunque per sua natura una distanza che permette di accoglierla senza confonderla con la realtá (..) l'artista è libero di disturbare, di provocare, di scandalizzare. Ed è per questo che la sua opera giova di uno statuto eccezionale e non sarà, sul piano giuridico, trattato alla stessa stregua del discorso che discute, che sia scientifico, politico o giornalistico. Questo non significa che l'artista non é responsabile. Egli deve rendere conto al pubblico, ma sempre nel contesto della critica delle proprie opere e certamente non di fronte alla polizia o ai tribunali. È essenziale, per una democrazia, di proteggere la libertá dell'artista contro l'arbitrio di tutti i poteri, pubblici o privati."

A proposito del riflesso dell'importanza della libertà artistica nel diritto positivo si fa spesso riferimento alla speciale causa di non punibilità di cui all'articolo 529/2 c.p., secondo la quale "non si considera oscena l'opera d'arte o l'opera di scienza (..)".

Ciò ha comportato quale conseguenza la necessità per l'interprete di definire giuridicamente il concetto di arte, identificandola - per escluderne il carattere osceno - ad esempio in "opera, in cui sussiste un perfetto equilibrio tra mezzo espressivo e emozione interiore, atto a realizzare un valore di universale intuizione e a suscitare rasserenanti reazioni estetiche" (Cassazione penale, 1 aprile 12976, Grimaldi, CED 133071, et alia) .

Non c'è chi non veda come tale sindacato sull'opera, al fine di attribuirle dignità artistica o meno, sia assimilabile all'operazione nazionalsocialista che nel 1937 a Monaco allestì la mostra "Entartete Kunst" (arte snaturata) con 16.000 opere confiscate perché ritenute appunto non degne.

Dal volantino pubblicitario:

Gequälte Leinwand
Seelische Verwesung
Krankhafte Phantasten
Geisteskranke Nichtskönner
von Judencliquen preisgekrönt, von Literaten gepriesen, waren Produkte und Produzenten einer "Kunst", für die Staatliche und Städtische Institute gewissenlos Millionenbeträge deutschen Volksvermögens verschleuderten, während deutsche Künstler zur gleichen Zeit verhungerten. So, wie jener "Staat" war seine "Kunst".
Seht Euch das an! Urteilt selbst! 
Besuchet die Ausstellung "Entartete Kunst"
Hofgarten-Arkaden, Galeriestraße 4
Eintritt frei Für Jugendliche verboten

Tra gli autori delle opere sequestrate esposte nella mosta: Klee, Kandinsky, Otto Dix, Vincent van Gogh, Paul Gauguin, Pablo Picasso, Emil Nolde, Bertholt Brecht (!).

Pena il ritorno a tempi (purtroppo mai definitivamente) passati, si converrà, come non si possa invece in un ordinamento democratico sindacare la scelta, da parte dell'autore, di un argomento controverso, ma anche scabroso, e la sua modalità di rappresentazione, e ciò in forza della libertà dell'arte sancita dall'articolo 33 della Costituzione: a fortiori ciò vale quando l'opera d'arte si prefigga di suscitare una reazione, esprimendo critica contro "codificazioni incancrenite, normative passivamente accettate, ovvero contro un generale ottundimento dei sensi" (cfr. dattiloscritto esposto e sequestrato con l'opera "confine immaginato").

Non può del resto essere sottaciuto o minimizzato che l'opera artistica di cui si tratta si occupa dichiaratamente di un tabù , quello della nazionalità / appartenenza nazionale, particolarmente controverso nel nella collocazione geografica dell'opera .

E proprio della risonanza nell'osservatore l'opera artistica vive:

Das bunte, farbenreiche Gefieder der Vögel glänzt auch ungesehen, ihr Gesang verklingt ungehört; die Fackeldistel, die nur eine Nacht blüht, verwelkt, ohne bewundert zu werden, in den Wildnissen der südlichen Wälder, und diese Wälder, Verschlingungen selber der schönsten und üppigsten Vegetationen, mit den wohlriechendsten, gewürzreichsten Düften, verderben und verfallen ebenso ungenossen. Das Kunstwerk aber ist nicht so unbefangen für sich, sondern es ist wesentlich eine Frage, eine Anrede an die widerklingende Brust, ein Ruf an die Gemüter und Geister. (..) Jedes Kunstwerk ist ein Dialog mit demjenigen, der sich mit ihm befasst. (Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Vorlesungen über die Ästhetik, 1835-1838)

Il presente procedimento penale - nato dalla denuncia di chi forse rimpiange il periodo in cui l'arte doveva essere solo quella epico-popolare, dentro gli schemi neoclassici e con fini sociali ed educativi, soprattutto antisperimentale, basata sul mestiere e sulla tradizione, che doveva piacere ed essere capita dal popolo, e perciò un'arte figurativa ben fatta tecnicamente, un'arte come artigianato e l'artista come uomo di mestiere - potrebbe dunque essere la migliore dimostrazione dell'efficacia artistica dell'opera.

Da una email di un critico d'arte alle indagate: "Che funzione ha un lavoro d'arte? Forse quella di interrogare chi vi si confronta, porre delle questioni, concentrare l'attenzione su aspetti scomodi e funzionare quindi come dispositivo capace di innescare una discussione, oppure quella di intrattenere, divertire, estasiare, anestetizzare come vorrebbe chi oggi usa l'arte per acquisire punti nella scala dei riconoscimenti sociali e nel controllo delle masse?"

Alla riflessione sulla rilevanza penale dell'arte (..) non può essere estranea la constatazione che la provocazione e la trasgressione sono da tempo connaturata ad una concezione dell'arte: si veda il testo di Anthony Julius, "Trasgressioni. I colpi proibiti dell'arte" (ed. it. B. Mondatori, 2003), ed all'analisi che l'autore compie sulla base degli esempi ivi riportati, da "Piss Christ" di Andrés Serrano del 1987, raffigurante un Cristo in croce in una pioggia d'urina, passando per "What is the Proper Way to Display a U.S. Flag?" di Dread Scott del 1988, raffigurante un fotomontaggio di alcune foto della bandiera americana bruciata e stesa sopra molte bare, che viene collocato in modo da costringere l'osservatore a calpestare una bandiera distesa davanti al fotomontaggio , .

Se le opere d'arte si conformassero agli schemi, non sarebbero più riconoscibili per quello che sono: senza voler in questa sede riflettere sulla sulle capacità e sul destino dell'arte in un regime di estetica trasgressiva, ci si richiama all'efficace aforisma di Theodor Adorno, "ogni opera d'arte è un crimine mancato" (Minima moralia, 1951).

2. Sulla (dubbia) rappresentatività dell'Inno di Mameli della nazione; sul sentimento di italianità derivante dalla "unità millenaria della stirpe"; il vilipendio alla libertà di espressione

Richiamando l'allegata consulenza tecnica di parte del consulente qui contestualmente nominato ex art. 233 c.p.p, si evidenzia come l'Inno di Mameli - "riconosciuto" inno nazionale da un provvedimento del segretariato generale del Ministero della difesa dd. 31 luglio 1947 "in attesa della scelta e del riconoscimento formale di un nuovo inno nazionale" firmato da un funzionario (!!) - contenga riferimenti quantomeno meritevoli di superamento, come ricorda anche Gaber nel suo ultimo album, pubblicato postumo (Io non mi sento italiano, 2003):

Mi scusi Presidente
non sento un gran bisogno
dell'inno nazionale
di cui un po' mi vergogno.

Andrà pera altro verso tenuto presente che la Relazione ministeriale al progetto del Codice penale (II, 81) proclama l'art. 291 c.p. "una disposizione di sintesi, alla quale ricorrere per colpire l'oltraggiatore (..) della Nazione italiana tutta intera, nell'unità millenaria della stirpe, nella continuità perenne di quel glorioso patrimonio di valori, per cui essa vanta, a giusto titolo, fra le altre Nazioni, una individualità sua propria".

Se può essere irrilevante che chi scrive nutre dubbi sulla presunta unità millenaria della stirpe italica, si converrà in ogni caso che l'enfatizzazione del concetto di nazione è l'anticamera del nazionalismo, "atteggiamento complesso di comportamenti ideologici e politici che, identificando il concetto di nazione con quello di patria e deformando ed esasperando il naturale sentimento morale del patriottismo e il principio politico di nazionalità, considera la nazione come il supremo valore etico-politico ed etico-culturale e fa del prestigio della nazione il principio supremo e totalizzante a cui deve ispirarsi l'azione politica" (Grande dizionario della lingua italiana, Torino 1981).

Le leggi fascistissime sono dietro l'angolo: è noto come i sostenitori del nazionalismo, che si organizzarono nell'Associazione Nazionalista Italiana, nata dopo un congresso tenutosi a Firenze nel 1910, aderirono poi al fascismo.

Semmai, la nazione ed il sentimento nazionale da proteggere potrebbe essere quello della Costituzione, la nazione nata dalla resistenza: "Dietro ogni articolo di questa Costituzione oh giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta. Quindi quando vi ho detto che questa è una Carta morta: no, non è una Carta morta. Questo è un testamento, un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un Italiano,per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, oh giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione."

E la nazione nata dalla Costituzione ha nel diritto garantito dall'articolo 21 "il più alto, forse dei diritti fondamentali" (Corte costituzionale, 138/1985 citata), censurato per proteggere un bene giuridico la cui lesione è sanzionata da una modesta .. pena pecuniaria!

Il vero vilipendio della nazione italiana consisterebbe così nella censura della libertà d'espressione del pensiero e delle sue espressioni più elevate, le creazioni artistiche.

In ogni caso, è davvero difficile credere che una opera d'arte che si prefigge di "smitizzare l'ufficialità e la sacralità che accompagnano l'inno nazionale attraverso la combinazione con rumori quotidiani" , possa vilipendere il "sentimento di italianità" protetto dalla norma: se ne dovrebbe quantomeno desumere - se il pensiero non fosse questo si! vilipendioso - che si tratti di un sentimento assai debole.

Andrà per converso riconosciuto che lo scopo del lavoro è desacralizzare i simboli nazionali, interrogarsi sulla presunta rappresentatività, e problematizzare l'idea stessa di nazione e appartenenza nazionale: nessun vilipendio alla nazione italiana, ma lecito esercizio di diritti fondamentali garantiti dalla nazione e dalla sua Grundnorm.

 

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